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Autore: adamantina    24/09/2012    4 recensioni
Mortmain si è appropriato di tutte le scorte di yin fen. Will sarà disposto a pagare il prezzo necessario per ottenerne abbastanza da garantire la sopravvivenza di Jem? E Jem sarà disposto a lasciarglielo fare?
“Troveremo una soluzione.”
Will annuì, rigido.
“Ne sono convinto.”
I loro occhi tornarono ad incrociarsi ed entrambi capirono che l'altro sapeva che stavano mentendo.

Seconda classificata al contest "Access Denied! - Quando l'amore viene negato" di Akira Haru Potter.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Carstairs, Theresa Gray, William Herondale
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: I would not fail you
Autore:
adamantina
Fandom:
Shadowhunters -Le origini (Infernal Devices)
Coppia/e:
Will/Jem
Rating:
Giallo
Genere:
Drammatico, Malinconico, Romantico
Avvertimenti:
Raccolta, One-shot, What if?, Slash, Spoiler!
Numero scelto:
6 (Una vecchia scrivania di noce), 17 (Uno straccio consumato), 10 (Macchie di sporco), 20 (Un letto sfatto), 30 (Lenzuola di seta)

Introduzione: Mortmain si è appropriato di tutte le scorte di yin fen. Will sarà disposto a pagare il prezzo necessario per ottenerne abbastanza da garantire la sopravvivenza di Jem? E Jem sarà disposto a lasciarglielo fare?

 

Troveremo una soluzione.”

Will annuì, rigido.

Ne sono convinto.”

I loro occhi tornarono ad incrociarsi ed entrambi capirono che l'altro sapeva che stavano mentendo.


Note (se ce ne sono):
Si tratta di una breve raccolta di sei mini one-shot. Ho usato un prompt per ognuna delle prime cinque one-shot, evidenziandolo in grassetto.

La storia è una what if? che parte dalla citazione tratta da CP che ho inserito all'inizio: cosa sarebbe successo se Mortmain si fosse davvero appropriato di tutto lo yin fen?

Buona lettura!

 

La storia si è classificata seconda al contest Access Denied! - Quando l'amore viene negato di Akira Haru Potter.

 

 

 

~I WOULD NOT FAIL YOU~

 

I was afraid. If Mortmain came to us and said he was the only one who had the drug that would save your life,

you must know I would give him whatever he wanted so that I could get it for you.

I have failed my family before, James.

I would not fail you-"

[Clockwork Prince]

 

1. BUGIA

 

Il silenzio nell'Istituto di Londra era quasi totale quando un giovane vestito di nero vi fece il suo ingresso e percorse a passi rapidi i lunghi corridoi, con la sicurezza di chi conosce un luogo alla perfezione.

Si arrestò davanti ad una porta come tutte le altre, attraverso la quale giungeva, attutito, il suono melodioso di un violino suonato da dita esperte. Esitò un momento prima di decidersi ad afferrare la maniglia.

“Will, sei tu?”

La musica si interruppe e Will avanzò nella stanza.

“Sì” borbottò.

Jem incrociò il suo sguardo e quello che vi lesse lo convinse ad appoggiare il violino nella sua custodia, riponendolo con cautela.

“Ancora nulla?” domandò in tono quasi leggero.

“Nulla. Sono tornato a Whitechapel e ho visitato praticamente tutte le fumerie di droghe demoniache dell'East End, ma... non è rimasto nulla.”

Jem si appoggiò con la schiena alla scrivania, accanto al suo parabatai.

“Ne ho ancora abbastanza per almeno una settimana” disse in tono rassicurante. “Troveremo una soluzione.”

Will annuì, rigido.

“Ne sono convinto.”

I loro occhi tornarono ad incrociarsi ed entrambi capirono che l'altro sapeva che stavano mentendo. Era tutta una bugia, una rozza menzogna che cercava di coprire una verità che li spaventava entrambi.

La mano destra di Will corse istintivamente al volto di Jem e gli sfiorò la guancia. Il silenzio era inframmezzato solo dal battito dei loro cuori, appena accelerato.

Jem intercettò la mano del compagno e la coprì con la sua; quindi, senza proferir parola, si avvicinò a lui e toccò le sue labbra con le proprie.

Will si rilassò sotto quel tocco così familiare e si concesse di mettere da parte, almeno per un po', le preoccupazioni che lo attanagliavano. Per quelle ci sarebbe stato tempo più tardi; l'unica cosa di cui gli importava in quel momento era il respiro di Jem sulle proprie labbra, le sue mani che, con una sicurezza dovuta all'abitudine, raggiungevano il suo petto e iniziavano a slacciare abilmente la sua camicia. La schiena di Will premeva contro la vecchia scrivania di noce di Jem, che aveva assistito, testimone silenziosa, a innumerevoli incontri come quello.

Lei, almeno, non li avrebbe mai giudicati.

 

2. MACCHIE

 

La prima persona che Will incontrò quando rientrò all'Istituto intorno a mezzogiorno, cinque giorni più tardi, fu Tessa Gray.

“Will” lo fermò, allungando una mano per posargliela sul braccio e impedirgli di dirigersi verso le scale. “Ci sono novità?”

“Nessuna” replicò brevemente lui. “Ormai ho cercato in tutta Londra, mi sono rivolto a tutti coloro che conoscevo.. ho persino inviato una missiva ad un mio contatto in Galles. Niente da fare.”

Tessa strinse gli occhi.

“Allora dovresti cercare meglio! Non possiamo rivolgerci a Mortmain.”

Will si liberò della mano della ragazza con un leggero strattone.

“Se pensi che io non stia facendo tutto il possibile, Tessa, forse dovresti provare a fare visita tu a qualche fumeria londinese.”

Quindi si avviò su per le scale.

Raggiunse la camera di Jem velocemente.

Il suo parabatai era intento a leggere, seduto alla scrivania, ma si voltò non appena Will fece il suo ingresso. Le occhiaie evidenti sul volto di Jem fecero irrigidire Will.

“Da quanto non lo prendi?” gli chiese.

“Buongiorno anche a te” replicò Jem con la sua solita calma.

“Jem...”

“So badare a me stesso, Will, e devo razionare quello che mi resta.”

“Non se questo comporta farti del male.”

“Se però-” cominciò Jem, ma un attacco di tosse improvvisa gli impedì di continuare. Afferrò un fazzoletto e se lo portò alla bocca. L'attacco terminò prima che Will si muovesse, ma questo non gli impedì di vedere la macchia rossa che si stagliava nitida sul tessuto candido. Will ebbe un brivido che riuscì a nascondere. Ormai il colore scarlatto del sangue di Jem gli era famigliare: ne aveva visto i segni non solo sul campo di battaglia, ma su ogni fazzoletto, ogni manica di camicia, ogni lenzuolo che Sophie aveva dovuto strofinare per cancellare le macchie di sporco che li rovinavano.

Will avanzò e prese la scatola che conteneva il poco yin fen rimasto; con gesti usuali, ne dosò una piccola quantità e la disciolse nel bicchiere d'acqua che era sempre appoggiato sul comodino di Jem. Dopo aver mescolato con attenzione, lo allungò a Jem, che lo assunse dopo aver borbottato invano qualche altra protesta.

Quindi, lasciato il bicchiere a terra, si sporse per sfiorare con le proprie labbra il volto e il collo del suo parabatai. Will avvertì il leggero bruciore dovuto al contatto del veleno demoniaco con la propria pelle, ma non se ne preoccupò, anzi: strinse Jem ancora più vicino a sé, come se avesse timore di vederlo sparire.

 

3. IMMORALE

 

“Sei andato da Mortmain, non è così?”

La voce di Jem fece sussultare Will, in piedi in silenzio davanti alla finestra, lo sguardo perso tra i tetti degli alti edifici londinesi: era convinto che stesse dormendo. Si voltò.

“Dovresti riposare.”

“Non mi hai risposto.”

Will tornò a guardare fuori, teso.

“Sì” disse alla fine. “Ci sono andato la scorsa notte.”

Jem si mise a sedere con cautela.

“Cosa ti ha detto?”

Will esitò; le sue dita si appoggiarono al vetro della finestra.

“Ha confermato di possedere tutte le scorte di yin fen” sospirò alla fine.

“Non girarci intorno, Will. Cosa vuole in cambio?”

Lui finalmente decise di girarsi e posò gli occhi su Jem.

“Tessa” rispose semplicemente.

Jem chiuse gli occhi per un istante.

“Ovviamente” replicò con amarezza.

Will fece un passo in avanti e Jem si alzò in piedi.

“Jem, lo sai che io farei qualsiasi cosa. Sono pronto a-”

“No. Sei impazzito? Non baratterai la vita di Tessa con una dose della droga che forse potrebbe tenermi in vita per un altro paio di mesi. Non te lo lascerò fare, Will.”

Will si irrigidì.

“Non ho intenzione di lasciare che tu muoia quando Mortmain possiede lo yin fen. Dovessi andare a rubarglielo personalmente...”

“No.”

Il tono di Jem era fermo e definitivo, non lasciava spazio a repliche, ma Will non si diede per vinto.

“Tessa è una buona amica, ma non ho intenzione di sacrificare la tua vita per salvare la sua. Jem, io ti-”

“Io amo Tessa” lo interruppe Jem con calma.

Will sgranò gli occhi.

“Tu cosa?” chiese, incredulo.

“Io amo Tessa, Will. Sono innamorato di lei da tempo e avevo intenzione di chiederle di concedermi l'onore di diventare mia moglie.”

Will scosse la testa, cercando di schiarirsi le idee.

“No, non è possibile. Tessa? Io pensavo che tu... pensavo che noi-”

“Will” Jem intervenne con delicatezza, “Io ti voglio bene, lo sai. Sei il mio parabatai, ho giurato che avrei dato la vita per te. Ma il modo in cui lei mi fa sentire... il mio cuore batte un po' più forte, e mi sento bene, Will, davvero bene, come se non avessi bisogno di quella maledetta droga per sopravvivere, come se fossi ancora lo stesso ragazzo che ero quando vivevo a Pechino.”

“No, non ci credo” decise Will. “Stai cercando di impedirmi di salvarti la vita.”

Fece un passo verso Jem e, senza esitare, lo baciò con forza. Jem rimase fermo per un secondo, quindi lo spinse via.

“Basta, Will” disse con fermezza. “Tutto questo... lo sai anche tu che è sbagliato. È contro la legge, è contro natura, e oltrepassa ogni limite. Io amo Tessa e ho intenzione di rivelarle i miei sentimenti.”

“Tutte le volte che ci siamo baciati" ringhiò Will, "Tutte le volte che abbiamo fatto l'amore nel tuo letto, tutte le notti in cui ti sei addormentato tenendomi la mano, tutte le mattine in cui abbiamo rischiato che Sophie ci trovasse ancora abbracciati nel letto sfatto... non puoi farmi credere che, dopo tutto questo, adesso tu pensi che sia immorale!”

“Era soltanto sbagliato” replicò Jem, senza mai perdere la calma. “Tutti commettono degli errori.”

“Un errore” ripeté Will, atono.

“Sì. E adesso ho intenzione di chiederti, Will, se davvero tieni a me e ti importa qualcosa di ciò che provo, di rinunciare ai tuoi propositi. Lascia che la natura faccia il suo corso e, quando io me ne sarò andato, difendi Tessa come faresti con me.”

Will scosse la testa e un lampo di rabbia furente gli attraversò lo sguardo.

“Io ti amo!" urlò. "Non puoi chiedermi di fare una cosa del genere. Non puoi mentirmi e pensare che io creda davvero che tu-”

“Io non ti amo, Will” ribatté Jem, e stavolta nella sua voce riecheggiava una certa disperazione. “Ti voglio bene come ad un amico, come ad un fratello... il migliore dei fratelli. Ma amarti... Will, mi dispiace, ma, se mi fosse concessa un'altra vita, è con Tessa che la vorrei trascorrere.”

Will rimase immobile per un secondo, come ad interiorizzare ogni singola parola. Poi si voltò e, senza aggiungere altro, se ne andò. Gli parve di aver subito una ferita che neanche gli artigli affilati di un demone o i movimenti scattanti di un automa avrebbero potuto eguagliare.

 

4. ESCHILO

 

Will stava leggendo. In mancanza di altro da fare, aveva fatto una visita alla biblioteca dell'Istituto, cercando uno dei pochi volumi che non avesse ancora sfogliato. Alla fine aveva deciso per le tragedie di Eschilo; gli piacevano i classici, e in ogni caso non voleva aver nulla a che fare con qualcosa che potesse ricordargli anche solo lontanamente “Racconto di due città”, perciò se n'era tenuto il più lontano possibile. Eppure non servì a molto.

Infatti, mentre stava apprezzando una dotta citazione che riteneva molto appropriata (“La ricompensa per il dolore è l'esperienza”), una delle due persone a cui stava cercando di non pensare comparve di fronte a lui.

"Will...”

Chiuse gli occhi per un secondo, invocando una calma che gli sembrava quasi impossibile ottenere.

“Sì?”

“Ho... ho bisogno di te. Per Jem. Sta male e... Charlotte e Henry sono usciti... non so cosa fare.”

La voce di Tessa tremava. Will gettò il libro sul tavolo e si alzò, affrettandosi per raggiungere le scale, seguito dalla giovane Nascosta. La porta della camera di fronte a quella di Tessa era socchiusa; i due entrarono e Will rabbrividì al suono dei colpi di tosse di Jem. Si avvicinò a lui mentre Tessa rimaneva sulla soglia.

Lo Shadowhunter era seduto sul proprio letto, la schiena appoggiata alla testiera; il suo volto era pallido ed emaciato, gli occhi più argentei che mai. Ad ogni colpo di tosse, un po' di sangue scivolava fuori dalla sua bocca. Non era niente che Will non avesse già visto prima, ma era consapevole del fatto che, le altre volte, c'era sempre stato abbastanza yin fen da somministrargli in attesa che migliorasse.

“Jem?”

Lui alzò gli occhi.

“Will. Sei venuto-” mormorò prima che un nuovo attacco di tosse lo interrompesse.

“Certo che sono venuto. Nigel-Sei-Dita può aspettare.” Intanto allungò la mano verso la scatola che conteneva lo yin fen e la aprì. Pochi residui di polvere rimanevano sul fondo di essa. “Quanto va male da uno a dieci?” gli chiese in tono pratico, con il tono di chi ripete qualcosa che ha già detto molte volte.

Jem socchiuse gli occhi.

“Sono stato sgarbato con te, ieri” disse. “Non avrei dovuto-”

Non aggiunse altro, ma tossì un paio di volte.

“Jem. Da uno a dieci?” insistette Will.

“Nove” ammise Jem alla fine.

Will, che conosceva le risposte usuali del suo parabatai, trasalì. Non era mai andato oltre al sette, con lui presente. Si decise a prendere il bicchiere d'acqua e a versarvi dentro tutta la droga rimasta, fino all'ultimo granello. Non era neanche lontanamente sufficiente, ma era tutto ciò che avevano. Avvicinò il bicchiere alle labbra di Jem, che bevve senza protestare -altro segno che c'era qualcosa di diverso dal solito.

Quindi, Will pose una mano sulla fronte dell'amico e si accigliò. Era bollente. Ordinò a Tessa, che era rimasta sulla porta, di chiedere a Sophie dell'acqua fredda o del ghiaccio, e lei obbedì, uscendo rapidamente.

Jem si lasciò scivolare in posizione distesa, supino, e i suoi occhi spenti si fermarono su Will.

“Non avrei dovuto farlo” sussurrò. Seguì un attimo di silenzio, quindi Jem mormorò alcune parole in cinese.

Will capì che si trovava in uno stato a metà tra allucinazione e realtà e che probabilmente, come spesso capitava, stava parlando ai suoi genitori.

Quando Tessa tornò, lui si adoperò per bagnare la fronte di Jem con l'acqua fredda. Il dolore peggiorò e cominciarono le urla, a cui seguirono le convulsioni. Will chiese a Tessa di uscire e rimase accanto a Jem, tenendolo fermo quando si dibatteva, parlandogli ininterrottamente in tono rilassante, ripetendo che tutto sarebbe andato per il meglio.

Prese dall'armadio un vecchio straccio consumato che aveva usato mille volte per lo stesso motivo e ripulì il volto di Jem dal sangue, continuando a farlo ogni volta che sopraggiungevano nuovi colpi di tosse. Durò più a lungo del solito, ma alla fine Jem perse conoscenza, il che, però, non tranquillizzò Will, che continuò a controllare con attenzione che il petto dell'amico non smettesse di sollevarsi.

Aveva appena finito l'ultimissima dose della droga che teneva in vita Jem. Spesso, dopo attacchi duri come quello che aveva appena subito, se ne ripresentavano altri di minore entità; ma come avrebbe fatto a sopportarli senza lo yin fen?

La porta della stanza si socchiuse e Tessa entrò senza fare rumore; il suo sguardo si posò sulle mani intrecciate dei due ragazzi, ma non fece commenti. Will esitò, quindi prese una decisione.

“Resta qui con lui” disse, lasciando la mano di Jem e tenendo la voce bassa per non svegliarlo; si alzò in piedi. “Charlotte dovrebbe essere di ritorno tra poco, in ogni caso.”

“Non andartene, Will” lo pregò la ragazza, mettendogli una mano sul braccio. “Ha bisogno di te.”

“Ha più bisogno di te che non di me, te lo assicuro” ribatté lui con una certa amarezza. “Non tarderò, comunque.”

Uscì dalla camera, in mente una destinazione ben precisa.

 

5. SACRIFICIO

 

Quando Jem aprì gli occhi, si sentiva a pezzi.

Si mise a sedere a fatica, le membra pesanti, la testa che pulsava, la gola riarsa. Si guardò intorno; accanto al suo letto, su una sedia, Tessa dormiva placidamente, la bocca socchiusa. Nessuna traccia di Will.

Jem si alzò e andò a cercare Sophie, chiedendole di preparargli dell'acqua calda; quindi vi si immerse, strofinandosi via dalla pelle ogni residuo di sangue. Nel frattempo, la sua mente cercò di non concentrarsi sulla consapevolezza di aver finito anche l'ultimo residuo di yin fen. Sapeva che, in quelle condizioni, probabilmente non gli sarebbero rimasti che un altro paio di giorni, ma rifletterci ancora non avrebbe cambiato nulla.

Si rivestì e uscì dalla camera, premurandosi di svegliare con delicatezza Tessa e di indirizzarla verso la sua stanza perché potesse riposare.

Incontrò Charlotte a metà delle scale e lei, pallida, gli consegnò un pacchetto.

“Cos'è?” domandò Jem, aggrottando le sopracciglia.

“L'ho trovato fuori dalla porta” replicò la donna, “Insieme a questo biglietto.”

Jem aprì il pacchetto, anche se aveva già capito di cosa si trattava: era l'ennesimo che vedeva, anche se ultimamente non ce n'era più stata traccia. Yin fen. Jem aprì il biglietto, confuso. Aveva visto Tessa lui stesso, quella mattina, il che significava che lo scambio richiesto non poteva aver avuto luogo.

Con i migliori ringraziamenti al signor Herondale” recitava il biglietto, ed era firmato A.M.: Axel Mortmain.

Jem rilesse quella singola frase più volte.

“Dov'è Will?” domandò alla fine, alzando gli occhi su Charlotte.

“Non lo so. Non è tornato all'Istituto, stanotte, che io sappia.”

Jem rabbrividì. C'era qualcosa di strano. Si sentiva poco bene sin da quando si era svegliato, ma era possibile che dietro a quel malessere ci fosse altro che non la sua malattia? Qualcosa di relativo alla connessione tra parabatai?

“Cosa può aver dato Will a Mortmain che lui volesse, se non gli ha consegnato Tessa?” chiese Jem sottovoce, senza quasi rendersi conto di aver parlato ad alta voce.

Quando alzò gli occhi, però, vide che Charlotte era impallidita.

“Informazioni” replicò semplicemente. “Sull'Enclave, sull'Istituto, sulle nostre teorie riguardo ai suoi piani, su Tessa-”

“Non lo farebbe mai!” sbottò Jem, ma la sua voce era incerta.

Charlotte scosse la testa, affranta.

“Oggi ci sarà una riunione dell'Enclave” disse piano. “Dovrò dire loro di che colpa si è macchiato.”

“No! Charlotte, se lo sapessero... lo accuserebbero di tradimento. Non puoi permetterlo.”

“Non ho scelta. Considerata la gravità di quello che ha fatto Will, è persino probabile che rimuovano me dall'incarico, visto che in teoria sarebbe sotto la mia custodia.”

“Lascia che io provi a sistemare le cose. Andrò a cercarlo e-”

“Non ce n'è bisogno.”

Jem e Charlotte si voltarono in contemporanea. Will era appena comparso sulle scale, evidentemente tornato da Mortmain. Jem prese in esame con una sola, rapida occhiata il volto pallido di Will, i suoi capelli scompigliati e il lungo taglio sanguinante che gli attraversava il volto, in via di guarigione grazie ad un iratze tracciato rudemente sullo zigomo.

“Will! Cosa-” cominciò Charlotte, ma Jem la interruppe.

“Charlotte, per cortesia, potresti lasciarci soli?”

Lei esitò, quindi annuì.

“Ma vi voglio entrambi nel mio ufficio prima che arrivi l'Enclave, questo pomeriggio” intimò loro.

Jem e Will promisero che non avrebbero tardato e si avviarono verso la camera del secondo. Quando la porta fu chiusa dietro di loro, Jem si concesse di parlare.

“Ti rendi conto di cos'hai fatto?” chiese bruscamente.

“Me ne rendo conto perfettamente” replicò Will con calma.

“Verrai espulso dall'Enclave! I tuoi marchi ti saranno strappati!”

“Ho detto che me ne rendo conto, James.”

“Perchè? Dimmelo, perchè l'hai fatto?”

“Per quello, ovviamente” rispose Will senza scomporsi, accennando al pacchetto che Jem teneva ancora in mano. “Avrei anche consegnato Tessa, ma sembravi non essere d'accordo.”

“Hai tradito l'Enclave! Loro non lo capiranno, Will. Non accetteranno le tue ragioni.”

“Non ho mai pensato che lo avrebbero fatto.”

“Ma perchè?”

Lo sai, il perché. Per te, Jem.”

Jem si sedette sul letto di Will, la testa che gli girava leggermente. Si sentiva ancora debole e continuava a non capire se ciò fosse dovuto all'astinenza o piuttosto a quello che stava succedendo con Will.

“Non avresti dovuto. Quello che ti ho detto-” mormorò, senza però riuscire a continuare.

“Ho giurato sull'Angelo che ti avrei protetto, Jem. Qualunque cosa tu possa dire o fare, non verrò meno a questo giuramento.”

“Mi hai perdonato?”

“Era il minimo, dopo tutto quello che tu hai perdonato a me.”

Jem socchiuse gli occhi e scrutò Will.

“Ci hai creduto sul serio?” gli chiese sottovoce.

“A quel pessimo tentativo di convincermi a non sacrificare Tessa per te? Abbastanza da fare quello che ho fatto.”

“Io non pensavo -non credevo che fosse una scelta su chi condannare tra te e Tessa!”

“Infatti la scelta era tra te e Tessa... solo che ho cambiato le carte in tavola.”

“Non dovevi. Non ne è valsa la pena.”

“Ah, no? E perchè? Perchè la tua vita probabilmente durerà meno della mia?” Il tono di Will era aspro. “Beh, ricrediti, Jem, perchè, se anche durerà meno, certamente vale di più. E-” proseguì, sovrastando l'immediata protesta di Jem, “Volevo che tu avessi la possibilità di chiedere la mano di Tessa, com'era nelle tue intenzioni.”

“Io... Will-”

“Perciò, adesso io mi consegnerò all'Enclave, che deciderà cosa fare, e tu prenderai una dose di yin fen e andrai dritto da Tessa a ripeterle quello che hai detto a me al suo riguardo.”

“Will” lo fermò Jem, rialzandosi. “Ma non hai capito? Quello che ti ho detto -tutto quello che ti ho detto- era una menzogna. Volevo impedirti di sacrificare Tessa, perchè non ne sarebbe valsa la pena. Ogni parola che ho pronunciato era calcolata per ferirti.”

“Ma hai detto... hai detto che lei ti faceva stare bene, che eri innamorato di lei-”

“Mentivo! Will...” Jem si passò una mano tra i capelli argentei, disperato. “Se avessi saputo che tu saresti corso da Mortmain, pronto a rivelargli tutto ciò che gli interessava, e che lui ti avrebbe consegnato nelle mani dell'Enclave come una vittima sacrificale, perchè loro potessero punirti...”

“Cosa avresti fatto?” ribatté duramente Will. “Mi avresti detto di sacrificare Tessa?”

“Sì” rispose Jem con semplicità. “Certo. Tessa è una buona amica, e darei la mia vita per lei -ma la tua vita, Will... io ti amo. E adesso vorrei solo che avessi lasciato perdere. L'astinenza mi avrebbe ucciso nel giro di pochi giorni, e sia tu che lei sareste vivi e liberi-”

Ma Will si era fermato alle tre parole che Jem gli aveva negato precedentemente.

Gli impedì di continuare, annullando con un passo la distanza tra di loro e chiudendogli la bocca con la propria. Jem, quella volta, non si tirò indietro, anzi; rispose con foga, e Will lo spinse indietro finché non ricaddero entrambi sul suo letto.

Le loro bocche affamate non smisero di cercarsi finché quella di Jem non scese sul collo del suo parabatai, baciando e mordendo; Will intrecciò le dita tra i suoi capelli e sospirò, mentre con l'altra mano cercava di slacciare la sua camicia.

Così si ritrovarono di nuovo insieme, avvinghiati tra le lenzuola di seta del letto di Will, che tante volte li avevano nascosti, i loro corpi che si incastravano alla perfezione, adattandosi l'uno all'altro, pelle contro pelle, respiri soffocati e urla azzittite dai baci.

E Will seppe con assoluta certezza che Jem aveva mentito quando aveva affermato che era tutto uno sbaglio, che era contro natura: nulla poteva essere più giusto e più naturale di quello. Tuttavia, su un punto aveva detto il vero: era contro la Legge, almeno contro quella del Codice; il che, però, non gli sovvenne fino a quando la porta della sua camera non si aprì grazie ad una runa applicata da una mano esperta, e Charlotte e Benedict Lightwood non li sorpresero insieme.

 

6. EPILOGO

 

Jem era immobile sulla soglia, lo sguardo fisso sulla figura che era appena uscita dall'Istituto. Rimasero solo loro due, il pesante portone di legno che si richiudeva alle loro spalle.

Jem si portò d'istinto una mano sull'avambraccio, dove, nascosta sotto alla manica, spiccava una cicatrice fresca -quello che restava della sua runa da parabatai.

I suoi occhi non lasciarono Will neanche per un istante mentre lui sistemava i pochi bauli contenenti i suoi oggetti personali sulla carrozza. Cyril non era ancora arrivato.

Alla fine, Will si voltò e i loro occhi finalmente si incontrarono. Jem poteva quasi percepire la debolezza e la vulnerabilità che l'altro emanava, e dire che, fino a pochi giorni prima, vulnerabile era l'ultimo aggettivo che avrebbe attribuito a Will. Invece eccolo lì, in quel momento, appena reduce dalla dolorosa operazione compiuta per eliminare il sangue angelico, quello che lo rendeva un Nephilim, dalle sue vene, e per rendere i suoi marchi nulla più che cicatrici sbiadite.

Jem era abile nel non pensare a ciò che gli provocava dolore: la sua futura morte, il ricordo dei suoi genitori, la sua dipendenza dallo yin fen. Eppure, in quel momento, il pensiero che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui gli sarebbe stato permesso di vedere Will non riusciva a lasciare spazio ad altro, tanto che il dolore era quasi intollerabile.

Fece un paio di passi in avanti.

“Mi dispiace” sussurrò. “È tutta colpa mia.”

Will scacciò le sue parole con un gesto della mano.

“Ho fatto tutto di mia spontanea volontà... anche se non avevo previsto proprio ogni cosa.”

Jem si morse il labbro inferiore. Se Will aveva immaginato che gli avrebbero tolto i marchi, facendo sì che non fosse più uno Shadowhunter, a causa del suo tradimento, non si era aspettato di essere sorpreso a letto con Jem proprio in quel momento, dopo tante volte in cui l'avevano fatta franca. La reazione di Charlotte (occhi sgranati, uno strillo, lacrime) e quella di Benedict Lightwood (un'entusiastica corsa al piano inferiore per avvisare l'intero Enclave di ciò che aveva visto) avevano fatto sì che l'Enclave prendesse provvedimenti immediati.

Will e Jem erano stati convocati in riunione e avevano assistito impotenti al voto dei membri.

Will, a causa del suo tradimento (apertamente confessato con in mano la Spada Mortale) e dell'infrazione dell'antica legge che rendeva illegale ogni rapporto romantico tra due parabatai, era stato immediatamente condannato alla rimozione dei marchi.

A Jem, invece, dopo che era stato stabilito che il corpo di un Mondano non sarebbe sopravvissuto alla dipendenza dallo yin fen, era stata imposta la separazione forzata dal suo parabatai, ovvero la procedura standard per quel tipo di infrazione.

Jem aveva protestato, aveva difeso la propria causa e quella di Will, mettendo in luce le ragioni che lo avevano spinto a tradire l'Enclave con Mortmain, ma era stato tutto inutile. Nell'unico momento in cui era riuscito a parlare con Will, gli aveva detto che se ne sarebbe andato con lui, ma Will glielo aveva impedito con forza, sostenendo che Jem aveva bisogno della protezione offerta dall'Enclave, dall'Istituto e, soprattutto, dai Fratelli Silenti.

Cyril uscì dall'Istituto e salì in carrozza, pronto a scortare Will fuori da Londra.

Will guardò Jem e per un istante immaginò come sarebbe stato avvicinarsi ancora a lui e baciarlo un'ultima volta -ma poi ricordò che i membri dell'Enclave li stavano con ogni probabilità osservando dalle finestre dell'Istituto, e non voleva che Jem subisse ulteriori conseguenze per un atto avventato. Perciò si limito a posargli una mano sul braccio per un secondo, esattamente sul punto dove, fino a poco tempo prima, era incisa sulla sua pelle la runa da parabatai.

“Abbi cura di te, James” gli disse.

“Mi mancherai” replicò piano Jem, le mani che tremavano leggermente.

“Anche tu.”

Jem fece per aggiungere qualcos’altro, ma lo sguardo di Will, che si spostò per un istante verso le sottili finestre sopra di loro, lo distolse da quel proposito.

“Addio, Will.”

“Addio” gli fece eco lui, e fece un passo indietro, per poi salire sulla carrozza.

Mentre Cyril spronava i cavalli, Jem colse un'ultima occhiata di Will attraverso il finestrino. Le sue labbra sillabarono le due parole che non aveva potuto dirgli ad alta voce.

Jem, la gola stretta, ripeté quelle stesse parole senza emettere suono. Afferrò ancora un sorriso malinconico da parte di Will prima che la carrozza si allontanasse definitivamente.

Jem rimase fermo ancora per un paio di minuti, cercando di trovare la forza di tornare dentro e sopportare gli sguardi increduli di Henry, quelli accusatori di Charlotte, quelli disgustati di Jessamine, quelli soddisfatti dei Lightwood e quelli compassionevoli di Tessa.

Poi, la mano ancora saldamente premuta su un punto preciso del proprio avambraccio, diede le spalle alla strada e rientrò nell'Istituto, solo.

   
 
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