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Autore: fuku    24/09/2012    0 recensioni
Uccidere per sopravvivere. Questa è la regola degli Hunger Games.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Distretto 12.





“Hayley, sei qui dentro?”
Il rumore delle nocche che battevano sulla porta rimbombarono nella testa della ragazzina seduta seduta per terra, accanto al letto. Le ginocchia strette al petto, lo sguardo perso nel vuoto, il pensiero concentrato su un unico obiettivo. Se fosse stata scelta, avrebbe dovuto non farsi mettere i piedi in testa da nessuno e non farsi seppellire dalle emozioni. E soprattutto, doveva cercare di non pensarci; probabilmente, era impossibile. Ma se doveva uccidere, era meglio cercare di farlo con la mente sgombra.
Le unghie affondarono nella pelle dei polpacci mentre, chiudendo gli occhi, immaginò di prendere un ragazzo fra le sue mani e stringere il suo collo forte, spingendo e…
“Hayley Hanson, apri subito la porta!”
La ragazza sussultò, scuotendo la testa e sbattendo un paio di volte le palpebre, come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno. Si alzò in piedi, pulendosi il vestitino azzurro che indossava e stringendosi il laccio che teneva fermi i suoi capelli biondi in una coda alta.
Arrivò alla porta con passo lento, voleva poter rimanere chiusa in camera quel giorno, ma non poteva; la aprì, per ritrovarsi davanti il volto accigliato di sua madre. Ma il viso della donna pian piano mutò, creando una smorfia di un misto fra dolore e amore, mentre si protendeva in avanti per abbracciare la sua bambina.
Hayley rimase immobile, senza abbracciare la madre.
C’è un momento, nell’abbraccio, dove non si capisce più chi da e chi riceve e Hayley voleva solo ricevere, essere stretta dalla sua mamma ancora una volta. Quando si separarono, la donna aveva gli occhi pieni di lacrime, come se la figlia fosse già stata scelta.
“E’ ora, amore.”
Annuì. Era l’ora della mietitura.
La folla aveva già iniziato a fluire verso la piazza, famiglie impaurite con ragazzi ansiosi creavano quel fiume di tristezza, mentre nell’interno covavano rabbia furiosa nei confronti di Capitol City.
Quando fu l’ora di lasciare la mano di sua madre, Hayley tentennò: sebbene si era promessa di non farsi sormontare dalle emozioni, per un momento sperò di non essere li. Si distaccò dai suoi genitori, andando a prendere posto in una delle file del gruppo femminile.
Le mani erano strette in un pugno e lasciate lungo i fianchi, la mascella serrata e gli occhi fissi sul palco.
“Io non ho paura.”
Continuava a ripetersi nella mente, quasi volesse autoconvincersi, per essere più forte.
Il “boia” di Snow fece la sua apparizione sul palco, il trucco eccessivo, i capelli colorati e un orribile sorriso finto sul volto.
“Benvenuti giovanotti!”
La sua voce echeggiò per tutta la piazza, mentre si sforzava di tenere quel sorriso guardando i presenti. Tenne il solito discorso scialbo e privo di senso, che nessuno ascoltava mai poiché tutti attendevano con ansia il verdetto.
Finalmente si bloccò. Gli occhi di Hayley seguivano il movimento delle labbra, mentre la donna si apprestava a prendere il nome della ragazza scelta.
“Io non ho paura.”
“Hayley Hanson!”
“Io non ho paura.”
Mormorò, mentre usciva dalla file per salire sul palco. Si muoveva in automatico, senza neanche accorgersi del Pacificatore che l’aveva presa per un braccio e la guidava verso la donna. Sembrava come se i suoni attorno a lei si fossero spenti e tutto si muovesse più lentamente. Arrivò sul palco, e rivolse il primo sguardo ai suoi genitori: si stupì di non provare alcun dolore vedendo sua madre disperata, ma pensò che era meglio così.
Il secondo tributo, quello maschile, fu chiamato e arrivò impaurito sul palco. Nel momento in cui Hayley gli strinse la mano, appena le loro dita si sfioravano, un grido disperato squarciò il cielo.
Si girò di scatto, nell’esatto momento in cui un uomo lanciò un sasso contro il palco, scatenando la rivolta del distretto.
Non era la prima volta che capitava.
All’improvviso, dozzine di sassi iniziarono a volare verso il palco, intenzionate a colpire i Pacificatori e magari anche la donna. Ma dopotutto, non si può decidere l’esatta traiettoria.
Prima che Hayley potesse ripararsi in qualche modo, una pietra la colpì sulla tempia. Si sentì come colpita da un proiettile, e si accasciò a terra, sebbene fosse cosciente.
Vedendola a terra, la lapidazione si fermò.
Il distretto era a bocca aperta, impaurito per ciò che sarebbe successo.
Hayley sentiva la testa pulsare, ma non voleva farsi mettere sotto così: altrimenti, nell’arena, sarebbe sembrata debole.
Decide che doveva reagire, sin da ora. Accettare il suo destino.
Si alzò in piedi, facendo leva sui gomiti e sulle ginocchia, girandosi verso la folla.
“IO NON HO PAURA!” gridò, con tutto il fiato che aveva in gola, come un leone.
Sarebbe tornata vincitrice, sapeva di potercela fare.
Entrambi i tributi furono portati al sicuro dai Pacificatori.
Felici Hunger Games.
  
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