Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Mirokia    25/09/2012    10 recensioni
«Hai capito, vero?» chiese Louis nel momento in cui Harry si portò la sciarpetta grigia e bianca al naso, inspirando un po’.
«Cosa?» chiese, il naso ancora affondato nella sciarpa.
«Il nome del ragazzo che mi piace,» disse Louis, e Harry si sentì bruciare sotto gli occhi, sulle guance, e pensò che probabilmente dovesse tirare su il naso dal calore di quella sciarpa.
Quell'innocenza era brillante, speravo che durasse.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Speravo che durasse

 

 

 

 

 

Entri nella stanza, lo sai che mandi i miei occhi in fiamme.

 

 

 

 « Sono gay. »
Harry ha ancora stampato sugli occhi il momento in cui Louis gli fece  quella confessione, con quel suo fare spavaldo, il cappello che gli cadeva di lato e la sciarpa scialba appesa al collo. Nonostante quella sua espressione vanitosa mentre confessava, il tono di voce di Louis era particolarmente basso, quasi un sussurro, ma Harry poteva sentirlo, e tirò un lungo sospiro chiudendo ed aprendo più volte le mani, in una sorta di tic nervoso.
« Me ne sono assicurato ultimamente. E ho voluto condividerlo con te perché, beh… »
Harry aveva il respiro corto, gli occhi lucidi, come se da un momento all’altro stesse per ascoltare una confessione di altro tipo, un qualcosa come  Perché sono innamorato di te”, bello diretto e liscio come l’olio, e in effetti ci sperava, segretamente. E non voleva neanche ammetterlo a se stesso che ci sperava. Ma probabilmente in quel momento aveva stampata sulla faccia un’espressione da ragazzina impazzita che a un concerto spera con tutte le sue forze che il suo idolo scelga lei e la faccia salire sul palco per cantare un bel duetto. Aveva idea del duetto che faceva avanti e indietro nella sua testa, sapeva bene di che natura era, e non è che se ne vergognava, solo che era stato sempre lontano da questi tipi di pensieri, e quando Louis si passò la lingua sul labbro superiore, si disse che stava crescendo, era normale sentire lo stomaco fare a botte con l’intestino.
« …mi ispiri fiducia! » ma Louis pronunciò quella frase con entusiasmo e sorrise in modo genuino stringendo gli occhi. Harry avvertì come lo stomaco brontolare, quasi  si stesse sgretolando, e portò istintivamente una mano all’altezza dell’ombelico, senza scomporre più di tanto l’espressione facciale. « E poi… »
Harry allargò nuovamente lo sguardo speranzoso, aprì e chiuse le mani un’altra volta, strinse un po’ le labbra e sentì qualcosa dentro di sé come crollargli sui piedi, incapace di restare immacolato.
« E poi sei uno dei miei migliori amici, ormai. Posso considerarti come tale, no? »
L’altro ci mise un po’ a rispondere, come se stesse ancora rielaborando la domanda nel cervello. Lo guardò intensamente negli occhi, ma non lo stava guardando davvero, era come immerso nelle sue speculazioni molto vaghe, e lo sguardo s’era posato casualmente su quelle pozze tanto azzurre da dare fastidio. E poi sulle sue labbra, ma prima sugli occhi. E solo quando Louis gli rivolse un’espressione piuttosto confusa si accorse che probabilmente avrebbe dovuto rispondere, e ricordava la domanda a fatica.
« …Certo. » disse alla fine, e tentò di sembrare entusiasta, ma forse lo era per davvero, perché essere uno dei migliori amici della persona per cui si provano strane emozioni, quelle che fanno contorcere lo stomaco e tirar su i brividi sulle braccia, probabilmente era il meglio che potesse desiderare. Forse non proprio il meglio, ma ci si avvicinava. Louis sorrise contento e gli circondò le spalle con un braccio sfregandogli leggermente il naso sulla guancia e mormorando un « Grazie. » sincero, mentre Harry stava in piedi a fatica, quasi avesse gelatina al posto delle ginocchia, e ricambiava con un’espressione spaesata.
E il più grande, ormai libero di metà del peso che gli gravava sul cuore, lo prese da un braccio e lo portò a girare il loro terzo video diario. E Harry non riuscì a pensare ad altro per tutta la durata del video, sorridendo come un ebete quando ripensava a Louis che gli confessava di essere gay, allargando ulteriormente il sorriso mentre lo ammirava fare l’idiota come al solito, beandosi dei brividi che prendevano possesso delle sue braccia quando Louis lo mordicchiava sulla spalla, socchiudendo gli occhi quando si faceva pericolosamente vicino, toccandogli la mano e allungandosi verso di lui ogni qualvolta ne sentisse il bisogno.
Louis era gay. Louis era gay, e per Dio, lo aveva seguito con lo sguardo la prima volta che gli era passato davanti sculettando a quel modo. E lo aveva guardato con la coda dell’occhio durante le prove delle coreografie, e aveva sentito le palpebre bruciare per quanto gli sembrava bello. “Bello” era la parola che usava per descrivere un quadro, un libro, una statua, o un’opera d’arte in generale. E invece adesso gli veniva da attribuirlo a quel tizio lì, probabilmente perché lì sul momento gli era sembrato un’opera d’arte. Era di una bellezza strana, avrebbe osato dire femminile, coi capelli lunghi e perfettamente lisci che gli coprivano la fronte, gli occhi piccoli e azzurri che chissà cosa volevano nascondere, la bocca sottile, l’abbigliamento scialbo, il sorriso malizioso, l’atteggiamento spavaldo. C’era qualcosa in quel tipo che gli faceva bruciare inevitabilmente gli occhi, come quando si guarda il sole troppo a lungo. E aveva chiesto a qualcuno, era andato in giro a domandare: “Sai chi è quello?”, “Lo conosci?”, “Sai come si chiama?”, e forse dopo aver chiesto a tre persone ci aveva rinunciato, ‘che era ancora troppo timido per mettersi a parlare con tutti. Ma gli sarebbe bastato parlare con quel tizio, e magari, forse…
« Piacere, Louis. » una vocetta assurda che dà fastidio alle orecchie, un nome che non ha la pronuncia più ovvia del mondo, gli occhi in fiamme. « Adoro i tuoi capelli. »
« Grazie. »
« Posso toccarli? » il tocco leggero della mano che affonda nei ricci, gli occhi in fiamme, la bocca secca, le parole che non ne vogliono sapere di venir fuori, il silenzio che aleggia tra i due mentre il più grande gli massaggia i capelli, gli occhi in fiamme.  « Wow. Mi sei simpatico. »
E Harry non aveva nemmeno parlato. Forse era riuscito a presentarsi, forse, ma ricorda che aveva iniziato a sciacquarsi freneticamente gli occhi quando Louis aveva lasciato il bagno.

 


Ehi, dimmi che lo sai. Sì, mi hai scoperto.

 

« Me ne sono veramente reso conto ultimamente… » disse Louis, e sinceramente neanche sapeva com’è che fosse finito a parlare di quell’argomento con Harry, che se ne stava seduto ai piedi del letto mentre lui era steso con le braccia dietro la testa.
« Prima di entrare a X-factor? » chiese Harry piuttosto imbarazzato, il cuore che batteva a mille come al solito, gli occhi che continuavano a bruciare, Louis che in quella posizione gli faceva fare pensieri strani e lo spingeva a scuotere le testa per scacciare certe immagini indesiderate, o forse fin troppo desiderate, dal cervello.
Louis rotolò gli occhi e li fece vagare per tutta la stanza, indeciso su cosa rispondere. Poi posò lo sguardo sul visino da bambola di Harry, sugli occhi grandi e acquosi, l’espressione che parlava di innocenza infantile, la bocca gonfia ancora immacolata. E decise di dire una piccola bugia, giusto per non coinvolgere Styles nelle sue intenzioni che potevano essere tutto tranne che innocenti.
« Sì, fuori di qui. » La risposta sembrava aver deluso un attimo il più piccolo, che prese a mordicchiarsi nervosamente il pollice mentre teneva lo sguardo fisso sulla persona di Louis. « Mi spiace di averti sconvolto con questa notizia. » aggiunse quello per rompere il silenzio imbarazzante che s’era venuto a creare.
« Ma figurati, io sono uno molto aperto… »
Louis sorrise e guardò di lato, perché gli era passata per la testa una battuta sconcia delle sue, ma non s’azzardò a dirla, ‘che non voleva sconvolgere ulteriormente quella povera creatura.

« Quindi… attualmente ti piace un ragazzo? » azzardò Harry con il pollice ancora in bocca. Louis alzò leggermente il capo e sorrise intenerito dai ricci che cadevano scomposti sulla fronte del più piccolo.

« Sì… non faccio che pensare a lui. » rispose tornando a guardare il soffitto, come sognante. E Harry storse il naso, perché gli sembrava tanto strano che il Louis casinista e anche un po’ menefreghista se ne stesse con la testa tra le nuvole a quel modo.

« Non mi sembri uno che si lascia prendere facilmente dalle persone. » disse infatti, quasi a prenderlo in giro.

« Invece qualcosa m’è scattato dentro dalla prima volta in cui l’ho visto. E’ come se qualcuno nella mia testa mi stesse raccomandando di non lasciarmelo sfuggire, perché quello era il pezzo che mi mancava. Come un mio alter ego. Qualcuno di cui non avrei mai più potuto fare a meno. Hai presente? T’è mai capitato? » chiese Louis senza staccare gli occhi dal soffitto non bianchissimo, le mani che formicolavano dietro la nuca. Harry si morse la guancia e giocherellò con il bordo dei pantaloni di Tomlinson, che probabilmente neanche se ne accorgeva, una vampata sul collo e sulle orecchie, segno di evidente e incomprensibile gelosia.

« Forse sì. » pronunciò quel ‘forse’, ma era come se non lo avesse fatto in realtà, perché la testa faceva su  e giù senza troppi ripensamenti. « E… come si chiama? »

« Non posso dirtelo. » fece subito il più grande con gli occhi che ridevano.

« Perché? »

« Perché no. » e sembrava sempre più divertito.

« Mica lo conosco. »

« Posso dirti che mi piacciono i suoi capelli. » si lasciò sfuggire, poi balzò in piedi ancor prima che Harry si riformulasse la frase in testa e disse: « Vado a vedere che fanno gli altri. » evitando qualsiasi tipo di risposta che avrebbe portato ad un ulteriore motivo di imbarazzo e alla successiva esplosione del cuore di Louis seguita da spargimento inutile di sangue. E Harry l’aveva visto andarsene e s’era messo una mano nei ricci, chiedendosi che tipo di capelli potessero piacergli. E quando realizzò, pensò che qualcuno potesse avergli acceso le orecchie a mo di candeline, tanto bruciavano.

 

 

Guarda le stelle, guarda come brillano per te.

 

 

«Diamine, Harry, devi piantarla,»

Le orecchie di Louis erano rosse e bollenti, ma era sera e loro se ne stavano sul balcone, a malapena si riuscivano a distinguere i lineamenti del volto.

«Di fare cosa?» ribattè il più piccolo, occhi che guizzavano come pesci e brillavano come stelle, le labbra inconsapevolmente protese. Sembrava volesse dispendere baci in giro, e invece era la sua bocca ad essere troppo gonfia, quasi l’avessero riempita di morsi.

«Di fissarmi!» esclamò Louis, il groppo in gola difficile da mandare giù, un leggero alito di vento che gli accarezzava il collo scoperto.

«Dici che si nota tanto?»

Louis sorrise e si portò l’indice alla bocca; lo mordicchiò, poi si asciugò dalla saliva strisciando le dita sui pantaloni sbiaditi. In quelle settimane sembrava non aver imparato nulla sullo stare in televisione: continuava ad indossare i suoi vecchi bermuda, una maglietta a tinta unita con la manica rovinata, le scarpe bianche ma ormai grigie che sembravano mangiucchiate, la sciarpetta scialba che adesso era appesa al collo di Harry. Quest’ultimo diede un’occhiata al proprio abbigliamento, e si disse che non era messo molto meglio. Aveva come la sensazione di aver iniziato a vestirsi come Louis, anche se inconsapevolmente.

«Hai capito, vero?» chiese Louis nel momento in cui Harry si portò la sciarpetta grigia e bianca al naso, inspirando un po’. Questo voltò leggermente il capo tentando di scrutare l’espressione di Louis nel buio, e ringraziò le stelle, perché grazie alla loro luce riusciva almeno a trovare i suoi occhi, e la sua bocca, e la linea dei capelli che coprivano la fronte.

«Cosa?» chiese, il naso ancora affondato nella sciarpa.

«Il nome del ragazzo che mi piace,» disse Louis, e Harry si sentì bruciare sotto gli occhi, sulle guance, e pensò che probabilmente dovesse tirare su il naso dal calore di quella sciarpa. In realtà aveva dei sospetti, credeva di averlo capito davvero, ma si sentiva alquanto egoista se ci pensava. E se non era davvero lui? E se si fosse immaginato tutto? Gli abbracci tiepidi, i buffetti sulla spalla e sulla guancia, i baci leggeri sulla fronte o sulle tempie, le battute allusive, le mani che stringevano le sue, il tocco insistente delle dita sul suo fianco, gli occhi che in qualunque caso riuscivano ad agganciare i suoi, quell’espressione languida che gli permaneva sul viso quando lo guardava cantare o parlare. Aveva un po’ paura, Harry, di quello che sarebbe potuto succedere se avesse fatto il proprio nome, sempre così egoisticamente. Magari Louis sarebbe scoppiato a ridere, avrebbe detto col suo tono derisorio: “Ma che idee ti sei fatto?”, gli avrebbe comunicato che era completamente fuori strada, e Harry non avrebbe avuto il coraggio di guardarlo più in faccia. Quindi,

«No,» disse alzando le spalle. «Non sono bravo in queste cose».

«Io invece non sono bravo a dichiararmi,» ammise Louis mentre si grattava la nuca e guardava in alto, verso le stelle luminose, così come Harry fece poco dopo, le mani aggrappate alla sciarpa. «Secondo te come dovrei fare?» aggiunse poi, e Harry si incantò su un gruppo di stelle che sembravano formare un disegno: in realtà non riusciva a vedere altro che cuori ovunque, il che lo preoccupò e gli fece sgranare gli occhi.

«Perché lo chiedi a me?» chiese, l’attenzione completamente rapita dalle stelle e dal profumo invitante della pelle di Louis, che adesso gli sembrava più vicino di prima, lì a guardare le stelle insieme a lui. Louis aspettò prima di rispondere, non poteva credere che Harry non avesse ancora capito, e infatti non lo credeva, era sicuro che dentro di sé Harry sapeva. Lo sapeva sin dall’inizio. Lo sapevano entrambi sin dall’inizio, era qualcosa di impossibile da evitare, le loro erano due vite troppo compatibili per stare separate.

«Perché…» iniziò, lo sguardo che adesso percorreva il profilo di Harry, gli occhi che brillavano al pari delle stelle lassù. «…sei il mio migliore amico,» concluse, titubante.

«Oh,» fece Harry, i denti che mordicchiavano le labbra a cuore. «Penso che…una canzone sia un bel modo per dichiararsi,» buttò fuori alla fine, guance rosso pastello.

«Dici scrivere una canzone per qualcuno?» fece Louis, le gambe già tremanti per il nervoso, i brividi evidenti sulle braccia scoperte.

«No, anche solo cantare una canzone che conoscono tutti e in cui è nascosto quello che provi,» disse Harry annuendo, quasi complimentandosi con se stesso per la bella frase formulata. Louis non rispose e tornò a guardare nella stessa direzione di Harry, che ancora puntava le stelle, forse per non guardare gli occhi di Louis e accorgersi che erano davvero molto più belli e luminosi di quelle stelle. Esse, al confronto, sembravano spente.

Il più grande lasciò passare un po’ di tempo, poi prese un respiro profondo, il cuore in gola che gli incrinava le note in maniera orribile.

«Look at the stars, look how they shine for you, and everything you do. And they were all yellow.» si fermò a schiarirsi la voce, poi continuò, le note più stabili. «Your skin, oh yeah, your skin and bones turn into something beautiful. D’you know? You know I love you so. You know I love you so.»

Harry adesso lo guardava con tanti di occhi, verdi come il muschio bagnato, il cuore che sembrava fermo per quanto correva, il respiro mozzato, mentre Louis non aveva il coraggio di guardarlo e se ne stava lì a ridacchiare imbarazzato con la mano dietro la nuca e la voce che ancora si schiariva.

«Sono un pessimo cantante. Non so che ci faccio ancora qui,» disse a mo di scusa, la sensazione di aver fatto una brutta figura.
Harry voleva solo piangere: attendeva quel momento dalla prima volta in cui aveva intercettato la figura di Louis camminare ondeggiando e aveva pensato fosse particolarmente bello.

«It’s so beautiful that makes you wanna cry,» si lasciò sfuggire, la melodia della canzone appena accennata.

«Come?»

«Niente,» si affrettò a dire Harry, la voce sinceramente commossa, il sorriso che sembrava volergli squarciare il viso. «Posso tenerti per mano?» aggiunse poi, spiazzando del tutto un Louis cotto fino alle punte dei capelli.

«C-certo,» e lasciò cadere la mano lungo il fianco, lasciando che il più piccolo la afferrasse e la stringesse, infondendogli un calore che sapeva di tutto ciò che esiste di positivo nel mondo. Poi, nonostante Harry fosse  leggermente più alto di Louis, riuscì comunque a piegarsi e poggiare il capo sulla sua spalla, gli occhi chiusi, il calore che quasi conciliava il sonno. Si mollarono le mani e si abbracciarono con slancio, si strinsero tanto da far fatica a respirare, sentirono che da quel momento in poi non avrebbero mai fatto a meno l’uno dell’altro.

 

 

---

 

 

Ascoltami quando dico che ci credo, nulla cambierà, nulla cambierà il destino.

 

 

«Hey,» saluta Harry quando s’accorge degli inconfondibili passi leggeri che percorrono il balcone della sua camera d’albergo.

«Hey,» risponde l’altro, e si appoggia con le braccia alla ringhiera nera, lo sguardo già rivolto al cielo, particolarmente scuro e nuvoloso, privo di stelle. Entrambi sanno di non aver mai avuto bisogno di parole, ma il silenzio odierno ha un sapore diverso, è come se, sì, hanno tante di quelle cose da dirsi, ma non hanno il coraggio di prendere parola, di aprire la bocca ed emettere suoni, che non sia un singhiozzo o un pianto a dirotto.

Harry guarda il più grande con la coda dell’occhio: ha addosso un completo bianco, di quelli che riesci a intravedere solo nei film. Sotto la giacca bianca ed elegante si intravede una camicia blu scuro in tinta col cielo sopra di loro e sotto il collo una cravatta rossa che al buio sembra marrone. Le scarpe sono nere e lucide, i capelli ben sistemati e pettinati all’insù, l’occhio spento, nessuna sciarpetta scialba al suo collo. Poi Harry dà un’occhiata al suo abbigliamento: s’accorge che non è poi così diverso da quello di Louis, solo che lui ha un completo nero, la camicia bianca e il papillon dello stesso colore della giacca. Non porta la sciarpa di Louis al collo, né tantomeno uno dei suoi cappelli di lana.

«Posso…tenerti per mano?» si azzarda Harry, il cravattino che implora di essere allentato.

Louis neanche lo guarda a quella domanda, si limita a lasciar andare la mano lungo il fianco per permettere al più piccolo di prenderla e stringerla un po’ e avvertire il ghiaccio che s’è appropriato di quelle dita. Si aspettava un’ondata di calore, e invece avverte solo un brivido di freddo partire dalla mano e percorrergli tutto il braccio per poi fermarsi dietro il collo.

Una voce femminile adesso sta chiamando Louis, lo sta cercando nei corridoi, e quando il suono insopportabile di quella voce raggiunge le loro orecchie, Louis abbassa lo sguardo, Harry guarda altrove, infastidito senza poterci fare niente.

«Scusa,» mormora Louis in un soffio, e fa scivolare via la mano da quella di Harry, che sembra formicolare e dolere un po’. Neanche si volta, Harry, per guardare la figura di Louis che si allontana per poi uscire nel corridoio e chiudersi la porta alle spalle.

Quando s’è detto che nulla sarebbe cambiato, si diceva un mucchio di bugie. Adesso nulla li avrebbe riportati indietro. Nulla avrebbe riportato indietro un Louis malato d’amore con difficoltà nel dichiararsi, un Harry con ancora l’innocenza negli occhi e le guance che arrossiscono troppo in fretta, gli abiti sbiaditi e la sciarpetta scialba, i capelli sulla fronte e i ricci corti e morbidi. La possibilità di tenersi per mano.

 

 

 

Quell’innocenza era brillante, speravo che durasse.







---





La nostalgia di X-factor ancor non m’abbandona *sparge cuoricini con paillettes*
Okay, vediamo di fare il punto delle canzoni citate XD
1. Walk into the room, you know you make my eyes burn. – Blue Jeans, Lana del Rey.
2. Hello, tell me you know. Yeah, you figured me out. – If it kills me, Jason Mraz.
3. Look at the stars, look how they shine for you. – Yellow, Coldplay.
4. (Quella che canta Louis, che poi è la stessa di prima) Look at the stars, look how they shine for you, and everything you do. And they were all yellow. D’you know? You know I love you so.
You know I love you so. – Yellow, Coldplay.
5. (Quella che canta Harry) It’s so beautiful that makes you wanna cry. – Innocence, Avril Lavigne.
6. Hear me when I say I believe, nothing’s gonna chance, nothing’s gonna change destiny. – Keep holding on, Avril Lavigne.
7. This innocence is brilliant, I hope that it will stay. – Innocence, Avril Lavigne (Ho solo cambiato il tempo verbale XD)

Spero sia piaciuta! Un abbraccio :3



 


Mirokia

   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Mirokia