BREVE
PREMESSA:
NO, NON MI SONO RIMESSA A SCRIVERE A TRE GIORNI
DALL’ULTIMA STORIA A CAPITOLI… MICA SONO BATMAN
!
QUESTA E’ UNA DI
QUELLE ONESHOT CHE LATITANO PER MESI (mesi, dico
sul serio
) NEL MIO PC E CHE NON MI SONO
LA PUBBLICO PRIMA DI FARMI DA PARTE PER UN PO';CREDO CHE UNA PAUSA DI RIFLESSIONESIA SAGGIA, A QUESTO PUNTO.
DEVO RIORDINARE UN PO' DI IDEE, DI OGNI TIPO...
(in attesa che arrivino altre notti insonni con altre divagazioni mentali sul genere, comunque)
~Ogni certezza persa dentro il tuo
odore~
È stato un solco, tracciato
all’improvviso
senza certezze, senza
prudenza
nell’ annusarci, d’istinto e di
stupore,
in un crescendo, che ha dell’
irregolare.
Non sapevamo neanche cosa fosse, la prudenza.
E’ stato l’istinto che ci ha
portato l’uno addosso all’altra, in uno scontro prepotente di sguardi, di
orgogli, di corpi ma anche, per quanto io stesso dubitassi di averne ancora una, di
anime. Era un istinto che dovevamo assecondare ad ogni costo, quello che ci
portava a cercarci a vicenda; un desiderio potente e disincantato, violento come
un pugno in pieno stomaco.
Non che non fossimo lucidi,
attenzione.
Io ero perfettamente consapevole. Consapevolmente, ti
slacciavo quella divisa, alla ricerca dell’elettricità che emanava la tua pelle
sotto le mie mani. Tu eri perfettamente consapevole quando divoravi famelica il
mio volto, implorandomi di non andarmene, di non smetterla.
Eri la mia droga, Granger.
Nutrivo una dipendenza fisica dalle tue labbra.
Mi ci avventavo con irruenza,
perché erano l’unica cosa che potesse davvero dissetarmi. Sete di cosa, poi…
spirito di ribellione? Desiderio di non pensare?
E tu… era lo stesso anche per te, vero?
Ammettilo, morivi,
dalla voglia di essere mia. Te lo leggevo in faccia, il piacere fisico che provavi nell’affondare le
unghie nella mia schiena, quando ero intrappolato tra le tue gambe, beato
prigioniero.
Eri abile, nel mostrarti agli
altri come quella di sempre.
Riccioli selvaggi nascosti
dietro una copertina polverosa. Occhi infuocati chini su una pergamena. Bella, fiera
e sorridente. Ma io posso dire di avere conosciuto anche l’altra metà di
te. Quella che furtivamente lanciava sguardi famelici verso quell’angolo proibito
di Sala Grande, dove ci annidiamo noi, le serpi. Gli ‘Sporchi e Cattivi’ che il vostro
giudizio non si fa problemi a schiacciare senza troppi
convenevoli.
E poi inarcavi un sopracciglio,
tacito richiamo.
Mi faceva impazzire tutto
questo.
Non dimenticherò mai quella
sera.
Ti seguivo da un po’, convinto che
dietro a quel volto non ci fosse solo la studentessa che cerca di compensare il
suo sangue sporco con il massimo dei voti. Non eri di ronda. Non ti saresti
dovuta trovare là. Cosa ti toglieva il sonno, Granger?
Forse l’attesa, ci ha visto troppo
soli,
forse nel mondo, non sapevamo
stare
così distanti, ad aspettarci
ancora.
Così prudenti,
così distanti,
così prudenti .
I libri con il loro sapere non ti
bastavano più. Volevi sentirti viva, sentire il sangue pulsarti nelle vene.
Boccheggiavi alla ricerca di aria, di quell’ossigeno che i tuoi amici non
sapevano più darti. Perché tu volavi (e volerai sempre) più in alto di loro,
avevi qualcosa di più grande dentro, che aspettava solo di uscire allo
scoperto.
Avevi voglia di urlare al mondo
che non eri solo
Ti capisco.
Una tua mano bianca graffiava la
parete fredda, l’altra impugnava saldamente la bacchetta.
Annusavi ad occhi chiusi l’aria
frizzante che filtrava da quella finestra aperta, e che ti scompigliava i
capelli.
E quando, voltandoti, ti
azzardasti a sostenere il mio sguardo, non mi puntasti addosso la tua arma. Né
lo feci io.
Odiosamente bella sotto i raggi
della luna, per la prima volta non mi guardasti come un
insetto.
“Anche a me piace la notte,
Granger.”
“Attento a non infangare il tuo
preziosissimo sangue, pronunciando il mio nome.”
Graffiante, come sempre. Ghignai
di gusto.
“E a che scopo offenderti? Se non
ci vede nessuno, non mi diverto.”
“E’ questo che sei? Un
esibizionista?”
“Anche.”
E sorridesti. Sì, Mezzosangue, io
ti feci sorridere.
Complici.
Assurdamente,
imprevedibilmente, contro ogni logica, complici. Complice quella notte limpida
come il cristallo, illuminata da un perfetto disco latteo.
Ti spostasti dalla finestra e
passandomi affianco mi permettesti di respirare il tuo odore, quel sensuale
richiamo.
“Vattene, Malfoy. Questa
situazione è già abbastanza insensata.”
Ti bloccai la strada con un
braccio.
“Non sei stufa di dover trovare
per forza un senso a tutto?”
Mi guardasti ancora qualche
attimo, inarcando un sopracciglio sottile, prima di farti spazio e ritornare sui
tuoi passi; ma solo per fermarti di nuovo, poco dopo.
Ormai il muro era
crollato e quella distanza che ci aveva sempre diviso, quel nostro essere
così diversi, dal colore dei nostri mantelli fino alla purezza o meno delle
nostre origini, si era annullata.
E che si fottessero la distanza,
la prudenza, le convenzioni e quelle poco salde certezze che credevamo di
avere.
Un istante, uno sguardo, e ci
eravamo scavati dentro.
Non sarebbe mai più stato
possibile andare avanti come prima
(Lei che si azzardava a sostenere
il suo sguardo. Lei che, per la prima volta, non l’aveva squadrato con disgusto,
come un insetto).
“E’ vero, mi piace la
notte.”
E te ne andasti in un fruscio di
stoffa scarlatta.
Bella, fiera, ma meno ipocrita.
Semplicemente te stessa. Con il tuo odore, il tuo richiamo
sensuale.
Tornai la notte seguente, e quella
dopo ancora.
“Cosa vuoi da
me?”
“Mi hai fatto
chiaramente capire che ci saresti stata. Perché?”
Ti carezzai una guancia, ottenendo
in cambio una smorfia imposta dalle circostanze.
“Ti piace giocare con il fuoco,
vero Granger?”
“Non mi hai
risposto.”
“Neanche
tu.”
La mia mano scese in direzione
della nuca e quella smorfia lentamente si trasformò in un’espressione di
piacere, che spingeva frenetica per uscire allo scoperto.
Ora avevi quello che volevi. La
vita, il sangue che cominciava a pulsarti bollente nelle
vene.
E poi non ci furono più troppi
discorsi, ma solo corpi intrecciati contro una parete fredda, un groviglio di
mani, di sapori e di odori.
Il tuo e il mio, fusi in un aroma
unico.
Sei il suono, le parole
di ogni certezza persa dentro il
tuo odore.
Siamo gli ostaggi di un amore
che esplode ruvido
di istinto e sudore.
Noi facevamo sesso. Del
grandissimo sesso, ammettiamolo senza eufemismi.
Per quanto ti facessi schifo, per quanto
mi disprezzassi, per quanto io per primo odiassi quell’aria di superiorità
che ti trascinavi dietro di giorno, la notte era sempre nostra, pronta
ad accogliere l’istinto che ci chiamava l’uno verso l’altra con prepotenza.
Senza troppi discorsi, per una necessità fisica.
Accarezzavo la tua spalla nuda
nell’oscurità della Stanza delle Necessità, come tante altre volte avevo
fatto.
“Stai giocando col fuoco,
Malfoy.”
“Che fai, mi rubi le
frasi?”
Ti voltasti stizzita. “Non capisco che
ci faccio qua.”
“Giochi con il
fuoco.”
Afferrai il tuo bel volto con una mano
costringendoti a guardarmi, a lasciare che mi scavassi dentro, con quegli
occhi.
“Eri abbagliante, quella notte.
Risplendevi di luce propria. Ed io ho capito subito che dovevo averti.
Era…”
“…Era qualcosa di irrazionale, al
di fuori di ogni logica. Era un’esigenza.”
Sesso alla grande, certo.
Ma poteva essere solo il sesso a permetterti di terminare
le frasi al posto mio? O forse era qualcosa di più grosso, quella cosa che ci
aveva coinvolto? Quell’esplosione di emozioni e desiderio. E rabbia. Tanta,
troppa.
Poi c’era il modo in cui non
ti curavi minimamente di quella macchia di inchiostro nero che mi intaccava
la pelle. Ecco, cosa faceva crollare ogni mia certezza.
Era forse una forma
d’amore?
Non hai mai osato dirmi cosa avrei
dovuto fare.
Non mi hai mai chiesto nulla, a
parole, perché le parole non ti servivano.
(Lei che aveva quegli occhi capaci
di scavargli dentro).
Avevi minato ogni mia
certezza.
È stato un lampo, esploso in un
secondo
a illuminarti in un riflesso,
quando temevi, tutta la luce
intera
l’iridescenza
della tristezza.
E’ cominciato tutto quella notte di luna piena, Granger.
Nell'arco di tempo che impiegano quattro occhi per incrociarsi, la velocità di un lampo, ci rendemmo conto che niente sarebbe più stato come prima. E tutto quello che successe dopo, quel nostro scambiarci piacere e dolore, dolcezza e rabbia, nacque da quell’attimo in cui il mio rancore riempì il vuoto che ti portavi dentro e che tu stessa avevi paura di colmare.
Fino a quel
momento.
Probabilmente, lasciandomi cadere
a peso morto, al tuo cospetto
avrei sicuramente permesso la
visuale
sulle mie alienazioni,
sui miei tormenti,
sui miei
frammenti.
Se solo avessi voluto, mi
sarebbe bastato uno sguardo, un attimo, per mettermi completamente a nudo con te;
perché andando ben oltre il sesso, tra di noi c’era una complicità silenziosa
che avevamo sì, scelto di sfogare nel piacere, ma che era più forte di
tutto.
E forse, se te lo avessi concesso,
mi avresti salvato con una frase.
Con la potenza di una
parola.
Con un semplice gesto, avresti scavato
un po’ più a fondo dentro di me, arrivando fino a quello che restava della
mia anima.
Ma no, entrambi troppo
orgogliosi per cedere, preferivamo nasconderci dietro baci voraci.
Lo preferivo io, limitandomi a
dimenticare la mia rabbia nel sentirti artigliata a me, dimenticando tutto nel
tuo odore che si fondeva col mio.
Lo preferivi tu, limitandoti ad
artigliarti a me, dimenticando tutto nel mio odore che si fondeva col tuo.
Consapevole che non ti avrei mai concesso di più.
Ma forse ti
sbagliavi.
Non erano l'orgoglio e la paura di cambiare
a trattenermi. Forse ero semplicemente così egoista che preferivo che tu
continuassi a scavare in me lentamente, notte dopo notte.
Graffio dopo
graffio.
Ma voglio che tu
tu piano piano scivoli dentro me,
ma voglio che poi
nell’insinuarti sia incantevole.
Ma voglio che tu
tu piano piano faccia strage di me
in un incerto compromesso
tra la mia anima e il suo
riflesso.
E l’hai fatto, mia piccola,
testarda mezzosangue.
Graffio dopo graffio, torturandomi col
piacere, mi sei entrata nelle ossa e mi hai messo al
tappeto.
Hai messo al tappeto il mio
passato, il mio futuro, tutto quello che ero e che non sarei più stato. Sei
arrivata fino a quel poco di anima che mi era rimasta, e l’hai fatta tua.
(Lui, che era diventato
prigioniero dei suoi occhi, del suo corpo e del suo odore).
…
Eravamo più giovani.
Nel lasso di tempo che ci divide
da allora sono successe tante di quelle cose, più o meno felici. Dolorose e non.
Il mondo intero è cambiato, una volta per tutte.
Ma il tempo non
ha cancellato la mia memoria e ancora oggi, quando ripenso a quei giorni, una
figura si staglia nitida nella mia mente, in tutto il suo splendore.
La diciassettenne che camminava a testa alta per quei corridoi, capelli crespi
e sguardo acceso, affamato di vita e di sapere. Quando Hogwarts ci sembrava nostra e,
in fondo, un po’ lo era per davvero; passare tra quelle mura sette anni
della propria vita, tra dolori, rabbia, risa, odio e passione non può non fare
di un posto, il proprio
posto.
C’è la luna piena, è un’altra di
quelle notti che sembrano scolpite nel cristallo.
Sento dei passi alle mie spalle,
mi volto. Non perché non sappia perfettamente a chi appartiene quel leggero
fruscio di mantello, ovvio. Sono le tue braccia che mi cingono il torace e
mi riempiono le narici con quell’inconfondibile richiamo dei sensi, ad
impormelo.
Sei bellissima, come allora.
No,
di più.
Ti attiro verso di me, fino a farti sedere
sul mio grembo, per sentire il tuo peso su di me, le tue gambe intrecciate
dietro la mia schiena.
Sposto con una mano i boccoli che ti ricadono ai lati del volto e sulle spalle e ti guardo mentre, silenziosa, continui a scavarmi dentro, da dietro quelle ciglia lunghe.
Non hai mai smesso, e mai smetterai, di
farlo.
“Grazie”
mormoro.
“Di cosa?”
“Di tutto.”
Con un sorriso, mi afferri una mano, la stringi
nella tua e la baci sul dorso, sul palmo. Le tue labbra soffici mi accarezzano ogni
singolo dito e poi, con delicatezza, la conduci giù verso la scollatura.
La guardo perdersi tra le curve soffici dei
seni e scendere ancora, scivolare stretta nella tua morsa fino ad arenarsi sul
tuo basso ventre, piatto. E lì, sento la presa sulla mano aumentare, nel premerla verso di
te, con entrambi i palmi; come a voler stabilire un…
contatto?
Alzo lo sguardo e, in quel sorriso leggero ma radioso, in
quel tuo mordicchiarti incerta il labbro, trovo la conferma di ciò che mi vuoi
far capire.
E sorrido al solo
pensiero.
Mi hai salvato in passato,
continui a farlo oggi, giorno dopo giorno.
Lentamente, con un piacere dolce e
costante.
Ricambio il tuo sorriso, ti bacio
e lascio che l’altra mia mano, quella libera, si posi sulle tue in un intreccio
di dita.
E anche oggi hai scavato un altro
un po’. Vedo la salita accorciarsi, farsi meno ripida.
Ma io lo so, la vetta non arriverà mai.
E tiro un sospiro di sollievo, pensando a tutte le altre volte che potrò perdermi nel tuo odore, lungo il cammino.
Sei il suono, le parole
di ogni certezza persa dentro il
tuo odore.
Siamo gli ostaggi di un amore
che esplode fragile
di istinto e sudore.
Quanti graffi da accarezzare
per tutti i cieli che possiamo
tracciare,
tutte le reti del tuo odore
dentro gli oceani che dobbiamo
affrontare…
Subsonica –
L’odore
(Terrestre, 2005)
---
DRACO HERMIONE E'
SPERO CHE VI SIA PIACIUTA. DUBITAVATE FORSE NEL LIETO FINE?! ^_- (E CHI MI CONOSCE UN MINIMO, SA DI CHE PARLO...)
MA SOPRATTUTTO...
SPERO ABBIATE PASSATO DELLE
BUONE FESTE!!
Baci, Beatrice.
(goldfish)