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Autore: Meliss    27/09/2012    2 recensioni
Cher lasenzacuore Payne, mi chiamano così.
Io e Harry non eravamo innamorati, ne tantomeno fidanzati, eravamo solamente amici, o meglio scopa-amici.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter seventeen: Stay strong Cher!

 

In soli stupidi dieci minuti, nella mia testa si erano affollate migliaia di domande, ma non ero sicura di voler sapere tutte le risposte. Come mai tutti quanti si erano voltati verso di me? Okay, era ormai ovvio che io e Harry eravamo in continua lite e moltissime volte non ci eravamo trattenuti da renderne partecipe l’intera classe, ma i miei compagni non potevano sapere tutto quello che in poche settimane era cambiato tra me e Harry, sconvolgendomi. Forse ero l’unica dei due che si preoccupava, ma ne avevo veramente il motivo? Non lo sapevo nemmeno io, avevo paura, se paura si può chiamare, di cosa potrebbe accadere nel viaggio, chi mi assicura che Harry, come argomento di conversazione, non decidesse di tirare fuori quello che chiamo, ironicamente, “noi”? Potrei parlare per tre ore, senza freni, lasciare uscire i miei veri pensieri, dirgli che io non ce la faccio a vederlo come un amico, ma a questo punto, piuttosto che perderlo, farei di tutto, so che senza di lui, la mia vita cambierebbe, se in meglio o in peggio, questo non lo so dire. Dopo tutto è da quando ero bambina che Harry, quando in primo piano, quando in sottofondo fa parte della mia vita. Forse i miei sono solo stupidi timori infondati, come mai proprio adesso che va tutto a gonfie vele, Harry dovrebbe ripescare quello che ha ferito entrambi? Ho bisogno di questo viaggio, ho bisogno di divertirmi e di cambiare aria, questo viaggio sarà il test finale, definirà cosa Harry è per me, ma soprattutto cosa sono io per lui. Tu ed Harry adesso, siete come i migliori amici dei film, Cher.

 

Me ne stavo sul divano fissando l’autorizzazione per la gita che avevo appoggiato sul tavolino di vetro del salotto di Zayn, immobile.

-Lo sappiamo entrambi che c’è solo una persona che può aiutarti Cher.

Zayn si sedette accanto a me poggiandomi una mano sulla spalla destra. Mi voltai, guardandolo sconfitta.

-Non lo farò Zayn, non voglio tornare in quella casa.

Ribattei alzandomi in piedi e stringendo i pugni. Zayn allargò le gambe e poggiò la testa tra le mani, massaggiandosi la nuca, passando le sue mani tra quei meravigliosi capelli, che alla luce del poco sole che faceva capolino nella stanza dalle tende, riflettevano il biondo.

-Senti maledetta testarda, devi, se vuoi partire, devi farlo.

Disse alzando la voce, ma continuando a tenersi la testa tra le mani. Non risposi, aveva ragione, è dura ammetterlo, ma avevo bisogno di mio fratello.

-Ti accompagno io Cher.

Mi sussurrò alzandosi dal divano e raccogliendo velocemente il foglietto dal tavolino.

 

Mi bloccai davanti alla porta d’ingresso, verniciata color verde mare, ormai logorato dal tempo, quel colore mi riportava alla mente ricordi d’infanzia, lasciandomi addosso un lieve senso di malinconia. Zayn mi stava accanto, stringendomi un fianco, cercando di farmi forza, ma come potevo? Come potevo anche solo guardare negli occhi quella persona che mi ha fatto stare male? Mi diedi una scossa, facendo sobbalzare Zayn, alzai svogliatamente un braccio, che pareva anestetizzato e poggiai l’indice sul campanello freddo, più volte. Non passò molto tempo prima che me ne pentissi. Dopo diversi minuti la porta si aprii scricchiolando, non ero affatto pronta. Mi si parò davanti la faccia stanca di mio fratello, che assonnato se ne stava appoggiato alla porta, la scuola e il lavoro lo sfinivano. Appena mi vide sobbalzo e sgranò gli occhi mentre io mi strinsi nella mia giacca di jeans.

-Sorpreso di vedermi?

Gli dissi ad un orecchio facendomi spazio per poi entrare in casa, casa mia, cercando di sfoggiare la sfacciataggine che mi mancava in quel momento. Passai una mano sul legno delle scale e mi ci appoggiai, aspirando l’essenza di quella che era stata casa mia per sedici anni e dalla quale ero stata costretta ad andarmene. Sempre il solito odore di fiori di campo, l’unico profumo che fin da quando ho memoria aleggiava nell’enorme salotto, rendendo l’inverno più caldo, quel profumo mi ha sempre ricordato la primavera. Alzai gli occhi e vidi mio fratello appoggiato come me sulla porta, mi stava fissando. Zayn era in piedi  vicino a lui e senza emettere fiato gli porse l’autorizzazione. Liam la prese delicatamente e gli diede una veloce lettura, notai che più lettere leggeva, più informazioni assimilava, più il suo sorriso si faceva ampio. Con una falcata arrivò al tavolino di legno che per miracolo si reggeva sulle sue tre gambe, pendente verso la finestra, che stranamente era spalancata, forse per nostalgia o per riflesso spontaneo, il contatto visivo con la finestra aperta, con gli alberi che si lasciavano muovere dal vento al di fuori, mi fece salire un brivido lungo la schiena che fermai sul collo alzando il colletto della giacca. Spalancò, facendo rumore, l’unico cassetto che il tavolino possedeva e ne tirò fuori una penna, si chinò sul tavolo e firmò la mia autorizzazione senza nemmeno protestare, senza emettere parola. Diverse cose non mi tornavano in ciò che stava succedendo, ma non avevo la voglia di stare a farmi domande, volevo solamente andarmene da quel posto, scappare da mio fratello, non era la prima volta. Mi voltai su me stessa e mi fermai un attimo a fissare le scale che portavano a camera mia, fu un attimo, un battito di ciglia e un battito che il mio cuore perse, corsi su per quelle scale, a grandi falcate, per fare prima. Aprii lentamente la porta di legno scuro della mia ‘cameretta’ e con un movimento della testa la percorsi tutta, ogni singolo particolare, era esattamente come l’avevo lasciata, non una virgola era stata spostata, ma… Dove era finito il mio peluche? Il battito accelerò e il fiato si fece corto, davvero perdere di vista un mio peluche mi faceva questo effetto? Cazzo è  il mio peluche ed io ci tengo, vale molto per me. Cominciai a spostare tutti i mobili e a tirare fuori tutto dai cassetti, ma dove era finito?

-Ho sentito dei rumori… Ma… cosa cazzo fai Cher?

La voce di Zayn mi distrasse dalla mia ricerca, mi voltai verso di lui, ancora china sulla mia cassapanca aperta e mezza vuota, fulminandolo con lo sguardo.

-Zayn, non so dov’è!

Urlai fissandolo e poi mi rimisi con la testa tra i mille oggetti ‘inutili’ come le chiamava mia mamma.

-L’ho buttato Cher.

Quelle parole mi tolsero tutte le forze, mi voltai, la voce non era quella di Zayn, ma di Liam. Allungai le mani dietro di me fino a toccare il letto e mi ci sedetti, continuando a guardare il vuoto. Mi portai una mano alla nuca.

-Come ti sei permesso, come? Liam, sai quanto valeva per me, cosa significava… Papà…

La voce si fece squillante e le parole si bloccarono in gola. Non ricevetti risposta, presi le scale e mi chiusi, sbattendola, la porta alle spalle.

 

Lunedì mattina, aeroporto di Gatwick. Seduta sulla mia valigia, come molti miei compagni, che con gli occhi gonfi dal sonno chiacchieravano svogliatamente tra di loro, formando gruppetti, quando da due, quando da quattro, come è solito vedere nelle scuole. Avevo le cuffiette nelle orecchie, non rinuncerei mai alla musica, l’unica che alle cinque e mezza della mattina riesce a non farmi saltare i nervi, mansueta appena sveglia era andata a farsi fottere. Il tempo era il classico tempo londinese, nuvoloni grigi coprivano il freddo sole. Stavamo per partire, è strano, ma questo non mi rendeva euforica. Era da diversi giorni che una strana sensazione si era impossessata di me, insinuandosi nelle ossa e scorrendo nelle mie vene, tutto era grigio. Una solitaria folata di vento mi scompigliò i capelli, l’aria profumava di asfalto bagnato, la notte scorsa aveva piovuto. Mi voltai verso l’aeroporto e il mio sguardo si fermò su Zayn, si voltò e mi sorrise, stava parlando con Harry, cercai di captare un suono, non ero molto lontana, ma non riuscii a capire un gran che. “Sonno… Tranquillo… Gita” niente che mi potesse aiutare. Tolsi le cuffiette e cominciai a salire, era il momento. Salita sull’enorme aereo di una compagnia sconosciuta ed economica mi diressi, senza guardare in faccia nessuno, a sguardo basso, verso il mio posto, il numero 17. Lessi curiosa i numeri, 14…15…16…17 eccolo! Alzai lo sguardo e lo vidi, Harry se ne stava già seduto sul suo sedile, accanto al mio, si voltò e mi sorrise, Dio quel sorriso, per un attimo le mie gambe si fecero deboli, il cervello non ricevette più ossigeno e il cuore perse un battito, solo uno, un battito di ciglia e tutto tornò alla normalità, gambe, ossigeno, sangue. Mi fece segno di sedermi, sbattendo la mano sul mio sedile che sparse nell’aria piccolissime particelle di polvere e guardandomi dal basso all’alto con quelle pozze verdi e limpide da bambino. Sì, è vero Cher, tu ed Harry siete come i migliori amici dei film, peccato che nei film uno dei due si innamora.

 

I'm here.

*Anni dopo...*

Ehi splendori, ho aggiornatooo!

Con la scuola è stato difficile continuare a scrivere poi un giorno mi è tornata l'ispirazione ed ho tirato giù questo.

Non mi convinceva e l'ho cambiato mille volte, ma questo è il risultato finale, non un gran che, ma sono io e non posso fare di meglio :3

Ho voluto mettere più giornate in un capitolo, se no ad Ibiza non si arriva più :')

Da Cher lasenzacuore Payne andiamo sempre di più verso una Cher normale, con dei sentimenti, dopottutto si cambia no? 

Non la sto a fare tanto lunga, stasera sono di pochissime parole.

Voglio solo dire un immenso grazie a tutte le persone che seguono la storia e che la recensiscono, spero che anche se sono stata un po' assente, continuate a sostenermi, senza di voi la storia non esisterebbe, non dimenticatelo mai!

Piccola Clara, un ringraziamento speciale va a te, che mi sproni sempre ad aggiornare ed a scrivere, senza di te non so come farei, ti voglio bene! 

Al prossimo capitolo meravigliosi lettori.

Meliss alias Chiara.

  
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