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Autore: Dk86    11/04/2007    3 recensioni
Una storia di fantascienza che proprio di fantascienza non è: semplicemente, il racconto di uno dei giorni più caratteristici del calendario terrestre visto attraverso gli occhi di una famiglia di alieni.
Questa storia si è classificata prima al terzo concorso indetto dal sito di fanfiction "Out Of Time".
Genere: Commedia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia ha vinto il terzo concorso indetto dal sito di fanfiction Out Of Time, e che riguardava proprio le storie natalizie. “E perché la pubblichi adesso che siamo a Pasqua?” chiederete giustamente voi.
Non c’è un motivo, a dire il vero. Semplicemente, mi sono dimenticato di farlo prima.
Ah, è il caso di citare le due clausole che il concorso prevedeva: ci si doveva mantenere entro le 2500 e dovevano essere utilizzati dieci termini che non starò qui ad elencarvi. Se trovate particolari strani, è perché ho dovuto infilarli a forza nella storia perché fossero presenti tutte le parole obbligatorie!




COS’E’ QUESTA COSA CHE CHIAMANO “NATALE”?


Avrebbe potuto sembrare una villetta come tutte le altre, non fosse stato per la lucida astronave argentata parcheggiata nel vialetto; sebbene su Centauro fosse un modello prodotto in serie, sulla Terra era ancora una rarità.
Da una decina d'anni i Terrestri e i Centauriani avevano scoperto di non essere poi così soli nell'Universo come pensavano. Gli alieni si erano subito innamorati del Pianeta Azzurro, e molte famiglie di Centauro avevano chiesto ed ottenuto di potervisi trasferire stabilmente.
Gli extraterrestri erano di buon carattere, e possedevano visi larghi ed amichevoli, con i grandi occhi obliqui. Le loro fattezze non erano molto diverse da quelle umane, fatta eccezione per il folto piumaggio che li ricopriva quasi interamente, facendoli somigliare a pulcini troppo cresciuti.
Si era alla fine di Dicembre, e la famiglia Qweg si apprestava a celebrare i primi quattro mesi di permanenza sul nuovo pianeta; ma quel pomeriggio la signora Zevuqi rientrò in casa con una notizia sorprendente. “Sapete che cosa mi ha detto la nostra vicina, la signora Bianchi?” disse alla famiglia riunita in salotto “Fra due giorni, qui sulla Terra, si festeggia il Natale!”.
“E che cosa sarebbe, questa cosa che chiamano “Natale”?” si informò Xrefy, il figlio minore, sdraiato sul tappeto con un grosso libro aperto davanti a lui.
“Anche i miei colleghi dell’ambasciata Centauriana me ne hanno parlato” spiegò Yzzalk, il capofamiglia “I terrestri rendono omaggio ad un bambino nato migliaia di anni fa e che dicono essere figlio di Dio, mentre un umano con un costume rosso attraversa il cielo su una slitta volante per consegnare regali alle persone buone”.
“Non vedo come le due cose siano collegate” rispose Xrefy, chiudendo il volume “E le slitte volanti non esistono. Perlomeno non sulla Terra”.
“Perché non festeggiamo anche noi?” propose Krrt, la primogenita, ciarlando in tono acuto “Le usanze terrestri sono così divertenti! Tu che ne dici, Llinek?”. Il suo promesso sposo, seduto accanto a lei sul divano con una postura tanto rigida che sembrava gli avessero infilato un giunco di palude Centauriano su per il fondoschiena, arruffò le penne con aria timida ed abbassò gli occhi, borbottando qualcosa di inintelligibile.
Zevuqi sospirò piano: non capiva proprio che cosa ci trovasse sua figlia in quel ragazzo, così insicuro e privo di nerbo. Comunque, veniva da una famiglia benestante e rispettabile, e se a sua figlia piaceva davvero, lei non avrebbe avuto nulla da ridire. Non troppo, perlomeno.
“Allora, festeggiamo anche noi il Natale?” domandò la matrona. Suo marito e sua figlia annuirono con entusiasmo, mentre gli altri due si limitarono ad ignorare la domanda.
Due giorni dopo, tutto era pronto: Zevuqi si era fatta spiegare dalla signora Bianchi le tradizioni concernenti la festività tanto attesa, ed era certa di avere capito quasi tutto. Di buon mattino aveva spedito il marito a recuperare un albero da decorare, e poi si era messa a preparare il pranzo di Natale.
Ad un programma radiofonico, la sera precedente, avevano spiegato che la cucina è il tempio di una donna; e, sebbene alla Centauriana non fosse granché chiaro il concetto di “tempio” (sospettava si trattasse di una di quelle bizzarre sostanze che le terrestri usavano per dipingersi il viso), ella si aggirava fra i fornelli con un contegno da regina, fiera di quel ruolo tanto importante. I suoi figli furono svegliati dall’odore dei manicaretti che aleggiava per la casa… Beh, più o meno.
“Che trrok sta succedendo?” gridò Xrefy balzando in cucina, dove sua madre fissava con orgoglio la densa nube di fumo nero che si levava dal forno. Dietro di lui, la sorella strillava: “Al fuoco! Al fuoco!”.
“Xrefy, non essere volgare!” lo redarguì la madre, mentre il ragazzo apriva con cautela lo sportello del forno e ne estraeva una teglia su cui giaceva un ammasso informe e carbonizzato. Un forte puzzo di carne bruciata impregnava l’ambiente.
“Che stavi combinando, mamma, cercavi di ucciderci?” domandò Krrt in tono isterico, le piume della testa rizzate per lo spavento.
“Non è colpa mia…” mormorò la colpevole in tono di scusa, abbassando gli occhi sul linoleum della cucina “La signora Bianchi mi ha detto che l’arrosto doveva essere ben cotto…”.
“E questa roba, che cos’è?” domandò Xrefy, indicando una sorta di pozione melmosa e verdastra che cuoceva sul fornello; sulla sua superficie grosse bolle opache esplodevano con schiocchi sordi.
“Zuppa di cavolo” spiegò Zevuqi orgogliosa “La signora Bianchi mi ha rivelato la sua ricetta segreta, pensate un po’!”.
Suo figlio alzò gli occhi verso il soffitto pensando alla vicina, un’anziana donna con qualche rotella fuori posto che viveva con dodici gatti e la cui casa puzzava sempre come la loro cucina in quel momento, e decise che non era la fonte più affidabile a cui chiedere informazioni riguardo al Natale. “Non sono sicuro che questa cosa sia commestibile, mamma” disse poi, accennando alla famigerata brodaglia “Perché non possiamo mangiare verdura e frutta cruda, come facciamo sempre?”. L’alimentazione dei Centauriani era sempre stata prettamente vegetariana, e solo con l’arrivo sulla Terra avevano scoperto che il fuoco poteva essere usato anche per cucinare.
Zevuqi lo fissò come se avesse detto un’altra parolaccia. “Ma perché è Natale! E poi in quattro mesi non avevo ancora avuto occasione di usare il forno…” aggiunse, passando la mano piumata sulla superficie di acciaio cromato con una carezza leggera, quasi stesse vezzeggiando un ipotetico terzogenito metallico.
Da sopra le teste dei tre Centauriani giunsero dei rumori di passi pesanti e di qualcosa che veniva trascinato.
“C’è qualcuno sul nostro tetto” osservò Krrt.
Zevuqi annuì. “Credo che vostro padre stia decorando l’albero”.
“E perché lo fa lassù?” domandò Xrefy.
“Mi sembrava uno spreco metterlo in salotto. Almeno così lo vedrà tutto il vicinato” spiegò brevemente sua madre, come se la cosa fosse ovvia.
Un grido, qualcosa che rotolava staccando un paio di tegole, e un tonfo, attutito dalle aiuole che circondavano la villetta.
“Temo che papà sia caduto” disse il secondogenito, spostandosi in soggiorno per controllare di persona.
“Magari è stato l’albero” suggerì la sorella.
“Qui sulla Terra le piante non gridano, tonta”.

Quando Llinek entrò timidamente dalla porta d’ingresso, all’ora di pranzo, trovò la famiglia Qweg già riunita intorno al tavolo (Yzzalk era piuttosto malconcio e sfoggiava un paio di grossi bernoccoli). Vedere un giovane cipresso in precario equilibrio sul tetto della casa della fidanzata gli aveva suscitato curiosità, che però non osò esprimere.
Aveva la sensazione che la madre di Krrt lo odiasse. Eppure lui cercava sempre di mostrarsi educato ed umile… Per quanto si sforzasse, proprio non riusciva a capire quella Centauriana.
Al centro della tavolata troneggiava un grosso vassoio colmo di insalata, carote e altra verdura fresca, nonché un bel cesto di agrumi. Relegato in un angolo c’era uno degli esperimenti culinari di Zevuqi, che ancora fumava (la zuppa di cavoli era stata versata giù per il lavandino da Krrt senza tanti complimenti, nonostante le rimostranze di Xrefy, che sosteneva che le amebe che vivevano nello scarico avrebbero potuto subire una mutazione genetica se esposte a quella broda). Dopo i convenevoli di rito, il giovane si sedette accanto alla sua amata e iniziò a servirsi in silenzio.
“Caro Llinek, che ne diresti di provare una fetta del mio arrosto?” chiese d’improvviso la signora Qweg, sfoggiando un sorriso fin troppo allegro nella sua direzione.
“E quella cosa sarebbe un arrosto?” pensò sconvolto il giovane, lanciando un’occhiata terrorizzata in direzione del cumulo abbrustolito.
“Ne prendo una fetta io, cara!” intervenne precipitosamente Yzzalk, cercando di salvare l’atmosfera di armonia familiare. La moglie, pochi secondi dopo, gli depositò nel piatto un quarto abbondante del contenuto della teglia. Il Centauriano scavò fra i grumi di carne carbonizzata alla ricerca di qualcosa di commestibile, poi, intercettato lo sguardo accigliato della moglie, inforchettò il primo pezzo che gli capitò a tiro e lo infilò in bocca.
La sua faccia era una maschera impassibile, mentre masticava piano.
“Com’è?” domandò ansiosa Zevuqi.
Yzzalk deglutì. “Ha un sapore… particolare” concesse.
“Oh, sono davvero contenta!” rispose la moglie, congiungendo le mani “Ne vuoi ancora?”.
“Credo… credo mi basti quello che ho nel piatto, grazie”.
Il resto del pranzo passò senza incidenti; anche dopo aver finito di mangiare, i cinque Centauriani si trattennero a lungo intorno alla tavola a parlare – Zevuqi, ora che il suo piatto aveva ottenuto quella che lei considerava un’approvazione, era particolarmente ciarliera – finchè Xrefy annunciò: “Sembra che in televisione questo pomeriggio ci sia un film sull’umano chiamato Babbo Natale. Dovrebbe essere appena iniziato”.
“Bene, allora andiamo a vederlo!” esclamò Yzzalk, gettando nel tritarifiuti quella parte dell’ammorbante arrosto della moglie che era riuscito a nascondere nel tovagliolo.
La famiglia Qweg si spostò in soggiorno, sistemandosi intorno al grosso schermo nuovo di zecca. Xrefy si impossessò il telecomando e premette uno dei tasti.
Un’usanza terrestre alla quale i Centauriani non si erano ancora abituati, però, era il fastidioso fenomeno che prendeva il nome di “cambio di palinsesto”. Così, invece di sintonizzarsi sul classico film natalizio, il televisore iniziò a trasmettere le immagini di un’atletica biondina che impalettava un vampiro.
“Quella terrestre è Babbo Natale?” si informò Yzzalk “Come mai non indossa il costume rosso?”.
“E perché quel tizio aveva il viso deforme ed è stato polverizzato?” aggiunse Krrt.
“Sicuramente quello è uno dei terrestri cattivi ed è stato punito” spiegò Xrefy in tono saccente “E immagino che il suo tradizionale vestito non sia adatto per il combattimento”.
Nel corso della puntata l’agile ragazza terrestre non consegnò regali. In compenso sterminò parecchie persone cattive, e questo fu da lezione per tutti i membri della famiglia, che da quel momento promisero di comportarsi meglio per evitare di essere uccisi da Babbo Natale.
Quando erano ormai le sei, qualcuno suonò alla porta. Zevuqi andò ad aprire incuriosita e si trovò davanti un gruppo di ragazzini in sciarpa e giubbotti, che la fissarono per qualche momento con aria stranita. Poi si ricomposero e appoggiarono a terra un vecchio mangianastri, da cui iniziarono ad uscire le note di un pianoforte che intonava una classica carola natalizia.
“Oh, come sono carini!” esclamò la Centauriana mentre i bambini iniziavano a cantare.
“Perché non ti unisci a loro?” propose il marito, accanto a lei “Quando eravamo giovani cantavi sempre, avevi una voce tanto melodiosa…”.
Zevuqi era dubbiosa. “Non conosco le parole…”.
“Puoi sempre improvvisare”.
La donna, convinta, annuì. Gettò la testa all’indietro, spalancò la bocca e lanciò uno strillo spaccatimpani che su Centauro doveva essere considerato una canzone d’amore.
“Ehi, avete dimenticato questo!” gridò Zevuqi, accennando allo stereo abbandonato dai ragazzini che erano scappati in preda al terrore. Lungo la strada, gli allarmi di una decina di auto iniziarono ad emettere il loro intermittente lamento.
“Torneranno a riprenderselo” fece Xrefy, laconico come suo solito, chiudendo la porta.
“Ora o mai più!” pensò Llinek, raccogliendo tutta la sua – scarsa – determinazione. Tre dei membri della famiglia Qweg erano impegnati a discutere nell’ingresso, ma il quarto, quello che a lui importava, era seduto accanto a lui sul divano e lo fissava con aria dolce. Il giovane Centauriano fece un bel respiro e si infilò una mano in tasca, tastando la rassicurante forma dell’oggetto che vi era contenuto. Sì, ce la poteva fare.
“Krrt, ecco, io…” iniziò, scuotendo poi la testa e capendo di aver cominciato con il piede sbagliato. Aprì e chiuse un paio di volte la bocca come un pesce appena catturato e le sue piume si afflosciarono per l’imbarazzo.
La ragazza, notando che il suo promesso sposo era nel pallone, gli afferrò la mano ed iniziò ad accarezzarne il dorso con le dita, per farlo rilassare. “Parla pure tranquillamente, mia madre non c’è” disse, in tono complice.
Llinek prese un altro respiro ed estrasse di tasca una scatolina quadrata. “Mi hanno detto… mi hanno detto che qui sulla Terra, c’è l’usanza di regalare un anello alla ragazza che si ama e che si vuole sposare. Quindi, Krrt, ti chiedo… accetti?” e detto ciò aprì il coperchio, rivelando quello che senza dubbio alcuno era un anello di plastica bianca che di solito viene utilizzato per sostenere la tenda di una doccia.
Krrt, comunque, non avrebbe potuto essere più felice nemmeno se avesse ricevuto in dono una tiara tempestata di diamanti. Per essere precisi, schizzò in piedi emettendo quella complicata serie di strida acutissime che per i Centauriani sono espressione di massima gioia. Gli allarmi delle automobili del vicinato, che avevano appena cessato di suonare, ripresero la loro fastidiosa sinfonia. Llinek sorrise debolmente, mentre l’adrenalina che gli scorreva in corpo iniziava a venir meno. Poi perse i sensi, afflosciandosi sul divano.
Il suo risveglio, venti secondi dopo, fu alquanto traumatico: qualcuno gli aveva appoggiato le mani sulle spalle e gli stava somministrando una serie di energici scossoni, facendogli ciondolare la testa come un burattino in preda ad un attacco epilettico. Llinek aprì gli occhi, sperando di non essere colpito da conati di vomito, e si trovò davanti il viso sorridente di Zevuqi, che lo strinse in un abbraccio che un pitone le avrebbe invidiato. “Oh, Llinek, figliolo mio, pensavo che non glielo avresti mai chiesto!” esclamò lei, con le lacrime agli occhi.
Il giovane cercò di rispondere, ma i suoi polmoni in quel momento non contenevano abbastanza aria. Nel frattempo Izzalk aveva estratto da chissà dove una scatola di costosi sigari Denebiani per festeggiare l’occasione, e stava tentando maldestramente di accendersene uno. Quando le tende del soggiorno presero fuoco capì di avere sbagliato qualcosa.
“Scusate?” domandò Xrefy in tono petulante, mentre Zevuqi liberava dalla stretta il povero Llinek e correva in cucina a prendere dell’acqua per domare il principio d’incendio e Krrt si pavoneggiava in giro per il soggiorno, mostrando il suo “gioiello” infilato bene in mostra su tre dita ad un pubblico visibile solo a lei “Ma di solito a Natale non si dovrebbero ricevere dei regali?”.
“Oh, già, me ne stavo dimenticando!” disse la padrona di casa, una volta spento il fuoco (suo marito era ancora in piedi davanti alla tenda fumante, chiedendosi come fosse riuscito in quella impresa). Zevuqi sfilò un pesante libro da sotto il divano e lo piazzò fra le mani del figlio. “Buon Natale! Ora però vai in cucina a leggere, i grandi qui devono parlare di cose importanti!”.
Il ragazzo fece spallucce e se ne andò nell’altra stanza, per ritornare subito dopo in salotto. “Dal cielo sta cadendo quella cosa che i Terrestri chiamano “neve”. Probabilmente vi interessa”.
Pochi secondi dopo, infatti, tutti i membri della famiglia Qweg erano assiepati sul selciato davanti a casa, osservando i grossi fiocchi solenni cadere lenti dal cielo buio. Le decorazioni natalizie delle case accanto risplendevano, il registratore abbandonato continuava a suonare, e presto il mondo sarebbe stato ricoperto da una magica coltre bianca…
“Questo Natale è stato davvero meraviglioso, non trovate?” disse Krrt, in tono sognante.
“Già” convenne suo fratello “Adesso però rientriamo in casa che ho freddo”.
Il colpo secco dato alla porta d’ingresso che veniva chiusa inflisse il colpo di grazia al cipresso che svettava sul tetto. Il giovane alberò rotolò e si abbatté al suolo distruggendo il mangianastri, che aveva appena finito di intonare le ultime battute di “Bianco Natale”.
  
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