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Autore: Fly12    27/09/2012    2 recensioni
Poteva essere inciampata. Poteva essere stata colpa da una folata di vento. O ingrovigliata in un guinzaglio di un cane passatogli tra le gambe. Invece era semplicemente finita con lo scontrarsi con qualcuno.
Una cosa fuori programma. Del tutto inaspettata.
[SuiSaku]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Sakura Haruno, Suigetsu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Dedicated to: Saku88s

 

A Beautiful Collision

 

A volte accadono cose che non ti sai spiegare. Ti capitano addosso e non riesci a scostarti, anche se le vedi arrivare.

Quella mattina è una della tante per Sakura. La solita routine. Sveglia alle sei del mattino, il tempo di prepararsi e di mangiare una fetta biscottata rubata velocemente dalla credenzina della cucina. Una corsa veloce, su quei tacchi così scomodi , fino alla fermata dell’autobus che puntualmente passa alle sei e mezza.

Le ci vuole mezzora prima di raggiungere la fermata a cui deve scendere. Altri dieci minuti di strada a piedi. Nei quali trova giusto il tempo di comprare il giornale, nell’edicola vicino a quel bar che fa angolo con la strada principale della città.

Raggiunge poi l’enorme edificio grigio situato proprio vicino al centro. Sopra l’enorme porta a vetri regna sovrana l’insegna della struttura. “Uchiha Corporation”.

Entra e alle sette in punto inserisce il tesserino in quella macchinetta, odiosamente rumorosa, che segna l’inizio della sua giornata lavorativa.

Sakura è sempre stata una ragazza diligente. Dopo anni di studi e di borse di studio è riuscita a trovare un lavoro più che degno dei tanti sacrifici fatti dai suoi genitori. Segretaria nei prestigiosi uffici commerciali degli Uchiha.

Velocemente raggiunge l’ascensore che come ogni mattina è pieno. La gente ammassata che non fa altro che lamentarsi. Sbadigli e mugugni accompagnano la ragazza fino al dodicesimo piano.

Appena le porte si aprono scivola fuori cercando aria fresca.

Attenta a non farsi scivolare la borsa rosa dalla spalla, imbocca il lungo corridoio sulla sua destra. Supera diverse porte, saluti i soliti colleghi.

La pettegola Ino che ogni giorno racconta qualcosa sulla vita di qualcuno, senza badare troppo alla privacy. L’annoiato Shikamaru che per la maggior parte del tempo dorme sulla sua scrivania, delegando continuamente il lavoro ad altri. Il combina guai Naruto, che prima o poi finirà licenziato per aver sbagliato qualche pratica importante.

Poi c’è lei la sua supervisora Karin. Sono praticamente coetanee, eppure in quel edificio gode di privilegi che a nessun altro sono concessi. Un ufficio con vista sul centro città, una poltrona di pelle e un’infinità di tempo libero.

Con compostezza si sistema dietro la sua piccola scrivania accanto a quella del suo collega Sai. Silenzioso ed efficiente è uno dei pochi che riesce a sopportare li dentro.

Accende il computer e inizia ad organizzarsi. Prende fuori dal primo cassetto della scrivania un fascicolo e legge la prima pagina.

Ci vogliono circa cinque minuti prima che il telefono inizia a squillare e nel momento esatto in cui solleverà la cornetta, sa che non si fermerà più di lavorare prima delle undici della mattina.

“Studio commerciale Uchiha, come posso aiutarla?”

Ecco questa è la vita di Sakura. Fatta di lavoro, libri dimenticati nel cassetto e scarpe sempre troppo scomode.

Spesso la rosa si era trovata ad invidiare semplici ragazze sedute al tavolo di un bar a chiacchierare con un’amica o coppie che passeggiavano serenamente lungo le vie della città.

Ma per lei tutte quelle cose non esistevano. Non ne aveva il tempo. Non ne aveva mai per niente.

Come ogni mattina Karin le si presentava davanti con alcuni fascicoli e a lei toccava il compito di revisionarli e di consegnarli all’ufficio del piano di sotto.

E come ogni giorno si ritrovava a fissare la sua supervisora dirigersi nell’ufficio di Sasuke Uchiha il capo dell’Uchiha Corporation e proprietario dell’intero edificio. Il suo capo era un riccone di prima linea e non si faceva mancare mai niente, nemmeno qualche bella scopata con la sua segretaria. Nonché la sua supervisora Karin. Che come ogni giorno entrava nel suo ufficio, situato in fondo al corridoio, e non ne usciva prima di un’ora e mezza.

E quando usciva il suo volto era la rappresentazione esplicita  di una donna pienamente appagata sessualmente. La cosa la inorridiva considerando come si vendesse per avere uno stipendio più alto e qualche agevolazione in più. Ma allo stesso tempo si era spesso domandata come poteva essere. Avere una relazione con il proprio capo. Uscire da quella porta e sentirsi completamente appagata.

Inutile dire che a lei queste cose non potevano capitare. Non veniva mai notata da nessuno e non c’era occasione che non tentassero di fregarla scrollandole qualche inutile mansione.

Quando arrivarono le undici, Sakura si alzò dalla sua scrivania, aveva bisogno di sgranchirsi le gambe. Come ogni giorno sarebbe andata nello stanzino vicino all’ascensore  per bersi un bel caffè.

Ma quella mattina contro ogni sua aspettativa Karin la fermò lungo il corridoio.

“Sakura da oggi ti affido questo nuovo incarico” e si sistemò gli occhiali sul naso. Quegli occhiali che le davano quell’aria da intellettuale e che le donavano un senso di autorità sugli altri.

“vedi di sbrigare la faccenda entro un’ora al massimo” e si allontanò senza nemmeno aspettarsi una qualsiasi risposta. Avrebbe comunque dovuto farlo.

Così mentre sorseggiava il suo caffè dava una veloce letta al foglio che le aveva rifilato in mano Karin.

Doveva consegnare ogni giorno i fascicoli conclusi all’ufficio registri che si trovava quasi dall’altra parte della città. Questo significava correre, e cosa più importante doveva modificare i suoi piani giornalieri in modo tale da riuscire a completare tutte le sue mansioni in tempo per le sei del pomeriggio.

Sakura raggiunse la sua scrivania da cui prese velocemente la sua borsetta. Andò all’ascensore e scese fino al terzo piano dove venivano tenuti i fascicoli conclusi. 

Si maledì quando si rese conto che erano una montagna di fogli, nemmeno una scatola per contenerli, soltanto un misero elastico verde che li teneva a malapena legati insieme.

Il ragazzo addetto alla custodia dei fascicoli gli smollò tra le braccia l’enorme pila di fogli. Senza nemmeno avere il tempo di protestare si sentì spingere verso la porta. Alle sue spalle il ragazzo mormorava qualcosa, evidentemente molto scocciato e irritato.

Pochi minuti dopo Sakura era per strada. La borsetta che lentamente scendeva dalla spalla, i fascicoli tenuti a stento tra le braccia e quei maledetti tacchi che non le erano di alcun aiuto.

Barcollando qua camminava spedita verso il bordo del marciapiede. Prendere un taxi era decisamente l’idea migliore e più rapida che gli potesse venire in mente in quella situazione.

Tenendo stretti i fogli con una sola mano, alzò il braccio facendo segno al primo taxi che passava. Peccato che quando le si fermò vicino, qualcuno la precedette e salì al posto suo.

Imprecò mentalmente, sperando che a quel taxi si bucasse una ruota. E dato che non poteva permettersi di aspettare l’arrivo di un altro taxi, si avviò a piedi. Al ritorno avrebbe sicuramente dovuto correre.

Lungo le vie della città Sakura si trovava come in un formicaio. Tutti che camminavano di fretta. Tutti che andavano da qualche parte. Tutti con la loro ventiquattrore e con il cellulare all’orecchio.

Da sempre si sentiva fuori posto. Si sentiva in un mondo non suo. Un mondo che non le apparteneva.

E guardandosi attorno vedeva solo grigio. Era come se non ci fossero colori. Come se non ci fossero emozioni. Almeno non per lei.

Dalla cima della torre di fogli, che teneva tra le braccia, un foglio si apprestava a scivolare via. Con un gesto repentino mosse un ginocchio, per potersi appoggiare ad esso, e riuscire così a rimettere velocemente il foglio dentro la cartellina semi aperta sulla cima.

Appena ripreso il controllo riprese a camminare. Si trovava davanti al bar. Quello che superava ogni mattina. Mentre si apprestava a voltare l’angolo, dovette fare forza sulle braccia per mantenere il controllo della pila di fogli.

“sto arrivando ora…” la voce di un ragazzo fu l’ultima cosa che sentì Sakura. Ciò che avvenne un istante dopo fu inevitabile.

Poteva essere inciampata. Poteva essere stata colpa da una folata di vento. O ingrovigliata in un guinzaglio di un cane passatogli tra le gambe. Invece era semplicemente finita con lo scontrarsi con qualcuno.

Una cosa fuori programma. Del tutto inaspettata.

La pila di foglia le svolazzava attorno, un cellulare giaceva a terra con lo schermo illuminato, da cui una voce si udiva appena.

Sakura era a terra, le gambe aperte. Un tacco rotto e un gran dolore alle natiche.

“maledizione” non riuscì a trattenersi. La sua educazione che aveva sempre mantenuto davanti a tutti era andata persa in un minuto.

“porca miseria, che botta!” il ragazzo di fronte a lei si stava massaggiando in basso sulla schiena.

Lo guardò, era un ragazzo della sua stessa età più o meno. I capelli simili ai suoi ma di un insolito colore azzurrino.

Quando un foglio le passo davanti agli occhi Sakura si ridestò dall’accaduto. Si mise a gattoni e in fretta e furia cerco di raccogliere i fascicoli da terra. Ora erano tutti mischiati. Avrebbe dovuto rimetterli a posto e questo le avrebbe fatto perdere altro tempo. Tempo che però non aveva.

Mentre era intenta a raccogliere i fogli non badava allo sguardo del ragazzo di fronte a lei che la fissava.

“questa non ci voleva…”

E continuava a guardarla.

“…questa volta mi licenziano in tronco…”

E si mosse in avanti, sedendosi a gambe incrociate.

“…perché proprio oggi dovevo essere così sfortunata…”

Prese il cellulare da terra e lo ripulì velocemente.

“…e questo? In quale fascicolo andava?”

Sakura aveva ormai raccolto la maggior parte dei fogli. Non badava nemmeno alla gente che passava a cui pur di non lasciare che pestassero i fogli, li spingeva via per le gambe, ricevendo un’incommensurabile quantità di insulti e imprecazioni.

“no! Ne manca uno!” e iniziò a spostare la testa qua e la in cerca del foglio mancante. Ma non c’era, non lo vedeva.

“cerchi questo?” davanti alla sua faccia comparve un foglio dondolante. Alzò la testa e lo vide. Il ragazzo con cui si era scontrata. Per la prima volta incrociò il suo sguardo. E si dimenticò persino del foglio che tanto le premeva trovare.

“devi stare più attenta a dove metti i piedi…” sembrava un ragazzo apparentemente gentile “…paperella” e anche molto, ma molto ironico.

“come scusa?” e sorrideva leggermente perplessa .

“le mutandine con le paperelle non sono molto professionali” e si sporse verso di lei. Sakura arrossì e strinse le gambe.

“razza di depravato” e si alzò irritata e imbarazzata allo stesso tempo

Lui la seguì e il sorriso lo accompagnava sul volto. Ma nonostante tutto, per uno qualche strano motivo, non le era dispiaciuto quello scambio di battute.

“ora se non ti dispiace…” e guardò l’orologio che teneva al polso. Spalancò gli occhi quando si rese conto di quanto fosse tardi “…accidenti, sono in ritardissimo” e dopo aver raccolto la pila di fogli ai auoi piedi, si rimise in cammino.

“ehi aspetta!” il ragazzo la raggiunse  e le si affiancò “dimentichi qualcosa” e allungò una mano verso la cima dei fascicoli dove vi ripose il foglio che Sakura si era dimenticata.

“mi ricorderò di te…” e il ragazzo iniziò ad allontanarsi “…paperella” per poi scomparire in mezzo alla folla.

Rimase imbambolata per qualche secondo. Nessuno mai le aveva dato così tanta importanza prima d’ora. Nessuno mai le aveva sorriso in modo così sincero. Nessuno mai  c’era stato per lei.

Sorrise per la prima volta da tempo.

Il giorno seguente per Sakura sembrava nuovamente tornato tutto uguale a prima. Almeno era quello che credeva.

Quando dovette ritornare per quelle strade, a trasportare nuovamente una pila di noiosi fascicoli, si ritrovò a ripensare all’accaduto del giorno prima. E una piccola parte di lei quasi sperava che gli ricapitasse qualcosa di simile. Qualcosa che le desse un po’ di brio in quelle sue monotone giornate. Qualcosa di diverso. Come uno scontro o forse era meglio dire una collisione.

E mentre si apprestava a svoltare il solito angolo, quell’angolo dove quel bar si trovava, si ritrovò ancora una volta a scontrarsi contro qualcuno.

E ancora una volta si ritrovò a guardare negli occhi quel ragazzo. Sempre lui. Il ragazzo del giorno prima.

“ehi paperella…” e sorrideva sempre allo stesso modo “sei sempre così di fretta?”  con il suo solito modo di fare.

Il giorno dopo ancora successe nuovamente. Ma questa volta fu lui ad andarle addosso da dietro. Questo perché tendeva a distrarsi quando era al cellulare.

“incomincio a pensare che sia destino…” e sorrise anche lei, mentre come al solito raccoglieva i fogli da terra “chissà” era nata un’insolita complicità, quasi magnetismo, come se fossero destinata ad entrare in collisione.

E il giorno dopo ancora. Mentre pioveva e lui girava senza ombrello. E lei che era finita per inzupparsi del tutto.

“dobbiamo smetterla di incontrarci così” e lei lo aveva detto con così tanta semplicità che si sorprese. Si sentiva bene e parlare con quello sconosciuto, di cui non sapeva neanche il nome. Era diventata una bella abitudine.

Il giorno successivo però quando Sakura percorse quella via, girando l’angolo, superando quel bar. Avvertì qualcosa. Si voltò e fisso la via. La gente camminava attorno a lei, eppure mancava qualcosa. O qualcuno.

Era una sensazione strana. Quasi di vuoto, come se le mancasse qualcosa.

Lentamente si rivoltò e riprese a camminare.

I giorni passavano e Sakura tornò presto alla sue vecchie abitudini. La sua vecchia routine. Le sue vecchie mansioni.

Karin le revocò l’incarico di portantina, poiché non lo svolgeva abbastanza in fretta. Non fu ne felice, ne scontenta della cosa. In parte era una fatica in meno da fare, dall’altra invece le dispiaceva non poter voltare nuovamente quell’angolo e ritrovare quel sorriso.

E fu così che passarono settimane. Così tante che ne perse il conto. Ogni giorno tornò uguale a quello precedente e così via.

E quella mattina. Come ogni altra mattina Sakura si era alzata, aveva preso il suo solito autobus ed era andata in centro. Aveva raggiunto l’edicola e aveva comprato il giornale.

Poi si era voltata verso il bar ed era rimasta a fissarlo a lungo.

Ancora non si spiegava per quale motivo continuava a sperare di rivederlo. Era pur sempre uno sconosciuto che aveva incontrato per caso, o meglio, uno sconosciuto in cui si sera scontrata per caso.

Alzò come solito il polso per guardare l’ora. Non le piaceva arrivare in ritardo al lavoro. Non era il tipo di ragazza che usciva dagli schemi. Non aveva mai dimenticato niente e  non aveva mai sbagliato qualcosa e non aveva mai cambiato le sue abitudini.

Eppure quella mattina qualcosa la spingeva a raggiungere quell’angolo e guardare oltre. Per fare cosa poi? Scosse la testa  e si incamminò verso l’enorme edificio dell’Uchiha Corporation. Ma appena fatti due passi si fermò.

“al diavolo!” e si voltò, iniziò a camminare, sempre più spedita. Una strana morsa al cuore. I soliti tacchi scomodi ai piedi che in preda ad una strana sensazione decise di togliere. Era davvero stanca di portare scarpe scomode. Se ne tolse una mentre saltellando proseguiva verso il bar. E appena si fu levata anche l’altra si mise a correre, come se non avesse aspettato altro nella vita.

Voltò velocemente l’angolo e inaspettatamente, proprio come la prima volta, finì con lo scontrarsi con qualcuno.

Nuovamente a terra, ma questa volta con un sorriso.

Era davvero strano ritrovarsi a pensare, di voler scontrarsi con qualcuno per finire a terra. Eppure non aveva desiderato altro da quel giorno.

“sei davvero una strana ragazza” e alzando lo sguardo lo vide. Proprio lui. lo stesso ragazzo.

Non sapeva bene cosa stesse provando in quel momento “dov’eri finito?” e lo guardava quasi come a volerlo rimproverare.

“ho degli impegni anche io, sai?” ed eccolo con la sua solita ironia.

“ti ho aspettato” e continuava  a guardarlo da terra, non le importava molto come la gente li stesse guardano e a quanto pare nemmeno a lui.

“avevamo un appuntamento?” e sorrideva con il suo solito modo, una mano sul fianco e l’altra per aria a recitare la parte del simpatico.

“ti ho aspettato tutti i giorni” e lo avrebbe continuato a guardare. Ma non poteva sapere cosa lui pensasse di lei. abbassò lo sguardo, del resto per lui era una sconosciuto con cui si sera scontrato per caso. Cosa poteva pretendere “scusami” prese le sue scarpe e se le mise ai piedi.

“paperella?” il suo tono di voce era leggermente cambiato, meno ironico e più serio.

Alzò nuovamente lo sguardo. ancora una volta, inaspettatamente, avvenne qualcosa.

Lui le porgeva una mano.

“ti va di prendere un caffè, insieme?” e sorrise, così come non lo aveva mai fatto.

Sakura allungò la sua mano “non conosco nemmeno il tuo nome” e mentre adagiava la mano su quella di lui avvertì come una scossa.

“Suigetsu” e la tirò su. Ora erano uno di fronte all’altra.

“Sakura” si apprestò a presentarsi, e le venne spontaneo un sorriso.

E non aveva importanza se erano le sette. Non aveva importanza se avesse fatto tardi al lavoro. Non aveva importanza cosa sarebbe successo dopo.

In quel momento, lei era esattamente dove voleva essere. In quel bar che faceva angolo con la strada principale. Con quel ragazzo con cui si era scontrata per caso.

E questa era la vita che Sakura voleva e che ora finalmente aveva.

   
 
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