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Autore: Marimo    28/09/2012    5 recensioni
C’era il sole.
Come Veneziano aveva constatato, a casa di Sacro Romano Impero, c’era sempre il sole.
Non aveva ancora capito bene se la luce ed il calore provenissero da fuori o da dentro, ma era assolutamente certo che ci fossero sempre, e ne era davvero contento.
Era meno triste pulire una casa come quella, anche se per forza. Anche se Austria rideva alle sue spalle chiedendosi che mai avrebbe potuto fare con quel piccolo idiota, era comunque contento di essere considerato da qualcuno, di non essere di nuovo solo.

Holy Roma*Chibitalia // Ger*Ita.
Dedicata a Maki~
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sacro Romano Impero
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-Dedicata a Maki, che c’è sempre, sempre.
Madeleine, Fragole! <3

Frazioni d'un addio.

1/4. C’era il sole~



C’era il sole.
Come Veneziano aveva constatato, a casa di Sacro Romano Impero, c’era sempre il sole.
Non aveva ancora capito bene se la luce ed il calore provenissero da fuori o da dentro, ma era assolutamente certo che ci fossero sempre, e ne era davvero contento.
Era meno triste pulire una casa come quella, anche se per forza. Anche se Austria rideva alle sue spalle chiedendosi che mai avrebbe potuto fare con quel piccolo idiota, era comunque contento di essere considerato da qualcuno, di non essere di nuovo solo.
Da quando era arrivato in quella casa, ad eccezione di Austria, nessuno lo maltrattava più, ed il suo territorio non era più conteso tra gli altri bulletti testardi delle vicinanze.
Proprio non riusciva a capirli, quegli idioti.
Sempre a contendersi potere, terra, ricchezza, perdendo quel tatto e quell’arte profumata della la vita, che Nonno Roma aveva donato loro assieme al Nonno Germania Magna.
Lui però non sarebbe mai riuscito, senza potere, a diffondere di nuovo lo stile che tanto aveva regnato. Che poteva farci la piccola Italia, al mondo intero?
Non poteva che continuare a spazzare via la polvere –si chiedeva ancora da dove diamine entrasse tutta quella sporcizia, quando era certo di chiudere ogni finestra dopo le pulizie- attendendo il ritorno di Sacro Romano Impero.
Austria era sicuramente dentro, strimpellando qualche nuova sinfonia, mentre la sorellona Ungheria stava probabilmente cucendo un nuovo abito da fargli indossare. “Come se non sembrassi già abbastanza una ragazza così!” pensò sbuffando, divertito al pensiero del padrone biondo e del pianista che ancora non erano arrivati alla verità riguardo la sua natura sessuale.
Fa niente, si disse dando un’altra passata di cera nella cucina, crescerò e lo capiranno.. forse.
Non osava nemmeno pensare alla faccia di Francia-Oniisan se, una volta cresciuto, avrebbe mantenuto ancora quei tratti femminei e quella vocina flebile e tremula. O meglio, l’unica volta che aveva provato a pensarci Ungaria aveva dovuto sopportare i suoi pianti per due lunghissime settimane.
Il sole c’era ancora. Bene.
Sgambettando, Veneziano corse verso la sua stanza.
Si portò un braccio roseo alla fronte arrossata, nel tentativo di asciugare il sudore. La casa di Shinsei Roma era davvero sconfinata, poteva constatarlo continuamente pulendola da cima a fondo con quello scopettone tre volte più alto di lui, ma non si sarebbe mai stancato del suo tepore. Mai.


2/4. Devi lasciare la tua finestra sempre aperta~



Aveva finito di pulire la sua stanza.
Non ci era voluto molto, quello spazio microscopico a forma di stivale non era poi tanto spazioso. Era sicuro che fosse più grande rispetto a quello di Ungheria-neechan o a quello di Austria, ma era pur sempre piccolo se paragonato all’intera casa che gli toccava tirare a lucido ogni santo giorno.
Contando sulla punta delle piccole mani, portò alla mente tutto ciò che si era promesso di fare.
Sulle pareti aveva pulito tutti i suoi bei quadri, nell’armadio aveva riordinato i vestiti che la sorellona gli aveva regalato e sul comodino aveva sistemato il vaso con i fiori. Tutto perfetto.
Almeno, però, nella sua stanza aveva la soddisfazione di sapere perfettamente come mai la polvere entrava continuamente.
Era perché la sua finestra restava sempre aperta.
Naturalmente polvere, sporcizia, foglie secche e quant’altro non esitavano ad entrare da quello spazio tanto invitante, e la sua camera finiva sempre con l’essere la più faticosa da pulire.
Ma non avrebbe mai chiuso la sua piccola finestra, che affacciava direttamente sul Mar Tirreno del suo amato fratellone e che tutte le mattine gli permetteva di ascoltare lo stridio dei gabbiani e la luce filtrare colorata di un verde misto agli altri colori della vegetazione tipica del Mediterraneo.
Sacro Romano Impero, prima di tornare a casa ufficialmente, passava di lì. Passava per l’Italia del Sud, e Romano gli aveva permesso di incontrarlo.
E così, tutte le volte che il ragazzo biondo tornava a casa, Italia era sempre alla sua bella finestra, con il suo grembiulino ed il vestitino verde, la bandana storta ed il ciuffo spensieratamente mosso dal vento.
Ed Italia ne era terribilmente contento.
Il legnò scricchiolò, ed una forte brezza riempì subito la stanza facendo sbuffare Veneziano.
“Mi toccherà ripulire da capo.” constatò seccato, appoggiando la testa sulla mano e sedendosi comodamente sul davanzale, guardando il cielo.
Quel cielo che profumava tanto di lui.
-Oi, Italia!-
Lui. Con la sua uniforme candida come la neve ancora fresca di battaglia, e la frangetta spettinata.
-Shinsei Roma! Che bello, ti ho aspettato a lungo sai? Speravo tornassi circa tre giorni fa..- fece imperterrito, troppo felice per accorgersi di quanto poco il sorriso sulle labbra di Sacro Romano Impero fosse effettivamente un sorriso.
-Mi dispiace, davvero.. – si scusò.
-Non ti preoccupare, ora immagino ti vorrai fermare un po’ a casa per riposarti!-
Di nuovo il biondo sorrise amaramente, con una luce negli occhi che esprimeva la più profonda tristezza.
Sogni infranti, dicevano i suoi occhi come il cielo. Vane aspettative, dicevano.
-Italia, sto partendo. Non ci arriverò nemmeno al portone.-
Il castano perse un battito. O due.
Non era sicuro di quanti fossero i battiti che si erano confusi con il fruscio delle foglie, poiché di fatto aveva scavalcato il davanzale su cui era seduto e si era lanciato, letteralmente, tra le braccia dell’altro.
Le braccia rivestite di bianco lo strinsero forte, facendolo sentire ancora più piccolo, ancora troppo piccolo.
Troppo piccolo per proteggere la persona che amava.
-Ci sarà una grande guerra, Italia.-
Altri battiti, un susseguirsi di piccole morti accompagnate da lacrime fredde e spente.
Non c’era cielo, non c’era sole in quelle lacrime.
-Ma tornerò da te.-
-Shinsei.. Roma….- biascicò, strofinando il viso nelle pieghe del vestito del biondo.
-Italia, tornerò. Se questo avrà una fine, tornerò da te.- Gli soffiò in un orecchio, cercando di apparire il più sicuro possibile.
Ma non era affatto sicuro. Era praticamente convinto del contrario di ciò che diceva.
Ma aveva deciso che sarebbe stato abbastanza forte per proteggere anche la ragazza, o meglio, il ragazzo che amava.
“Uno stalker del mio livello non può restare tanto a lungo con la convinzione che il suo amato sia una donna!” si era detto dopo aver raggiunto la soluzione, scegliendo però di non rendere pubblica la sua scoperta.
Sarebbe stato forte anche per quel piccolo scarponcino senza tacco.
Lentamente sciolse quell’abbraccio che tanto aveva desiderato, e si alzò a fatica da terra, volgendo al fronte.
Una manina candida afferrò il suo cappotto, tirando come se la sua vita fosse dipeso da quel semplice gesto.
Ed era proprio così che si sentiva Veneziano.
-Io voglio.. voglio diventare una cosa sola con Shinsei Roma!- esclamò tra i singhiozzi che ormai erano diventati tanto rumorosi da costringerlo a ripetere le parole che venivano interrotte, deglutendo a fatica.
-Sì, ho sempre sognato di.. camminare al tuo fianco.. Per favore, non andare..-
Era una supplica, l’ultima preghiera.
L’ultimo grido che attraversa il buio, lo taglia e lo fa sanguinare, e poi si disperde in un’eco spenta e grigia.
Di nuovo i due erano stretti l’uno sull’altro, ma questa volta le loro labbra erano premute insieme e le loro lingue danzavano come impazzite.
L’ultimo bacio, l’ultimo addio.
L’ultimo contatto destinato ad affondare sempre di più, nel profondo, lacerando i contorni e fioccando nella memoria. E poi disperdersi, di nuovo.
Non sarebbe rimasto davvero niente più che un’eco priva di vita?
-Tornerò, e allora diventeremo una cosa sola. Te lo prometto, Itachan.- Posò un bacio leggero sulla fronte ancora sudata e scoperta dalla bandana, ormai caduta, dell’italiano, per poi scompigliargli affettuosamente i capelli.
-Però assicurati di chiudere la finestra finché non verrò io a bussare, intesi?-
Debolmente il castano annuì, con il cuore che scoppiava e la vista che si faceva sempre meno chiara.
Era un peccato.
Avrebbe davvero voluto vedere nitidamente quegli occhi, per l’ultima volta. Era dura per lui accontentarsi di una vaga macchia azzurra, come una pennellata sulla neve, ma si dovette accontentare.
Quel momento non fu mai misurato in qualcosa.
Alcuni dicono che furono attimi. Altri semplici minuti. Più probabilmente erano battiti d’ali di farfalla, o magari voli di petali di ciliegio.
O magari i battiti del cuore di Feliciano.
Fatto sta che poco dopo Sacro Romano Impero era partito per la grande guerra, e la finestra era stata sigillata. Non si sarebbe mai più riaperta.
Nemmeno per far entrare la polvere, nemmeno per respirare.
Nemmeno per quel cielo che aveva perso il suo odore, come la casa che aveva perso il suo sole.



3/4. Il sole non c’è più~



Che non ci fosse, o che semplicemente non ci fosse più spazio per lui, era un mistero.
Magari era stato rimpiazzato dalla tristezza, o magari dalla speranza.
Nessuno lo sapeva.
Fatto stava che quel calore permanente era sparito dalla casa di Sacro Romano Impero da quando il biondo aveva lasciato la piccola Italia nel suo stivale, da sola, per partire.
Per partire e non tornare.
Ma essere pessimisti non è nel sangue italiano, e così, ogni giorno dopo la pulizia della casa, Veneziano si appollaiava alla finestra chiusa, pulendo con la manica verde il vetro nel tentativo di scorgere qualche figura in movimento.
Una volta scorse persino un leprotto aggirarsi nei pressi di un grande olivo, ma presto l’animale fuggì via e di nuovo il campo visivo del castano tornava vuoto ed opaco.
Ma continuava a sperare, sempre. Senza smettere mai.
Se avesse smesso di sperare lui, chi lo avrebbe fatto?
Uno spiffero di vento si insinuò tra le pieghe della sua bandana, facendola cadere a terra. Era un vento gelido, pungente, falso.
La finestra era chiusa, non poteva entrare nulla in quel piccolo spazio.
Quel vento non era altro che l’eco di una promessa infranta.
Era quasi più rumoroso del pianto straziato di Ungheria, che spalancava la porta della sua camera a stivale.
-Ita-chan..-
Sgranò gli occhi. Non pensava che il dolore sarebbe arrivato con quella potenza, con quel peso.
Era qualcosa di consistente che gli bucava il petto, ferendolo e tentando di penetrarvi. Riuscendo pienamente, ed iniziando a mutilare tutto ciò che incontrava, facendo strage di sogni e speranze.
Era come una lancia, una punta fin troppo affilata su un terreno fin troppo molle, che affondava spudoratamente in quella ferita già aperta.
Il castano si lasciò avvolgere dalla più grande, sentendo il bisogno di un sostegno.
Sì, perché le sue gambe non lo reggevano più.
Le ginocchia erano fuori controllo, così come le lacrime.
Pianse sul vestito verde di Ungheria, fino a che non ebbe più lacrime.
Poi urlò in solitudine nella sua stanza finché non ebbe più fiato.
Poi diede pugni sul suo letto finché non riuscì più a muovere le braccia.
Poi diede calci al muro finché non riuscì più a muovere le gambe.
Si credette forte, finché non rimase che un guscio vuoto indifeso. Non aveva più nulla.
Poi pensò a quanto la vita fosse ingiusta con chi continuava a sperare, e decise che da quel momento in poi Italia sarebbe stata una stupida.
Perché gli stupidi e i deboli, in qualche modo, se la cavano sempre. O erano protetti da chi era più forte, o venivano sballottati senza mai soffrirne troppo.
Alla fine chi è debole ne esce sempre meno distrutto.

Così, dopo la caduta del Sacro Romano Impero, l’Italia divenne un paese debole e piuttosto inutile, seppur ricco di grandi qualità.
Un paese debole, senza calore.
Senza sole.

 

4/4. È un incontro piuttosto casuale, il nostro~

 


Fuggiva ancora, spaventato.
La furia dei proiettili sporcava tutto, era tutto così sbagliato in quella guerra.
In tutte le guerre.
Forse però lo capiva solo lui, che si era arreso alla sua inutilità molto tempo prima.
Sarebbe morto anche lui probabilmente, sia come paese che come persona, tra quella pioggia di piombo e fuliggine, pianti e fuoco.
E non gli dispiaceva di terminare quell’esistenza inutile.
All’improvviso si sentì afferrare per un braccio, mentre una voce forte e cupa come l’eco in una profonda caverna gli intimava di alzare le mani.
Feliciano invece alzò lo sguardo, mentre il soldato alzava la visiera del cappello dove una grossa svastica sovrastava il resto dei colori.
Era un uomo molto più alto di lui, circa venti centimetri, muscoloso e prestante. Il tipico fusto tedesco della classe ‘per tua fortuna sarò l’ultima cosa che vedrai’.
Beh, non sarebbe stato poi così male vedere quello spettacolo per ultimo, pensò. Finché non incontrò il volto dell’uomo.
Strabuzzò gli occhi, e fu una sorta di gara a chi dei due fosse più sorpreso e scioccato.
Il castano subito allungò una mano verso la guancia dell’altro, accarezzandola piano, temendo sia di perderla che di farla svanire. Non voleva smettere di sognare così.
Si nuovo lo sguardo di Veneziano incrociò quello dell’altro.
Capelli biondi, tirati all’indietro, come i suoi.
Occhi strappati al cielo.
Rimasero così, per un po’, sotto una pioggia di proiettili ed una sottile cappa di fumo nero e morte, riscoprendo l’amore.


-Italia. Sono tornato.-
-… Veh.-


~Tutto comincia con il sole.~

 

 
 

*ANgolo che spacca tuttoH*

Eccomi per la *conta* SECONDAH volta in questo fandom. U__U Shot scritta interamente per Maki, perché io può e le voglio tanto bene. E si merita di meglio ma non posso, quindi ba.
Con una HRE*Chibitalia/Ger*Ita. *Fangirleggia*

Vorrei sottolineare che ho preso spunto da una doujinshi. Il link della sovrascritta è andato perso nei meandri del mio computer, ma era davvero bellissima, se dovessi ritrovarla ve la consiglierei.
Sul serio. U_U
Quindi, i meriti dell’idea sono dell’autrice ignota della doujinshi, io ho solo arzigogolato –molto- e messo per iscritto, not mine.
NOT MINE. ^u^
NOT MINEEEEEH. ^U^


ANdiamo!!!  >:D   ~ ~ ~

 

   
 
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