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Autore: Camelia_Calliope    28/09/2012    4 recensioni
« Tornerai, vero? » biascicò
« Sicuro. Tornerò ed io ti dirò “te lo avevo detto” e allora tu mi picchierai fino a quando non sarò più in grado di rialzarmi. Ma non farà male perché … » s’interruppe Rufy alzandole il viso ancora rosso e umido di lacrime.
« Perché? » riprese lei, sebbene sapesse benissimo la risposta.
Era il loro gioco, si ritrovò a pensare sorridendo.
« Perché ti amo! »
« Ti amo anch’io » finì lei, sorridendo timidamente.
Si baciarono nuovamente. Un bacio amaro e dal sapore di sale.
Dietro di loro, piano, si levava l’alba. Un nuovo giorno presto sarebbe sorto e presto Rufy sarebbe dovuto partire. Ma questo a Nami non importava.
Stringendo tra le dita i capelli corvini di Rufy, Nami intensificò il contatto, lasciandosi abbracciare da lui.
Forse la bellezza di quel momento sarebbe durata un attimo soltanto, ma Nami era certa che quel tempo valeva quanto una vita intera.
Quando, poche ore dopo, Nami riaprì gli occhi di Rufy non c’era più nessuna traccia. Pianse abbracciando il suo cuscino, ispiarandone l’odore.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era partito per fare la guerra,
per dare il suo aiuto alla sua terra.
Gli avevano dato le mostrine e le stelle
e il consiglio di vendere cara la pelle.

E quando gli dissero di andare avanti
troppo lontano si spinse a cercare la verità.
Ora che è morto la Patria si gloria
d'un altro eroe alla memoria.

Ma lei che lo amava aspettando il ritorno
d'un soldato vivo, d'un eroe morto che ne farà?
Se accanto, nel letto, le è rimasta la gloria
d'una medaglia alla memoria.
( F. De Andrè)


La Ballata dell'Eroe



Elegante e discreta, la luna illuminò la figura prona di Nami, parzialmente coperta da un candido lenzuolo. Una mano era tesa alla sua destra, come a voler stringere una sua gemella.
Prima ancora che la luce toccasse il suo viso, Nami aprì gli occhi. Nel letto, sfatto, era sola. Confusa e con il terrore dipinto nelle iridi nocciola, s’isso sui palmi cominciando a guardarsi intorno.
 Fu davanti alla finestra, Nami pose fine alla sua ricerca.
Con solo un paio di corti pantaloni in dosso, Rufy volgeva le larghe spalle a un’ancora assonnata Nami.
I suoi occhi erano persi verso il cielo prossimo all’alba.
Sorrise Nami, contemplando la figura del suo capitano confondersi con le tenebre della notte, appena un po’ rischiarate dal freddo dell’astro notturno.
I disordinati capelli corvini si perdevano in ciocche sulle spalle magre e lungo la schiena abbronzata.
Arrotolando il lenzuolo bianco in torno al corpo snello, Nami si alzò. A un passo dalla figura del capitano si arrestò, tendendo una mano alla sua spalla destra.
Se Rufy si accorse dei suoi gesti non lo dette a vedere, sorrise quando percepì sulla sua pelle il tocco caldo delle dita della navigatrice.
Seguendo delle linee immaginare, Nami mosse le dita lungo i muscoli sviluppati delle spalle larghe fino a percorrere la totale lunghezza della spina dorsale con la punta di due dita.
Risalendo, si perse nella morbidezza dei lunghi crini corvini.
« Dovresti tagliarti i capelli. Sono troppo lunghi … » gli sussurrò a un orecchio.
Senza concederle una risposta, Rufy portò una mano alla sua spalla destra, dove ancora Nami teneva la propria. Stringendola si voltò a fronteggiarla.
Sorrise cingendole i fianchi, stringendola a se.
« Non ti piaccio forse? » le sussurrò baciandole la fronte.
Nami rimase impassibile, godendo delle dolci attenzioni del pirata.
Rufy sorrideva ancora.
Nami si avvicinò al suo capitano, senza mai staccare i propri occhi da quelli scuri di lui. Prima ancora che i loro respiri si potessero confondere tra loro, Rufy annullò le distanze, posando le proprie labbra su quelle rosse della navigatrice.
Nami rispose, aggrappandosi alle spalle di Rufy, mentre lui la stringeva a se sollevandola alla sua altezza.
Senza mai interrompere il dolce contatto delle proprie labbra su quelle di Nami, Rufy avanzò. Caddero entrambi tra le lenzuola sfatte, quando lui raggiunse il letto. Rise Nami con le gote rosse e le labbra turgide e rosse anch’esse.
Rufy, sollevandosi sui gomiti, guardò Nami sorridendo, pensando che in quel momento non ci fosse cosa più bella di lei.
Anche con le labbra gonfie e il viso paonazzo, congestionato dalle risa; anche con i capelli completamente stravolti; per Rufy, era il più bello e prezioso tra tutti i più importanti tesori dei sette mari.
Rufy baciò Nami, togliendole lentamente le lenzuola da dosso.
In fondo, la notte era ancora lunga.
 
La quiete era perfetta. La luna aveva percorso un tratto del suo arco nel cielo e non era più visibile dalle basse finestre.
Nami sentiva il battito calmo e pacato del cuore di Rufy sotto il suo orecchio. Rufy lentamente le carezzava pigramente la schiena nuda, accompagnandola piano nel sonno.
« Oggi ho ricevuto un messaggio dalla Marina »
Nami alzò appena la testa e lo guardò. Aveva gli occhi fissi al soffitto.
« Sono convocato dal Grande Ammiraglio per trattare » continuò il pirata dando più enfasi all’ultima parola.
Nami sentì una stratta al cuore, udendo quelle parole. Fece per aprire bocca, ma Rufy non le diede il tempo.
« Ci andrò. Ho già deciso » disse, infatti.
Nami per alcuni secondi stette in silenzio, metabolizzando le notizie appena ricevute. Poi capì.
Issandosi sui gomiti guardò Rufy, cercandone lo sguardo. Urlò quando il pirata glielo negò.
« No! »
« Nami, non urlare. Sveglierai gli altri e non ce ne motivo » la ammonì il pirata.
«  Chi se ne frega! Hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male? Quel poco di cervello in testa che avevi ancora, l’hai perso completamente? »
« Nami abbassa la voce e non dire idiozie. Sei ridicola »
« Io ridicola? Ti sei mai sentito tu? Se andrai lì e non farai quanto loro desiderano ti uccideranno. Questo lo sai vero? »
Nami incrinò appena la voce ma non cedette alle lacrime. Stringendo gli occhi guardò Rufy che, però, le negò lo sguardo.
Fece per parlare, invece, ma Nami lo interruppe.
« Non dire niente. Non voglio sentire niente. Se andrai lì, ti uccideranno e non potrai fare niente per impedirlo. Ti uccideranno ed io … io … »
Nami ammutolì, allontandosi e volgendo le spalle a Rufy, nascondendo le sue lacrime infine giunte.
Rufy sospirò e alzandosi a sedere raggiunse rapidamente la navigatrice. Cercò di abbracciarla ma Nami glielo impedì, divincolandosi.
Posando le braccia in grembo, inerti, Rufy riprese parola guardando la schiena nuda di Nami dinanzi a se.
« Non è il primo richiamo ufficiale che ricevo. Negli ultimi due anni ne ho ricevuti almeno tre; compreso questo »
S’interruppe, soppesando le parole più adatte per proseguire.
« Nami, la Marina non è stupida e non penso che questa sorte di “tregua” continuerà ancora per molto. La guerra ormai è alle porte e basta un non nulla per scatenarla. Ci troviamo tra due fuochi e non puoi chiedermi di ignorare ancora. Non ne ho più la forza … - s’interruppe chinando la testa, fissando con insistenza le lenzuola sfatte del letto – ho ignorato per troppo tempo, pensando solo al mio dolore, non accorgendomi di ciò che mi circondava. Di chi mi circondava. Gli altri se fossero qui, farebbero lo stesso. Lui … - strinse gli occhi trattenendo le lacrime, stupendosi di averne ancora da versare dopo anni – Ace …  – dio quanto gli costò pronunciare quel nome- … se fosse ancora vivo farebbe lo stesso. Siamo pirati e non possiamo ignorare chi ci vieta il mare »
A Rufy il suo discorso più che perentorio, sembrò una supplica. Ma ormai nulla poteva distoglierlo dalla sua scelta. Non si accorse che mentre parlava aveva stretto i pugni fino a quando non sentì le dita di Nami sui suoi polsi.
Si perse osservandola. I capelli, ancora scomposti, cadevano in ciocche disordinate lungo il collo niveo. Le guance rosse erano solcate da lunghe lacrime e gli occhi rossi, guardavano, in basso.
Tremando sussurrò …
« Ti uccideranno ... Non andare, ti prego. Ne tornerai distrutto e mai sarà più come prima … - singhiozzò stringendo tra le proprie mani quelle del pirata; le stritolò per la rabbia ma Rufy non diede importanza al dolore; sopportandolo, perché sapeva, quello non era altro che una piccola parte di quello che lui stesso avrebbe inferto a Nami con la sua partenza – … scomparirai e di te non resterà più nulla … non andare … ti uccideranno »
Ormai Nami non controllava più se stessa. Si zittì soffocata dai singhiozzi e dalle lacrime sempre più insistenti.
Rufy le sorrise, accarezzandole una guancia umida.
Le baciò la fronte, sussurrandole …
« Hanno bisogno di me »
« Anch’io ho bisogno di te, però … »
« Lo so » rispose Rufy
La baciò. Con tenerezza, senza malizia né passione. Solo con la tenerezza di un addio …
« Quando partirai? » si ritrovò a chiedere Nami. Si morse il labbro inferiore sentendosi una stupida.
« Tra poche ore »
Nami pianse ancora nascondendo il viso nell’abbraccio di Rufy.
« Tornerai, vero? » biascicò
« Sicuro. Tornerò ed io ti dirò “te lo avevo detto” e allora tu mi picchierai fino a quando non sarò più in grado di rialzarmi. Ma non farà male perché … » s’interruppe Rufy alzandole il viso ancora rosso e umido di lacrime.
« Perché? » riprese lei, sebbene sapesse benissimo la risposta.
Era il loro gioco, si ritrovò a pensare sorridendo.
« Perché ti amo! »
« Ti amo anch’io » finì lei, sorridendo timidamente.
Si baciarono nuovamente. Un bacio amaro e dal sapore di sale.
Dietro di loro, piano, si levava l’alba. Un nuovo giorno presto sarebbe sorto e presto Rufy sarebbe dovuto partire. Ma questo a Nami non importava.
Stringendo tra le dita i capelli corvini di Rufy, Nami intensificò il contatto, lasciandosi abbracciare da lui.
 

Forse la bellezza di quel momento sarebbe durata un attimo soltanto, ma Nami era certa che quel tempo valeva quanto una vita intera.
Quando, poche ore dopo, Nami riaprì gli occhi di Rufy non c’era più nessuna traccia. Pianse abbracciando il suo cuscino, ispiarandone l’odore.

   
 
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