Nota: Questa storia partecipa al contest: La notte degli Oscar
Ridi Pagliaccio.
Gli
piaceva immergersi nel silenzio ovattato della propria mente.
Gli
piaceva anche farlo con della buona musica in sottofondo.
Eppure –
la maggior parte delle volte – era sempre interrotto sul più bello.
Amava
anche l’ordine; non un ordine qualunque ma ordine
nel vero senso della parola.
Infatti,
lui era ordinato anche nell’ordinazione cromatica dei vestiti.
Non che
avesse vestiti particolarmente colorati, s’intende.
Amava se
stesso fino a sentirsi particolarmente superire a determinate pulsioni
animalesche.
Chiunque
lo conoscesse, poteva dire di aver visto un lavoratore eccellente, un uomo di
ghiaccio e una figura inafferrabile.
No,
decisamente, Will era allontanato da tutti a causa della superbia con cui si
muoveva in mezzo ai propri simili.
Questo
termine, invece, dai più era sopravvalutato sulla persona del moro.
Lui non
s’atteggiava in mezzo agli altri perché voleva, no di certo, ma perché poteva;
Poteva
vantare di una schedina lavorativa perfetta ed immacolata; poteva vantare di
giorni feriali quadruplicati – visto che questi si accumulavano – e vantava
della seconda scheda con più orari di lavoro extra di tutto il Dipartimento.
Nemmeno i
loro superiori arrivavano a fare tanto e quindi dai più era considerato come un
qualcosa di strano e – a causa del carattere stesso di Will – gli attribuivano
strani aggettivi, del tutto dissonanti con il suo stile.
Ovviamente
William T.Spears non diceva nulla.
A lui
andava bene così.
Tutti lo
allontanavano? Bene, delle seccature in meno da gestire e più tempo per il
lavoro.
E poi, se
ci pensava bene, Will, qualcuno di chiassoso c’era.
Qualcosa
che anelava intimamente, ma che non pensava di poter mai toccare. Qualcosa che
animava quella solitudine più o meno forzata.
Qualcosa
o qualcuno che apparteneva al proprio
acerrimo nemico.
-“Wiiill!”-
la voce di Grell squarciò il silenzio di quella stanza.
Il
diretto interessato non fiatò, ma la mano – intenta a firmare un rapporto –
tremò appena.
-“W.i.l.l.i.a.m!”-
scandì bene questa volta il rosso.
William
alzò appena gli occhi dal foglio e dalle parole, per ascoltare cosa avesse da
dire.
Recitar!
Mentre preso dal delirio,
non so più quel che dico e quel che faccio!
-“Mh?”-
mugugnò facendo finta di essere infastidito, mentre interiormente sperava che
quella visita non fosse esclusivamente di lavoro.
Erano
passati due mesi da quando Grell lavorava più o meno diligentemente, e usciva
ad orari normali – senza aspettarlo – per andare non si sa bene dove e con chi.
Eppur è d’uopo,
sforzati!
Dicendo
così, consegnò al moro un plico di carta, vergato con lettere sinuose ed
eleganti.
Proprio
come il possessore di quella calligrafia.
Possessore,
che adesso stava per andarsene come se nulla fosse.
Bah! Sei tu forse un
uom?
Come se
tutte le attenzioni e le emozioni verso il moro fossero scomparse.
Come se la
loro relazione, fosse divenuta un ricordo troppo sbiadito per essere preso in
considerazione.
William
si riprese dallo stato in tralice e si esibì in una smorfia di amarezza, non
biasimando di certo il rosso per quella situazione.
“In fondo...” si disse. “mi aspettavo una situazione del genere.”
Non appena
fu sul punto di chiamarlo, Grell si chiuse la porta alle spalle.
E William
si era riseduto, come se quella mano protesa in avanti non fosse la propria,
ignorando del tutto il proprio desiderio di rincorrerlo e chiedergli perché.
Tu se’ Pagliaccio!
Ma da
persona orgogliosa e solitaria quale William era, rimase stoicamente seduto, a
firmare e bollare decine e decine di fogli.
*****
Grell avrebbe dato oro pur di
sentire un sussurro, appena flebile e palpabile, che gli chiedesse di rimanere.
Forse si stava solo illudendo che
l’amore nutrito in tanti anni per il moro, l’avesse finalmente raggiunto,
eppure...
la faccia infarina.
Eppure adesso – che formavano
coppia fissa – veniva trattato più glacialmente di prima.
Veniva percorso con più forza e
ignorato con più insistenza.
La gente paga, e rider vuole qua.
Ragion per cui si stava concedendo
con estrema sicurezza a Sebas-chan, pur non desiderandolo del tutto.
E se Arlecchin t’invola Colombina,
Stava lasciandosi possedere
famelicamente, mentre le proprie gambe erano aperte in qualcosa di osceno.
Ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!
Mentre il gusto del sangue si
mescolava a quello del piacere e le proprie labbra – lasciate libere e in balia
di se stesse – lasciavano scappare gemiti acuti di pura estasi.
Eppure, adesso che sentiva il seme
di Sebas-chan colare lentamente dal proprio corpo, non provava quel senso di
appagamento che William gli lasciava in corpo per ore intere.
-“Sai...”-
aveva sentito il
sussurro provenire dalle labbra del corvino. –“Sembrate
proprio due Pagliacci.”- finì, chiudendosi la porta alle
spalle senza voltarsi.
Grell sospirò, poggiando la
guancia rosata sul guanciale.
A differenza di Sebastian, William
restava con lui fino all’alba.
Un singhiozzo gli squarciò il
petto per una, due, tre volte e più...
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto,
Gli Shinigami non piangevano;
Non avrebbe mai pianto, mai,
neppure se sotto tortura.
Non avrebbe potuto nemmeno
volendolo: uno shinigami non piangeva.
Per la morte, bastava ricordare i
Rovi della Morte per ricredersi.
-“Quindi non ho scelta..? Ne,
Sebas-chan?”-
in una smorfia il singhiozzo e ‘l dolor.
*****
William
non era di molte parole, non era loquace, nemmeno romantico o espansivo, tutt’altro!
Ma era un uomo d’onore,
di parola, di fiducia – facilmente irritabile, per carità – ma estremamente
meticoloso e fedele.
Mai si era immaginato a possedere altri corpi, se non
quello di Grell, e mai avrebbe fatto qualcosa di estremamente grave per farlo
scappare, eppure...
Ah, ridi,
Pagliaccio,
-“TI ODIO!”-
Aveva mandato all’aria – come al solito – i tentativi
rumorosi e discutibili di Grell d’approccio e s’era trovato a dover fare fronte
a tutta la frustrazione del rosso, ma lui sapeva delle notti passate con quel
verme e l’aveva colpito.
Così, solo per dimostrargli a gesti tutta la propria
rabbia.
Non sarebbe stato capace di lasciarlo andare, però, fargli
capire quanto dolore gli avesse procurato, si.
-“Non hai il diritto! Tu! Tu... tu che sei un Pagliaccio, tu... Aaarh! Al diavolo! Me
ne vado!”-
“Me ne vado”
quante volte aveva sentito utilizzare a Grell quei vocaboli?
In un secolo di conoscenza, quell’opera teatrale, si
ripeteva ogni volta che William andava giù pesante o con i gesti, o con le
parole; anche se questa volta aveva ragione.
Questa volta era testimone anche Ronald.
-“Sempai... cioè...”- il ragazzo guardava i due shinigami,
facendo scivolare gli sguardi su entrambi, scettico sulla risoluzione del
problema.
-“STANNE FUORI, Ronnie...”- aveva sfuriato in una volta
Grell, fendendo l’aria con il braccio destro e macchiando di sangue i vestiti
dello stesso. –“Questa volta è davvero
finita.”- sputò fra i denti, con gli occhi lucidi.
William sentì incrinarsi qualcosa nel loro rapporto.
Qualcosa di importante e lo sguardo gli cadde su quello
che aveva combinato: se non sarebbe morto, il rosso, avrebbe vissuto con una
cicatrice abbastanza grande.
sul tuo amore
infranto!
Provò con
tutte le proprie forze a rimanere fermo e impassibile alla cosa.
-“Se è quello
che vuoi, Ronald, and...”-
Ma una
quarta figura apparve dall’ombra, portando al naso del moro una zaffata d'aria
sgradevole: odore di peccato.
I tacchi
del demone stridettero sull’asfalto, mentre l’espressione di Grell andava via
via ad oscurarsi.
Quella
sensazione di rottura, divenne lacerante e William capì – non era poi così
difficile – che Grell non sarebbe tornato.
A meno
che non si fosse apertamente mostrato interessato alla cosa, almeno.
-“Sera.”-
mormorò il demone. –“Riunione straordinaria?”- mormorò ancora, pacato, mentre
assumeva una posa plastica e le labbra sottili si piegavano in un sorriso.
Sebastian
era sadicamente divertito.
William
si mosse per andare via, ma le proprie gambe rimanevano fedeli a quella
posizione, in cui riusciva a vedere il viso spigoloso del rosso e l’espressione
disperata negli occhi smeraldini.
Lo stava
supplicando di dirgli qualcosa.
Qualsiasi
cosa.
E lui lo
fece, sentendo la bile e una voragine nel petto ingrandirsi lentamente al posto
del cuore.
-“Knox,
andiamo, non ho più nulla da dire ad un... traditore.”-
Si girò,
sentendo i singhiozzi di Grell.
Il cuore
del moro s’atrofizzò, agonizzante.
-“Pagliaccio...”- si sentì sussurrare alle
spalle, ma non si girò: l’avrebbe lasciato andare, se fosse stata la cosa
migliore e avrebbe continuato a recitare il ruolo di William T.Spears, a
discapito di tutto.
Ridi del duol che t’avvelena
il cor!
Ok, partendo dal presupposto che Amo l’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, vi spiego: quest’aria rappresenta il concetto di “Clown Tragico” , che non presenta alcun turbamento ma invece è frustrato.
[ *I♥Wiki* ].
Visto e considerato che, proprio in questa
parte di Rappresentazione, si parla del tradimento di Nedda ( moglie di Canio,
alias Pagliaccio ) mi son detta: “Visto e considerato che mi sono fissata con
questa parte – ma fissata male, male, male! xD – perché non scriverci su?” –
originale come pensiero! :’D -
E, udite, udite, la scelta della mia mente è
caduta sulla separazione di William e
Grell... cattiva che sono! *A*
A parte i miei sproloqui da autrice, cosa ve
ne sembra?
Ho sforato nell’OOC con William? Con Grell?
Spero di no, ma non ho la più pallida idea
di cosa pensare, visto e considerato che è una one-shot - lapsus su un punto
fisso in testa;
Intimamente sono soddisfatta, se devo essere
sincera!
Spero che per voi sia stata una lettura
piacevole.
Con affetto,
_Loveless_