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Autore: Midori Haruka    30/09/2012    1 recensioni
Il racconto è ispirato ad un attentato terroristico accaduto in una delle stazioni della metropolitana di Minsk, Oktjabrskaja, nel 2011.
Io l'ho ambientato un po' prima negli anni, ed ho coinvolto i due gemelli, Mikael e Misha, che rappresentano quella città.
Nonostante i personaggi siano frutto della mia mente distorta spero possa piacervi, o comunque di capire dove io possa migliorare.
Non mi resta che dirvi, buona lettura! ✰
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tic, toc, tic.
I secondi passavano in quella immensa solitudine.
Toc, tic, toc.
Una sagoma solitaria si distingueva tra le ombre di quella stanza, buia, una volta calato il sole.
Misha era seduto sul materasso, le gambe divaricate e i gomiti appoggiati sulle ginocchia, mentre tra le dita stringeva una sottile catenella d’argento, che riluceva appena alla poca luce della stanza.
Un insignificante anello pendeva verso il basso da quel filo. Misha lo portò alle proprie mani, arrotolando la catenella attorno all’indice destro.
Ora una sottile fascia nera faceva mostra di sé sul palmo pallido del bielorusso, gli occhi cinerei guardarono quell’oggetto con un misto di odio, rammarico, risentimento e nostalgia, come se fossero ben consci dei ricordi che quel semplice pezzo di metallo custodiva. Misha chiuse gli occhi, precludendo quel piccolo anello alla propria vista fisica, mentre, come per dispetto, compariva alla perfezione nella sua mente, tante erano le volte che era rimasto ad osservarlo.
Quel piccolo oggetto richiamava a sé una miriade di ricordi, che il ragazzo avrebbe preferito obliare per sempre. Il ricordo di un periodo felice, spensierato, rimembrato con dispiacere e una fitta al petto. Sorsero ricordi spiacevoli, misti alle emozioni più disparate, ma infine una memoria prevalse su tutte le altre, con prepotenza.
Misha si ritrovò a rivivere l’accaduto, suo malgrado.
 
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Da bambino, Misha, scendeva una scalinata saltellando, contando i gradini dispari, al suo fianco una voce fin troppo simile alla sua decantava i numeri pari. La sua mano era stranamente calda, stretta in quella del gemello, Mikael, che gli sorrideva di rimando all’espressione felice sul suo volto. Mancavano solo tre gradini, era il turno di Misha, quando Mikael mise il piede in fallo, facendo razzolare entrambi fino al pavimento della metro.
Dalla tasca del più piccolino, Mikael, con un tintinnio scivolarono sulle mattonelle della stazione di Oktjabrskajadue anelli neri.
Misha si rialzò per primo, praticamente illeso ed andò a raccogliere quei due oggettini che avevano suscitato il suo interesse e la sua curiosità, mentre il gemello lo raggiungeva massaggiandosi il naso.
Appena Mikael vide cosa il fratello stringeva tra le mani si allarmò, e fece di tutto per riprenderselo, inutilmente, visto che Misha riuscì a metterlo al di fuori della sua portata.
Alla fine Mikael si vide costretto a cedere, e con le labbra leggermente imbronciate, spiegò al gemello:
« Volevo qualcosa che ci tenesse sempre assieme. »
« Ancor più del fatto di essere gemelli? »
Replicò l’altro, un po’ stupito, ma compiaciuto da quell’idea.
« Ancora di più.
Promettiamo con questi anelli di stare sempre insieme, qualunque cosa accada? »
Beata innocenza, che risiede nei cuori dei bambini; in quel momento nessuno dei due avrebbe mai minimamente sospettato come sarebbero stati divisi, a forza, e come avrebbero imparato ad odiarsi l’un l’altro, incuranti di portare lo stesso sangue.
Misha annuì con forza, mentre il sorriso si delineava sulle sue labbra, e porgeva uno dei due anelli, ancora troppo grandi per le loro dita, al gemello.
 « Staremo sempre insieme! »
E strinse l’anello nella mano, mentre abbracciava nuovamente il fratello.
 
Fu questione di un attimo.
Un urlo terrorizzato di una donna, poi un’esplosione.
Un boato, i gemelli ebbero giusto il tempo di stringersi l’un l’altro, prima che gli cadesse tutto addosso.
Polvere, legna e schegge, ricoprirono i due bambini, più spaventati che mai.
 
 
Un rumore monotono di un’apparecchiatura medica svegliò Misha; la prima cosa che vide fu una parete completamente bianca, e una grande luce.
« Mikael?! »
Il primo pensiero fu per il fratello; una piccola e vana speranza che avrebbe tormentato quel cuore ferito ancora a lungo.

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Misha riaprì gli occhi, che a quella scarsa luce parevano quasi lucidi, lentamente riportò le iridi color cenere sulla propria mano, ora chiusa in un pugno.
Quando l’aprì, con la pressione della stretta l’anello aveva lasciato un lieve segno, un segno minino, in confronto a ciò che gliela rimasto dentro e addosso dopo quell’evento.
Una cicatrice sul petto, il suo cuore non era più riuscito a sostenerlo come prima.
Mikael pian piano era stato sepolto, solo, in fondo ai ricordi di Misha, a cui era stato inculcato l’odio.
Il bielorusso si rimise la collana, nascondendo il ciondolo sotto la maglia, vicino al cuore. La sua mano rimase sospesa per qualche secondo, all'altezza del petto, andando a stringere quel ricordo per un'ultima volta, prima di seppellirlo nuovamente sotto tutto ciò che restava della sua vita presente, nella speranza di non dover ricordare.
  
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