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Autore: You are a spiaggia_BlaBla    30/09/2012    6 recensioni
Susan Parker guardava la pioggia fuori dalla finestra. Le dava un senso di calma. Una. Due. Tre. Le gocce erano infinite.Sentì un brivido attraversarle la schiena. Erano le dieci e trentasette e il suo ragazzo non era tornato. Ora pioveva più forte. La pioggia non le dava più un senso di calma. Ora era angoscia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una sera uggiosa di Londra, in una piccola casa ai lati di Underwood Street, Susan Parker guardava fuori dalla finestra. Le gocce leggere cadevano e scivolavano.
Una. Due. Tre. Erano tantissime. Sentì una scossa attraversarle la schiena. Pensò di avere freddo e si alzò per prendere una coperta. Ma quando cadde lo sguardo sull’orologio si fermò in mezzo al corridoio. Le dieci e trentasette. Il suo ragazzo non era ancora a casa. Le aveva promesso di arrivare per le dieci. Arrabbiata prese il telefono e compose un numero. Si risedette davanti alla finestra a guardare la pioggia. Ma ora non le faceva più lo stesso effetto di calma. La pioggia cadeva più forte. E le metteva angoscia.
Tre isolati da Susan, sull’asfalto, un cellulare squillava. Qualche metro più avanti, una moto blu, con qualche pezzo da cambiare , giaceva a terra, avvolta dal fumo. E ultimo ma non per importanza. A fianco c’era Harry Styles. La sua chioma riccia era impregnata di sangue. Era morto. A fianco a lui un paramedico gli portava due dita al collo. Poi guardò l’orologio. Ora del decesso, dieci e trentasette. Il ragazzo era li da circa mezzora. Nessuno l’aveva trovato finchè una vecchietta era uscita a con il suo cane. Quando i soccorsi arrivarono, però, il ragazzo era in fin di vita. Non disse niente, non aprì gli occhi. Forse non pensò nemmeno. Il suo cuore smise semplicemente di battere. Tra gli oggetti personali trovarono una rosa rossa, un mazzo di chiavi, una fotografia con una ragazza e un cellulare.
Susan restava lì seduto e amareggiata. Sapeva solo che appena Harry sarebbe tornato gliene avrebbe dette di tutti i colori. Le undici meno un quarto. Il telefono squilla. Uno squillo. Lei non risponde. Due squilli. Lei non risponde. Tre squilli. Lei non risponde. Oh, fanculo. Afferra il telefono, senza nemmeno guardare il mittente.
“Harry dove cazzo sei?”
Si prepara a sentire delle stupide scuse, dei motivi inventati per cui era arrivato tardi. Magari il lavoro, magari il traffico, la nonna che non sta bene.
E invece tutto quello che sente è una voce. Una voce che non è quella del ragazzo che ama.
“Il proprietario di questo cellulare è deceduto. La preghiamo di raggiungerci all’obitorio per firmare i documenti e riconoscere il corpo.”
E bum. Il mondo crolla. Qualcosa in Susan si spezza e non si salderà mai più. Non il cuore. Qualcosa di più grande. Nessuno ha sentito quell’enorme crac, quel senso di vuoto quando il mondo precipita. Nella casa di fronte una ragazzina si smalta le unghie al telefono con la sua migliore amica. E’ preoccupata perché non sa cosa indossare per una festa. Nella casa di fianco la signora Jones guarda un programma in tv a tutto volume. Sono anni che ha quasi perso l’udito.
Il vento soffia, come prima. La pioggia cade, come prima. Per lei invece ora è tutto diverso.
 
Susan guardava quella foto. Quella foto che Harry aveva con se quando era successo.
 La rigirava in mano.Scattata esattamente due anni prima. Per il suo compleanno. Il giorno in cui Harry le aveva chiesto di sposarla. Harry.. Una fitta al cuore. Ricordava ancora quel giorno. Come fosse ieri. Un’altra fitta al cuore. Lui sen’era andato due settimane dopo.
 Harry l’aveva portata in una spiaggia. Ma non una spiaggia qualunque.
 
“Mamma perché quel bambino ha un cespuglio in testa?” chiese la piccola Susan, da dietro le gambe di sua madre. “Lui è Harry, e questa è Anne, la sua mamma. E’ una mia amica” La donna le sorrise. Harry intanto  si era nascosto dietro le gambe della madre. Spuntò una chioma riccioluta, poi due occhioni verdi, poi un corpicino. Il bambino le porse la mano e disse cercando di imitare una voce grave:” Ciao io sono Harry e sono un uomo.” La bambina era scoppiata a ridere e le aveva stretto la mano dicendo :” Io sono Susan e penso di essere una donna” I bambini erano subito andati a giocare con la sabbia, in riva al mare.
“Harry , posso chiederti una cosa? Perché hai un cespuglio in testa?” Il bambino mise il broncio e le disse:” E allora perché tu hai i puntini sulla faccia?
 
Susan sentì una morsa avvolgerle il cuore e stringere. Sempre con la foto tra le mani, prese le chiavi dell’auto e uscì.
 
Una bambina era lì, sempre nella solita spiaggia. Piangeva perché aveva preso una malattia e aveva perso tutti i capelli. Non poteva perdere i capelli a dieci anni, non era giusto. Sul bagnasciuga, con i piedi nel mare, le sue lacrime si confondevano con l’acqua salata. Sentì dei passi nella sabbia, dietro di lei.
Era sicura che fosse il suo migliore amico. E infatti era Harry che si sedette vicino a lei. Sua madre gli aveva spiegato tutto. Lui sapeva dove trovarla. Si sedette al suo fianco. La abbracciò.” Harry, non mi guardare, sono brutta e pelata come una patata” gli disse la ragazza con la voce spezzata dal pianto, fissandosi le unghie dei piedi.
“Saresti bella anche con alveare in testa Susan Parker.”
Aveva detto il bambino, sollevandole il mento con due dita. La ragazza rimase stupefatta. La testa di Harry era pelata e liscia come il sedere di un neonato.
Harry le sorrise.”Ora sono come te” le aveva detto. Lei lo aveva stretto forte a se. Il giorno dopo le madri li avevano portati a comprarsi delle parrucche. “Amici ci parrucca?” aveva chiesto Harry fuori dal negozio. “Amici di parrucca” aveva ripetuto lei.
 
La macchina di Susan correva per le strade di Londra. Quasi andava da sola. Sapeva dove andare.
 
Due ragazzi di circa quindici anni correvano nella sabbia. La sabbia della solita spiaggia. La loro spiaggia.
Ne avevano passate tante insieme. La scuola, i litigi, la morte del padre di lui, il cancro di lei, che ora era guarita. Si tenevano per mano, ridendo.
A un tratto il riccio cadde. Inciampò sui suoi stessi piedi, finendo sopra di lei. Risero ancora di più. Poi si guardarono e si baciarono. Una bacio casto, solo uno sfioramento di labbra. Eppure entrambi provarono qualcosa di forte. Si sorrisero e si stesero a guardare le stelle.
 
Susan non cela faceva più. I ricordi si susseguivano come tante pugnalate nel petto. Una macchina le suonò perché era passata con il rosso. Accelerò. Il tragitto le sembrava infinito.
 
Due settimane prima dell’incidente.
Compleanno di Susan.
“Harry non farmi andare a sbattere!” Era almeno la decima volta che la ragazza diceva quella frase. Il ragazzo rise. L’aveva bendata e la stava portando nel
Loro posto speciale. Quando la ragazza sentì la sabbia sotto i piedi, il profumo del mare nel naso, sorrise.
Lui le tolse la benda. La portò sulla riva della spiaggia. Si inginocchiò prendendole le mani. “Qui tutto è cominciato. Qui ho conosciuto la bambina con le lentiggini e i capelli rossi. Quella che sarebbe diventata la mia migliore amica, la mia amica di parrucca, la mia ragazza e se lo vorrà, mia moglie. Susan Charlotte Parker, vuoi sposarmi?” La ragazza cominciò a piangere dalla gioia. “Certo!” disse , prima di saltargli in braccio. Quella notte, li, fecero l’amore.
 
Susan aveva la vista offuscata dalle lacrime. Scese dall’auto, correndo in mezzo alla strada, poi in quel sentiero che conosceva a memoria. Quando sentì la sabbia sotto i piedi si fermò. Alzò lo sguardo e si sentì morire. Tutti i ricordi la assalirono contemporaneamente. Era un’anno e trecentoquarantadue giorni che Harry sen’era andato. E il dolore era fresco come ieri. Si inginocchio sulla sabbia, piangendo disperatamente, urlano, calciando. Era dal giorno in cui Harry le aveva chiesto la mano, che non metteva piede li. Esattamente due anni prima.
Si avvicinò al bagnasciuga. Mise i piedi nell’acqua.
“Harry. Non è passato giorno che non ho pensato a te” disse guardando la foto tra le mani. “Ho pensato a quello che è successo. Mi sono chiesta perché. Dicono che il tempo guarisca tutte le ferite. Ma io ti amo ancora più di prima. Fino a oggi, non ho avuto la forza di venire qui. Questa spiaggia non è più niente senza di te. E’ vuota, come la mia vita. Il mio cuore è ancora legato a un corpo che sta tre metri sotto terra. A degli occhi chiusi. A un cuore che non batte più. Non riuscirò ad andare avanti. Ti amo troppo. E non passerà giorno in tutta la mia vita che non penserò a te. Ho pensato a tutto quello che hai fatto per me in sedici anni. A quanto tempo abbiamo passato insieme. A quante cose meravigliose abbiamo fatto. Ma poi ho pensato anche a quello che avremmo potuto fare. Al matrimonio che non ci sarà mai, al bambino che non ci sarà mai, all’invecchiare felici che non ci sarà mai” Ora la ragazza stringe la foto tra le mani. Ora  piange. “Io non so perché te ne sei andato. Io non so perché tra tutte quelle macchine il camion doveva prendere te. Non lo so. Ma ti giuro che melo sono chiesta tutti i giorni di questi due anni.
Non riesco ad andare avanti perché ti amo Harry. Sai ogni tanto aspetto ancora che torni a casa. Ogni tanto ti cerco a fianco a me nel letto. Ma tu non tornerai mai a casa, non dormirai più a fianco a me. E Louis. Louis è
distrutto. E’ il tuo migliore amico Harry.
Gli manchi. Manchi a tutti. Oggi ho visto un bambino che ti somigliava tanto. Si chiama Lucas. E’ davvero adorabile. Oggi ho capito che sarà inutile dimenticarti. Ma io devo lasciarti andare. Solo una cosa ti chiedo. Aspettami. Aspettami e arriverò anchio. Intanto ti lascio libero. Libero di andare. Io ora sto bene. Oggi mi sono accorta che devo continuare a vivere anche con solo il tuo ricordo.
 Addio mio migliore amico, mio amico di parrucca, mio ragazzo. Addio Harold Edward Styles. Che tu possa trovare la pace.”
La ragazza accarezza la lapide, in memoria. Bacia la pietra fredda. Poi, prende la foto in mano. La spezzetta. A ogni strappo il vento aumenta. Si sente più libera. Prende i brandelli e li lascia andare. Fluttuano nel vento e li perde di vista. L’ultimo ricordo di Harry sen’è andato. Ma lui resta dentro di lei. E nell’attesa di raggiungerlo, torna a casa. Si siede sul divano, pensando di averlo accanto. Prepara la cena per due. Apparecchia per due. E poi parla con lui. Come se fosse li. Lei è Susan, Susan Parker.
 Lei non è pazza. E’ solo innamorata.
 
Cento anni dopo.
Una spiaggia. Il tramonto. La gente che passa. Il vento che soffia, piano. La sabbia fresca. Il profumo del mare. E due lastre di marmo. Una vecchia, una appena messa. E nessuno sa che sotto quel sole di maggio, dopo tanta attesa, Harold Edward Styles e Susan Charlotte Parker si sono uniti un’ultima volta.

 
 
  
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