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Autore: Martarfv    30/09/2012    2 recensioni
I professori ci chiamano somari, maleducati e strafottenti.
Vediamo quando i ruoli vengono ribaldati!
Genere: Comico, Parodia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Una pazza giornata scolastica




Oltrepassai la porta sfondata dell’aula entrando dentro una gabbia di matti.
Potevamo, noi ventiquattro ragazzini, essere trasferiti in uno zoo.
Fra le scimmie e probabilmente alcuni anche fra le iene e i gorilla.
Nessuno si salvava; chi per una cosa chi per altre, ognuno di noi possedeva caratteristiche fisiche o mentali che lo rendevano pazzo.
La campanella era suonata da un pezzo, ma nessun professore si faceva avanti. Ogni volta che ciò accadeva pensavo tra me e me che i nostri insegnanti stavano facendo una riunione segreta per bocciarci ed espellerci dalla scuola. Solo sogni, anch’essi segreti, che si rivelavano essere del tutto infondati.
Dopo pochi minuti, infatti, entrava il solito professore, con la faccia stanca e assonnata e con lo stesso pensiero stampato in fronte “Ma chi m’ha fatto fare questo lavoro?!”
Esatto. Chi gliel’ha fatto fare? Noi ragazzi abbiamo bisogno di libertà, dobbiamo uscire e divertirci. Dobbiamo superare le nostre paure e acquisire nuove esperienze. Rimanendo chiusi in trappola per sei ore circa, trentadue ogni dannata settimana, come possiamo ridere e svagarci a nostro piacimento?! Costretti a restare zitti fino al cambio dell’ora, costretti a studiare qualcosa che ci si ritorcerà contro quando lavoreremo come umili segretari; cosa ce ne faremo di inutili equazioni o figure tridimensionali di cui mai si conosce l’area e il perimetro?!
Prima ora: appunto l’odiata matematica. Trigonometria, proporzioni, rettangoli, espressioni… ma perché hanno inventato i numeri? Ma soprattutto non potevano lasciare la matematica ai livelli delle elementari, in cui il lavoro era tanto semplice “quanto fa due più due?”. Nella mia vita cosa me ne farò di stupidi calcoli della relatività, pesano forse, per trovare il resto della spesa…
Sono rimasta alle divisioni e alle loro proprietà fondamentali. Il resto non l’ho mai capito.
“Buongiorno ragazzi” e noi come tante marionette stupide ci alziamo contemporaneamente salutando all’unisono il professore o chicchessia. Ma che razza di mondo è questo?
Comincia così la prima ora, con le occhiaie che arrivano fin sotto la bocca, con i muscoli indolenziti e le mani che ancora dolgono per il tanto scrivere di ieri sera.
“Iniziamo innanzitutto interrogando…” e partono così le simultanee messe in scena di noi alunni. “Professore ieri non sono riuscito a fare i compiti, il mio cane ha mangiato l’intero quaderno” “Prof, ieri sono stato male, la mia testa indolenzita non mi ha permesso di svolgere gli esercizi” oppure si vedono cinque o sei testoline che si inchinano sotto il banco, fino a scomparire del tutto.
Ma il professore non ascolta le nostre suppliche e prosegue per la sua strada “allora interroghiamo… Salvucci! Vieni qua con quaderno e libro.” Ecco, come sempre. La solita sfortuna. Su ventiquattro nomi il mio esce sempre. Salvucci qua, Salvucci di là. Ehi, lasciatemi un po’ di aria!
Il ghigno beffardo del professore si avvicina sempre di più ad ogni mio passo. Le teste dei miei compagni si voltano tutte verso di me, lodando il Signore per il miracolo compiuto. Io paonazzo attraverso l’aula consegnando libro e quaderno al maligno professore, pur sapendo già quale sarà la mia fine.
La sua espressione è cambiata, s’intende subito che quest’interrogazione sarà molto complicata. La sua mano freme dal desiderio di scrivere un bel quattro nella mia paginetta ormai piena di voti.
“Cominciamo. Fammi un esempio di equazioni e dei prodotti notevoli” Si scatena il putiferio.
Io non ho studiato, mentre i miei fedeli aiutanti si accingono velocemente a prendere il libro e trovare la risposta alla domanda. Si sentono fischi, urla. In fondo alla classe anche grugniti. Abbiamo forse un maiale in classe? E poi quegli odiosi ragazzi e ragazze che alzano la mano senza neanche aspettare la fine della domanda. Sanno già qual è la risposta, ma ovviamente rimane segreta nella loro testolina così evoluta.
 Alzano la mano, soddisfatti di conoscere l’ennesima risposta di quella mattinata. E continua così, fino a quando il professore, contento di aver esaudito il sogno nel cassetto del lunedì scrive a penna un grosso quattro sul registro, ripetendo la solita frase “Salvucci, cerca di fare di più. Studia ogni tanto, nella vita non esiste solo il divertimento. Quest’anno passerai una brutta estate se continuerai con questo andazzo!”
Ed io, succube del suo potere, torno al mio banco, con la testa china, amareggiato per l’ennesima insufficienza del  trimestre.
Ma la delusione finisce quando il professore comincia a spiegare un nuovo argomento. L’aula si trasforma magicamente in un teatro. I buffoni di corte cominciano ad infastidire il resto della classe. E come ogni giorno, comincia una danza, un gioco che fanno tutti da bambini “un, due tre, Stella!” esatto, mentre il professore è girato, ignaro della perversione delle nostre menti, cominciamo a muoverci, alzarci, urlare, tirare palline di carta. Ma il gioco si mette in pausa quando l’insegnante si volta, sperando di cogliere in pieno il creatore di questa beffa.
Si conclude così un’ora, fra le risate generali della classe, accompagnate dalle urla indignate del professore, ancora più stanco e deluso dall’arrivo “ragazzi io non so più che fare con voi!” ma professò, che deve fa’? Vada a casa e non tornare mai più!
Seconda ora: Storia, una lezione noiosa, ma che può essere tramutata in un affascinante e coinvolgente gioco.
Entra la professoressa, a volte inquietata con la classe precedente. Speriamo sempre di trovarla così, si rivela essere una vittima molto più squisita.
E’ un’insegnante magrolina, anziana. Indossa sempre gli occhiali da vista, ma da quanto abbiamo constatato riesce a vedere benissimo con quegli occhietti così vispi che si ritrova.
Comincia a scrutarci uno ad uno. Socchiudendo leggermente gli occhi e dando vita ad un nuovo film dell’orrore. Questa è l’unica volta in tutte le ore di scuola in cui siamo immobili, nel vero senso della parola.
Nessun respiro, solo il battito di una penna del solito scemo all’ultimo banco, che pensando di non essere visto continua con il suo straziante ritmo. Tic. Tic Tic. “Tu, parlami di ciò che ho spiegato la volta scorsa” e si girano tutti a guardarlo, senza aprire bocca o respirare. Nessuna risposta. Fiocca un altro quattro.
Possiamo così prendere il respiro e dar via al nostro nuovo gioco.
Questa volta consiste nell’interrompere più volte l’insegnante durante la spiegazione.
“Posso andare in bagno?” “Ma lo sa che la sua acconciatura oggi è favolosa?” e così per il resto della lezione.
La prof se ne esce spazientita dopo aver sprecato un’abbondante ora senza averci assegnato alcuna pagina.
Noi con un grande sorriso soddisfatto sul volto ci scateniamo nel nostro spettacolo del cambio dell’ora.
Terza ora: inglese. La confusione qui è accettata poiché dopo neanche un’ora abbiamo la tanto amata ricreazione.
Comincia così l’ingresso della professoressa. Un’insegnante un po’ stravagante che degna di essere descritta nei minimi particolari. La scuola per lei non è una costruzione in cui viene pagata per insegnare ad alunni poco studiosi, ma una strada e che strada…!
I suoi abiti abituali sono minigonne e canottiere trasparenti e molto larghe che lasciano intravedere “oggetti” molto intimi. La biancheria intima non si porta. Le gonne vengono accompagnate da eleganti calze autoreggenti di cui si intravede il pizzo sotto il bordino ricucito dell’abito. Siamo riusciti a contare più di cento scarpe, probabilmente una per ogni giorno della settimana diverse mese per mese.
Insomma una professoressa poco di buono che per di più non riesce a parlare bene l’inglese. Sarà colpa degli eccessivi botox o delle pesanti collane che porta ogni giorno che le impediscono di parlare correttamente; ma la grammatica inglese per lei è un’opinione e probabilmente anche qual cosina di più.
L’ora più divertente. Lei cerca di accattivarsi l’entusiasmo generale della classe proponendoci battute squallide che generano una o due risate nelle prime file.
Mentre noi, abitanti millenari degli ultimi banchi, ridiamo non certo alle battute sue, ma a quelle che ci propone Facebook o il diario scolastico; esatto, anche quest’ultimo diventa una fonte di svago durante queste lezioni così disastrose, se è possibile chiamarle tali.
La classe si divide quindi in tre categorie: noi, amanti dei cellulari e dei diari, gli “inglesoni” che ad ogni parola detta dalla prof. rimangono allibiti per l’incapacità di un’insegnante che riesce persino a vincere svariati concorsi e infine i “cocchetti” che ogni giorno portano libro e quaderno e sorridono ad ogni battuta detta da quella donna pazza, persino più di noi.
Ma i suoi preferiti sono i maschi, ai quali propina divertenti domande del tipo: “sei fidanzato?” “nel letto cosa fai oltre che dormire?” “quando sei fidanzato cosa farai con la tua ragazza?” creando lo sconforto generale della classe. Insomma, rimango allibita ogni qualvolta entra in classe e ci mostra le sue autoreggenti con tacchi alti più di lei.
Drinn. Ricreazione. Caos più totale. I banchi vengono gettati chilometri più avanti e le sedie indietro metri e metri. La ricreazione ci aspetta. La libertà è fuori dall’aula.
Quei quindici minuti di svago, purtroppo, terminano subito, seguiti da una noiosa lezione di latino.
Quarta ora: latino, con un professore bravo, devo ammetterlo, ma che sforna battute così tristi che persino lui rimane sconcertato da ciò che la sua mente può creare. Diamo la colpa ai Romani e al loro latino antico.
Sum es est sumus estis sunt e così per l’intera lezione. Interessante e scorrevole, l’unica che riesco a seguire e nella quale siamo tutti in silenzio. Eccellente.
Ultima ora: Chimica. Caos totale.
Come possono propinarci all’ultima ora proprio chimica. Si sa che nessuno può reggerla. Anche se in verità, in verità vi dico, può avere i suoi aspetti positivi.
Con nostra grande fortuna abbiamo avuto una professoressa alla quale non interessa se i propri alunni seguano o meno ciò che spiega, l’importante è che nessuno apra la bocca.
E noi rispettiamo la sua volontà; come al solito l’ultima fila tira fuori l’ultima generazione di cellulari touch e comincia, a suon di I-phone e Galaxy, una battaglia per chi possiede il gioco più divertente.
Penultima fila, possiede colori che neanche Giotto poteva immaginarsi. Si trasforma quindi in una sala artistica.
Terza fila, ci avviciniamo lentamente all’insegnante.
Sono ben esposti al suo sguardo, ma ciò non sembra distoglierli dal loro gioco così interessante; morra cinese ed inizia una lotta all’ultimo sangue per chi si aggiudica, silenziosamente, il podio. Carta. Sasso. Forbice.
Seconda fila. Libri rigorosamente aperti, ma probabilmente di un’altra materia.
Perché non avvantaggiarsi i compiti appena assegnati invece di seguire le spiegazioni così colte dell’insegnante?
Primo banco. Il posto peggiore, oserei chiamarlo “l’inferno”.
Ci sono stata per due mesi. Ho concepito delle descrizioni spettacolari.
E’ interessante osservare l’apertura della bocca o i tic che ciascun essere umano può avere. Quindi assumendo un volto interessato alle spiegazioni cominci a sognare e se ci riesci puoi anche a dormire ad occhi aperti.
Suona quindi la campanella, cogliendo di sorpresa, o forse no, gli alunni indaffarati nei loro importanti lavori.
Mentre la prof. assegna le pagine da lei spiegate i suoi dolci alunni abbandonano la classe. Quando ella rialzerà gli occhi e non vedrà più nessuno, meno che i soliti due, maledirà tutti, senza tralasciare nessuno, per aver scelto proprio la nostra sezione.
Usciamo quindi, finalmente varchiamo la soglia verso l’attesissima libertà.
Ricomincerà la solita routine il giorno successivo.
 

 
  Il tutto è nato per gioco, dopo una sgridata da una prof sono tornata molto inquietata a casa e ho cominciato a buttar giù qualcosa. Nasce tutto per pure divertimento!
Successivamente ho continuato la stesura di questa storia, immaginando i miei professori e rendendoli più eccessivi e comici. Si è rivelato un vero successo! Ancora adesso rido immaginandomi le scene. Se vedrò interesse da parte vostra, o lettori, potrò proseguire la storia intrattenendo stupidamente i vostri pomeriggi. 
   
 
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