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Autore: MarchesaVanzetta    01/10/2012    1 recensioni
Due coinquiline, una materna e l'altra schizzata. Un divano e una coperta che possono risolvere ogni problema.
*
Dedicata a Giulia, la mia panda eucaliptosa. GNA
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Cri, seriamente, è ora che tu vada a letto” le disse Benedetta, passando davanti alla coinquilina tesa sul computer, completamente sveglia, nonostante fossero le due di notte. Quando si era alzata per andare a recuperare una coperta in sala si era aspettata di trovare la ragazza ancora in piedi ma sperava di sbagliarsi. Era ormai un mese che la sua amica dormiva pochissimo, facendole comparire scure occhiaie che le ricordavano il panda che vedeva da piccola allo zoo, ed era dimagrita di almeno cinque chili, considerando quanto le cadevano male le magliette che fino a poco prima riempiva bene.
“Non riesco a scrivere Detta, voglio finire la frase prima di perder tempo dormendo” le rispose con un tono di voce assente e continuando a fissare lo schermo del suo portatile, sperando che le parole le comparissero davanti e si trasferissero poi nelle dita, fluide e colorate come una volta.
La mora, con la coperta stretta sulle braccia, si sedette di fianco a lei sul divano, posando per terra la scatola di biscotti che occupava il cuscino. Senza una parola prese il computer dalle gambe incrociate di Cristina e lesse le prime, poche righe che campeggiavano sul foglio bianco.
Vuoi essere libero?” chiese il sovrano, cercando di sondare l’animo del giovane: forse era lui quello che lui e i suoi cavalieri cercavano da anni, per” rilesse ad alta voce, cercando di rendere reali quelle parole. Si rendeva conto di quanto fossero vuote, rispetto a quelle che aveva imparato ad associare a Cristina, e capì cosa la stava distruggendo così tanto. La scrittura la stava tradendo.
“Le ho rilette e riscritte per un’ora, sai? E fanno schifo e non so come andare avanti” commentò la ragazza, appoggiando la testa sulla spalla dell’amica. Aveva bisogno di una soluzione, ma per il momento poteva bastarle un po’ di conforto.
“Cosa vuoi raccontare?” le domandò Benedetta, accarezzandole piano il braccio. Un piccolo gemito le venne in risposta.
“Allora?” la sollecitò, muovendo un poco la spalla sotto la guancia dell’amica.
“Non lo so. Il problema è quello. Voglio scrivere, ma non so cosa. E le parole sono così banali, quando escono dalle mie dita…” rispose, sospirando. La scrittura era l’unica costante della sua vita e il non riuscirci la faceva stare davvero male. Se a una crisi creativa del genere si aggiungevano le preoccupazioni riguardò gli ultimi esami dell’università prima della tesi e  gli strani, criptici messaggi che le mandava negli ultimi tempi il suo ragazzo, si poteva facilmente capire come mai si fosse ridotta alla copia sbiadita di se stessa, facendo preoccupare tutte le persone intorno a lei.
Benedetta le circondò con il braccio le spalle e distese la coperta sui loro corpi vicini e accovacciati, creando una piccola zona di calore. Appoggiò la guancia sopra i suoi capelli e la strinse, cercando di trasmetterle tutto il suo affetto.
“Finché saremo sotto questa coperta, nessun problema potrà sfiorarci. Siamo d’accordo?” le chiese dopo qualche minuto, sorridendo incoraggiante. Cristina, sorridendo a sua volta, annuì.
“Bene. Quindi, dimentichiamoci di ogni cosa tranne le due cose più importanti: te e me. E il fatto che io sto morendo di sonno. Che dici, facciamo un pisolino?” chiese, accoccolandosi sempre di più e chiudendo gli occhi.
“Credo che tu abbia già deciso per entrambe” commentò Cristina, cercando anche lei la posizione più comoda per addormentarsi.
“Il capo sono io! Decido io cosa facciamo!” ribatté ridacchiando la mora, sapendo quanto quella citazione avrebbe toccato l’amica.
“Maledizione a te e ai tuoi Aristogatti! Dormi, Napoleone” reagì, chiudendo gli occhi. Da dietro  le palpebre li sentiva andare a fuoco e si maledì per quelle ore buttate di fronte a uno schermo bianco.
Dopo poco tempo sentì il respiro di Benedetta regolarizzarsi e rallentare, e aprì gli occhi per osservarla alla luce bassa della lampada da tavolo. Non era particolarmente bella, il naso era troppo pronunciato e le labbra sottili, per non parlare dei brufolini che l’assillavano ancora a causa del suo abuso di cioccolato, ma a Cristina sembrava un angelo. E come un angelo la proteggeva e vegliava su di lei, portandole da mangiare quando si dimenticava del tempo, durante lo studio, o mandandola a letto quando era troppo tardi.
“Grazie, Detta” sussurrò, facendo scivolare quelle due parole nel silenzio dell’appartamento. Ringraziare un’addormentata era stupido e insensato, ma la liberava per un po’ dai suoi pensieri; chiusi gli occhi riuscì ad addormentarsi in breve tempo, impedendole di vedere il sorriso soddisfatto che si era dipinto sulle labbra di Benedetta.
  
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