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Autore: Allison Argent    01/10/2012    1 recensioni
«La sera prima le aveva mandato un messaggio dicendo che aveva bisogno di parlarle, non era sceso in eventuali dettagli. Lei, da parte sua, non aveva fatto domande inutili, aveva soltanto consentito a una chiamata Skype il più presto possibile.»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray | Coppie: Puck/Quinn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Ero Rimasta a Sarah
Rating: La mia pagina è come un prato in primavera
Ship: Quick/Skype OTP

"Approcciarsi alle varie situazioni in modo razionale le veniva sempre facile."


 

Avevano un appuntamento alle sette di sera del tempo Pacifico, perciò lei si sarebbe dovuta collegare alle nove. A scanso di equivoci, accese il suo potatile già venti minuti prima del tempo debito, casomai avesse avuto problemi ad accedere alla linea internet del campus.

 
La sera prima le aveva mandato un messaggio dicendo che aveva bisogno di parlarle, non era sceso in eventuali dettagli. Lei, da parte sua, non aveva fatto domande inutili, aveva soltanto consentito a una chiamata Skype il più presto possibile.
 
Non si vedevano tramite videocamera di sovente, da quando lei era partita (all’incirca un mese e mezzo prima) avevano usato Skype solo una volta, la sera del primo giorno di lezioni di lei. Solitamente, si scambiavano SMS o lui la chiamava al cellulare in una delle sue pause dal lavoro.
 
Stava versando il caffè in una delle numerose tazze a misura extralarge che aveva nella minuta credenza della sua stanza quando sentì la suoneria a tema del programma. Le ci volle un minuto in più per arrivare fino al portatile perché, sobbalzando a causa del suono improvviso che aveva interrotto il silenzio assoluto che regnava nella camera, aveva rovesciato qualche goccia di caffè sul pavimento.
 
“Scusami! Stavo preparando il caffè.”, gli disse ancora prima che lui potesse salutarla. Lei guardò lo schermo del computer sorridendo e notando come anche lo sguardo di lui si era illuminato appena l’immagine era partita.
 
“Nessun problema. Come stanno andando i corsi?”, Quinn iniziò a raccontargli del più e del meno, di come alcuni corsi – come quello di design – fossero molto interessanti a differenza di altri. Genericamente, quel primo mese di lezioni era andato alla grande.
 
“Ma tu avevi bisogno di parlarmi.”, gli ricordò fermando il suo discorso su come Yale fosse la scuola più azzeccata per le sue attitudini. Puck si incupì un attimo abbassando lo sguardo, ma poi tornò a fissare lo schermo, proprio dove era riprodotta l’immagine degli occhi di lei.
 
“Mercoledì sono andato a Lima, Schuester mi aveva chiamato per un’urgenza.”, le disse. Lei sollevo le sopracciglia sorpresa, sperava che se avesse fatto una cosa del genere Puck avrebbe cercato di renderla partecipe, anche solo avvisandola dei suoi spostamenti.
 
“Non me l’avevi detto.”, fece lei, appoggiando il mento sul suo pugno.
 
“Non volevo che perdessi ore di lezioni, so quanto sono importanti per te.”, le rispose lui schietto. Lei lo osservò giocare con il plettro della chitarra, evidentemente c’era qualcosa che non andava, solitamente il suo sguardo era fisso sullo schermo.
 
“Puck, sputa il rospo, mi sto innervosendo.”, lui sbuffò, inarcando all’insù un millimetro dell’angolo della bocca.
 
“Ho un fratello.”, Quinn mostrò il suo emblema inarcando un sopracciglio.
 
“Un fratello?”
 
“Un fratello.”
 
“Ero rimasta a Sarah.”, entrambi scoppiarono a ridere, ma subito Quinn lo incitò a spiegarsi meglio.
 
“A quanto pare quel coglione fallito di mio padre ha inseminato altre donne. Si chiama Jake, quando il professor Schue mi ha chiamato l’ha descritto come ‘un giovane me in una situazione critica’.”, Quinn increspò le labbra pensando all’incredibilità della situazione.
 
“E cosa gli hai detto?”
 
“Di entrare nel Glee, che altro potevo fare?”, lui lanciò il plettro da qualche parte fuori dal campo visivo della videocamera del suo computer e incrociò le braccia al petto.
 
“E lui?”
 
“E lui non ha una Quinn Fabray che fa parte del coro e a cui vuole stare più vicino.”, Puck sorrise allo schermo del suo portatile e dall’altra sponda degli Stati Uniti, Quinn ricambiò quel sorriso, sentendosi adulata.
 
“Dovresti invitarlo a passare il Ringraziamento con noi.”, gli propose lei. Anche se lui non aveva detto niente a riguardo di come si fosse sentito, lei lo conosceva abbastanza bene da capire che moriva dalla voglia di conoscere suo fratello, di sentirsi meno solo. Puck annuì e basta, continuando a guardare l’immagine della bionda che cercava di sdrammatizzare la situazione facendosi pratica.
 
“Quindi non c’è verso che io ti possa vedere prima di Novembre?”, le chiese poi, con un piccolo fremito di speranza. Se non fosse stato al verde avrebbe preso lui l’aereo fino dal Connecticut.
 
“Ma l’attesa alimenta il desiderio.”, lei si sorprese delle proprie parole, incredula di essere stata così sfacciata. Lui scoppiò in una risata, ma le diede ragione. Continuarono a parlare fino alle undici e mezza per Quinn e se lei non avesse avuto lezioni il giorno successivo, la chiacchierata sarebbe andata avanti per altre ore dopo quelle già passate.
 
“Non ti abbattere, vedrai che andrà tutto bene.”, gli ricordò lei prima di chiudere la chiamata.
 
“Se lo dici tu. Buonanotte Q, domani ti scrivo.”
 
“Va bene. Buon lavoro.”, lei gli sorrise tramite videocamera, fu sul punto di spegnere, ma lui la fermò prima che potesse cliccare il tasto di fine chiamata.
 
“Quinn?”
 
“Si?”, fece lei, con un sopracciglio inarcato e un’espressione curiosa.
 
“Mi manchi.”, il sorriso di lei si addolcì di nuovo guardando il ragazzo. Abbassò lo sguardo e poi lo rialzò.
 
“Anche tu.”
 
Magari un salto a Los Angeles prima del Ringraziamento l’avrebbe fatto, dopotutto. 

   
 
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