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Autore: Beatit    01/10/2012    0 recensioni
Perché amare davvero fa sempre paura.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello sguardo perso nelle crepe del muro ormai ultra centenario, quello sguardo non gli era indifferente.
Conosceva bene quella sensazione, quella stessa sensazione, che secoli or sono, l’aveva portato a pensare a come avrebbe trascorso la sua prossima vita, con chi, quanti avrebbe visto soccombere e con una certezza immancabile, lui sarebbe sopravvissuto ad ogni essere umano a cui si fosse affezionato.
Lui non aveva avuto scelta, si era visto umano e in pochi attimi era diventato un mostro.
Pensava di esserlo e a furia di pensarlo lo divenne, Stefan invece aveva cercato in tutti modi di sopprimere quel suo lato tetro e oscuro che l’immortalità aveva creato in lui, diventando il santo della famiglia Salvatore. Era stato Stefan a spingerlo a uccidere per sopravvivere e come sua preda Damon scelse suo padre, non era mai andato veramente d’accordo con Mr. Salvatore sempre intento a rimproverarlo di qualcosa che non aveva fatto, ma di certo il cattivo rapporto non era stato per Damon un buon motivo per ridurlo in poltiglia.
Una volta compiuta la transizione a Damon rimase la rabbia, rabbia per il tradimento dell’unica donna che aveva amato, rabbia per quel fratello che odiava amare e infine rabbia per se stesso, per quello che non poteva essere più. Stefan divenne l’uomo a cui dare la caccia, a cui esigere vendetta, tormentarlo, togliendogli tutto ciò a cui si fosse avvicinato.
Un giorno per chissà quale motivo, tutto questo svanì.
Quella vendetta che a lungo aveva cercato, un giorno gli apparve insignificante. Insignificante fino a pochi momenti prima.
Gli aveva perdonato tutto: l’averlo costretto alla trasformazione, l’avergli negato l’amore denunciandolo a suo padre, gli aveva anche perdonato il fatto che entrambe le donne della sua vita preferissero il fratello a lui, ma ora che tutto si era sgretolato, ora che la donna per il quale poteva anche morire era diventata un mostro …
La porta appena socchiusa, il fiato che ormai, non aveva più ragion di venir fuori, lo sguardo perso, gli occhi di una bambina intrappolata in un corpo troppo potente per essere il proprio.
Cosa poteva dirle, cosa poteva fare per alleviarle quel dolore che la stava sempre più opprimendo.
Era stato presente al momento della transizione, subito dopo il risveglio, erano state le 24 ore più brutte della sua vita, vedere la donna che ami soffrire e non poter fare assolutamente niente. Ma adesso quel dolore che lei aveva provato era terminato, restava solo un enorme bruciore alla gola, che sarebbe andato via solo accettando la sua natura o almeno iniziando ad accettarla.
Elena era riuscita a vedere del buono quando tutti vedevano il mostro, era riuscita ad attecchire nel cuore malato e sofferente di Damon e quella bontà che lei aveva avuto, quell'amore che lei aveva investito nel rendere umano qualcosa di mostruoso erano riusciti a accendere Damon e a riportarlo nella luce.
Vederla stare male, immaginare il dolore che Elena avrebbe provato sentendosi ardere la gola, il ribrezzo nel capire che solo il sangue umano avrebbe colmato quella sete quasi inestinguibile, lo stata distruggendo, ma non poteva farsi vedere in quello stato da lei, le avrebbe solo causato maggior pena e ora come ora era l’ultima cosa che sperava le provocasse.
Doveva prendere coraggio ed entrare in quella stanza, affrontarla e capire se fosse ancora Elena, la sua Elena. Passate le prime ore, gli altri non avevano fatto altro che assillarla sulla decisione che doveva prendere, e non riuscendo a concludere niente avevano chiesto a lui, come ultima ancora di salvezza: la stessa persona che le era stata accanto per un anno intero, senza chiederle nulla, donandogli solo tutto quello che possedeva se non altro che il suo silenzioso e a volte irruento amore.
Sapeva che quello che provava per lei sarebbe sempre stato lì, in agguato, aspettando di venir fuori e sconvolgere ulteriormente il mondo di Elena, di Stefan e soprattutto il suo.
Non è la sensazione più bella del mondo, quando accade: pensare di aver dimenticato qualcuno e poi uno sguardo, un sorriso, ti riporta lì, nel punto in cui tu hai cominciato a correre, credendo, sperando che non voltandoti quei sentimenti non sarebbero riusciti a raggiungerti. Ma come poteva fare? Lui che amava la donna di suo fratello, lei che amava solo suo fratello, era un triangolo a senso unico.
Se avesse deciso di nutrirsi, Damon sarebbe andato via, non poteva sciropparsi la luna di miele vampiresca dei due, pronti a giurarsi amore eterno magari con un anello al dito per lei, mentre seduti su un tetto vedevano sorgere l’alba, un alba che l’avrebbe allontana da lui ancor di più .
-E’ da una vita che stai dietro quella porta! Che fai entri o no? – sorrise, anche se i suoi occhi dicevano altro.
-Il mio udito non è più quello di una volta. – E volendosi toccare l’orecchio con il dito, spostò una ciocca di capelli.
Bene, pensò il vecchio vampiro, profuma ancora di vaniglia e rose bianche. E’ un buon inizio.
-Perché sei qui? – continuò – ultimamente vedo più Matt di te! E la cosa preoccupante è che tu vivi qui! – avevano deciso di accoglierla a casa Salvatore per evitare problemi con i vicini.
-Lui doveva morire e tu no, ecco perché lo vedi così spesso! – ed ecco il vecchio, caro Damon, con la lingua sempre pronta a trafiggere e far male, ma questa volta aveva sbagliato nemico, perché gli occhi di Elena si incupirono, forse ricordava quegli attimi in cui tutto finiva. No, non voleva che ci pensasse, si sarebbe solo alterato inutilmente ed Elena si sarebbe solo preoccupata.
-Ma di questo non devo discuterne con te! – affermò velocemente.
-Mi hai evitato per due giorni e ti presenti ora, che è giunto il momento di decidere. Che c’è? Mi spingerai a bere sangue, facendolo passare per succo di mirtillo?
-Non è come pensi tu, non questa volta. Mi hanno chiesto di convincerti, ma non lo farò. Sarò sincero, come lo sono stato sempre con te.
O ti nutri o muori. Non c’è una terza porta.
Se scegli di nutrirti affronterai delle cose, se non lo farai dovrai affrontarne altre. Posso solo farti l’elenco dei pro e dei contro.
Voglio dire, pensa a cosa dovranno sopportare i tuoi amichetti, Tyler, Caroline, Bonnie e il nostro Matt, pensa a come si sentirà in colpa mio fratello oppure pensa a tuo fratello, voglio dire ha perso i suoi genitori, sua zia, Rick e che fai? Ora sparisci anche tu?
Se scegli di restare e salvare loro dalla disperazione, ci cadrai tu però, e anche qui, ci sono due strade, diventare come me o come mio fratello.
Io, il mio dovere l’ho fatto, se sceglierai di nutrirti ti auguro una romantica cena a lume di conigli, se scegli di andare, allora addio.
L’ultimo periodo gli rimase in gola e bruciava così tanto che niente sarebbe riuscito a calmare quella rabbia, quel dolore che provava. Quelle parole le disse stringendo i pugni, volgendole le spalle e incamminandosi verso la porta.
-E tu cosa faresti? Mi perderesti anche tu.
-Non si può perdere qualcosa che non si è mai avuto.
Chiuse la porta, ma non era l’unica cosa che chiudeva. Chiudeva tutti quei mesi passati a ridere, a litigare, a fare finta che non stesse accadendo niente, chiuse tutti quei ricordi che potevano farli male e dopo buttò la chiave, nel posto più profondo e oscuro di se stesso. Perché questa volta era diverso, doveva esserlo, non poteva farsi sovrastare dalle emozioni.
Così fece quello che molti vampiri fanno, essere un mostro. Basta giocare a fare il buono, in fondo non ci era mai riuscito. La sua indole non era quella. E da adesso non lo sarebbe più stata.
Amava il sangue.
Ma amava di più aspettare, quell'attesa che sarebbe servita a portare la sua preda da lui.
Era come giocare.
E quella notte avrebbe ricominciato il gioco.

L’allenamento era finito, così i due vampiri decisero di lasciarsi cadere a terra stremati.
Il sole batteva forte su ogni angolo della foresta, i fiori erano ormai germogliati e gli alberi sembravano quasi protendersi sempre più in alto per raggiungere il cielo. Nonostante la mattinata fosse stata dura, per Damon sembrò tutto ancora più difficile, senza fiatare i due osservavano e si osservavano, fissò il suo sguardo, ripassò mentalmente il suo viso, aveva gli occhi chiusi, ma anche se non poteva vederlo, era certo che sentisse la sua presenza.
In quei mesi era diventata un ottimo vampiro, riusciva a controllarsi e a bere verbena come fosse acqua, era fiero di quel lavoro che aveva magnificamente svolto. Anche se non gli era servito a dimenticarla, anzi tutto il contrario, tanto che resisterle era diventato peggio di una tortura.
Dopo la trasformazione tutto era cambiato, come se l’anno passato fosse solo un lontanissimo ricordo, aveva dovuto assistere a quella sdolcinatissima riunione fra i due amanti e allo stesso tempo alla loro rottura.
In fondo era prevedibile, Elena aveva bisogno di sangue, tanto, mentre Stefan non poteva neanche sentirne l’odore. Continuare sarebbe stato difficile per entrambi, nonostante la scelta pensata e voluta dai due, i pianti, i silenzi, i musi lunghi erano continui. Ma se un problema era stato risolto, un altro se n’era creato.
Con Elena lontana da Stefan, chi l’avrebbe aiutata a trovare l’equilibrio in tutto quel delirio? Si, proprio così, perché Stefan aveva chiesto proprio a lui di prendere il suo posto, come se lui fosse la ruota di scorta di turno.
Infatti aveva rifiutato, finché un giorno non aveva sorpreso la piccola vampira a squadrare da cima a fondo il collo del sindaco, in un primo momento vederla in quello stato, l’aveva divertito ed eccitato, poi la preoccupazione salì quando vide gli occhi infuocati e le zanne pronte a colpire, così in mezzo a tutti avrebbe potuto far saltare la loro copertura.
-Io vado a rinfrescarmi alla sorgente, se preferisci andare avanti tu, non è un problema. – sbottò rompendo quella quiete.
-No, tranquillo ti aspetto, devo ancora riprendermi del tutto. – non aprì neanche gli occhi per quanto era stremata.
-Allora lascio le chiavi e il telefono qui!
L’acqua più bella che avesse mai visto, sentiva il sudore e l’odore della caccia dappertutto, così si guardò intorno, anche se non si era fatto mai tanti problemi, non voleva situazioni imbarazzanti, così si sfilò la maglia, pantaloni e si buttò in acqua, un’ultima nuotata era quello che gli serviva.
Il sole riscaldava il suo viso già altrettanto accaldato, ma non le dava fastidio, anzi la rilassava anche di più, Damon era via già da un po’ e conoscendolo sapeva che non si sarebbe dato solo una rinfrescata, arrossì per quel pensiero che silenziosamente si era intromesso nella propria mente, ormai vedeva più Damon che suo fratello e tutti quei dubbi dell’anno precedente non facevano che ingrandirsi, per non parlare poi dei continui sogni che la vedevano protagonista di quel loro primo incontro che solo a pensarci si sentiva colpevole.
Colpevole verso Stefan, perché nonostante si fossero lasciati, quel legame sarebbe comunque sopravvissuto, quello che la preoccupava era che tipo di legame avessero in realtà, aveva il terrore che i sentimenti che provava per Stefan fossero merito della soggiogamento del fratello anni fa. “ Voglio che tu trovi, qualsiasi cosa tu stia cercando”.
Colpevole verso Damon, per la mancata scelta e forse anche per la mancata sincerità, perché nonostante tutto quello che gli aveva fatto o detto, lui era lì ad aiutarla in quel cammino che nessuno dei due aveva scelto.
Il cellulare squillò, ma non era il suo, lo lasciò fare, non poteva intromettersi negli affari suoi. Le chiamate, però insistevano, così stufa di quell'interruzione rispose.
-Salve, al momento Damon non c’è. – affermò.
-È una questione piuttosto urgente, posso dire a lei? – la prese in contropiede.
-Se non può proprio aspettare, mi dica pure!
Non era mai stata così grata di quella velocità, arrivò alla sorgente in due minuti scarsi, non le importava di sapere come l’avrebbe trovato, voleva solo guardarlo in faccia e … e pensare che nella sua mente lo stava ringraziando per la pazienza che aveva avuto e lui che fa? Si piantò offesa e arrabbiata nella radura, lui spensierato si accorse di lei e della sua furia dopo, uscì dall'acqua preoccupato, era successo qualcosa?!
I muscoli delle braccia tesi, quelli del petto rigidi e marmorei, l’acqua gli scorreva ancora sulla pelle nonostante fosse uscito da quella piscina naturale, come se quelle gocce volessero restare per sempre appiccicata su quel corpo perfetto.
-Cosa c’è che non va, ti hanno attaccato?! – esclamò preoccupato.
Vedendo il suo viso irrigidito e in tensione, quasi ebbe tenerezza per quell'uomo che riusciva a mostrare preoccupazione e rabbia allo stesso tempo, si sentì in colpa, in fondo lei non era niente per lui, perché avrebbe dovuto parlagliene? Era solo delusa e ferita, per quella mancanza che avrebbe sentito. E nonostante lui si avvicinasse per calmarla, sembrava che fosse sempre più lontano.
In un sibilo disse: -Te ne vai. – non c’era più rabbia, soltanto dolore, un profondo dolore.
Guardò Elena senza fiatare.
-Me l’avresti detto, almeno? Ti prego menti! – con gli occhi serrati e le labbra strette.
-Non è facile neanche per me. – si giustificò.
-Allora perché lo fai? – anche se sapeva benissimo quale fosse la risposta.
-Cosa ti ha detto? – rispondere con un’altra domanda, geniale.
-Questa sera. – disse a voce bassa.
Il sole era così forte che in quei pochi minuti il bello e bagnato Salvatore, diventò bello e asciutto.
I suoi occhi azzurri brillavano, quasi fossero ghiaccio, capì che mancavano solo delle ore.
Restarono fermi e in silenzio, per un tempo indeterminato, poi prese maglietta e pantaloni per farli tornare nel posto originario. Iniziarono a camminare, lui davanti e lei dietro a seguirlo, come non aveva mai fatto, perché in quei mesi e il pensiero che fossero anni, la terrorizzò, l’aveva sempre seguita lui, ad ogni passo, attento a non farla cadere in qualche situazione spiacevole, l’aveva seguita in silenzio, senza chiederle mai qualcosa e alla fine pensò, senza aspettarsi qualcosa, perché in quel loro rapporto, era stata lei a mettere delle barriere e ora si sentiva, lei stessa, schiacciata da quel peso che non riusciva più a sostenere.
-Mi dispiace non avertelo mai detto! – disse rassegnata.
-Dirmi cosa?
-Grazie.
Lui si fermò, senza voltarsi, lei accelerò e con tutta la forza che ora aveva, lo attirò a se, cingendolo con entrambe le braccia. Restarono in silenzio stretti in quella morsa che più che alleviare il dolore, lo aumentava. Le accarezzò i capelli, sentendo quale buon odore emanassero, poi si voltò, liberandosi da quella tortura e continuando per il ritorno.
-È tardi.
Ed Elena non seppe, se fosse tardi perché dovevano tornare o tardi per quella parola che più di tutto era una confessione, non ebbe però il coraggio di chiedere, così in silenzio continuarono a camminare, salutandosi con un semplice “ciao”.

Per tutto il pomeriggio non ebbe pensieri che per lui, Caroline sentendo al telefono l’amica giù di morale e non sapendo il motivo, corse subito da lei.
Si sedettero sul letto, una affianco all'altra, come facevano da piccole, fu Elena a raccogliere le forze e a rendere quella paura realtà.
-Se ne va!- affermò tutto d’un fiato.
-Mi dispiace. – e così aveva trovato il coraggio di dirglielo.
-Perché non sembri sorpresa, tanto meno non chiedi chi è che va via?! – chiese perplessa.
-Perché giorni fa, vidi Damon trafficare con un tizio e pensai che ne stesse combinando una delle sue, mi disse che non erano fatti miei, dopo diverse forzatura gli cavai dalla bocca che partiva, ma mi fece giurare di non dire niente, perché voleva dirtelo lui stesso e così ha fatto.
-In realtà non mi ha detto proprio niente, l’ho scoperto per sbaglio.
-Bastardo. – commentò fra i denti.
-Vorrei tornare indietro per non rispondere a quel telefono, ora starei in pace con me stessa e non starei sprofondando nella tristezza.
-Per poi svegliarti domani mattina, cercarlo, non trovarlo e pensando che forse sarebbe stato meglio saperlo, pure nella maniera più spiacevole che ci possa essere, perché la verità è che tu adesso hai bisogno di lui.
-L’allenamento è finito.
-No, Elena, tu hai bisogno di lui nella tua vita. L’anno scorso lo sospettavo, oggi ne sono sicura.
Ricordo un giorno, stavamo ripassando fisica fuori scuola mi pare, avevi il morale sotto i piedi, non parlavi, non ridevi, guardavi fissa quel libro, cinque minuti dopo, un sorriso a trentadue denti, gioia mista a finta rabbia e gli occhi che praticamente brillavano.
Sai cos’era successo in quei cinque minuti? Damon. Aveva chiamato per dirti che aveva preso in ‘prestito’ la tua macchina senza chiedertelo ovviamente e che sarebbe venuto a prenderti lui dopo scuola.
Quando c’è lui è come se … se …
-Se fosse tornata l’Elena di una volta. – terminò tutt’ in un fiato la frase.
-Si, proprio così. Quindi fa qualcosa, perché sinceramente mi piace la nuova Elena. – terminò Caroline.

Bussò a quella porta a cui tante volte aveva già bussato, i cinque secondi più lunghi della sua vita, in quel lasso di tempo riuscì a concepire tutti i ‘se’ e i ‘ma’ possibili, ma non bastavano più per fermarla. Quel viso stupito prima, consapevole poi, le aprì la porta. L’affanno e la preoccupazione evidenti in lei, cercarono di appiattirsi alla vista di quel ragazzo che, nonostante tutto l’aveva aiutata.
-È in garage, ma fai presto manca poco. – disse rassegnato.
-Stefan, io devo …
-No, tu non mi devi niente. Vi lascio casa libera, è meglio non avere seccatori. – fece un sorriso amaro.
Si guardarono per un minuto, occhi negli occhi, una parte di lei aveva paura perché se Stefan glielo avesse chiesto, avrebbe lasciato andare Damon. Nonostante tutto il tempo passato, non riusciva a staccarsi da quel senso di gratitudine che provava per lui.
-Per riaverti, devo prima lasciarti andare. – affermò secco e deciso, come per giustificare quel gesto. Sparì lasciando un’Elena stranita, non aveva tempo per pensare adesso, doveva agire.
Nonostante l’udito sopraffino dei vampiri, non riuscì a sentirla arrivare, forse troppo perso fra i suoi pensieri, rimorsi e rimpianti. Aveva in mano una borsa nera di pelle, che stava poggiando in macchina, prima di dire qualcosa lo osservò con cura, solo ora si rendeva conto di quel sentimento che provava per lui, solo ora che l’aveva messo in chiaro e accettato.
-Non mi mancherai. – affermò seria e con lo sguardo duro. Voltandosi, vide chiaramente i suoi occhi ingrandirsi, poi, diventare freddi e rabbiosi.
-Lo so. – riuscì a dire.
-Non volevi neanche dirmi addio, Damon! – annunciò sincera.
-Tu con me l’hai fatto. – disse freddo e pungente.
La macchina che sfrecciava, Matt che le chiedeva da quale parte andare, Stefan, Damon, la sua voce e quell’addio al telefono.
-Meglio così, – rispose seria, anche se sapeva che quella frase l’avrebbe ferito – non avrei mai saputo, quello che mi serviva sapere veramente.
Lo sguardo perso, la testa piegata, non riusciva più a seguirla, forse parlava di quegli attimi di vita che le aveva rubato.
-Con te lontano da qui, staremo tutti meglio. – affermò ancora.
-Hai finito?!  
Un sorriso ampio si aprì sul viso di quella ragazza, tutto le fu chiaro. Amava il modo in cui si arrabbiava, amava che fosse lei a farlo arrabbiare, amava quando i suoi occhi sicuri si perdevano, amava che fosse lei a farlo perdere, amava il modo in cui l’amava, amava che fosse lei a farlo amare.
-Se è vero che staremo tutti meglio, allora perché soltanto a pensarci, io mi sento perdere?
-Cosa vuoi?! Questo gioco non fa più per me. – disse mostrando tutto il dolore, che si era tramutato in stanchezza.
Elena si avvicinò piano, gli accarezzò la guancia e lo attirò a sé, prima poggiò semplicemente le labbra sulle sue, poi lo guardò, sembrava in trance, poi confessò a lui e a se stessa.
-Ti amo. - Il sorriso di Damon, il sorriso più bello del mondo: quello di gioia e felicità, dolcezza e sicurezza.
-Lo sapevo. – annunciò beffardo.
Con un salto prese il posto del passeggero, la camicia nera che delicatamente prendeva le pieghe del suo corpo, gli occhi fissi su di lei.
-Comunque non rimango qui, scegli con me o senza di me. – mentiva, qualsiasi cosa avesse scelto lui sarebbe stato con lei, voleva solo fargliela pagare, solo un altro po’.
-Tutto solo in Europa?! No, grazie. Non voglio ritrovarmi a fare da matrigna. Vengo. - affermò, facendola sembrare più una sfida.
Salì in macchina, lui le prese la mano e la strinse, sorridendo. Per tutto il viaggio non dissero nulla, si guardavano, sorridevano e si stringevano uno a l’altra. Elena sfuggì solo per un attimo a quella nuova sensazione di felicità, guardò oltre il finestrino, gli occhi s’intristirono e una nuova consapevolezza si fece strada nella sua mente e nel suo cuore: non sarebbe più ritornata con Stefan. Baciò velocemente Damon, come per scusarsi di quella piccola assenza. Poi arrivarono in aeroporto, i biglietti pronti, si imbarcarono e presero i posti assegnati, uno accanto all’altro.
-Sarei rimasto se me l’avessi chiesto. – disse sincero.
-Lo so, ma non ti chiederò più niente. Hai fatto tanto per me, ora tocca a me iniziare a ringraziarti. – lo baciò appassionatamente, davanti alle hostess che non staccavano gli occhi da lui.
-Andremo prima in Italia, ti mostrerò le origini dei Salvatore, visiteremo Roma, Venezia, Milano, Firenze … – diceva facendo sembrare quella fuga un gioco.
-Sei mio – disse sorridendo maliziosamente.
-Sei mia – ricambiò lui, con un pizzico d’incertezza, che Elena riuscì a intravedere.
-Solo tua. – chiarì baciandolo. La mano di Elena scivolò sulla camicia di Damon, soffermandosi sui muscoli della spalla. Un sorriso malizioso si fece strada tra le labbra della ragazza.
-No. – disse categorico.
-Perché?
-Abbiamo tempo. – affermò distogliendo lo sguardo, il romanticismo non era il suo forte, ma tutto con lei era diverso. La lasciò per pochi istanti nella confusione, poi la guardò sorrise e la baciò dolcemente e castamente, Elena capì e sorrise, poteva avere la corazza di un cavaliere nero, ma il suo cuore era bianco come quello di un bambino.
-Si, - disse – abbiamo l’eternità. Poggiò la testa sulla sua spalla, il maestoso braccio la sovrastò dolcemente, intrappolandola in una morsa che nessuno dei due avrebbe mai sciolto.
  
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