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Autore: Aliens    01/10/2012    4 recensioni
Boston 2010.
Ally e Tom si conoscono da una vita e condividono tutto in una forte e bellissima amicizia. La ragazza però è da sempre attratta dall'amico. La vita li separa quando Tom diventa il Playmaker dei Boston Celtics realizzando un sogno che da sempre lo tormentava. Qui incontra Brooke, una delle Boston Celtics Dancer in cerca di successo. Per lei tutto si infrange. Ma Allison rimane la massina di Tom, la persona che più di tutte lo ispira e quando tutto sembra volgere verso il baratro, Tom si accorgerà che è davvero troppo tardi?
Perchè, in fondo, cosa c'è di scinitillante in un modo sotto le luci della ribalta se il sole che la illuminava si è spento?
Genere: Angst, Commedia, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti, Triangolo
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Prologo.

 

 

 

 

«Perché, vi chiedere, ho dedicato questo capitolo a una donna. Bene, è presto detto. Se voi conosceste questa specifica donna, beh, capireste che vale la pena dedicarle qualsiasi cosa.

Credo di non aver mai conosciuto una donna come ho fatto con lei e credo di non essere nemmeno mai stato così aiutato da una donna che non fosse mia madre. Per questo è mio dovere parlarvi di Allison Moro, l’unica donna che è davvero riuscita ad arrivare a me, dopo mia mamma, ovviamente.

Tra me ed Ally è stato subito un colpo di fulmine. Non di quelli che ti fanno bruciare di passione, ma quelli che creano un’alchimia tenue e istantanea, che ti fa capire che, sì, quella persona ti piace. Ricordo quel giorno come se fosse ieri e non quasi vent’anni fa. La mia famiglia –ergo, mia madre- è sempre stata amica di Evangeline Moro, la madre di Ally, e di Antonio –Tony- Moro. I Moro erano una famiglia tutta italiana e come vuole la regola vivevano a North End, in un appartamentino che più che italiano sembrava direttamente trasportato da New York. Io, Ally e Andrea –il suo fratello maggiore- sedevamo spesso sugli scalini che portavano all’ingresso di quel pittoresco appartamento annusando l’aria. Dalla pizzeria all’angolo veniva sempre odore di pomodoro e basilico e Andrea si lamentava di quanto fossero scadenti gli ingredienti che si compravano a Boston, rimpiangendo gli orti che c’erano ad Alvito, il piccolo paesino da dove i Moro provenivano. Conobbi Ally al mio quinto compleanno. Quel giorno Bill aveva insistito per avere una festa nonostante Southie, dove vivevamo, non fosse il posto più indicato per far giocare i nostri amichetti. Ma mamma voleva veder sorridere il mio gemellino, così lo accontetò. Non avevo mai visto i Moro al completo, all’epoca erano solo in quattro, più in là i figli si sarebbero duplicati. Conoscevo Evangeline perché accompaganva spesso Andrea a giocare con me al Public Garden, conoscevo di vista Tony ma la più piccola dei Moro era sempre stata una figura evanescente nei racconti di Andrea.

“Quel moscerino piange sempre, è come una sirena della polizia, non sta mai zitta!” brontolava Andrea mentre mi lanciava contro la palla, e mi colpiva. Andrea Moro aveva tutto un temperamento mediterraneo: era simpatico ma abbastanza aggressivo e possessivo. Con il senno di poi ho imparato a ritenermi fortunato ad essergli simpatico, aveva anche una certa propensione verso la dittatura e l’ambizionismo frenato.

Allison Moro, di fatti, non l’avevo mai vista. Un po’ perché all’epoca aveva poco più di tre anni, un po’ perché non era mai stata una bambina attiva –e la sua pigrizia mi si sarebbe rivoltata contro più in là-, un po’ perché i genitori erano iper protettivi nei suoi confronti, io non l’avevo mai conosciuta. Eppure, quel giorno, si presentarono tutti e quattro. Tony con il suo sorriso caloroso da pizzaiolo italiano, Evangeline con il suo viso dolce, Andrea con lo sguardo accigliato perché con lui doveva esserci la sorellina e… lei.

Ally indossava un vestitino bianco che le si allargava sulla vita e arrivava alle ginocchia e un paio di ballerine di Barbie rosa confetto. I capelli castani scuro le ricadevano a caschetto sul collo e posso giurare che quello fu l’unico periodo della sua vita che li portò corti, gli occhi di un azzurro acquoso che, alle volte, sfumavano nel più brillante dei verdi, erano coperti da degli occhiali fini a rettangoli, con una montatura spessa di un rosa accecante abbellito da cuorici. Ally è sempre stata miope, non c’ha mai visto bene. Un difetto che poi gli avrei rinfacciato ridendo quando avrebbe cominciato ad interessarsi ai ragazzi. Ricordo tutto di lei, mi aveva guardato ed era arrossita imporporando le sue guancette dalla pelle chiara di un rosa acceso quansi quanto la montatura dei suoi occhiali e io le ho sorriso mentre si nascondeva dietro il padre.

“Ciao, io sono Tom, tu?” le ho detto timido mentre lei, guardinga, faceva uscire la testa da dietro le gambe del padre e mi guardava, studiandomi.

Poi parlò, e la sua vocina risuonò per le pareti “Io mi chiamo Allison”.

Ho iniziato io a chiamarla Ally, il suo nome mi risultava abbastanza difficile da pronunciare. Ma è rimasta sempre Ally per me, anche quando sono cresciuto.

Così è iniziata una lunga amicizia. E mentre gli anni passavano io vedevo fiorire qualla bambina. Quando anche lei iniziò a venire a giocare con noi, imparai che era una persona a cui piaceva stare tranquilla, che sorrideva sempre pronta a tutto per veder sorridere anche a te. Le piaceva la cioccolata così, ogni volta che lei veniva da me o io andavo da lei le facevo trovare qualche M&M’s o Mars. Le piacevano un sacco i Twixs, ma sua madre non voleva che mangiasse troppa roba dolce così gliela passavo sotto banco. Penso che la Signora M mi stilerà, prima o poi, una lista con tutti i conti del dentista! Inizialmente Andrea era geloso, io e Bill amavamo in modo sproporzionato quella bimba dagli occhi acquosi e la coccolavamo con premura e quasi ossessione. Bill l’aveva presa per una bambola formato gigante io per un caproispiatorio alle mie bravate. Ricordo perfettamente tutte le volte che io e Andrea le abbiamo dato la colpa.

Eppure gli anni passavano veloci. Ally comiciava a rifiutare i tagli del parrucchiere, Andrea diventava più alto e imponente e io iniziavo a interessarmi alle bambine mentre Bill ai libri. Eravamo un quartetto abbastanza strano eppure regnava l’armonia. Ally cacciò un bel caratterino tanto che comandava praticamente sempre lei. A otto anni mamma prese per noi Scotty, un Labrador nero. Ally si innamorò di quell’animale e ancora adesso stravede per lui. Per non parlare di Scotty, guai a chi di noi le facesse qualcosa, attaccava ad abbaiare come noi cercavamo di avvicinarsi. E il cane era nostro.

Ally era fatta per stregare la gente e lo capii benissimo quando Yuri, uno della compagnia con cui uscivamo, mi fece notare che Allison Moro era la ragazza più bella del gruppo. Nessuno di noi avrebbe mai immaginato che Ally potesse diventare così bella e di conseguenza io, Andrea e Bill ci trasformammo. Ora non c’era Scotty ad abbaiare appena un qualche essere di sesso maschile le si avvicinava, no, eravamo noi tre a ringhiare come dobermann incazzati.

“Il ragazzo di Ally deve prima fidanzarsi con me” dicevo sempre io guardando la mia migliore amica “Se non piace a me tu te lo puoi solo scordare, capito?”

Ero geloso e lo sono tutt’ora di lei. Forse adesso un pochettino di meno e non me lo so spiegare.

Ally mi guardava come se fossi appena uscito all’istituto d’igene mentale più vicino e scoppiava a ridere. Fu in quel periodo che il nostro rapporto si intensificò. Passavamo tutti i pomeriggi insieme, i weekend li passavamo a fare baldoria in piena notte perché sì, la vita notturna è prettamente europea, ma lo eravamo un po’ tutti anche a Boston. Dormivamo insieme, letteralmente. Io ed Ally facevamo delle vere e proprie maratone di cinema a casa mia o a casa di lei e crollavamo abbracciati nello stesso letto, SEMPRE. E per quanti mi invidiassero e mormorassero, io non l’avevo mai toccata. Pensavo di considerarla una sorella. Odiavo tutti i suoi ragazzi ma quello che odiai di più fu, di certo, Mirko. Italiano anche lui, faccia da cazzo come gli altri –americani compresi-. Fu il suo primo, se capite cosa intendo, e le spezzò il cuore. Credo di non aver mai picchiato nessuno come ho fatto con lui. Spezzare il cuore della mia piccola Ally era reato e lo sapevano tutti. Avevano paura della mia reazione.

“Se non la smetti di spaventare tutti quelli che mi si avvicinano, Tom, finirò per morire zitella” si lamentava lei sbuffando.

Ma per Mirko aveva pianto tre giorni nel mio letto e io non avrei mai più permesso a nessuno di farle quello, un’altra volta.

Pensare che qualcuno le facesse male mi faceva saltare i nervi. Per questo quando andavamo in discoteca la controllavo a vista. Più che altro perché Ally aveva due personalità. Se nella vita di tutti i giorni era la ragazza con gli occhiali da nerd, i capelli raccolti e retti da una penna, jeans e maglietta, quando usciva la sera si trasformava. Metteva su dei vestitini così attillati e sexy che lo facevano rizzare persino al fratello. E se lo poteva permettere. Tra il suo viso da bambina e i vestiti da gattina sexy, Ally diventava una tentazione per tutti, anche per il sottoscritto.

Come non puoi essere geloso di un simile schianto?

Era sexy persino in jeans e maglietta e occhiali, figuriamoci con un mini abitino nero di pizzo e con le lenti a contatto.

Una simile splendore era sempre vittima dei bastardi. Ally soffriva spesso per amore e…

Sì, tra quei bastardi ci sono stato anche io. Pensare di essere stato uno di quelli che l’hanno fatta piangere mi manda in bestia… ma andiamo per gradi, tutto inizia circa un anno prima del mio ingaggio nei Celtics…»

 

 

 

 

 

 

La vita va presa come una partita –

 Autobiografia di Tom Kaulitz, Playmaker dei Boston Celtics,

Capitolo 5 – Allison.

   
 
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