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Autore: yllel    01/10/2012    8 recensioni
"John, ti devo dire una cosa." "Fantastico. Sono in prigione accusato di un omicidio che non ho commesso ma per il quale mi condanneranno ugualmente e tu vuoi parlare...ok. Tanto ho tutto il tempo di questo mondo, a quanto pare. Dunque?"
"Credo di non essere sicuro di volere un figlio. Non ho considerato tutte le variabili" John Watson scosse la testa "Sei un idiota, Sherlock" "Sapevo che l'avresti detto. Adesso possiamo scappare"
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il motivo per cui torno sempre indietro'
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Una nuova storia!!
finalmente fa parte di una serie e spero che questo aiuti chi mi legge per la prima volta a orientarsi un po’, quindi anche se sara’ una fanfic incentrata su John e Sherlock , sappiate che c’e’ un rapporto consolidato tra quest’ultimo e Molly.
Ambientata dopo la seconda serie.
Nessuno dei personaggi mi appartiene naturalmente, ma li utilizzo con tanto divertimento!
Buona lettura.
 

ACCUSE DAL PASSATO
CAPITOLO 1
 

“Italia?”
“Mmm… sarebbe bello, si. Ho visto Venezia, ma ci ritornerei volentieri  e naturalmente, ci sono un sacco di altre belle citta’ da visitare.”
“Non lo so... sono cosi indecisa. Mi piacerebbe anche andare in qualche posto caldo”
John sorrise a Mary.
“Voto per quello, se significa che tu indosserai solo un bikini. O se facciamo bene le nostre scelte, neanche quello...”
“Dottor Watson!” esclamo’ lei, cominciando a ridere.
“E’ la nostra luna di miele!” ribatte’ lui, chinandosi per baciarla.
In quel momento, la porta del loro appartamento si apri’ e Shelock Holmes entro’, un fazzoletto premuto sulla fronte.
“Non fate caso a me. Conosco la strada” esclamo’, dirigendosi verso il bagno.
Mary e John rimasero in silenzio per un attimo, poi lei sospiro’.
“John?”
“Lo so, amore... lo so.”
“Quando torna Molly da quel congresso?”
“Tra cinque giorni. Considerando che e’ via solo da due, le cose rischiano di essere davvero difficili.”
“John, so che e’ il tuo migliore amico e che lui funziona in modo diverso ma...”
John sospiro’ e si alzo’ a malincuore.
“Gli parlero’. Di nuovo
Si diresse verso il bagno e trovo’ Sherlock che cercava di aprire una bottiglietta di disinfettante con una sola mano.
“Non puoi entrare nel mio appartamento come ti pare e piace.” Gli prese il medicinale e lo apri’ facilmente.
“Ho una chiave, perche’ dovrei bussare?”
John strinse le labbra.
“Io non ti ho dato nessuna chiave, Sherlock” puntualizzo’, accendendo la luce dello specchio.
Lo fece sedere sul bordo della vasca e gli scosto’ il fazzoletto dalla fronte, scoprendo un taglio abbastanza profondo.
“Spero che l’altro sia conciato peggio”
Sherlock fece una smorfia.
“Naturalmente”
John scosse la testa.
“Avrai bisogno di punti, stai fermo”
Da sotto il lavandino, estrasse la cassetta del pronto soccorso, che era in generale molto piu’ fornita di quanto ci si aspetterebbe da un  normale kit domestico.
Uno, perche’ comunque John era un medico.
Due, perche’ conoscere Sherlock Holmes comportava rischi non indifferenti. Meglio essere pronti.
“Mi stupisco che tu non abbia provato a medicarti da solo”
“L’avrei fatto, ma Molly ha di nuovo riordinato  casa e  spostato il necessario. Non riuscivo a trovarlo ed ero abbastanza di fretta. Hai intenzione di  usare quella misura di filo per sutura?”
 “Sta zitto, Sherlock, sono io il medico.” Rispose John, applicandogli un po’ di anestetico localizzato “quindi, non l’hai chiamata per farti dire dove cercare per non allarmarla”
“No. Non l’ho chiamata perche’ non mi avrebbe risposto, oggi pomeriggio sta partecipando a un incontro sulle ferite da taglio post mortem. Finira’ verso le 18.00. Poi avranno un break e dopo cena, assisteranno alla proiezione di un filmato sul congelamento”
John comincio’ a suturare piano.
“Hai imparato a  memoria tutto il programma del convegno?”
“Assolutamente. Non voglio disturbarla se non e’ strettamente necessario”
John infilo’ con cura il terzo punto di sutura.
“Sciocchezze. In questo modo la stai monitorando, e’ il tuo modo per sapere esattamente cosa sta facendo e per avere il pieno controllo della situazione, anche se tu sei a Londra e lei e’ a Edinburgo.”
Aspetto’ che Sherlock protestasse, invece lui si zitti’.
John fini’ di mettere l’ultimo punto e puli’ bene la ferita.
“Non puoi controllarla all’infinito, lo sai vero?”
Sherlock rimase seduto sul bordo della vasca, mentre lui cominciava a riordinare.
“Ho bisogno di sapere che lei sta bene” disse infine il suo amico, il tono della voce troppo tranquillo.
John si volto’ a osservarlo e per un attimo, il ricordo dell’espressione distrutta di Sherlock all’ospedale lo colpi’ forte. Gli sorrise comprensivo, ma poi scosse la testa.
“Lei sta bene! Si e’ ripresa del tutto e se tu le stai addosso non otterrai altro che irritazione, da parte sua...”
“Non capisco perche’ sia dovuta andare a quel congresso, si stanchera’ molto e invece ha ancora bisogno di riposare, sono passati solo cinque mesi”
John sorrise di nuovo.
“Sherlock, e’ una delle relatrici principali. Non credi che sia naturale, che voglia affermarsi nel suo lavoro? Quando restera’ incinta, dovra’ necessariamente concentrarsi su altro”
Il suo amico assunse un’aria confusa.
John scosse la testa divertito.
“Sai, la maternita’ non si risolve solo nella gravidanza e il parto... c’e’ l’allattamento... la cura del bambino”
Sherlock raddrizzo’ la schiena.
“Ne sono assolutamente consapevole! Noi abbiamo avuto delle tate, per questo.”
John gli lancio’ uno sguardo di traverso.
“E guarda come siete usciti tu e Mycroft. Sul serio, non credo che Molly sia il tipo di mamma che delega la cura del suo neonato. Ma dico, non ne avete parlato?”
“Non proprio. Siamo ancora nella fase entusiasta del concepimento” Sherlock fece per un attimo un sorriso soddisfatto.
John alzo’ la mano.
“Stop! Non mi interessa sapere altro. E per favore, smetti di irrompere in casa mia, a Mary sei simpatico ma potrebbe diventare violenta.”
Sherlock assenti’ in modo vago, evidentemente di nuovo concentrato su altro.
Stare dietro ai suoi pensieri era come una corsa sulle montagne russe, il piu’ delle volte.
John sospiro’.
“Dai vieni, ti offro una tazza di the”
“La farai tu o la preparera’ la tua fidanzata? Perche’ sul serio, John, quella donna non ha proprio idea di come mi piace il the.”
“Non fare il rompiscatole, Sherlock”

***

Dodici ore dopo

“Sei sempre il solito, Holmes” borbotto’ John Watson cercando di aprire gli occhi, ma la luce che entrava dalla finestra lo costrinse ad una smorfia e a richiuderli.
Appoggio’ la fronte al pavimento e fece un respiro.
Nausea.
La testa pulsava forte e John rimase immobile ancora per qualche attimo.
Alla fine trovo’ la forza di rialzare lo sguardo: la luce che entrava dalla finestra era quella di un’insegna al neon che si accendeva e spegneva ritmicamente.
Perche’ diavolo si trovava in un motel?
Emise un gemito, realizzando come la sua bocca fosse impastata.
Impossibile.
Era sdraiato sul pavimento di una camera d’albergo e aveva tutti i sintomi di un colossale doposbornia, ma non ricordava assolutamente come ci fosse arrivato.
Mary me la fara’ pagare, sta sorgendo il sole e significa che ho passato fuori tutta la notte.
Con movimenti molto lenti si mise carponi e diede un’occhiata in giro.
Stanza piccola, disadorna e sporca, a giudicare dalla polvere sotto il letto.
Avrebbe ucciso Sherlock, questa volta... non sapeva che cosa fosse successo, ma non aveva dubbi che lui e i suoi maledetti casi c’entrassero qualcosa.
Poi vide la mano.
La mano inerte dall’altra parte del letto che apparteneva a un corpo, sdraiato a faccia in giu e immobile.
John si diede definitivamente una scossa e si alzo’, avvicinandosi all’uomo  che si trovava nella stanza con lui: una larga chiazza di sangue stava inondando la scadente moquette e gli si inginocchio’ a fianco, portando due dita alla carotide per verificare il battito.
Era morto.
Merda. Merda. Merda.
Sapeva di non dover muovere il cadavere, si tasto’ quindi le tasche della giacca alla ricerca del cellulare per chiamare la polizia. Non si era accorto che nell’inginocchiarsi le sue mani si erano posate sulla chiazza di sangue, per cui si rese conto in ritardo che si stava sporcando.
Niente cellulare.
Si guardo’ freneticamente intorno e lo individuo’ sotto uno dei comodini, ma prima che potesse muoversi per raggiungerlo, la porta si apri’ con un tonfo.
“Scotland Yard! Mani in alto!”
John Watson sbarro’ gli occhi alla vista delle persone armate di pistola che stavano entrando, facendo subito come gli era stato chiesto.
“Sentite, non so cosa stia succedendo, ma quest’uomo e’ morto. Sono il Dottor John Watson e”
“Zitto! Faccia a terra!”
Lui scosse piano la testa ma fece come gli era stato detto. Fece una smorfia di dolore, tutto il suo corpo era indolenzito.
“Davvero, so cosa potete pensare ma ve lo ripeto, io sono il Dottor John Watson e non ho assolutamente idea di cosa sia accaduto qui, mi sono svegliato e c’era il cadavere accanto a me”
“Sappiamo esattamente chi e’ lei, il portiere dell’albergo l’ha riconosciuta ieri sera, quando e’ arrivato con l’uomo che ha preso questa stanza. Ha telefonato dopo che ha sentito lo sparo.”
Uno degli agenti si chino’ e raccolse il cellulare.
“Quello e’ mio!” protesto’ John.
“Anche questa?”
Un altro agente aveva in mano una pistola.
La sua pistola.
John comincio’ ad avvertire un forte senso di panico.
“Io non ho sparato!”
“Quindi non nega il possesso dell’arma. Lei e’ in arresto per omicidio”
John scosse la testa.
“No, senta, c’e’ un errore... io non mi ricordo neanche perche’ sono qui!”
L’agente lo ammanetto’ e lo fece rialzare con un movimento brusco.
Nel frattempo, dalla giacca del cadavere era stato estratto un portafoglio.
“Il corpo appartiene a Mark Dollman”
“COSA?” John si volto’ verso la figura stesa sul pavimento.
Un flashback lo assali’ all’improvviso.
“Dai, ci facciamo l’ultima birra! Sali un attimo e poi torni dalla tua stupenda fidanzata... devi essere veramente cotto, da come le parli!”
“No Mark, e’ tardi... senti, mi ha fatto davvero piacere rivederti ma ora devo andare!”
“John Watson, non accetto un no come risposta!”
E John era salito in camera.
Con il suo vecchio commilitone Mark Dollman.
Che ora giaceva morto sul pavimento di una camera di motel.
E lui non ricordava assolutamente che cosa lo avesse portato in quell’assurda situazione.
 
 
 
  
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