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Autore: meiousetsuna    02/10/2012    6 recensioni
Questa storia si è classificata seconda nel contest di Lady_Nonsense su EFP: Choose your quote! Difficoltà: 'Coppie obbligatorie', e citazione da inserire nel racconto! Ambientazione: 4X1. No Spoiler!
Dal testo: Ricordava, desiderava, sentiva una strana energia trasportarla a scoprire piaceri sconosciuti, gusti decisi, emozioni incontrollabili. Certamente Damon racchiudeva tutte quelle caratteristiche. Più di tutto, la tentava quel completo scambio di ruoli, il ragazzo che fuggiva dalla sua stanza quando prima cercava ogni scusa per intrufolarsi, che faceva attenzione a non starle addosso, a non toccarla se non era necessario. “Damon”. Il vampiro la guardò con la resa negli occhi, ma con la fermezza nel cuore. Ogni lettera del suo nome suonava come una condanna alla più spietata tortura, quella di dover rifiutare ciò che più desiderava al mondo, nell’unico momento in cui il destino gli offriva una ricompensa. Non si mosse, mentre lei gli accarezzò il viso, sottolineando col pollice i suoi zigomi perfetti, ma prima di lasciarla andare oltre, le bloccò improvvisamente le mani sopra la testa con una delle sue, mentre con l’altra ricambiava quel contatto sottolineando il contorno delle sue labbra.
Vi va di fermarvi a leggere? Ne sarei felice... baci,
Setsuna
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Katherine Pierce | Coppie: Damon/Elena, Damon/Katherine
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia si è classificata SECONDA nel contest di Lady_Nonsense sul forum di EFP: Choose your quote! Difficoltà: 'Coppie obbligatorie', e citazione da inserire nel racconto!

Finalmente qualcosa di proponibile per una dedica! Grazie a chi mi sopporta con pazienza.... lo so, non scrivo mai capolavori!

E soprattutto, questa "4x1" è per la cara Iansom. Sei stata davvero un grande conforto, in questo momento, e lo sai.

Heart-sick

Pairing: Damon/Elena + Katherine
Rating:
Arancione
Avvertimenti:
one-shot, het, lime, fluff,
Note:
Ipotetico inizio della quarta stagione

generi: romantico, erotico

Citazione scelta:  Numero 32 : We never really grow up. We just learn how to act in public

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When you came in the air went out.
And every shadow filled up with doubt.
I don't know who you think you are,
But before the night is through,
I wanna do bad things with you.

I'm the kind to sit up in his room.
Heart sick an' eyes filled up with blue.*
I don't know what you've done to me,
But I know this much is true:
I wanna do bad things with you.


La Nuova Elena avanzò verso di lui con un’andatura sicura, quasi spavalda, che diede al ragazzo un sottile brivido di anticipazione, unito a una fastidiosa stretta alla bocca dello stomaco. Era sempre Lei.
Come pochi giorni prima, alternava momenti di tristezza ad altri di benessere, anche se ora i primi erano crisi depressive spaventosamente intense e i secondi si sarebbero dovuti definire, piuttosto, sprazzi di euforia immotivata.

Come sempre, lo guardava trafiggendolo come mai un raggio di Sole sarebbe riuscito a fare, perché gli trapassava la carne, il cuore e i pensieri, senza che lui potesse minimamente sperare di opporre resistenza e non che lo volesse con tanta convinzione.

Come ogni pomeriggio, si alzava, spazzolava i sottili capelli nocciola scuro, poi lui usciva dalla camera da letto, aspettando che si vestisse, per rientrare subito dopo, almeno nei primissimi giorni. Non serviva spiegarle perché non la lasciasse mai a lungo da sola, se non con Caroline. Né lei aveva mai affermato che nei suoi piani iniziali non ci fosse assolutamente stato quello di uccidersi.

Come ogni notte, la sentiva agitarsi, piangere e poi placarsi bevendo un po’ di quello che ormai era il suo cibo, che le lasciavano sul comodino; adempiuto quel rituale, la accompagnava a fare una passeggiata verso il bosco oltre il Wikery Bridge, inizialmente alla luce di qualche vecchio lampione, più in là solo di quella dell’astro pallido. Ma in realtà non ne aveva bisogno.


I suoi occhi profondi vedevano benissimo nell’oscurità, perché erano quelli di una predatrice, di una figlia delle tenebre, una guardiana di Diana nelle foreste, una favorita dalla Luna.**Di una vampira. E malgrado niente della sua personalità fosse totalmente alterato, Damon non era sicuro di avere ancora davanti la ragazza che conosceva così bene.
Osservarla, gli dava delle sensazioni quasi spaventose, come se la parte di umanità che lei aveva perduto fosse rientrata in lui, cercando una compensazione per la loro ‘coppia’, un equilibrio di anima e dannazione che doveva mantenere proporzioni inalterate, un loro microcosmo personale.
Eppure, non l’aveva mai sentita estranea quanto in quel momento in cui aveva cominciato a camminare andandogli incontro; ogni passo di Elena era apparentemente una diminuzione di distanza, ma dentro di lui, si trasformava  nella misura di una lontananza.

Le sue intenzioni erano più che evidenti dal sorriso ammaliatore che splendeva per lui, dalla delicatezza dei movimenti, dallo sguardo che gli rivolgeva tra le ciglia, che velavano gli occhi come una trina; cosa avrebbe dato, fino a pochissime settimane prima, per ricevere quell’offerta? Tutto.
Adesso, era soltanto una tortura. Probabilmente era il rimpiazzo di Stefan, del suo fratellino buono, che preda di terribili sensi di colpa non aveva potuto rifiutarsi quando Damon gli aveva imposto di restare alla tenuta Salvatore, mentre lui avrebbe sorvegliato Elena in casa sua, un ambiente familiare dove sarebbe stata un po’ più a suo agio.
Jeremy si era rifiutato categoricamente di partire per tornare a Denver, ma aveva subito ceduto alla proposta di andare ad abitare con Caroline in un appartamento appena fuori città, visto che loro erano gli unici due ammessi ad andare a trovare la sua adorata sorella e che lui non poteva comunque vederla senza una scorta. Era stata Elena stessa a pregarlo di non mettere a repentaglio la sua sicurezza finché non fosse stata certa del suo autocontrollo.
Stefan, Matt e Bonnie tenevano abbastanza alla loro vita, evidentemente, da limitarsi a fare moltissime telefonate, senza accennare ancora alla possibilità di vedersi. Quindi, una volta ancora, il peso  della parte più difficile, quella degli adulti, gravava su di lui, senza portare assolutamente con sé la promessa di una ricompensa futura.

Si era ripromesso di proteggerla, di darle sostegno finché non avesse trovato un suo equilibrio e ne avesse saggiata la stabilità. A quel punto, l’avrebbe persa, perché tornata lucida e presente a se stessa, l’amore per suo fratello avrebbe riguadagnato il primo posto nei suoi pensieri, quell’amore che aveva dichiarato di provare non al diretto interessato, ma proprio a lui, nella telefonata di quella maledetta notte.
Tutto questo non riusciva a impedirgli di volerla aiutare con tutte le sue forze, non avrebbe rischiato che affrontasse quell’orrore da sola, come era successo a lui; in quel momento la vicinanza di Stefan non era stata di alcun conforto, ma solo un memento del perché fosse diventato quello che era.
Da molti giorni vivevano insieme, da fratello e sorella, maestro e discepola, o quantomeno da amici. Ad una certa ora le porte delle camere si chiudevano, le prime volte quella di Elena a chiave, dall’esterno e lei non aveva mai protestato, si rendeva conto che l’eccessiva presenza di persone lungo le strade costituiva uno stimolo troppo ingestibile.

Poi, una sera, aveva scoperto di essere libera e qualcosa era scattato dentro di lei. Quella sera. Si sentiva bene, almeno fisicamente, per la prima volta; aveva smaltito il trauma della morte per annegamento, quello della fame e dell’adattamento a bere sangue; all’inizio provava alternativamente appagamento mentre beveva e voglia di vomitare appena sazia, ma quel giorno era stato migliore.
E poteva concludersi ancora meglio. Ricordava, desiderava, sentiva una strana energia trasportarla a scoprire piaceri sconosciuti, gusti decisi, emozioni incontrollabili. Certamente Damon racchiudeva tutte quelle caratteristiche. Più di tutto, la tentava quel completo scambio di ruoli, il ragazzo che fuggiva dalla sua stanza quando prima cercava ogni scusa per intrufolarsi, che faceva attenzione a non starle addosso, a non toccarla se non era necessario.

“Damon”. Il vampiro la guardò con la resa negli occhi, ma con la fermezza nel cuore. Ogni lettera del suo nome suonava come una condanna alla più spietata tortura, quella di dover rifiutare ciò che più desiderava al mondo, nell’unico momento in cui il destino gli offriva una ricompensa. Non si mosse, mentre lei gli accarezzò il viso, sottolineando col pollice i suoi zigomi perfetti, ma prima di lasciarla andare oltre, le bloccò improvvisamente le mani sopra la testa con una delle sue, mentre con l’altra ricambiava quel contatto sottolineando il contorno delle sue labbra.

“Parliamone tra un mese, Elena. Il tempo di capire veramente cosa desideri e perché. Dopo che avrai rivisto Stefan e parlato con i tuoi amici, compresa la strega… temo di doverla ringraziare per questo”.
Scese sul suo collo delicato, trattenendo tra le dita il gioiello che Bonnie aveva incantato per la sua amica, senza troppo entusiasmo, in parte dovuto al fatto che era stato lui a darglielo. Damon si era categoricamente rifiutato di utilizzare uno di quei dannati vecchi ciondoli e in un rapidissimo giro nell’ospedale dove Elena si era svegliata, aveva soggiogato  un’infermiera, facendosi consegnare la sua collana.

Era quanto di più semplice; una goccia d’argento con un minuscolo brillantino al centro, sospesa ad una catenina che la faceva pendere fino all’attaccatura del seno. Le dava fastidio e di notte la toglieva quasi sempre, contando su di lui per imparare a riconoscere il pericoloso momento del sorgere del sole. Damon la lasciò andare subito, già stringerle i polsi era un contatto che gli stava bruciando le mani come acqua bollente e fece un passo indietro.
Elena era contrariata e sollevò un sopracciglio con un’espressione di riprovazione come davanti ad un bambino che non vuole toccare la cena.
“Cosa c’è che non va?” 
‘Tutto’, pensò Damon, per prima cosa la voce con la quale poni questa domanda. Più graffiante, cupa, anche se solo di un tono, ogni vibrazione dell’aria dal diaframma alla gola impressa nelle sfumature dense che si rintracciavano nella sua modulazione.

“Sarebbe già dovuto succedere da tempo, adesso lo so, come so che hai ragione a essere arrabbiato con me, però ora è tutto più chiaro” Era ferma, convinta di quello che diceva, anche se impaziente di ricevere una risposta.
“Ci meritiamo una possibilità”.
“Sei pronta a rispondermi, Elena? Stefan?”.

Lei sospirò, oppressa dalla consueta tristezza che la sovrastava quando pensava al suo ex-fidanzato, incerta se replicare sinceramente; non le faceva piacere iniziare una storia con Damon all’insegna delle bugie, anche se voleva uscire da quello stallo.
“Lo so, ti ho detto di amarlo ancora, di non aver mai smesso di amarlo, ma tu mi avevi nascosto qualcosa di importante… ascolta, sarò sincera con te”. La ragazza mise a posto meccanicamente una ciocca dietro l’orecchio sinistro, il gesto che aveva sempre tradito il suo nervosismo.
“Non c’è rimedio a quello che mi è successo, vorrei almeno cogliere quello che di buono può offrire; forse il destino ha voluto così”.
Damon indietreggiò leggermente. Non soltanto per resistere dal rispondere “Sì” senza più pensare a niente, solo ad essere felice con la ragazza che amava e al diavolo le conseguenze, ma anche perché i suoi sensi di vampiro, più pronti di quelli di Elena, avevano captato la presenza che si era intrufolata in casa, più esattamente nel corridoio al di là di quella porta. Katherine.

“Le buone nuove viaggiano veloci”.
Damon per un momento si sentì totalmente disorientato. Le differenze tra le due ragazze si erano ridotte veramente al minimo. Katherine aveva lisciato leggermente i capelli, per legarli più comodamente in una treccia laterale e quelli di Elena erano più mossi del solito non avendoli passati con la piastra; erano tutte e due vestite di nero, in modo casual, gli occhi avevano lo stesso contorno scuro evidente, le labbra lo stesso rosso tentatore.
Il modo di muoversi, con consapevolezza del proprio potere seduttivo era più simile ed era evidente che si stavano fissando con sfida, per lui. Se glielo avessero detto fino a poco tempo prima, avrebbe risolto tutto con una risata amara, precipitandosi a recuperare la più vicina bottiglia di superalcolico a disposizione, per cercare di trattenersi dalla voglia di uccidere il messaggero*** di tale notizia fasulla. Naturalmente, per diversi motivi, non si sentiva di approfittare di nessuna delle due possibilità.
“Cosa vuoi, Katherine? Sei venuta a ridere di me? – Elena era vagamente minacciosa, pur rendendosi conto col suo istinto appena acquisito della differenza del loro potere – Deve essere divertente per te vedere che tutto quello per cui ho lottato è fallito”.
“Al contrario, Gilbert, sono venuta per ringraziarti. Klaus è morto – lo disse con una lievissima sfumatura di dubbio che allarmò il bruno, che si riservò di ottenere spiegazioni più dettagliate in seguito – e anche se Eliajh o Rebekah volessero vendicarsi, adesso saresti TU la colpevole preferita, quella che ha causato la fine della loro famiglia così unita… penso di essere libera, dopo cinquecento anni. E che tu mi creda o no, ho pensato di vedere se c’era bisogno di me, prima di partire per un lungo periodo, credo che la città che non dorme mai****abbia bisogno di un po’ di movimento…”

Damon percepì l’ondata di paura che attraversò Elena come se fosse una corrente elettrica che si propagava anche nel suo corpo e decise di interrompere subito il discorso.
“Katherine, voglio parlare con te da solo, adesso. Se la tua intenzione è davvero quella di dare una mano, potrai restare qui, per questa notte. Altrimenti ti consiglio di prendere le tue cose e sparire, non abbiamo bisogno di altri problemi”. Lei lo guardò con evidente divertimento, le labbra sollevate in un sorrisetto capriccioso.
“Non cambi mai, vero Damon? Sotto sotto sei sempre quel ragazzo romantico, ingenuo e deciso a perseguire quello che può farti stare male – Elena stava per replicare qualcosa, ma il silenzio di lui la spinse ad ascoltare a sua volta – sono passati centocinquant’anni, ma non hai imparato granché, solo a reprimere la tua rabbia e la tua passione sotto una maschera di cinismo; ma non ne sei capace, lascialo a chi è più bravo di te”.

“Siamo vampiri, Kate, certe cose non dovrei spiegartele, visto che hai una certa età. Noi non cresciamo veramente. Impariamo solo come comportarci in pubblico. Siamo fermi, per sempre. Non soltanto giovani. Non evolviamo, accumuliamo esperienze, questo è quello che possiamo fare”.
Non si fidava di lei, ma aveva smesso da un po’ di tempo di odiarla profondamente, da quando il suo amore per Elena aveva superato ogni altro sentimento negativo o positivo che avesse mai provato.
“Sono qui per lei, lasciaci sole, cerca di essere un gentiluomo, come tanti anni fa”. 
“Primo, non lo meriti; secondo, c’è qualcosa che vorrei capire subito”. 
“Aspetta, Damon – Elena non aveva mai abbassato gli occhi da quelli della sua doppelgänger – ormai Katherine non ha motivo di volerci nuocere. Ascolterò cos’ha da dirmi, poi parlerete voi, sicuramente non ci metteremo molto”.

“Puoi scommetterci, non intendo trattenermi dove non sono benvoluta”.
Elena fece un cenno esageratamente cortese all’altra ragazza, invitandola a seguirla nella biblioteca. Damon sospirò sollevando le spalle, decisamente due donne Petrova erano avversarie troppo formidabili; allungò la mano per prendere un bicchiere di bourbon da bere nella sua camera, ma un felice istinto gli disse di portar via direttamente la bottiglia. Si gettò sul letto a peso morto, fissando il soffitto, perdendosi nei suoi pensieri, per un tempo indefinibile.
La porta si aprì senza rumore, lasciando passare contemporaneamente Katherine e una leggerissima folata d’aria che scosse il vampiro dall’isolamento mentale nel quale si era rifugiato. I ricordi, qualcuno piacevole, molti dolorosi, lo invasero mentre la responsabile di tutto quello che gli era successo si sedeva morbidamente sul letto, sciogliendo la lunga treccia e liberandosi del golfino, restando con una sottile canotta scollata fino a far spuntare il pizzo del reggiseno. Le sue dita sottili cominciarono a giocherellare con i bottoni della camicia di seta antracite del bruno, slacciandoli con facilità, ridendo con voce sommessa della sua ostentata indifferenza.
“Che volevi chiedermi? Si tratta di Klaus, vero?”
Damon si girò con un’espressione infastidita sul volto.
“Cosa intendevi con ‘forse è morto’?”
“Che non c’era un vero motivo per mentire sulla sua linea di discendenza, ma noi siamo tutti vivi. Decisamente vivi…”
La mano era scesa sul suo membro, strofinandolo con tocchi leggeri, mentre la sua proprietaria si divertiva della sua immediata reazione.

Con un movimento felino si portò a cavalcioni su di lui socchiudendo contemporaneamente occhi e labbra, cominciando a sfilargli la cintura con voluta tranquillità, come se stesse soltanto riordinando dei vestiti buttati in giro e dopo averla arrotolata la posò sulla pila di libri che sostituiva il comodino, sdraiandosi su di lui per raggiungerla. Prima che potesse capire cosa stava succedendo, si trovò con le spalle sul materasso e i brandelli di quello che era il suo top penzolavano dalle mani di Damon.
Il suo autocontrollo era terminato in un momento. I jeans di Katherine finirono in pezzi, mentre con un rantolo di eccitazione si sbottonava i pantaloni tirandoli via con tanta foga da rovinare anche quelli, poi puntò un ginocchio tra le gambe della vampira, spostandolo con violenza di lato per farsi spazio, stracciando i suoi slip neri, che non offrirono la minima resistenza, seguiti dai boxer buttati per terra. Le mani artigliarono i fianchi della ragazza in una morsa ferrea, facendoli slittare più in basso ma quando stava per possederla fu bloccato da un sussurro.
“Non così”.
“Ce ne hai messo, Elena, stavo cominciando a credere che anche a te piacessero le maniere forti. Forse non dovrei fermarmi, a questo punto”.
Le sue parole suonavano dure, ma i gesti le contraddicevano, era perfettamente immobile, pur non essendosi spostato da sopra di lei e le stava accarezzando delicatamente il viso, i loro corpi così vicini costretti a quell’assenza.
“Come lo hai capito?”

“Credi che non sappia se sei tu? Stai parlando sul serio? – era troppo infuriato per darle la possibilità di spiegarsi – E anche se non fosse così, Katherine la sua collana non la toglie mai. Nessuna chance di trovarsi in difficoltà, almeno dovresti considerare che non sono stupido!”
“Mi dispiace, io… non volevo mentirti ancora… solo farti sentire che stai bene con me. Quando ci siamo chiuse in biblioteca, mi ha spiegato che mi avresti fatto una domanda su Klaus e cosa rispondere e intanto mi ha fatto cenno di scambiarci i vestiti e poi mi ha detto all’orecchio…”
“Cosa?”
“Che questo era il suo regalo di riparazione, per noi. Perdonami, non sono riuscita a resistere… sto diventando cattiva, vero? – si accorse con sollievo che non aveva bisogno di piangere, ma solo di essere capita – forse sono un’eccezione e sto cambiando, ma in peggio... però non intendevo ferirti, te lo giuro”.
Damon sentì le sue labbra tese rilassarsi, per sorriderle.
“Non te lo lascerò fare. Ma adesso non pensarci. E se proprio vuoi ingannarmi, fallo sempre così”.
Scese su di lei, per amarla per la prima di un’infinita serie di notti.

*Naturalmente, so che “BLU” non va inteso come colore, fin qui ci sono…; ) Si traduce “tristezza”, o in questo caso, secondo me, “lacrime”, ma l’associazione con gli splendidi occhi  di Damon, era visivamente irresistibile! La canzone “Bad Things”, è la sigla di True Blood, la mia seconda serie preferita.
** ENRICO QUARTO, atto I, scena seconda
*** come sappiamo, Damon crede nell’uccidere il messaggero, ma scusate...non ricordo il numero dell’episodio!
****New York

 

  
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