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Autore: Eliza    15/04/2007    0 recensioni
L'arrivo della carrozza da Monterrey porta editti del Vicere e un nuovo residente per Santa Elena. Chi dovrà preoccuparsi di più, il Colonnello Montoya o la Regina? (tradotta da Fioredivetro)
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Scena 1

Scena 1

Era un vero sollievo ritornare nella sua stanza dopo una mattinata di lavoro. Grisham era stato fermato da una dozzina di paesani e contadini, tutti a fargli domande sulle nuove tasse, a chiedergli come il colonnello potesse tassare i loro bambini. Se li era tolti di torno con la solita che scusa che lui stava solo seguendo degli ordini e che avrebbero dovuto parlare con il Colonnello. Solo un uomo, Hector Domenico, sembrò prendere sul serio il suggerimento. Ma in effetti sua moglie aveva appena dato alla luce il settimo figlio e nessuno dei precedenti era morto. Si vantava sempre di come riusciva a prendersi cura della famiglia e ora questa tassa sulle persone avrebbe gravato su di lui più che su chiunque altro.

Grisham si era appena buttato sul letto quando sentì la porta aprirsi. Il suo primo pensiero fu che si trattasse di Vera, che doveva ancora ottenere il risarcimento per l'altra sera. Con suo sommo dispiacere, fu Montoya ad entrare.

Il colonnello aspettò solo un momento, poi sorrise all'espressione di Grisham. "Mi dispiace di avervi deluso, Capitano." Il sorriso scomparve. "Sono stato rinchiuso con Sabina tutto il giorno e dovevo assolutamente liberarmene. Forse sarete in grado di aggiornarmi sulla situazione delle tasse, prima di farmi una cavalcata. Se sono fortunato, verrò disarcionato. O magari cadrò dalla scogliera e affogherò."

Un tempo, Grisham l'avrebbe considerata una fortuna anche per lui, ma con la Senora in giro non ne era più tanto sicuro. Quella donna era fuori dalla sua portata e lo sapeva bene. Era molto meglio avere a che fare con il Colonnello. Grisham si alzò dal letto mentre l'altro si accomodava sull'unica sedia. "Avevate ragione, sta dando più problemi di quanto non valga la pena. So che ci sono lamentele anche tra i Don, ma nessuno di loro si prende il fastidio di parlarne con me."

Una risatina da parte di Montoya interruppe il rapporto. "In questo momento Sabina è seduta alla mia scrivania. Lasciamo che se ne occupi lei. Continuate, Capitano."

"Le persone che sono venute da me non sono i soliti idioti che si lamentano di non poter pagare le tasse. Questa gente chiede *come* faranno a pagare le tasse e come possa Monterrey fargli questo. Quella nota ufficiale ha davvero aiutato a non incolpare voi, Colonnello."

"E cosa avete risposto?"

"Ho detto loro di andare a parlare con voi," rispose Grisham riluttante.

"Grazie mille," rispose sarcasticamente Montoya, poi tornò serio. "E' proprio questo che temevo. Sapevo che i Don avrebbero protestato, lo fanno sempre, ma sono le persone che pagano sempre le tasse senza lamentarsi--gli artigiani, i mercanti, i fattori- che saranno portati a reagire, se si preme troppo la mano. La rivoluzione è nell'aria, Grisham. Non dobbiamo accenderne la miccia. Non ancora." E disse quest'ultima frase con quell'avaro ottimismo che ultimamente l'aveva abbandonato. Poi si spense e Montoya si passò stancamente una mano sul viso.

"Date l'impressione di aver bisogno di un bicchierino, Colonnello."

"Forse si, Capitano, ma preferisco tenere la mente limpida. Non c'è niente di più pericoloso di una donna ambiziosa. Sarà per questo che è stato il racconto ammonitore di Macbeth ad accendere il mio amore per Shakespeare?"

Montoya si appoggiò allo schienale. Sembrava nell'umore di parlare, e Grisham solitamente era in quello di ascoltare, almeno fin quando il monologo non era una ramanzina nei suoi confronti. Naturalmente non osava proporre una discussione su Sabina, ma si sistemò meglio, in modo che il Colonnello capisse che ascoltava.

Questo fu sufficiente per scioglierlo. "Mio padre credeva che fosse un ottima idea farmi sposare con la figlia minore di un nobile di antica discendenza. Avevano più donne in famiglia di quante ne potessero mantenere, quindi il matrimonio con un uomo ricco, anche se con una posizione sociale peggiore, fu considerato un buon affare. Sabina era -è- una bella donna, A sedici anni era fresca e delicata, incantevolmente timida. Io credevo che avremmo formato una bella coppia e mio padre che ci saremmo ingraziati la nobiltà. Non aveva funzionato per lui, perchè avrebbe dovuto funzionare per me?Ecco il motivo per cui cerco di convincervi a tenere la testa sulle spalle, Grisham. Se io avessi riflettuto, avrei capito che in Spagna era un sogno impossibile. Qui, tuttavia, la società è più...flessibile. E il potere può essere ottenuto senza titoli.

"I primi anni di matrimonio furono piacevoli, ma scoprii presto che Sabina non era soddisfatta come moglie di un rispettabile, ben educato, benestante ufficiale. Voleva avere accesso ai circoli più prestigiosi e usava ogni mezzo possibile- *ogni mezzo*- per raggiungere il suo scopo. Mio padre la incoraggiava. E, per una volta, lasciai che mi mettessero da parte." Montoya si alzò in piedi e attraverso la stanza. Grisham fu certo di sentire un commento appena bisbigliato, "Stupido."

Questo gli ricordò qualcosa. "Perchè mi incoraggiate a sposare un'aristocratica, se sapete quale inferno comporta?"

Montoya si fermò con la mano sulla maniglia e si girò con un sorriso compiaciuto. "Dubito che Dona Maria Teresa vi darebbe questo tipo di problemi. La sposerei io stesso, ma , come sapete, sono occupato altrimenti."


Scena 2

Fuori dall'ufficio del colonnello era uno degli ultimi posti in cui Hector avrebbe voluto essere. Aveva sempre cercato di stare lontano dallo sguardo delle autorità. Faceva il suo lavoro, si occupava della famiglia e pagava le tasse. Per questo era lì: quella tassa sulla persona gli avrebbe reso impossibile prendersi propriamente cura dei suoi bambini, e per loro valeva la pena rischiare. Alzò il pugno e bussò alla porta. Non doveva essere chiusa, perchè si spalancò immediatamente. Quando guardò all'interno, vide una donna seduta dietro la scrivania del Colonnello Montoya. Lei alzò la testa, scocciata dell'interruzione.

"Scusate, Senora," borbottò, e si girò per andar via.

"Cercate il colonnello, mio marito?" chiese la donna. La sua voce aveva un tono diverso da quello che si aspettava. Hector si girò nuovamente a guardarla e vide sul suo volto un'espressione di benvenuto, che si distese ulteriormente quando si alzò e lo invitò ad entrare. "Sono Dona Sabina Montoya. Forse posso esservi d'aiuto."

//Dona?Già era brutto dover parlare con un ufficiale, ma una nobildonna...?//Hector non sapeva come fosse successo, ma si ritrovò seduto su una sedia di fronte alla scrivania, mentre sentiva la porta chiudersi. La Senora sorrise di nuovo e tornò a sedersi.

"Ora, Senor..." stava aspettando il nome.

"Hector Domenico, " riuscì a gracidare lui.

"Senor Domenico, cosa può fare mio marito per voi?"

Sembrava che fosse davvero interessata, quindi Hector si sistemò meglio sulla sedia, si schiarì la gola e rinnovò la determinazione a trovare una soluzione per il suo problema. "Senora Montoya, sono venuto per la nuova tassa che ci è stata imposta." La donna annuì pensosa, lentamente. Questo lo incoraggiò a continuare. "Ho sempre pagato le tasse, per la vendita del raccolto, ma questa va oltre i miei mezzi. Sono i miei figli, Dona. Ho sette bellissimi bambini e mi chiedono di pagare una tassa su di loro. Sono venuto per evitarlo."

Sabina si alzò e si avvicinò a lui. Con i suoi capelli neri, la pelle chiara e l'espressione compassionevole e serena, gli ricordava una statua di Nostra Signora che aveva visto in una cattedrale, durante il suo unico viaggio a Monterrey. La sua voce era impregnata di rammarico, quando spiegò, "Come dovete sapere, Senor, mio marito prende molto seriamente la sua posizione. Alcuni potrebbero dire troppo seriamente, perchè egli è quasi fanatico nella devozione ai suoi doveri. Quest'ordine è arrivato direttamente dal Vicere in persona."

Si avvicinò ancora, appoggiandosi leggermente alla scrivania. "Ho tentato di rabbonirlo. Mi fa piangere il cuore vedere una famiglia dissanguata dal fardello impostole da un governante che non è a conoscenza della sua condizione." Si sporse ancora un po' e lui riuscì a sentire un pizzico del suo profumo delicato. Aveva intenzione di muoversi ad una distanza più conveniente, ma le parole seguenti furono pronunciate piano e in tono quasi cospiratorio che, nei fatti, lo costrinse ad avvicinarsi a sua volta. "Ho sentito che c'è qualcuno che cerca di ovviare a queste decisioni spiacevoli. Una donna...che porta una spada."

"La Regina," suggerì lui col fiato mozzato.

"E' vero allora?Ha aiutato coloro che si trovavano, a causa di circostanze estenuanti, puniti dalla legge?"

Hector annuì. Anche se non l'aveva mai vista di persona, le sue imprese erano leggendarie, e lui ammirava il suo senso di giustizia.

"Forse dovremmo trarre ispirazione da lei per trovare una soluzione. Come agirebbe al posto nostro?" La Senora suonava un po' come una maestra che tiene una lezione, ma nessuna maestra di Hector gli aveva mai parlato così gentilmente o era stata così bella.

"Lei da l'oro alla gente che è in pericolo di perdere tutto a causa di..." Hector si ricordò improvvisamente con chi stava parlando, "dello Stato."

"Perchè non ti ha dato l'oro delle tasse allora?"

Hector abbassò lo sguardo sul cappello che teneva in grembo. "Prende l'oro intercettando le spedizioni per Monterrey. Sono molto sorvegliate dai soldati. Non potevo chiederle di rischiare la vita per me."

"E tu?Saresti disposto a rischiare?"

"Rapinare la spedizione?!Sarebbe un suicidio!" Hector non riusciva a credere che gli stava anche solo suggerendo una cosa del genere!

La Senora Montoya rise leggermente. "No, Senor Domenico. Niente di così drastico. C'è un obiettivo più facile e io lo renderò ancora più attuabile."

Hector non disse nulla, si limitò a fissarla pensieroso. Lei dovette prenderlo per interesse, perchè continuò, "Mio marito tiene una notevole quantità d'oro nel suo ufficio. E' nel mobile dietro di me, nell'ultimo cassetto a destra, che ha un fondo finto. Ci dovrebbe essere abbastanza oro per pagare le tue tasse e aiutare qualcun altro a fare lo stesso."

L'idea esercitava sull'uomo una certa attrattiva...avere il coraggio e la convinzione della Regina, lo stesso. "Ma non sono un ladro. Sono certo che mi scopriranno."

L'espressione della Senora cambiò. Hector non riusciva a capire in che modo, ma l'interesse e la compassione avevano assunto un tono diverso. "Non preoccupatevi. Posso fare in modo che le guardie si allontanino. Tutto ciò che dovete fare è passare dall'entrata della servitù e attraversare il cortile. Mi assicurerò che la porta rimanga aperta."

Questa storia stava iniziando a preoccuparlo. Stava iniziando a sembrare possibile. "Il colonnello..."

"Sarà occupato."

Sabina sorrise di nuovo e Hector capì che non si trattava di speculazione. Si aspettava davvero che lui andasse fino in fondo. Vide i suoi occhi stringersi pericolosamente, mentre cercava le parole per dirle che era impossibile.

"Senor Domenico, non ci state ripensando, vero?" Di nuovo aprì la bocca per dirle esattamente questo, ma le parole non vennero fuori. Bruscamente, si ritrovò premuto contro lo schienale con Sabina Montoya molto vicina a lui. Lo guardava come se fosse un serpente, e lui la sua preda.

"Hector, pare che abbiamo un problema." La sua voce era bassa e melliflua, e sembrava che lo avvolgesse nelle sue spire. "Vedi, ti ho detto troppo per permetterti di andare via così. Forse dovrei urlare?La guardia arriverebbe immediatamente per scortarti in prigione, dove aspetteresti il mio geloso marito. O potrei lasciarti andare. Ma siamo stati qui dentro per un po', con la porta chiusa. Se qualcuno l'avesse notato..." Si allontanò, doveva aver visto la comprensione farsi strada nei suoi occhi. La facciata melensa era di nuovo al suo posto, ma ora Hector poteva vedere le crepe.

"Un'ora dopo il tramonto, stasera." disse infine la donna.

Hector si alzò in piedi e annuì, segnando il suo destino. Mentre usciva dall'ufficio, giurò che avrebbe preso solo il necessario a pagare le tasse. Il resto sarebbe andato a chi ne aveva bisogno. Forse sarebbe riuscito a contattare la Regina, così da non essere ulteriormente implicato in questa pericolosa faccenda.

Quando arrivò nei pressi della chiesa, promise di recitare dodici Ave Maria come penitenza per aver osato comparare Sabina Montoya anche solo a una statua di Nostra Signora.

 

 

Note: Il passaggio dal tu al voi è voluto. Scusatemi ancora per il ritardo!

  
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