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Autore: fellina    03/10/2012    3 recensioni
Saremmo rimasti in veranda a bere sakè, mio padre, Itachi ed io, guardando i bambini giocare in giardino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
- Questa storia fa parte della serie 'Flussi di pensiero'
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Flashfic scritta in piena crisi depressiva pre-esame. Perché esistono gli esami 'orali' dopo lo scritto?
Ho una storia quasi pronta da mesi, un'altra in testa da una vita, una long in corso, e naturalmente posto questo sclero depressivo scritto mezz'ora fa. Va be'.
Tanto tra meno di un mese c'è il Lucca Comics

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Kishi-sensei. Questa storia è stata scritta a solo uso depressivo, senza alcuno scopo di lucro.









Tutto è relativo all'attimo, soprattutto i sogni.

Quando avevo 5 anni sognavo che da grande sarei entrato in polizia. Sarei succeduto a mio padre nel comando e avrei collaborato con Itachi per mantenere la pace a Konoha. Avrei sposato una ragazza bella come la mamma e avrei avuto dei figli. La domenica avremmo pranzato dai miei genitori, sia la mia famiglia che quella di Itachi. Saremmo rimasti in veranda a bere sakè, mio padre, Itachi ed io, guardando i bambini giocare in giardino.

Poi è successo quello che è successo e il sogno è cambiato, non poteva più essere quello. Ciò che pensavo era solo di vendicarmi, di vendicare la mia famiglia, il mio clan, il mio sogno distrutto. Non avrei più potuto avere le persone che amavo vicino, qualunque futuro riuscissi a pensare era sempre senza di loro, perciò tanto valeva non sognarlo più. Avrei ucciso Itachi e poi avrei cercato qualcuno per mettere su famiglia, per ricreare almeno in minima parte quel sogno.

Ma non era Itachi il vero colpevole. La colpa era di Konoha, era della città che volevo difendere. Tutto nella mia testa e nel mio cuore si spense. Gli abitanti erano felici, avevano una casa, una famiglia, un lavoro, la loro semplice vita quotidiana, quello che io desideravo, quello che non avrei mai potuto avere.
Perché loro sì e io no?
Perché loro possono averlo e a me invece l'hanno tolto?
Se è così che deve essere, allora stavolta sarò io a toglierlo a loro.
  
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