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Autore: realpandora    03/10/2012    4 recensioni
Questa è la mia prima McDanno, anzi... E' la prima storia che scrivo da 15 anni a questa parte; quindi cercate di avere pietà.
Questo capitolo inizia una settimana dopo la season finale della 2^ stagione, quindi attenzione agli spoiler per chi non l'ha vista.
Steve torna al quartier generale... Non da solo.
Grazie a babycin per avermi fatto da beta. Ti adoro, babe! E voi non odiatemi. Posterò un capitolo a settimana. Se riesco a tirarne fuori di più,sarete i primi a saperlo. ;P
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo, ma la mia salute ha deciso di non voler collaborare... >_<
Siamo quasi arrivati alla fine del nostro viaggio.
Come si confessano i propri sentimenti se non si è bravi ad esprimerli?


Capitolo 8: Thank you for lovin’ me

(Titolo sfacciatamente preso da una canzone dei Bon Jovi! I <3 Jon.)

 
Danny quella sera dormì sul divano. Dormì… parolona. Diciamo che cercò di riposarsi, continuando a girarsi da una parte all'altra, provando a non cadere dal bordo.

Era successo di tutto quel giorno: dall'occasione mancata in cucina con Steve, all'arrivo di Catherine e della madre del SEAL, il pomeriggio passato con Chin e Kono alla ricerca di indizi su chi avesse mandato l'uomo entrato in casa di Doris e poi l'indomani pomeriggio - diede uno sguardo all'orologio del lettore DVD: le 01.30 - no, quel pomeriggio, sarebbe dovuto andare a prendere Grace, per cominciare finalmente a vivere come una famiglia.

Si girò per l'ennesima volta sulla schiena, mettendo a posto le cuffie e cercando di trovare una posizione comoda. Si ritrovò a guardare il soffitto e a ripensare a quello che era successo dopo che Catherine se ne era andata.

Flashback.

Steve era sceso appena la madre si era addormentata - era passata quasi un'ora. Aveva trovato Danny che parlava al telefono con Kono seduto sul divano; il biondo, appena l’aveva visto, aveva messo il vivavoce, mentre il SEAL si sedeva vicino a lui, e aveva appoggiato il cellulare sul tavolino: "Ora ti sente anche lui, Kono."

"Bene" disse la poliziotta. "Boss, come dicevo a Danny, siamo andati alla casa sicura e, Steve, l'uomo era già scappato. Max si sta occupando di raccogliere le prove in casa, mentre io e Chin stiamo cercando indizi qui in giro. Da quello che mi ha detto Danny, se era da solo, non può essere andato molto lontano ferito così…" Sentirono Chin dirle qualcosa in sottofondo. Dai rumori che si sentivano provenire dal cellulare, sembrava che i due cugini stessero camminando nello scarso sottobosco hawaiano presente intorno alla casa. "Chin ha detto che ha trovato delle gocce di sangue sul suolo."

Ci fu ancora un confabulare indistinto, poi Kono chiese: "Boss, siete sicuri di non voler coinvolgere l'HPD? Dopotutto ci sono due poliziotti morti là davanti."

Steve si avvicinò al cellulare, in questo modo accostandosi al collega quel tanto che bastava perché le loro cosce si toccassero. Danny cercò di rimanere rilassato, mentre sentiva un calore piacevole partire da quel semplice punto di contatto tra lui e il partner. "Kono, non sappiamo chi sia la talpa" disse accalorato il SEAL. "Non posso permettere che qualcuno…" Si bloccò quando sentì una mano sulla spalla e si voltò verso il collega.

Danny stava facendo un cenno negativo con la testa. "No, Steve. Se vuoi, puoi chiamare il governatore e chiedere che la polizia non sia coinvolta. Ma, e te lo dico da poliziotto, se andiamo in Centrale e diciamo che c'è una talpa - e non è detto che ci credano - che ha fatto uccidere due di loro, avremo a nostra disposizione tutto il Distretto. Talpa compresa. Ed è molto più probabile che in questo modo faccia qualche errore che…"

Dal cellulare si sentì del trambusto, poi la voce di Kono: "Fermo. 5-0!" e successivamente quella di Chin che andava verso il sospettato e lo prendeva in custodia, leggendogli i suoi diritti mentre gli metteva le manette. "Boss, l'abbiamo preso. Chin lo ha ammanettato e sta chiamando l'ambulanza. È ferito proprio dove mi avevi detto tu, Danny." Kono fece una pausa. Quando riprese a parlare, la sua voce aveva un tono strano. "Steve, Danny… So chi è. È uno degli uomini di Delano. È il tizio che mi ha buttato giù dalla barca."
"Kono, sei sicura?" chiese Danny.

"Sì, Danny. Non riuscirei a dimenticare la sua faccia nemmeno volendo." La voce della ragazza ora aveva un tono decisamente arrabbiato.

"D'accordo, Kono" disse Steve. "Di sicuro almeno abbiamo qualcosa per cui trattenerlo e per cui possiamo farlo incriminare. Chiamate la scientifica. Io e Danny andremo al Distretto a parlare con il sergente Duke e metterlo al corrente della situazione. Poi Danny vi raggiungerà al Palazzo, mentre io andrò a Pearl per vedere se Catherine ha scoperto qualcosa."

A quelle parole, l'espressione di Danny si rabbuiò per un istante, poi il poliziotto scrollò le spalle e, con fare indifferente, suggerì: "Vai pure subito a Pearl; me la posso cavare da solo all'HPD." Il detective si alzò di scatto e disse rivolto verso il cellulare, con un tono quasi scherzoso: "Chin, Kono... Quell'uomo deve arrivare in ospedale con non più delle ferite infertegli da Doris McGarrett. Mi raccomando."

"Ehi Danny, per chi ci hai preso..." rispose Kono, ridacchiando. "Se noi lo toccassimo ci sporcheremmo le mani." Si sentì Chin bofonchiare qualcosa, Kono ridere con gusto, poi la ragazza continuò: "Chin dice che ne rimarrebbe ben poco se lui gli mettesse le mani addosso. Neanche da sporcarsele."

Danny fece un sospiro esasperato. "Ci vediamo al Quartier Generale. Fate i bravi."

Steve fermò il poliziotto prendendolo per un polso. Si era accorto del cambio d'espressione repentino avvenuto sul viso del partner "Danno, tutto bene?"

Danny fissò per qualche istante la mano che lo teneva sul posto. Alzò poi lo sguardo, che sperò non dimostrasse quanto il fatto che Steve stesse già correndo da Catherine l'avesse ferito, verso il SEAL in questione. "È tutto a posto. Cosa dovrebbe esserci che non va?" Liberò una mano con un leggero strattone e indietreggiò di un passo, cercando di non pensare alla stretta al cuore che gli aveva procurato l'espressione confusa del partner al suo gesto. "Vado in camera mia a prendere qualche vestito. Spero solo di non disturbare Doris."

Il detective salì le scale a due a due, entrò in camera sua e prese i vestiti dall'armadio senza, per fortuna, svegliare la madre di Steve. Si andò a vestire nel bagno della camera di Grace e, quando ebbe finito, si rese conto che non ci aveva messo più di una decina di minuti. Dieci minuti in cui aveva continuato a darsi dello stupido. Daniel sei un idiota. Ma pensavi davvero che quel cavernicolo avrebbe avuto un'illuminazione e sarebbe arrivato a razzo sopra una nuvola rosa di amore e comprensione, a dirti che ha capito che vuoi essere rassicurato e che vuole te e ama solo te? Idiota. Il poliziotto guardò ancora per qualche secondo la propria immagine riflessa, poi si strofinò gli occhi con due dita (non stava piangendo: è che aveva guardato troppo a lungo fisso davanti a sé senza sbattere le palpebre!), uscì dal bagno, scese veloce le scale e uscì dalla casa con un rapido e piatto "Ci vediamo al Palazzo", senza dare il tempo al partner di rispondere e senza dare peso alla sensazione di vuoto che aveva nel cuore, vuoto che neanche nel periodo subito post divorzio aveva sentito così profondo.

Steve era rimasto tutto quel tempo seduto sul divano, ripetendo nella mente tutto il discorso, cercando di capire cosa avesse detto o fatto di sbagliato. Quando vide uscire Danny dalla casa così precipitosamente, capì che veramente c’era qualcosa di profondamente storto in tutta quella storia; doveva solo capire cosa.

Salì in camera della madre e le lasciò un biglietto sul comodino, dove le spiegò dove erano andati tutti. Le lasciò anche una pistola dentro il cassetto del mobiletto, con attaccato un altro bigliettino in cui c’era scritto: “Non è che devi per forza usarla, sai?” Si diresse poi verso la base di Pearl.

Dopo i necessari controlli ed essersi fatto indicare dove fosse l’ufficio del Tenente Rollins, si presentò davanti alla porta della donna. Catherine, appena lo vide sulla soglia, sorrise felice, si alzò di scatto, lo tirò dentro per un braccio, chiuse la porta e lo abbracciò, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo e inspirando profondamente. Steve, sorpreso, d’impulso rispose all’abbraccio, per poi scostare il tenente da sé e chiederle: “Non che mi dispiacciano i saluti affettuosi, ma ci siamo visti solo stamattina. Come mai tutto questo entusiasmo?”

Catherine lo guardò un momento, perplessa. “Beh, Steve. Ho immaginato che tu non fossi qui per le informazioni, visto che per quelle potevi tranquillamente aspettare che io ti chiamassi. Quindi l’unico altro motivo poteva essere che avevi fatto la tua scelta…”

Steve ora capiva la gente che diceva che, a volte, la comprensione è come un fulmine a ciel sereno: lui, in quel momento, si sentì folgorato. Si staccò completamente da Catherine e si sedette sul bordo della scrivania, coprendosi il viso con le mani e sussurrando: “Oh, Danno…”

“Steve, stai bene? Cosa ti succede?” chiese Catherine, preoccupata.

“Cath, mi dispiace deluderti,” le rispose il SEAL, attraverso le dita. “Ma io ero venuto per le informazioni. Non avevo minimamente pensato al fatto che il mio venire qua potesse essere inteso come una mia scelta verso di te.” Si sfregò la fronte con le dita prima di abbassare le braccia, appoggiare le mani sulle cosce e, con lo sguardo fisso su Catherine, continuò: “Cath. Tu sei una delle migliori amiche che io abbia mai potuto avere e, se quello che hai detto a Danny è vero, spero che continuerai a esserlo.” Prese le mani della ragazza fra le sue, negli occhi un’espressione dolce. “Abbiamo avuti dei bellissimi momenti io e te, ma non posso sceglierti.” Vide le lacrime cominciare a spuntare agli angoli degli occhi del tenente. “Cath. Mi dispiace, veramente. Ma io amo Danny e…” Si bloccò di colpo, rendendosi conto di quello che aveva detto.

Catherine soffocò una risatina e disse: “Oh diavolo. Ma sei sempre il solito. Non gliel’hai ancora detto vero?”

Il SEAL arrossì lievemente e si passò una mano sulla nuca. “Ehm, no. Ancora no.”

Il tenente lo guardò, facendo un sorriso, pur avendo ancora gli occhi umidi. “Dai, va a prenderti il tuo uomo. Appena ho qualche informazione interessante ti chiamo.”

Questa volta fu il comandante ad abbracciare la donna con trasporto, dandole un bacio sulla tempia, per poi uscire di corsa dall’ufficio.

Purtroppo, niente sembrò andare come voleva, perché appena arrivato al QG, Chin gli disse che Danny era andato in ospedale con Kono per interrogare il sospettato e aveva detto che sarebbe rimasto lì finché il sergente Duke non avesse mandato uomini di propria fiducia a fargli la guardia. C’era sempre la possibilità che la Talpa cercasse di metterlo a tacere per sempre.

Venne a sapere anche che, proprio grazie al sergente, avevano a disposizione l’intero Distretto per le indagini sull’infrazione nella casa sicura ed era già stata avviata un’indagine interna per scoprire chi avesse tradito. Chin avrebbe seguito gli sviluppi. “Danny ha detto che era meglio se me ne occupavo io, ma che appena sapeva qualcosa di Delano, mi avvertiva.”

“Allora direi che posso tornare a casa da mia madre” concluse Steve, non proprio contento.

“Steve è tutto a posto?” chiese il poliziotto all’amico.

“Sì, Chin.” Steve guardò il poliziotto più anziano per qualche secondo, poi aggiunse: “Anzi, per la verità no. C’è una persona che mi sta molto a cuore, ma credo di aver combinato un casino e non so come rimediare” gli spiegò passandosi una mano sul viso.

“Ah. Ora capisco perché Danny era più scontroso del solito.” Chin Ho fece un sorriso alla faccia scioccata del suo capo. “Pensavi che nessuno si fosse accorto che voi due vi stavate girando intorno come l’ape attorno al miele? Pensavo mi ritenessi più intelligente di così. E prima che ti venga un colpo, lo sa anche Kono. La prima cosa che ha fatto la mia cuginetta appena ha visto entrare Danny, è stato abbracciarlo e dire che anche se tu sei il suo capo, ti avrebbe fatto mettere a posto qualsiasi cosa tu avessi fatto di storto anche a costo di prenderti a calci nel sedere.” Il poliziotto rise all’espressione sempre più sbalordita del comandante.

“E scusa… Perché dovevo per forza essere io ad aver fatto qualcosa di sbagliato?” chiese uno Steve immusonito.

“A parte che me l’hai confermato tu poco fa, ma di solito è così no? Senza offesa, Steve, ma la routine è che tu fai casino e Danny ci va di mezzo” rispose Chin, il suo spirito zen quasi del tutto riequilibrato anche nel prendere in giro il suo boss. “Seriamente, ti conviene andare a casa e trovare un modo di farti perdonare. Soprattutto se ci tieni veramente come hai detto.”

“Grazie Chin. Vedrò cosa fare.” Diede una pacca sulla spalla all’amico e andò a casa, un piano per riconquistare il suo Danno che si stava già formando nella sua mente.

(Tutto questo, Danny lo è venuto a sapere dopo da Cath e Chin. ;) )

Peccato però che Danny tornò dall’ospedale quasi alle undici di sera, senza alcuna voglia di stare ad ascoltarlo – Steve era rimasto in piedi ad aspettarlo – e fosse andato subito nel bagno della figlia per farsi una doccia e avesse chiesto stancamente di lasciargli libero il divano per andare dormire, vista la giornata terribile appena passata e la giornata non proprio rilassante che gli si prospettava l’indomani: affrontare di nuovo l’ex-moglie non era nei suoi passatempi preferiti.

Fine Flashback.

Danny si girò un ultima volta sul divano, guardò di nuovo l’orologio e vide che erano appena passate le tre. Niente. Non riusciva proprio a dormire. Si alzò, indossò una canottiera sopra i boxer, andò in cucina a prendersi una birra e uscì a sedersi nel lanai, sperando che l’alcol e un po’ di aria fresca riuscissero a dissipargli un po’ di quell’ansia che non riusciva a farlo dormire.

Non sapeva quanto tempo era rimasto lì fuori a guardare la notte e a sentire il frangersi delle onde sulla spiaggia, dopotutto non era un suono tanto male, doveva ammetterlo, di sicuro erano passati solo pochi minuti quando sentì aprirsi la porta finestre e dei passi conosciuti avvicinarsi alla sua sedia.

“Ehi, Danny, cosa ci fai qui fuori?” chiese Steve, la voce impregnata di preoccupazione per il partner.

Danny appoggiò i gomiti alle ginocchia e cominciò a giocherellare con l’etichetta della birra, evitando di guardare il SEAL. “Ti ho svegliato? Scusa, ma non riuscivo a dormire, così sono venuto qua fuori a pensare.”

Steve avvicinò la sedia a quella del biondo, sedendosi poi in modo da fronteggiare la sagoma del collega. “Pensare a cosa, Danno?”

“Pensavo che forse non è il caso che io rimanga in casa tua a lungo. Pensavo che forse è meglio che cominci a cercarmi qualcosa per conto mio il prima possibile.” Danny prese un sospiro tremulo e alzò gli occhi verso il partner. Rimase scioccato. Non aveva mai visto Steve così arrabbiato.

“E per quale ragione te ne vorresti andare, scusa? Te l’ho già detto. Questa è casa tua. Tua e di Grace. Non è assolutamente necessario che tu te ne vada.”

“Steve…” Danny cercò di far uscire le parole dal nodo che si sentiva in gola. “Io ti ringrazio, ma le cose potrebbero diventare un po’ imbarazzanti. Con Catherine e tutto il resto…”

Steve scattò in piedi. “Oh, Cristo, Danny. Non c’è nessuna Catherine e tutto il resto! Se tu mi avessi fatto spiegare stasera…” Si fermò con uno strano sguardo negli occhi e disse al partner: “Aspettami qui. Torno subito.” E rientrò in casa a passo di marcia.

Danny lo guardò rientrare, senza parole per la reazione che il SEAL aveva avuto. Quando lo vide riapparire, rimase ancora di più senza fiato: aveva in mano il lettore CD, il suo CD dei Bon Jovi – e quando l’aveva preso dalla Camaro? – e una rosa rossa che, al vederla, sembrava essere stata in frigo fino a quel momento.

“Steve, cosa…?”

“Danny, tu lo sai che io non sono bravo con le parole, specialmente quando riguardano i sentimenti. Beh, ho pensato che se dovevo farti dire da qualcun altro quello che provavo, almeno lo faccio fare da qualcuno che piace a entrambi, no?”

Steve mise il CD dentro il lettore, cercò sulla copertina il numero della canzone e schiacciò play. Le note a volume basso, per non svegliare Doris, di “Thank you for loving me” invasero l’aria.

It's hard for me to say the things 
I want to say sometimes 
There's no one here but you and me 
And that broken old street light 
Lock the doors 
We'll leave the world outside 
All I've got to give to you 
Are these five words when
I 

Steve diede la rosa a Danny, le guance colorate un pochino di rosa per l’imbarazzo.

“Steve, sei sicuro di quello che stai facendo?”

Thank you for loving me 
For being my eyes 
When I couldn't see 
For parting my lips 
When I couldn't breathe 
Thank you for loving me 
Thank you for loving me

Steve si avvicinò alla sedia del partner, mettendogli una mano sulla spalla. “Mai stato più sicuro di qualcosa in vita mia.”

I never knew I had a dream 
Until that dream was you 
When I look into your eyes 
The sky's a different blue 
Cross my heart 
I wear no disguise 
If I tried, you'd make believe 
That you believed my lies

Danny appoggiò la birra e la rosa sulla sabbia, per poi prendere il polso del SEAL e portare l’altro uomo davanti a sé, in mezzo alle sue gambe.

Thank you for loving me 
For being my eyes 
When I couldn't see 
For parting my lips 
When I couldn't breathe 
Thank you for loving me 


Steve si mise in ginocchio in modo da essere quasi alla stessa altezza di Danny, gli prese il viso tra le mani e, accarezzandogli uno zigomo e guardandolo negli occhi cercando di far trasparire tutto il sentimento che provava verso il biondo, disse: “Danno, tu mi sollevi quando cado, suoni il gong prima che mi venga dato il KO... e rischi la tua stessa vita per salvarmi. Quando non potevo volare mi hai dato le ali. Ti ringrazio per amarmi. Quasi quanto io amo te.”

Danny era sicuro che il bruciore che sentiva negli occhi fosse provocato dal vento che portava la sabbia in giro, perché di sicuro lui non stava piangendo grazie a quell’animale del suo partner che gli fregava i CD dalla macchina e si metteva pure a quotare le canzoni dei Bon Jovi per fargli una… meravigliosa e zuccherosa dichiarazione d’amore.

Il detective guardò per qualche attimo il viso del partner, prima di mettergli una mano sulla nuca, avvicinarlo a sé, dirgli con un sorriso sulle labbra: “Sei proprio un cavernicolo” e baciarlo con tutta la passione e la dolcezza che poteva trasportare in quel loro primo bacio.

  
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