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Autore: _Syriana    03/10/2012    4 recensioni
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-Mi spiace- quel sussurro ruppe il voto di silenzio che da mesi le sue labbra avevano sancito. Sentì il cugino voltarsi per guardarla, stupito da quella voce che da fin troppo tempo non sentiva.
Si sentì stringere in un abbraccio, e in solo quel calore familiare, si permise di versare quelle lacrime troppo trattenute.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I will always love you

A Gab e Bells, che l’hanno letta per primi.

 

“If I should stay
I would only be in your way
So I’ll go, but I know
I’ll think of you every step of the way
and I will always love you,
I will always love you”

I will always love you, Whitney Houston

 

-  Amare qualcuno è come confidare le tue colpe al più bello degli angeli, che però tiene in mano la spada del giudizio -. Erano queste le parole che sua nonna le ripeteva ogni sera, prima di andare a dormire.                                                                                              
Lei la ascoltava con quell’ingenuità che ogni bambina ha, non capendo veramente quelle parole, trovandole belle e poetiche, ma prive di significato.                                                             
Sua nonna aveva smesso di dirle quella frase quando era partita per il suo ultimo viaggio, quello da cui nessuno – a meno che lunghi canini affilati non ti avessero reciso la pelle prima della partenza – sarebbe più tornato; eppure, ogni sera, prima che Morfeo la traesse nelle sue braccia oscure, sentiva quelle parole nelle orecchie, accompagnate da quella musica che era stata la voce della nonna.


- Vorrei poterti stare accanto per il resto della vita… -. Era iniziata così la frase che le aveva fatto battere il cuore a mille per la prima volta, in un pomeriggio d’inverno nella sua stanza del Collegio. Era seduta alla scrivania, la sedia voltata verso l’interno, una mano poggiata sul legno del mobile, vicino ad una boccetta di inchiostro, gli occhi rivolti verso il basso ad incontrare sue iridi verdi. Il ragazzo se ne stava inginocchiato a terra, una mano sulle gambe.                
Vide un lampo di sofferenza passare per quegli occhi verdi – come gli alberi nel giorno in cui si erano incontrati, in quel boschetto che era diventato il loro rifugio – e il suo cuore si strinse nel petto.
- … ma sappiamo entrambi che non posso. Non possiamo-.
Si era alzato ed era uscito dalla stanza, mentre una sola lacrima le solcava il viso pallido.


Pioveva. La finestra della stanza era spalancata, il vento faceva agitare le tende e l’acqua, non trovando l’impedimento del vetro, si riversava all’interno della stanza. Un fulmine illuminò la scena, rivelando candele a terra, spezzate, immerse in una valle di carta ed inchiostro.  
La porta si spalancò e due ragazze corsero dentro la stanza, urlando frasi sconnesse: la finestra venne chiusa, mentre un paio di mani femminili la prendevano per le spalle e la scuotevano.
Non ci fu risposta alle loro domande, solo un inquietante silenzio.


Camminare le aveva sempre calmato i nervi, eppure quella semplice attività, in quei giorni, non sanciva nessun effetto su di lei.                                                                
Camminava al braccio del cugino, la spada di lui che qualche volta si impigliava al suo vestito, gli occhi persi nell’ammirare la natura di quel luogo: da bambina l’aveva amato. Le lunghe passeggiate con la nonna, i giochi con la sorella e i cugini. Ora, sentiva che quel luogo aveva perso il suo fascino. O era lei che aveva perso qualcosa – un pezzo del suo cuore, un pezzo della sua anima… entrambi -.
-Mi spiace- quel sussurro ruppe il voto di silenzio che da mesi le sue labbra avevano sancito. Sentì il cugino voltarsi per guardarla, stupito da quella voce che da fin troppo tempo non sentiva.
Si sentì stringere in un abbraccio, e in solo quel calore familiare, si permise di versare quelle lacrime troppo trattenute.  


Poche parole possono rovinare una vita. Lei aveva già sperimentato la verità di quelle parole sulla pelle, con quell’unica frase che l’aveva distrutta dentro.                                          
Ma mai aveva sentito un tale vuoto dentro al cuore come dopo aver letto quella cortissima, insulsa, missiva portatale da un insulso valletto.                                                          
Aveva dovuto leggerla varie volte per capirne il significato nascosto sotto mille frasi di circostanza, condoglianze e giustificazioni per fatti che non sarebbero mai potuti cambiare.
Le urla le erano uscite dalle labbra spontaneamente. I vasi nella stanza si spezzarono sotto la violenza della sua mano, i libri caddero sotto la furia della sua mente e gli specchi si ruppero sotto il peso del suo dolore.
Nemmeno si accorse delle braccia che l’avvolsero, che la strinsero contro un petto grande e forte, cercando di calmarla, i pugni che si abbattevano sul quel petto, delle lacrime disperate che le scendevano dagli occhi.
Fu calma solo quando non ci furono più lacrime.


- Caroline – la voce della cugina suonava spenta alle sue orecchie. Si girò, guardando Alexandria negli occhi, ma senza realmente vederla.                                                    
– Dobbiamo andare, Carol – disse, la voce dolce, ma lo sguardo pieno d’ansia, come se si aspettasse un altro scoppio.                                                                                      
Che non arrivò.             
Si alzò dalla sedia, la schiena dritta e il mento alto, la fierezza nel mostrare due occhi segnati da infinite ore di pianto, e si diresse verso l’uscita del Collegio.
Pioveva. Pensò che forse la pioggia era stata maledetta a segnare ogni sua giornata buia, ma sorrise: da un lato era confortante sapere che qualcosa non sarebbe mai cambiato. – Piove – sussurrò, chiudendo appena gli occhi e prendendo la cugina per il braccio, avviandosi verso il resto della sua scorta.


La bara era di un nero lucido, sotto il velo della bandiera. Sulla navata della Cattedrale erano posti migliaia di drappi portanti le insegne della Nazione di Altieres. Era questo il tipo di funerale che spettava ad un soldato di Reggenza morto in servizio.                                     
Lei non avrebbe mai ricordato la cerimonia o le lacrime che le scorrevano attorno, mentre il suo viso era rimasto asciutto.                                                                                       
Guardava negli occhi il ritratto del ragazzo, in quelle iridi verdi che tanto aveva amato e che avrebbe amato per sempre. Iridi nelle quali si era specchiata e in cui aveva scorto un infinito amore verso di lei.
– Daniel – sussurrò, e il suo nome si perse nel suono delle campane a lutto.

 

 

Grazie a tutti. Anche solo per essere passati di qui.

   
 
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