Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: RobTwili    04/10/2012    105 recensioni
Alexis sta scappando, non sa nemmeno lei da cosa. A due esami dalla Laurea in Medicina alla Stanford-Brown, decide di mollare tutto e tutti e fuggire lontano.
Attraversa l’America e approda nel Bronx.
Il sobborgo della Grande Mela non le offre un caldo benvenuto e subito si rende conto che non tutta l’America è come l’assolata Los Angeles.
Ryan ha sempre vissuto nel Bronx, sul corpo e sul cuore i segni di una vita vissuta all’insegna delle lotte tra bande e dell’assenza di una famiglia su cui poter contare.
Alexis comincia a cadere in quel vortice che Ryan crea attorno a lei. Vuole a tutti i costi salvarlo, portarlo sulla retta via; non c’è infatti qualche legge che costringe una ragazza ad aiutare chi è senza speranze?
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Eagles don't gain honestly'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
YSM
 
 
«Dottoressa Cooper, il signore della 198 si è ripreso. Mi aveva detto di avvisarla anche se aveva finito il turno». Michelle, la nuova e gentile infermiera, mi porse la cartella medica del paziente con i valori registrati qualche minuto prima durante la visita giornaliera. La ringraziai con un sorriso, camminando lungo quel corridoio bianco e illuminato: sembrava infinito. Continuavo a guardare i numeri delle camere posti in successione; pari a destra e dispari a sinistra. La stanza 198 era la penultima in fondo, prima della porta d’emergenza che mostrava uno scorcio di città, ai piedi di quell’ospedale. Entrai nella camera, visitando il paziente e controllando che i valori fossero nella norma e salutandolo poi, prima di lasciare quella stanza per andare a cambiarmi e uscire da quell’ospedale.
Amavo il mio lavoro ma dopo un doppio turno di dodici ore cominciavo a sentire i primi segni di stanchezza, quelli che non mi permettevano di essere lucida e pronta se fosse arrivato un nuovo ferito da incidente stradale.
Uscii dall’ospedale e respirai a pieni polmoni l’aria calda, lasciando che il sole mi scaldasse il viso e che il vento mi scompigliasse i capelli; la sensazione di quei deboli raggi di sole riuscì a strapparmi un sorriso mentre svoltavo l’angolo per entrare, come ogni settimana, nel negozio.
«Dottoressa Cooper, il solito?» chiese la commessa, iniziando a preparare il pacchetto perché potessi portare via quello che avevo comprato. Io annuii solamente, allungandole dieci dollari e insistendo – come ogni settimana – affinché non mi restituisse il resto. Uscii dal negozio cominciando a camminare lentamente; sapevo che mi aspettavano quasi venti minuti di camminata, ma per quanto stanca potessi essere, in qualche modo quella routine settimanale mi rilassava.
Sentii il cellulare vibrare in tasca per segnalarmi l’arrivo di un messaggio e sorrisi, prendendolo in mano e sbloccandolo. «Potresti prendere il latte in polvere per Ryan Junior? Io non ricordo mai qual è e non vorrei che gli succedesse qualcosa di male. Fai tu che sei una dottoressa, niente responsabilità per me». Paraculo, pensai, digitando velocemente che avrei preso io il latte in povere per RJ. La risposta arrivò poco dopo, ringraziandomi di nuovo con una sfilza di complimenti su quanto io fossi indispensabile e importante per tutti e avvertendomi che per cena non c’era niente da mangiare. Ovvio, dovevo passare io al negozio per fare la spesa.
Non sarebbe mai cambiato nulla, perché quella era la routine settimanale che mi ero scelta e che avevo deciso di affrontare. Quella era la vita che avevo deciso di vivere, con tutte le conseguenze positive e negative, felici e dolorose. Mi sistemai una ciocca di capelli dietro all’orecchio aprendo il basso cancello in ferro battuto e richiudendolo alle mie spalle. Dopo quasi un anno ancora mi chiedevo perché nessuno avesse pensato di sistemarlo, visto che produceva un rumore fastidioso ogni volta che qualcuno lo apriva o  chiudeva. Con quello stupido pensiero camminai fino ad arrivare a quel pezzo di pietra, sedendomi davanti dopo aver sistemato le tre rose – bianca, rossa e blu – sopra.
«Ciao» mormorai imbarazzata, esattamente come facevo ogni giovedì finito il mio turno al St. Barnabas. Guardai la scritta su quella tomba, scostando un po’ di muschio che si stava formando e che rischiava di ricoprire la fine del suo cognome. Spostai il muschio, lasciando che si vedesse tutto il cognome, posto sotto a quell’aquila intagliata nella pietra. «Oggi ho un po’ più tempo degli altri giorni, forse oggi voglio ritagliarmi un po’ più di tempo rispetto alle mie fugaci visite degli altri giovedì» iniziai a dire, sedendomi comoda davanti alla lapide e giocherellando con i petali della rosa rossa secca che avevo portato la settimana precedente. «Mi sono sempre chiesta se hai capito perché vengo solo di giovedì, ma poi mi rispondo che non eri idiota, solo stronzo. Insomma, lo sai perché vengo il giovedì, no? Adesso dovresti dire qualcosa come… sì lentiggini, non sono così idiota come credi, giovedì  è il giorno in cui i Misfitous mi hanno fottuto» imitai malamente la sua voce, usando la rosa che avevo tra le mani come se fosse una sigaretta. La verità era che mi mancava, terribilmente. Forse, proprio per quel motivo, non ero riuscita a prendere l’aereo per Miami ma, all’ultimo minuto, ero salita su un volo per Los Angeles, perché qualcosa mi aveva spinta ad affrontare le mie paure. «Comunque volevo ringraziarti. Lo so che non dovrei, ma… sembrerà stupido Ryan, ma hai fatto qualcosa alla mia vita che… sono cambiata. Mi hai insegnato che se credi in qualcosa lotti fino a quando non l’hai ottenuta, mi hai insegnato che non si scappa dai problemi, ma bisogna affrontarli. E ho fatto così, hai visto? Ho preso l’aereo per Los Angeles e ho dato quei due stupidi esami per essere un medico a tutti gli effetti. Li hai visti i ragazzi mentre mi applaudivano quando ero sopra a quel palco a ritirare la mia laurea? Perché mi è sembrato quasi di vederti lì, tra Brandon e Sick, con la tua aria scazzata e la sigaretta tra le labbra. Invece Brandon è stato gentile, mi ha abbracciata e mi ha detto che era fiero di me». Non riuscii a trattenere una risata, asciugandomi una lacrima che era scesa al ricordo del giorno della mia laurea e della sorpresa nel vedere Brandon, Josh, Sick e Irene lì, per me. «Così ho capito che era giusto che tornassi nella mia vera casa e sono tornata qui. Sai che il 3B non è lo stesso senza di te? Sembra stupido, ma è quasi vuoto e più silenzioso, la tua camera non l’ha toccata nessuno e Brandon secondo me sa che ogni tanto ci vado, solo per risentire quell’odore di fumo e casa che trovo tra le tue felpe, però non mi ha mai detto nulla e non credo lo farà. È un bravo O.G., sai? I ragazzi dicono che da quando non ci sei più tu le cose sono cambiate; tornano a casa poche volte con tagli ed ematomi, li curo forse una volta ogni due settimane, non come quando c’eri tu. Brandon è anche un bravo papà, vedo come guarda Ryan Junior ogni giorno e sono sempre più convinta che quel bambino sia esattamente come te. Ha i capelli biondi di Irene e gli occhi azzurri di Brandon, ma quel piccolo neo sulla tempia, sotto all’occhio sinistro ricorda tanto il tuo sguardo. Credo sia il motivo principale per cui lo hanno chiamato Ryan Junior. Sick gli ha comprato un calendario porno da mettere in camera, ma Irene si è rifiutata di appenderlo perché dice che non vuole che suo figlio veda una tetta fino a sedici anni. Credo si sbagli, tanto». Non riuscii a trattenere una nuova risata tra le lacrime, incurante di quanto la magliettina bianca che indossavo fosse bagnata per tutte quelle che avevo lasciato scivolare lungo le mie guance senza asciugarle. «Sai cosa? Sono così cattiva che più di una volta mi sono ritrovata gelosa di loro, sono gelosa di Ryan Junior. È brutto da dire, forse anche per te, ma ho pensato più di qualche volta che mi sarebbe piaciuto avere qualcosa di tuo oltre a questa collana che porto sempre. Ma è giusto così, perché le cose vanno come devono andare e forse, proprio perché ho solo la tua collana, ho cambiato la mia vita per tornare qui. Sai cosa mi piace pensare? Che mi hai salvato, in un modo distorto dal normale, non parlo solo di tutte le volte in cui mi hai parato il culo. Mi hai salvato permettendomi di conoscerti, di entrare nella tua vita e in quella dei ragazzi. Mi piace pensare che il destino abbia giocato per me, conducendomi al 3C di Whittier Street perché potessi incontrare voi, incontrare te. Ero arrivata per scappare da qualcosa e fino a quando tu non te ne sei andato continuavo a rimandare la mia partenza da qui, come se fossi legata. Poi tu sei… insomma, hai capito, e io ho deciso di scappare a Miami, ma mentre guardavo quel tabellone, all’aeroporto, Los Angeles ha attirato la mia attenzione e ho capito che non si può scappare, perché se scappi dalla tua vita non troverai mai il tuo posto nel mondo. Me l’hai insegnato tu, perché non ti ho mai visto scappare di fronte ai Misfitous, non ti ho mai visto scappare di fronte a niente, ma solo rincorrere. Mi hai insegnato che tutti hanno un po’ di forza e che basta solo trovarla, e tu mi hai fatto trovare la mia, per questo continuo a dirti che in un modo distorto mi hai salvato. E sai cosa? Mi piace pensare, egocentricamente, che sono riuscita a farlo anche io, che ti ho reso in qualche modo più umano, o forse ti ho aiutato a esternare i tuoi sentimenti, perché non riesco a dimenticare il tuo sguardo su quel marciapiede, mentre mi sorridevi accarezzandomi la guancia e…» smisi di parlare alzando gli occhi al cielo e cercando di respirare, visto che non avevo più aria dentro ai miei polmoni, troppo impegnati a farmi singhiozzare tra le lacrime. Mi passai una mano sotto al naso, tentando di togliere le lacrime che avevano bagnato anche le mie labbra.«… ti chiedo solo di smetterla, ok? Perché sognarti ogni notte fa male, ti chiedo solo questo. Lo so che ti piace infastidirmi, ma il fatto che ogni notte io ti senta bussare alla mia porta e quando la apra ti trovi davanti sorridente mi fa ancora più male alla luce del giorno, sapendo che quel sorriso non c’è. Lo so che sei stronzo, ma smettila di esserlo almeno da morto». Una risata isterica uscì dalle mie labbra quando pronunciai quella parola che odiavo con tutta me stessa. «Ok, la smetto perché mi sto dando fastidio da sola. Continua a fare in modo che Brandon abbia la testa sulle spalle, ok? Perché Ryan Junior non può perdere il suo papà, anche se Irene è una mamma bravissima». Mi alzai lentamente, prendendo le rose secche della settimana precedente quando sentii qualcosa sbattere contro al mio stomaco. Abbassai lo sguardo, sbuffando e, dopo aver giocato per qualche secondo con il ciondolo con l’aquila incisa, lo nascosi di nuovo sotto alla maglietta che indossavo. Non volevo nemmeno sapere come avesse potuto scivolare fuori, probabilmente era successo quando mi ero piegata. Con le tre rose secche in mano mi voltai un’ultima volta – per quella settimana – verso la tomba di Ryan, dopo aver dato uno sguardo anche a quelle di Dollar e Aria. Un soffio di vento scompigliò i miei capelli mentre gettavo i fiori in un cestino e istintivamente alzai gli occhi verso il cielo azzurro e limpido. C’era una sola macchiolina nera che si muoveva: un uccello. Impossibile che fosse un’aquila, potevo vederlo dal movimento delle ali e dalla stazza. Avevo però letto da qualche parte che le aquile si uniscono per la vita e reagiscono d’istinto per proteggere le altre aquile a cui tengono. Per questo in quel momento provai a convincermi che quell’uccello lo fosse; che esistesse un’aquila che sorvolava Hunts Point e proteggeva tutti quelli che credevano in quel flag rosso; lo stendardo degli Eagles.

 
 
Facciamo che andiamo con ordine perché oggi ho un bel po’ di cose da dire.
Prima di tutto: You can keep it è la OS Ryan pov che ho pubblicato un paio di giorni fa.
La OS finale la pubblicherò al più presto.
Poi procediamo con le precisazioni del capitolo, visto che ce ne sono un paio.
Allora, questo è ambientato più di un anno dopo lo scorso capitolo. Cosa è successo? Semplice, Lexi all’aeroporto ha preso un aereo per Los Angeles e non per Miami. Giuro che ho controllato ed è possibile. Dunque, Lexi nello scorso capitolo dice che l’aereo per Miami sarebbe stato un ora dopo e all’improvviso guarda il tabellone e corre. Che partono da La Guardia Airport (il più grande aeroporto di New York assieme al JFK) ci sono, della US Airways, un volo per Miami alle 15.30 mentre per Los Angeles alle 14.45, quindi è possibile che prenda un volo al posto dell’altro.
Poi… uhm… il St. Barnabas l’avevo già nominato come ospedale nel capitolo dove loro sono a Coney Island e corrono a casa perché JC è stato ferito dai Misfitous. Lì, al St. Barnabas, trovano Aria che li avverte che JC non ce l’ha fatta.
Ultima cosa… Ryan Junior. Spero sia chiaro chi sono i loro genitori, giusto? :D
E ora lasciatemi 2 minuti per i ringraziamenti (potete anche smettere di leggere ahahhaha).
Prima di tutto vorrei ringraziare Malia che mi ha betato tutti i capitoli, aiutandomi a migliorare come “scrittrice” e come persona, mi ha insegnato molto e se YSM esiste è perché lei mi ha sempre spronata a migliorarmi.
Un grazie ad Ale che ha fatto un sacco di video per questa storia <3
Un grazie a tutte quelle che mi hanno sopportata durante la stesura dei capitoli, bullizzandomi perché non cancellassi il capitolo quando mi rendevo conto che faceva schifo.
E infine, perché è il più importante, un grazie infinito a tutte voi che avete accolto questa storia così bene. Quando l’ho iniziata non pensavo (e non lo penso ancora, secondo me siete tutte sotto effetto di allucinogeni!) che potesse piacere così, visto che l’idea di base è il cliché più vecchio del mondo. Vi ringrazio una a una, tutte, da chi ha seguito questa storia dal primo capitolo a chi dall’ultimo, indifferentemente.
Grazie perché siete state tantissime a leggere, recensire e addirittura segnalare, grazie infinitamente. Grazie per i bellissimi complimenti immeritati che mi avete fatto, grazie per tutte le bellissime parole spese e che mi hanno fatto commuovere, grazie per tutte le risate che mi avete regalato con le vostre recensioni.
You saved me è nata come una sfida per me, perché volevo provare a me stessa di essere in grado di scrivere qualcosa di impegnativo, qualcosa di diverso dal solito che non fosse solo una storia per ridere. Io non so se sono riuscita a emozionarvi tanto quanto io sono riuscita a farlo mentre scrivevo, ma se siete riuscite a sentire il respiro di Lexi e la risata di Ryan anche solo in lontananza… credetemi che sono la persona più soddisfatta che ci possa essere.
So che molti capitoli e avvenimenti sono diversi da come ve li aspettavate, ma spero che la storia non sia stata una delusione e che un messaggio importante sia stato trasmesso. Perché il titolo ho sempre voluto che foste voi a interpretarlo, ma alla fine Lexi ha svelato quello che io ho sempre pensato, che fosse qualcosa di reciproco, perché l’amore fa questo. E niente… giuro che ho le lacrime agli occhi un po’ perché metterò la crocetta su completa e un po’ perché questa storia davvero mi ha insegnato tanto quindi la smetto di parlare e di rompervi.
Grazie, grazie e ancora grazie, se vorrete ci sarà la OS che, adesso posso svelarlo anche se probabilmente si era capito, avrà pov Brandon e sarà ambientata un po’ dopo questo epilogo. Non aggiunge quasi nulla alla trama, se YSM fosse un film questa OS sarebbe come la scena nascosta dopo i titoli di coda, ma… niente, se vorrete esserci anche lì, siete le benvenute. E lo sarete anche nelle prossime storie che inizierò a scrivere al più presto.
Come sempre, per tenervi in contatto con me potete iscrivervi al gruppo: NERDS’ CORNER, vi ricordo che accetto tutti.
Vi saluto io, vi ringraziano Lexi, Aria, Dollar, Ryan e tutti gli Eagles e perché no, anche i Misfitous.
Rob.
   
 
Leggi le 105 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: RobTwili