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Autore: BellatrixWolf    04/10/2012    2 recensioni
Un'altra fic su Regina e su Henry.
La storia si svolge nel Maine, a Storybrooke, come nel telefilm. Henry odia Regina e la considera la regina cattiva delle sue favole. Proprio come nel telefilm. Ma a differenza di esso, qui Regina non è la Evil Queen. E se tutta la Maledizione fosse davvero nella testa di Henry? Se Storybrooke fosse una normale cittadina americana? Il periodo è antecedente al primo episodio di OUAT.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Non finirò con questo capitolo, ho deciso di scriverne ancora uno (è già in produzione, quindi lo pubblicherò tra breve :'3 promesso), l'Epilogo. Forse (e dico forse) finisce in simil-SwanQueen.
Oh well, Enjoy c:



Era sparito! Diamine, Henry era sparito! Non era in casa, non era a scuola, di amici da cui andare non ne aveva... Era sparito!
Regina sentì il fiato mancarle nei polmoni e gli occhi bruciarle di lacrime e apprensione.
Aveva fatto il giro della città, ma del bimbo nemmeno l'ombra.
Un moto di pianto s'impadronì di lei, costringendola per minuti interi nel più cieco terrore. Solo quando il suo respiro fu tornato regolare riuscì a prendere in mano il telefono.
"Ufficio dello Sc.."
"Graham, Henry è scomparso." Regina parlò senza troppi convenevoli.
"Uh... ne... ne sei sicura?"
"Pensi che ti avrei chiamato, se non lo fossi?" Non aveva né voglia né tempo di discutere.
"Vero. Scusa. Arrivo."
Regina terminò la chiamata asciugandosi con furia gli occhi e prese un profondo respiro, sedendosi sul divano ad aspettare lo sceriffo.
Graham non si fece attendere a lungo e, assieme al sindaco, iniziò a perlustrare la casa. Le uniche scoperte rilevanti furono lo zainetto non pervenuto ed il libro di favole assente. Ciò poteva significare che Henry aveva preso le sue cose, il libro ed era andato via.
Che fosse scappato di casa? Che fosse fuggito dalla donna che vedeva come Regina Cattiva?
Il respiro di Regina tornò a farsi dolorosamente pesante, mentre lottava per ricacciare le lacrime che minacciavano di scoppiare copiose.
"D... Dove pensi che possa essere?" Chiese la donna con un filo di voce.
"Non ne ho idea." rispose semplicemente lo sceriffo grattandosi la nuca, notevolmente a disagio.
Calò un silenzio gelido per qualche istante, mentre Regina si rifiutava di accettare le situazione, poi, una macchina.
La testa di Regina scattò verso la finestra nell'udire una macchina fermarsi nel vialetto e con fretta scese le scale, aprendo la porta.
Il suo cuore mancò un battito quando vide Henry, munito del suo zainetto, venire verso la porta.
"Henry! Dove sei stato?" Gli corse incontro e lo abbracciò, notando solo in seguito una figura bionda munita di una giacca rossa. Si voltò a guardarla.
"Grazie." ma già la odiava.

**

Era ormai passato tanto tempo dall'arrivo di Emma, la madre naturale di Henry, e le cose per Regina erano precipitate.
Quella donna che sperava tanto di vedere andar via si era ormai stabilita a Storybrooke ed era divenuta vice-sceriffo. Per la felicità di Regina.
Henry, ormai, passava più tempo con quella bionda che con sua madre, quella che per dieci anni l'aveva accudito con amore.
Una chiacchierata con quella donna era ormai d'obbligo. Per questo Regina l'aveva invitata a cena.

"Miss Swan, per quanto ancora ha intenzione di trattenersi a Storybrooke?" chiese il sindaco con tagliente noncuranza, portando la forchetta alla bocca.
Emma, senza alzare la testa, le lanciò un'occhiata che non sfuggì a Reginaa, prima di riportare l'attenzione sul piatto.
"Non saprei. Mi trovo così bene qui, potrei anche stabilirmici." rispose dopo un istante di silenzio.
Per un soffio a Regina non andò di traverso il boccone.
Era una partita silenziosa, quella che si stava giocando tra le due donne sotto alla superficie di quella conversazione insulsa.
"Mhm. Non credo sia possibile." riprese un contegno e si portò un altro boccone alle labbra.
"Perché no?" Chiese Emma con finta indifferenza.
Regina finalmente alzò lo sguardo, e così fece Emma.
Henry, che per tutta la sera non aveva proferito parola, seguendo in silenzio lo scambio di battute come una partita di tennis, comprese che era meglio dileguarsi. L'aria si stava facendo pesante. Silenziosamente si alzò, salì le scale e si chiuse in camera.
"Perché, Miss Swan, questa non è casa sua." Regina posò la forchetta, guardando Emma negli occhi con eloquenza.
"E chi lo decide, questo?" le lanciò uno sguardo di sfida, premendo le mani sul tavolo, punta sul vivo. Dovunque andasse non era mai casa sua. Ma Storybrooke... era diversa. E non avrebbe permesso a nessuno di scacciarla.
"Lo decido io, cara." scattò in piedi e la forchetta cadde, me nessuno ci fece caso. "Io sono il sindaco, questa è la mia città, Henry è MIO figlio!" Aveva i muscoli tesi, come quelli di una tigre che sta per assaltare una gazzella.
Regina si sentiva sull'orlo di una crisi di pianto, temeva che i suoi occhi sarebbero diventati lucidi a breve, ma si sforzò per non dare ad Emma quella soddisfazione.
La odiava, perché Henry continuava a preferirla a lei? La odiava, perché tutti amavano quella biondina? La odiava, dannazione, la odiava!
"Eppure ha chiamato me." Emma la imitò, alzandosi e sporgendosi sul tavolo con un ghigno.
"Cosa ne sai, tu, di Henry?" strinse gli occhi ed abbassò la voce con aria indignata. "Non ci sei mai stata per lui. L'hai abbandonato." aveva ormai cessato ogni formalità, tanto erano forti le sue emozioni in quel momento. Le sue spalle si abbassarono di colpo, ma la tensione non faceva che salire.
"Ci sono adesso." disse piano, ma con decisione, guardando Regina nei profondi occhi castani.
"E' troppo tardi." rispose lei secca, scandendo ogni parola con gelida furia.
Lo sapevano entrambe, quel dibattito sarebbe stato inutile: nessuna delle due avrebbe lasciato la posizione.
Si fissarono intensamente per qualche secondo, mentre l'elettricità nell'aria iniziava faticosamente a calare.
"Non lo lascerò." disse Emma con risolutezza.
"Nemmeno io." Regina rispose con la stessa veemenza, senza spezzare il contatto visivo.
  
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