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Autore: Fenice_blu_strania    04/10/2012    1 recensioni
- Quanto ho dormito? Perché sono stata drogata? Che ci faccio qui?
- Hai dormito per tre giorni, sei stata sedata perché non ti calmavi e avevi cercato di suicidarti. Ci ha chiamati tuo fratello. Ti trovi in un ospedale psichiatrico, ed io sono il tuo psicologo.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio urlando. Il mio ennesimo incubo… ormai ho perso il conto. Mi guardo intorno: che ci faccio qui? Dove sono? Mi alzo. Sono vestita con un camice bianco… non è possibile. Allora sono in un manicomio. Da quanto sono qui?
Cerco e trovo il bagno, dove c’ è uno specchio. I miei capelli sono mossi come sempre, ma spettinati e sporchi. Ho delle occhiaie spaventose, ed i miei occhi sono spenti. Sono stata drogata… so riconoscere l’ effetto dopo che l’ ho sperimentata così tante volte.
Sento la porta che si apre, entra un signore anche lui in camice.
- Finalmente si è svegliata signorina Miles.
- Quanto ho dormito? Perché sono stata drogata? Che ci faccio qui?
- Hai dormito per tre giorni, sei stata sedata perché non ti calmavi e avevi cercato di suicidarti. Ci ha chiamati tuo fratello. Ti trovi in un ospedale psichiatrico, ed io sono il tuo psicologo.
- Questo manicomio, dove si trova?
- Non sono tenuto a dirtelo, nessuna delle persone qua presenti lo sa, in modo da evitare vostre possibili fughe. La tua famiglia è già stata avvisata. Beh, non voglio iniziare adesso le sedute, ma ti consiglio di rilassarti, e di cercare di ricordarti cosa è successo prima che ti addormentassimo. Io sono il dottor Fester.
Esce, ed io mi guardo bene intorno: le pareti sono bianche, tutto è bianco. Mi gira la testa, così mi sdraio sul lettino, e mi addormento. E mi torna la memoria…
Non ne posso più. Tutti mi prendono in giro, tutti vogliono che io stia male. Il mio ragazzo mi tradisce, mio fratello maggiore pensa che sia una depressa di merda, i miei genitori litigano e mio padre mi picchia, ogni sera. Basta, ho chiuso. Vado in cucina, e vedo il coltello da cucina cinese che i miei hanno comprato. Lo prendo in mano, lo appoggio sul braccio e premo. Vedo il sangue che zampilla, sento le energie che mi lasciano. Qualcuno mi afferra da dietro, mi gira. È Daniele, mio fratello.
- Cristina, che cazzo hai fatto?
- Lasciami Daniel… che ci fai qui? Non dovevi essere da quella puttana della tua ragazza? Lasciami stare, voglio solo morire. Voglio che nessuno senta più parlare di me.
Ma lui non mi ascolta, mi fascia il braccio, e chiama l’ ospedale. La bendatura è stretta, e nel giro di due minuti arrivano i medici. Uso tutte le energie rimaste per tirare calci e urlare, finché tutto diventa buio.
Come hanno potuto… perché mi obbligano a vivere? Perché devo soffrire ogni secondo, desiderare continuamente di sparire? Non dovevano, non hanno il diritto di costringermi a respirare.
Guardo fuori dalla finestrina minuscola che c’ è. Ci hanno messo le sbarre.
Il paesaggio è spoglio, solo prati e qualche albero. È spoglio come il mio cuore, come la mia sfera emotiva.
Non so perché, ma mi ricorda un angelo caduto. Un angelo con le ali spezzate. Ali che hanno spezzato a me da molto tempo ormai, e che i medici si ostinano a guarire. Ma non guariranno mai, lo so.
Inizia a piovere… il tempo rispecchia il mio umore, è cupo come la mia anima in questo momento.
E guardando la pioggia, penso che un giorno le mie ali non saranno più spezzate, ma che guariranno. Un giorno morirò, e quel giorno la mia anima sarà libera di volare e di unirsi a tutte le altre.
È solo questione di tempo, lo so. Perché le mie ali urlano per guarire, come il mio corpo e la mia mente vogliono morire. Possono tenermi qui quanto vogliono, ma prima o poi morirò. È una promessa…
Nessuno mi terrà ancorata qua.
 
  
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