Fanfic su artisti musicali > Panic at the Disco
Segui la storia  |      
Autore: xaliatthedisco    04/10/2012    2 recensioni
Ryan Ross è ragazzo diciassettenne di Summerlin, Las Vegas, Nevada, con una famiglia disastrata da un padre alcolizzato e una madre esaurita. La sua più grande passione è la musica, infatti suona la chitarra e scrive canzoni. Frequenta la Palo Verde High School, dove, essendo l'ultimo arrivato, non ha molti amici.
Poi, un caldo giorno d'autunno, incontrerà occhi mai incontrati prima. Occhi che gli cambieranno la vita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brendon Urie , Brent Wilson, Nuovo personaggio, Ryan Ross, Spencer Smith
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1. Ryan’s POV.
BEEP. BEEP. BEEP. 
mmmh.
BEEP.BEEP.BEEP. 
altri cinque minuti.
BEEP. BEEP.BEEP.
alzo il braccio e colpisco la sveglia, quel cavolo di BEEP mi ha fracassato il cervello.
Gli occhi si richiudono, ma sono già le sette e mezza e devo andare a scuola, se no i miei chi li sente. Poggio i piedi su quell' orribile tappetino che mi regalò mia nonna tre anni fa quando tornò dal viaggio in India, non so perchè lo tengo ancora. Mi alzo, apro la finestra, c'è molta luce fuori oggi,un bel sole e sembra fare caldo.
Probabilmente la professoressa di educazione fisica, la Jhons, ci porterà nel campetto dietro la scuola. E' da un po' che non ci andiamo, il clima in questo periodo di solito fa schifo. Dopo qualche secondo a godermi il calore, mi sfilo il pigiama, afferro dentifricio e spazzolino e mi lancio in doccia. 
Lavarsi i denti sotto la doccia fa risparmiare acqua... e tempo. 
Da quando ci siamo trasferiti ho un bagno tutto mio, è così comodo avere il mio spazio.
Apro l'acqua. Dio, è congelata. Giro la manovella verso la parte rossa, cioè quella calda. 
L'acqua comincia a riscaldarsi, così va meglio. Mi bagno velocemente e poi la chiudo, meglio non sprecarla.
Prendo il primo bagnoschiuma che mi capita a tiro, odora di vaniglia, o qualcosa del genere. Lo passo prima sulle le gambe, più veloce che posso, sul petto, sulle braccia e il resto del corpo. Non ho tempo per lavarmi i capelli. Una volta finito, esco dalla doccia e mi asciugo velocemente con l'asciugamano appeso al muro. Apro l'armadio, nel primo cassetto ci sono i pantaloni. Lo apro e prendo un paio di jeans, scuri e un po' strappati sulle ginocchia. Lo richiudo. Apro il secondo, maglie, ne prendo una bianca e con le maniche nere, c’è lo stemma dei Rolling stones, è un po’ vecchiotta ma è una delle mie preferite, capo che sfoggio spesso quando c’è bel tempo. Richiudo il cassetto, e poi l'armadio. Nel mobile vicino al mio letto c'è la biancheria intima. Afferro un paio di mutande e calzini, li metto. Sono ancora un po' bagnato, ma va bene. Mi asciugherò all'aria. Metto i jeans e la t-shirt. Sguardo veloce fra le scarpe, prendo le prime Nike che trovo. Solita pettinatura, faccio del mio meglio per tenere i capelli belli lisci, ma oggi sembra proprio che non abbiano voglia. Non mi va neanche di insistere. Dò un' ultima occhiata nello specchio, ho fatto del mio meglio."Ryan! Scendi a fare colazione,cazzo?" mia mamma, e la sua incommensurabile finezza. Apro la porta e scendo le scale, sono già le otto. 
Do un bacio sulla guancia a mamma, afferro una fetta di pane tostato, prendo la felpa dall' attaccapanni e prima che qualcuno possa commentare e esco sbattendo la porta. Papà è già uscito e dovrò aspettare l'autobus, grande. Mi incammino verso la fermata, non è distante da casa, dopo cinque minuti sono già arrivato. Ci saranno si e no dieci ragazzi ad aspettare, la nostra è l' ultima fermata.
Tutti con le loro cuffie nelle orecchie o che chiacchierano con gli amici. Da ultimo arrivato, io non ho amici. Chiariamoci, non sono un asociale, sono solo timido. Dopo un paio di minuti arriva l'autobus, ognuno entra e si siede vicino ai loro amici. Io di solito prendo un posto vuoto nell'ultima fila, distante, ma non troppo. Così non dò nell’ occhio. Mi incammino verso i posti alla fine, nessuno mi fissa oggi, strano. 
Tutti chiacchierano rumorosamente e si guardano indietro, perchè?
Arrivato all'ultima fila, mi accorgo che il mio posto è stato già occupato. Quindi mi siedo a quello accanto. Al mio posto c'è una ragazza che non avevo mai visto prima, forse del primo, o secondo anno. Capelli lunghi, scuri, più chiari sulle punte. Piuttosto minuta. Non riesco a vedere i suoi occhi, li ha nascosti sotto grandi occhiali neri. E' rannicchiata sul suo posto, con i piedi sulla sedia, e si tiene le gambe con le braccia. Mi sembra parecchio a disagio. Forse dovrei smettere di fissarla, "Non è educato!". Me lo ripeteva sempre mia madre quando ero piccolo e mi portava con lei a fare la spesa, io fissavo sempre tutti. Non perchè fossero strani o avessero qualcosa che non andava, solo per capire i loro comportamenti. Comprendo le persone molto meglio del tipico ragazzo del terzo anno. Lei continua a guardare dalla finestra, vorrei parlarle. Evito. Continuo a guardare dritto di fronte a me, ogni tanto mi giro verso di lei, ma distolgo subito lo sguardo. Dieci minuti e siamo a scuola. Questi dieci minuti mi sembrano un' eternità, lei ha abbassato le gambe e ha appoggiato il gomito sul bracciolo e si mantiene il viso. Incurva la schiena, si è accorta che la sto guardando. Sospira. Mi giro immediatamente. L' autobus si ferma, siamo arrivati. Faccio per prendere la borsa, mi volto e lei è già davanti a me. E' davvero minuta. E non mi sono accorto di quanto i suoi capelli fossero lunghi quando era seduta. Indossa una gonna con una stampa a fiori, una maglia bianca e un giubbetto di pelle nera. Aveva le calze nere, non era ancora il momento per andare in giro senza. Ai piedi aveva degli stivaletti alla caviglia, molto bassi, molto comodi e rovinati. Probabilmente ci cammina parecchio. Ha uno zainetto sulle spalle, con colori pastello e disegni tribali. Molto carino. Si passa nervosamente una mano fra i capelli, dopo qualche secondo copio il suo gesto. C'è troppa gente nell'autobus, ci vuole un po' per uscire, dopo un po' di spinte sia io che lei riusciamo a scendere. Cammino verso l'entrata, dritto dietro di lei. La fissano tutti, alcuni indicano, ci sono passato anche io. Si sposta i capelli dietro un orecchio, è tanto in imbarazzo. La capisco, essere il nuovo arrivato non è facile. Entriamo nella hall, come di copione, la fissano tutti. Si ferma. Si è accorta di me? Estrae un foglio dalla tasca e comincia a leggerlo. Si mantiene i capelli con la mano. Si guarda in torno. Torna al foglio. Suona la campanella, tutti vanno in classe. Anche io. Lei rimarrà lì? Cosa sta cercando? Come si chiama? Da dove viene? Io intanto alla prima ora ho matematica, che odio. Mi avvio verso la classe, mi volto indietro. Lei è ancora lì. Entro in classe, solito ultimo posto. Il professor Philips sputacchia quando parla. Meglio stargli lontano. Tutti ridono e scherzano, io rimango in disparte. Ecco Aiden, il mio compagno di banco. Un ragazzetto cicciotto e occhialuto. Ha i voti migliori della classe, glieli invidio parecchio. "BuongiornoRyan." si siede. 
"Ciao Aiden, come va?" lui è piuttosto simpatico e gentile, mi aiuta sempre quando non capisco le equazioni.
"Bene, tu?" si gira verso di me e sorride. Porta l'apparecchio, dovrebbe toglierlo a breve. 
"Anche.." Vorrei chiedergli se conosce la nuova ragazza, che intanto non so che fine abbia fatto. Lui sa sempre tutto di tutti. Io la butto lì. "Hai visto la nuova?" 
"Si, non so ancora come si chiama, ma tutti dicono che è una specie di hipster, californiana e timida. Non resisterà un giorno in questo manicomio!" Lui ride. Io non ci trovo niente di divertente. 
"California? Che diavolo ci fa a Summerlin ?" 
"Ah, non lo so... chiederò in giro." 
Entra il professore, appoggia la sua cartellina marrone sulla cattedra, "Buongiorno ragazzi.", ci alziamo in piedi, "Buongiorno professore". Tutti in coro da bravi soldatini. Non riesco a smettere di pensare a lei. Sarà ancora nella hall? Qualcuno l'avrà aiutata? Perchè non l'ho fatto io? Non lo so. Non lo so. Non lo so. 
Il professore comincia a spiegare un nuovo segmento del capitolo dei logaritmi. Fanno tutti finta di essere interessati e gli fanno domande, così non interroga. L'ora passa velocemente. Suona la campanella e tutti sfrecciano fuori dalla classe. Se la rivedo, le parlo. Prendo le mie cose, non le metto neanche nella borsa, per fare prima. Esco dalla classe, la cerco. Non la vedo. 
"Facciamo tardi,Ry!" Aiden mi tira per il braccio, frequentiamo parecchie classi insieme. Adesso francese, poi educazione civica, due ore di inglese e educazione fisica. 
E' l'una.Le prime tre sono passate abbastanza in fretta, è ora di pranzo. 
Aiden ed io ci sediamo sempre insieme nell' ultimo periodo. L'avrei rivista sta volta? 
Sia Aiden che io preferiamo portarci il pranzo da casa. Quello della scuola fa schifo. Panino pollo e insalata, mamma si è davvero sprecata sta volta. Poi ho una mela e una lattina di pepsi presa stamattina dal distributore. Meglio di niente. 
Cerco di nuovo la ragazza, non c'è. Ovvio. 
Le due ore successive sono passate come se fossero niente. Come predetto andiamo in campetto, noi ragazzi giochiamo a calcio,io faccio pena con gli sport, mentre invece  le ragazze si godono il sole. Suona la campanella.
Un' altra giornata è finita, arrivo all'autobus. Lei è lì, seduta allo stesso posto di stamattina. 
Di nuovo rannicchiata e con i grandi occhiali a coprirle gli occhi. 
Mi siedo accanto a lei. Sono nervoso.. perchè? Sento il sangue scorrere nelle vene e il cuore pomparmi nel cervello. Non credevo di potermi sentire così, per nessuno.
"Ehm..ciao." lei si gira verso di me, le sorrido. 
"ciao." Dice lei, la sua voce è una cucchiaiata di miele. Il cuore sta impazzendo, sento le guance andare a fuoco.
"Mi chiamo Ryan Ross, vado al terzo anno." si toglie gli occhiali, li sposta in testa. 
Ha gli occhi più belli che io abbia mai visto. Leggermente a mandorla,enormi e dorati. Ci sono delle pagliuzze verdi e marroni. Ha le ciglia lunghe e rimate di nero. Mi guarda dritto negli occhi, riesco a specchiarmici dentro,
"Mi chiamo Ellie Pesavento. Sono al secondo." dice lei, quasi sussurrando. 
"Ellie come Elizabeth?" 
"No, come... Elazar." Sposta di nuovo lo sguardo.
"Oh." Che nome originale. Elazar. Mi fa pensare a una principessa medievale, affacciata ad una finestra che si mantiene il viso pallido mentre guarda le stelle.
O un pericoloso demone assassino, una delle due.
Il bus parte, tutti cominciano a parlare, c’è parecchio rumore. Io cerco di riattaccare bottone. “Allora, Ellie…” lei si volta verso di me, i suoi occhi sono un colpo al cuore.
“si..?” sussurra la principessa-demone mordendosi le labbra, “ Da dove vieni esattamente..?” che domanda idiota. Il suo sue guance si colorando del rosa più delizioso che io abbia mai visto e il viso le si illumina di un sorriso, “Vengo da Los Angeles, California.”  “E perché ti sei venuta qui?” Il suo sorriso si spegne, abbassa lo sguardo e torna pallida, si è intristita. Sono un coglione. Perché ho chiesto? Cazzo.
“Ecco, ci siamo trasferiti per il lavoro di mio padre. Ha dovuto cambiare sede, quindi …”  Fa spallucce e torna a guardarmi negli occhi. Mi ha incastrato. Sono rimasto bloccato lì, in quella stupenda prigione dorata. Rimaniamo così, a guardarci, per qualche secondo, minuto, non c’ho fatto molto caso. Poi il bus si ferma, lei si alza in piedi “E’ stato bello conoscerti Ryan.” Allunga la mano. La prendo. Scossa. Il cuore comincia pompare nel cervello quasi vedo doppio, “C-ci vediamo domani Ellie?” lei lascia la mia mano, si rimette gli occhiali, annuisce e si incammina verso lo sportello.  Poi si volta, mi sorride e saluta con la mano. Poi sparisce nella folla.
Io intanto, torno a respirare.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Panic at the Disco / Vai alla pagina dell'autore: xaliatthedisco