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Autore: Marguerite Tyreen    05/10/2012    6 recensioni
[Deep Purple]
Agli inizi del 1950, il piccolo Ritchie Blackmore abita ad Heston, nella campagna londinese, e non immagina certo che in futuro sarà il celebre chitarrista dei Deep Purple. E non immagina nemmeno che la creaturina dai riccioli neri, con cui si è scontrato per caso, un giorno diventerà quel Jimmy Page, lo stregone delle Les Paul. Per il momento è solo il ragazzino che lo segue a bordo di una vecchia bici, mentre cercano di acchiappare l'arcobaleno...
***
“Jimmy rise, premendosi la mano sulla bocca: - E che ne vuoi fare dell'arcobaleno?
-Voglio prenderlo.
-Ma non si può.
-Sì che si può. - si indispettì, incrociando le braccia sul petto e imbronciando le labbra – Se riesci ad arrivare alla fine dell'arcobaleno, dove vivono i folletti, puoi esprimere un desiderio e si avvererà.”
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve, gente!
Marg si sente a casa nel fandom dei Purple, ormai, ha messo radici e non se ne va più *risata malefica*
No, vabbè, non volevo farvi paura, ma solo presentarvi un'altra sciocchezza delle mie.
L'ispirazione colpisce nei posti più impensati: a volte anche mentre sei al parco con tua nipote. Se poi hai Dio (Ronnie James) che ti canta Catch the rainbow in un orecchio e cuccioli di sei anni che giocano in mezzo le foglie nell'ultimo sole d'autunno, beh, diciamo che è fatta *-*
Scrivere di bambini è una delle cose più difficili che ci siano, secondo me, ma mi ci sono cimentata lo stesso: delirio per delirio! No, veramente, è proprio una sciocchezza: prendetela per quella che è e che Ritchie e Jimmy mi perdonino! ^^''
Grazie mille a chi è passato e a chi vorrà proseguire. 
Un bacio,
Marg.
 
NdA: Per questa ff mi sono concessa due consistenti licenze poetiche. La prima è sulla chitarra di Jimmy: il padre non possedeva lo strumento mentre abitavano ad Heston, ma da quando si trasferirono ad Epson, forse dimenticato dai precedenti inquilini, forse affidato da amici di famiglia.
La seconda è sulla canzone a cui è ispirato il titolo: so che il senso di Catch the Rainbow è tutt'altro, ma la storia è nata con questo brano di sottofondo e non riuscivo ad abbinarci altro.
 
Desclaimer: Fanfiction scritta senza scopo di lucro e senza intenzione di dare immagine veritiera dei personaggi rappresentati. Ritchie Blackmore e Jimmy Page appartengono a loro stessi (per quanto qui sollecitino terribilmente il mio lato materno) u.u

 
 
 
Alla mia Marta, 
perchè segua sempre il suo arcobaleno.
 
 
We believed we'd catch the rainbow
Ride the wind to the sun
Sail away on ships of wonder
(Rainbow, Catch the rainbow)
 
 
 
Catching the Rainbow

 
 
 
Heston, 1952. Primavera.
 
La bici si bloccò nella ghiaia con uno stridio pauroso, puntando la ruota davanti nello stradello e minacciando di disarcionarlo come un cavallo imbizzarrito.
-Ehi! - Jimmy la lasciò cadere a terra, dopo essere sceso di fretta per raccogliere la creaturina che  aveva attraversato all'improvviso, costringendolo alla brusca frenata – Ehi, ti sei fatto male?
Lui lo guardò da sotto in su, mentre si rimetteva in piedi, scrollando la testa.
-Sei sicuro?
Annuì, spolverandosi i pantaloni. Era almeno una spanna buona più basso di lui e aveva un musetto affilato su cui brillavano due occhi grandi, un po' smarriti. 
Forse poteva avere la sua età, forse poco meno. Poteva anche essere uno di quei leprecauni saltellanti dei racconti che sua madre aveva portato con sé dall'Irlanda e che gli narrava la sera. 
Lo aiutò a ripulirsi, studiandolo, con la fronte corrucciata sotto i riccioli neri. Probabilmente si era fatto male davvero, almeno un pochino, perchè si guardava le manine sbucciate, mordendosi le labbra per non piangere.
-Dovresti fare attenzione, sai. - gli fece, imitando lo stesso tono di suo padre, quando ne combinava una delle sue – Ti potevo investire. 
-Lo so. - tirò su col naso – Ma dovevo andare in un posto. 
-Doveva essere proprio importante.
-Sì. Tu chi sei? - socchiuse gli occhi, con diffidenza.
-Io sono James Page, ma tutti mi chiamano Jimmy. Sto nella casa rossa laggiù. - gli indicò un punto non troppo lontano, oltre uno dei campi.
-Io sono Richard Black... - balbettò, perchè la scorticatura cominciava a bruciare – Richard Blackmore. Ritchie. - aggiunse, con la voce rotta – E per colpa tua, adesso, ho fatto tardi. Non riuscirò più a prenderlo.
-A prendere cosa? 
-L'arcobaleno. Se ne andrà via. 
Jimmy rise, premendosi la mano sulla bocca: - E che ne vuoi fare dell'arcobaleno? 
-Voglio prenderlo.
-Ma non si può. 
-Sì che si può. - si indispettì, incrociando le braccia sul petto e imbronciando le labbra – Se riesci ad arrivare alla fine dell'arcobaleno, dove vivono i folletti, puoi esprimere un desiderio e si avvererà.
-Ma sono tutte favole, Ritchie. - Jimmy scrollò i riccioli.
-Non è vero.
-Ti dico di sì. Ho ragione io.
-E perchè?
-Perchè sono più grande. Quanti anni hai?
-Sette! - si impettì, con orgoglio – Cioè, quasi.
-Ecco, hai visto? Io ne ho otto.
Ritchie si rabbuiò, tornando a guardarsi le manine sbucciate, con una adorabile capacità di farlo sentire in colpa, anche se non lo conosceva che da pochi minuti: - Ma tu non ce l'hai un desiderio?
-Io vorrei fare il dottore o il pittore.
-Ecco, allora anche tu dovresti esprimerlo.
-Va bene, va bene: per farti contento ti ci porto io, dall'arcobaleno. Guarda, è ancora laggiù. Sali.
-Qui? - continuò a guardarlo con sospetto.
-Qui.- lo sollevò quasi di peso, sedendolo sul manubrio della bicicletta – Tieniti forte.
Inseguirono il ponte colorato, che continuava a spostarsi, senza riuscire a raggiungerlo nemmeno un po'.
-Ma tu che cosa devi chiedere, invece?
-Io vorrei diventare un menestrello. Di quelli che c'erano ai tempi dei cavalieri, dei draghi e delle principesse e viaggiare tra i castelli e suonare il fliuto.
-Il liuto, semmai. Ma non ci sono più i menestrelli e neanche i cavalieri.
-Non mi interessa. L'ho letto sul libro di storia, che c'erano. Eppoi io voglio diventarlo lo stesso. 
-Ma non si può.
-Me lo dice sempre anche la mamma. Ma io lo voglio. 
-Forse ci riuscirai, se lo vuoi davvero, Ritchie.
Jimmy cominciava ad avere il respiro affannato, a trasportare l'amichetto sul manubrio, senza contare che l'arcobaleno non si avvicinava mai. Ma i capelli di Ritchie avevano un buon profumo, mentre sventolavano liberi nel vento.
-Lo pensi davvero?
-Sì, ma sbrigati a chiedere il tuo desiderio, altrimenti finirà per sparire. Non riusciremo mai ad afferrarlo.
Richard si concentrò: - Però chiedilo anche tu. - poi si coprì gli occhi per non essere distratto. Vi rimase qualche minuto eppoi, quando li aprì, l'arcobaleno era svanito. Era rimasto solo Jimmy, a cavalcioni della bici, che lo osservava con un sorriso impacciato.
-Fatto?
Ritchie annuì.
-Allora possiamo andare.
-Andare dove?
-Ti riporto a casa, no? Mica posso lasciarti qui.
Annuì con maggiore convinzione, risalendo a bordo.
-Ehi, Jimmy, ma tu cos'hai chiesto alla fine?
-Ma i segreti non si dicono. - protestò gentilmente, scaricandolo davanti alla porta.
-Però io ti ho detto il mio. Dai dai dai! Hai chiesto di diventare un pittore o un dottore?
Rise appena: - Nessuno dei due. Ho chiesto di imparare a suonare bene quella vecchia chitarra che mio padre tiene in soffitta. Chissà se ci riuscirò mai. Ma io non voglio diventare un menestrello come te. - gli arruffò i capelli, prima di voltare la bici – E stai attento alla strada, la prossima volta, Ritchie Blackmore.
-Giocheremo insieme qualche volta, adesso, Jimmy?
Page scrollò la testa: - Penso di no. Papà deve trasferirsi per lavoro e noi presto andremo con lui.
-Però, se tu vuoi suonare la chitarra e io il fli... il liuto, forse ci incontreremo.
Rispose, timido: - Forse. - prima di avviarsi per la propria strada.
-Ehi, Jimmy! Jimmy! - lo rincorse, affannato, riuscendo a raggiungerlo e strattonarlo per la manica – Mi farai sapere, vero?
-Che cosa? 
-Se si è avverato.
James sorrise e gli scompigliò di nuovo i capelli, prima di pedalare verso il tramonto, verso casa.
   
 
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