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Autore: Princess_Klebitz    05/10/2012    2 recensioni
“Fottiti, Alan Wilder!!”
“Precedimi, David Gahan! Ho aspettato per 6 mesi di mandarti a fanculo di persona!”
“E…?”
“Vaffanculo, David Gahan!”
-Una piccola raccolta di momenti dei DM, tra l'86 e il tragico (per molti) annuncio del 1995, passando per la sfiorata tragedia di Dave, la rinascita, risate, drammi, e partendo tutto da una sera del 2010, alla Royal Albert Hall. Per chi, come me, spera sempre, in ogni tour, in una sempre più improbabile reunion;Alan e Dave-centric
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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“CONDEMNATION
TRIED
HERE ON THE STAND
WITH THE BOOK IN MY HAND
AND TRUTH ON MY SIDE”
 
*
Amburgo, 1992
*
Dalla prima visita a Madrid,Miller tornava sempre a trovarli, ma immancabilmente le cose sembravano persino peggiorare, invece di migliorare.
Dave riemergeva dagli abissi del suo antro per fornire perle vocali preziose, ma poche cose avanzavano, e macchinalmente.
Abituati ai samples, i Depeche Mode non riuscivano a trovarsi in studio a jammare, e nonostante Alan e Martin avessero ripreso a parlarsi, almeno in studio, essendo gli unici due musicisti abili, il clima generale era come la città tedesca.
A sé stante, nebbioso e frigido.
Fletch sprofondava nel baratro degli antidepressivi come Dave nel suo di eroina e spesso speedball e qualche volta aveva fatto prendere dei coccoloni sia a Flood che a tutti loro.
Alan era ancora provato dal suo divorzio e specialmente dal suo rapporto con Ep, che sentiva sia come positivo che a rischio: non avrebbe mai permesso che la sua vita personale si intromettesse nel lavoro, e contrario; non avrebbe rovinato tutto, aveva deciso.  
In quel clima, Martin partorì una delle sue perle, e riuscì miracolosamente a comunicare con Alan il tempo che la riarrangiasse al piano, poi purtroppo sparì, ed Alan sapeva anche dove.
Ad ubriacarsi, cosa che riusciva benissimo anche a lui, in quei giorni, mesi, anni; a volte si chiedeva se il suo non parlare con Dave fosse dettato dalla paura di trovarsi a concionare come predicatore televisivo, o che Dave, in un impeto di lucidità, gli rinfacciasse modalità scomode.
Come il fatto che lui stesso, strafatto come una zucchina, gli aveva passato la prima E, ad un rave tedesco, dopo il 101.
Sembrava che avessero stipato così tanti scheletri, da Black Celebration, che ormai gli armadi stessero per scoppiare.
Sospirando, si avviò alla stanza di Dave, bussando, prima piano e poi forte.
“Chi…chi è?!”
“La narcotici…”, scherzò fiaccamente Alan, per trovarsi letteralmente tirato nel sepolcro di Dave, in pantaloni di pelle e magrezza impressionante; doveva farsi fare gli abiti, ormai, da tanto era dimagrito, e riusciva chiaramente a contargli le costole, sul costato costantemente macchiato di pittura.
Dave non era un gramo pittore, ma l’eroina aveva fatto uscire i suoi scheletri, e le sue figure urlanti non gli piacevano.
Neanche un po’.
Gli ricordavano troppo cosa stava diventando quel gruppo.
“Cosa vuoi? Sto dipingendo.”, lo apostrofò in malo modo il cantante, riprendendo la paletta di colore.
Dave era tutto un tremito, notò l’amico, mentre si sedeva sul letto, silenziosamente.
Difatti, dopo due pennellate, con mano poco ferma, scaraventò i colori a terra e il cavalletto col dipinto stesso.
Spighe di grano.
Se fossero riuscite, sarebbe stata una bella immagine, ma Dave aveva deciso che dovevano morire, assieme ai suoi ricordi meravigliosi dello show al Rose Bowl.
Difatti iniziò a calpestare il dipinto, con i piedi scalzi, sotto gli occhi allibiti di Alan.
“Merda, merda, MERDA!! E’ UNA MERDA!!! E’ TUTTO UNA MERDA!!”
“Ma che cazzo fai!?”
“Non ce la faccio più, non voglio più cantare in questo maledetto disco!! Non riesco a dipingere con te che mi fissi, sempre accusatorio!! Il SANTARELLINO! COLUI CHE SI SBATTE PER TUTTI! Non ce la faccio più con Theresa, non ce la faccio più a STARE CON VOI!!”
Alan era rimasto a bocca aperta a sentirsi apostrofare così.
“E’…è così che la pensi?”
“Che tu mi accusi!? Si vede dagli occhi!”, urlò ancora Dave, le pupille grandi come piattini, e un tremito in tutto il corpo, come percorso dalla corrente elettrica.
“Io non ti accuso di…”
“CERTO! TU STAI IN STUDIO, TI FAI IL MAZZO! MA CHI TE LO HA CHIESTO, POI!! E VORRESTI UNA MEDAGLIA MAGARI! MA FIGURATI!!”,e improvvisamente Dave si accasciò, tra i resti del suo dipinto, sempre tremando.
“Non…non ce la faccio più… non ce la faccio più… speravo di poter contare almeno su di te, ma sei troppo occupato con quei suoni di merda!”
E solo dopo un attimo di momentanea rabbia, Alan Wilder vide che l’amico stava piangendo, rannicchiato su sé stesso.
“Dio, Dave…”
“Dio.Dave.Reach out and touch Dave.Andate a farvi fottere.Non canterò più niente.”
“Dave…come potevo sapere che eri messo così male?! Io… non lo sapevo!”
“…bastava bussare, Alan. Bastava bussare.”, sussurrò il cantante, prendendo a dondolarsi, i lunghi capelli incollati alle guance dalle lacrime.
“Io…”,e Alan mandò giù un grosso groppo di vergogna e lacrime. “Hai ragione. Ora… non so come aiutarti, sai che conosco solo un modo…”
“Suonare quella fottuta batteria, ahahahah!, sei un batterista vergognoso, oltretutto, passionale veramente come pochi!”, gli buttò in faccia l’altro, ironico come acido da batterie.
Alan si alzò, seguitò dagli occhi scintillanti di Dave, che ora non piangeva più, ma digrignava quasi i denti.
“Ah, certo… vattene. Tanto qui, come ha detto Martin, mi sono già condannato. Un altro che pensa di saperne più del tossico stesso!”
“Dave… io non ti indorerò la pillola. Ma te la sei cercata, questa … immagine.”, replicò Alan, che non era comunque incline ad addossarsi colpe inesistenti.
O forse Dave, nel suo squilibrio, vedeva molto più lontano di lui; forse aveva avuto bisogno di loro,  e loro l’avevano lasciato.
E senza di lui stava andando tutto alla malora.
“…su questo hai ragione. E tu, Alan Wilder, che strada prenderai?”,chiese il cantante, sempre digrignando gli occhi.
“Non credere che non ci veda. Ci lascerai. Mi lascerai. A morire.”
Alan arretrò verso la porta, colpito; Dave era sempre stato ipersensibile, ma sembrava avergli letto nel pensiero.
“Sei l’unica persona che mi trattiene qui, Dave. Pensaci. E… quando avrai tempo vieni in studio. Ho riarrangiato Condemnation.”
Dave si lasciò andare ad un’altra delle sue risate stridule, con le lacrime che correvano ancora libere.
“ADATTA, NO?!?”
*
Studio
*
Fletch aveva gironzolato un po’, chiaramente inebetito dai farmaci, e mettendo Alan ancora più di cattivo umore, mentre tentava di ripassare le parti di batteria.
Ogni volta che Andy toccava una testiera, l’istinto del compagno era di mollare le bacchette e allontanarlo, ma si limitò a sospirare abbastanza rumorosamente e fermare tutto, quando lo vedeva avvicinarsi troppo.
Oh sì, anche Alan aveva appreso bene l’arte della stronzaggine, a lungo andare, e la stava applicando più che mai.
Con il suo gruppo.
Alla fine Fletch se n’era andato, fulminandolo nel suo coma personale, e Alan aveva ricambiato lo sguardo con amabile indifferenza, perdendosi di nuovo nelle combinazioni delle parti elettroniche della batteria, quando Dave entrò, parzialmente ripulito, con una camicia e un paio di scarpe, con aria più tranquilla che fece sospirare mentalmente Alan.
-Fatto. Perfetto.-
“Cosa volevi?”
“Farti sentire il riarrangiamento in piano di Condemnation.”
“Fammi sentire.”
Alan si spostò dalla batteria al piano a coda, il suo preferito, nonostante tutto, e iniziò la parte che aveva concordato con Martin, quando, dopo i primi giri, incredibilmente Dave si accodò.
Con una voce incredibile.
Alan smise di suonare e si girò a guardarlo, con le cuffie ed il microfono.
“Cos…”
“Pensavi me ne stessi tutto il giorno a drogarmi? Ti sbagli, Alan. Non sai da quanto ti sbagli su di me…”,ghignò Dave, non del tutto benevolo.
La sapeva tutta, benissimo, e con una prestanza vocale che rasentava la perfezione.
“F…Flood… stai registrando?”
“Se ti rimetti a suonare, magari sì.”
“O…ok.”
Dopo due prove, la canzone uscì praticamente perfetta.
Grezza, certo.
Eppure, in un certo senso, perfetta.
“Dio, Dave, era…era…”
“Una condanna. E’ diffcilissima.”, commentò il cantante, togliendosi le cuffie.
Solo allora Alan notò il tremito costante delle mani e il tic costante in faccia.
“Dave…come stai?”
“… non avrei mai cantato questa magnificenza fatto.”
“…”
“…me lo riservo per il tour.”
Alan finalmente gli sorrise, mentre Dave se ne andava, probabilmente a prendersi quel che pensava gli fosse destinato.
Un sorriso talmente triste che faceva venire voglia persino a lui di piangere.
*
Devotional tour, Milano, 1993
*
Un tour spaventoso, e si stavano spezzando.
Non ci sarebbe stato un collante, alla fine, lo sapevano tutti.
Forse si sarebbero spezzati per sempre.
Ma non in quel momento.
Dave salutò ed incitò il pubblico, mentre Martin metteva via la chitarra e raggiungeva le coriste.
Alan si mise alla tastiera, preoccupato come sempre; non era mai successo che Dave sbagliasse, ma quella canzone era proprio come si intitolava.
E incredibilmente Dave gli ammiccò, prima di iniziare.
“Hai paura che non ce la faccia, eh? Ma io ce la faccio, Alan.”
E l’amico gli sorrise, senza dire niente.
“Ricordatelo, Alan Wilder. Io ce la faccio sempre.”
-Già…-, pensò Alan, attaccando il giro di quella stupenda canzone.
-Sono io che non ce la farò.-

   
 
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