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Autore: Timcampi    06/10/2012    2 recensioni
Tremilasettecentocinquantacinque silenziosi chilometri d'asfalto polveroso che serpeggiavano nell'arido e dorato deserto americano, unendo Chicago alle spiagge di Santa Monica, portavano, nel 1982, il leggendario nome di U.S. Route 66.
Di essi, novecentosettantasei separavano Amarillo da Flagstaff, portando fuggiaschi, avventurieri e pellegrini del rock.
Una melodia allegra precedeva il passaggio di un vecchio pick-up Ford Courier dalla vernice azzurra mezza scrostata che comparve d'un tratto all'orizzonte, sotto la rossa luce del tramonto, in un ondulato miraggio, e i cui due passeggeri appartenevano a tutte e tre le categorie.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Nota dell'autrice: Attenzione, per favore. I protagonisti di questa fanfiction non sono legati da alcun legame di parentela, tant'è vero che non hanno neppure lo stesso cognome; oltretutto, non sono neppure normali persone, bensì nazioni. Ho inserito l'avvertimento “Incesto” soltanto perchè vengono impropriamente definiti fratelli. Comunque sia, non temete: il regolamento parla chiaro, indi per cui non mi sono spinta oltre il limite consentito. Se poi vi dà comunque fastidio, fate marcia indietro e non leggete!

 

 

Dedicata a Shaylee Sae Sideris,

la mia Micia,

nonché l'esserino più adorabile del mondo.

 

Detonation!

 

Tremilasettecentocinquantacinque silenziosi chilometri d'asfalto polveroso che serpeggiavano nell'arido e dorato deserto americano, unendo Chicago alle spiagge di Santa Monica, portavano, nel 1982, il leggendario nome di U.S. Route 66.

Di essi, novecentosettantasei separavano Amarillo da Flagstaff, portando fuggiaschi, avventurieri e pellegrini del rock.

Una melodia allegra precedeva il passaggio di un vecchio pick-up Ford Courier dalla vernice azzurra mezza scrostata che comparve d'un tratto all'orizzonte, sotto la rossa luce del tramonto, in un ondulato miraggio, e i cui due passeggeri appartenevano a tutte e tre le categorie.

Il vento irrompeva attraverso i finestrini abbassati mescolandosi al pungente odore di alcol, arruffando i loro capelli biondi e sferzando sui loro visi quasi identici; sui malconci sedili posteriori erano abbandonati una chitarra scordata, una cassetta di birre ormai dimezzata e un vecchio cappello da cowboy.

Il giovane sul sedile del passeggero cantava a squarciagola scuotendo ritmicamente la testa, con un braccio teso oltre il finestrino e gli occhiali scivolati fin sulla punta del naso sudato.

Il conducente aguzzava la vista, stringendo convulsamente le mani sul volante, nel tentativo di combattere i fumi dell'alcol che gli annebbiavano i sensi.

-Alfred, spegni la radio, per favore. Sto... cercando di guidare.- mugugnò, mordendosi le labbra.

-Sta' zitto e canta con me, Matt!- esultò il compagno di viaggio, alzando il volume fino a diffondere allarmanti vibrazioni lungo tutto il vecchio pick-up.

-Ah... Non avrei dovuto assecondarti. Sarei dovuto restare a casa.- sospirò il canadese.

-Io ho avuto l'idea, ma sei tu ad avere il volante.- rise l'altro, assalendo le labbra dell'altro con le proprie, con tutta la scarsa rapidità che l'ebbrezza gli permetteva, ma riuscendo comunque a coglierlo di sospresa.

Matthew ringraziò che la strada fosse deserta, perchè lasciò la presa sul volante e sui pedali quel tanto che bastò per far sbandare il pick-up fin quasi oltre il sabbioso limite della carreggiata.

-Maledizione, Al! Non ora!- protestò, stringendo i denti, per poi aggiungere un secco: -Sai di birra.

-Anche tu.- sorrise l'americano, intrufolandosi sotto il caschetto biondo del suo compagno di viaggio e posando un umido bacio sotto il suo orecchio, facendogli correre lungo la spina dorsale un brivido tanto forte da annebbiargli la vista.

-Al... Non adesso, okay?- mormorò, mordendosi il labbro inferiore.

-D'accordo, hai vinto.- sbuffò Alfred, piegandosi verso i sedili posteriori, sulla cassetta di birre ormai calde, ed estraendone una.

-Non abbiamo bevuto già troppo?- lo ammonì l'altro, arricciando le labbra.

-Ma io non sto guidando, Matt. ...Dove ho messo l'apribottiglie? Oh, eccolo.

Ma neppure Matthew era sobrio. Vedeva la strada come coperta da una patina opaca, e violenti capogiri lo scuotevano di tanto in tanto.

-Scusami, Al. Ho mal di testa.- si giustificò, un attimo prima di spegnere la radio, suscitando un'espressione contrariata sul volto dell'altro.

Un attimo dopo, però, il pick-up si fermò.

-Perchè ci siamo fermati?- domandò Alfred, trangugiando l'ultimo sorso della bottiglia.

In tutta risposta, il canadese sospirò, ravviandosi i capelli biondi in un gesto rassegnato.

Era un idiota. Per averlo seguito in quella fuga spericolata, per aver alzato il gomito, ma soprattutto per non essersi accorto che...

-Siamo senza benzina, Alfred.- rispose, con lo sguardo ancora fisso sull'indicatore della benzina puntato sulla lettera “E”.

L'altro lo scrutò a lungo, per poi scoppiare a ridere.

-E siamo nel bel mezzo del nulla.- scandì il canadese, abbandonando il capo contro lo schienale. -Ma cos'è che ti diverte così tanto, eh?

-Forza, Matt! Come puoi non trovare divertente tutto questo?- esclamò il giovane, spingendo gli occhiali su per la punta del naso, con il suo sfrontato e rassicurante sorriso.

Ma Matthew continuava ad essere poco fiducioso.

-Tu divertiti pure, allora. Io vado a cercare aiuto.

Aprì la portiera del pick-up, facendo per mettere già una gamba fuori, ma l'altro lo trattenne con decisione per un braccio, e Matthew si voltò a guardarlo con aria interrogativa.

-Tra un po' farà buio. Se avessimo bisogno di cercare aiuto, lo farei io.- sorrise Alfred. -Io, però, credo che dovremmo aspettare domani.

Il canadese sospirò, titubante.

Aveva deciso di seguirlo perchè... ne aveva voglia. Aveva voglia di allontanarsi per qualche giorno dalla paradossale precarietà delle sue certezze, di mandare al diavolo chi lo guardava con sufficienza e chi non lo degnava di uno sguardo, di scappare con chi amava, come un ragazzo qualsiasi.

In fondo, avevano acqua e cibo a sufficienza.

-Dovremmo... allontanare il pick-up dalla carreggiata, allora.- ribattè, con un timido sorriso, al che l'altro sorrise, gettandogli le braccia al collo con goffa euforia.

-Questo è lo spirito giusto, Matt!- esultò l'americano, schioccandogli un sonoro bacio sulle labbra, prima di schizzare fuori dal pick-up e dirigersi verso il retro della vettura, seguito a ruota dall'altro.

-Bene, Matt.- ghignò, sfilandosi in un gesto secco la camicia e abbandonandola tra i loro pochi bagagli. -Spingi sul lato sinistro, io spingo dal retro.

Con non poca fatica, spostarono il pick-up fin sul ciglio della strada, per poi riaccasciarsi sui sedili anteriori, stanchi e sudati.

-Direi che... avrei... bisogno di una... doccia.- ansimò Alfred, asciugandosi la fronte imperlata di sudore.

-Se avessimo fatto a modo mio, ora probabilmente saremmo in un motel.- affermò Matthew, in un vano tentativo di stuzzicarlo. Tuttavia, Alfred sfoderò un sorriso di sfida, uscendo di colpo dall'abitacolo.

-Dove vai, Al?

Quando anche Matt posò i piedi sull'asfalto, ebbe un piccolo shock: la sagoma di Alfred si stagliava dall'altro lato della vettura, sul rosso vivo del tramonto, con una tanica d'acqua (unica riserva idrica a loro disposizione) che rovesciava su di lui gran parte del suo contenuto.

-Ecco fatto. Ce n'è rimasta un po' per te, Matt.- sorrise l'americano, con un ingenuo sorriso dipinto sulle labbra.

Matthew chiuse gli occhi, esibendosi in un teatrale sospiro.

-Alfred, sei un...- sibilò tra i denti, senza però riuscire a trovare l'aggettivo adatto. In fondo, Alfred era quello scapestrato e senza pensieri, e lui lo sapeva bene.

E l'amava, per questo.

Amava il riverbero dell'ultimo sole sui suoi occhiali; amava il suo torso nudo che brillava di piccole gocce d'acqua; amava quel suo viso in cui gli sembrava di specchiarsi, così simile al suo eppure così assurdamente diverso.

Alfred richiuse la tanica, abbandonandola poi sul retro del pick-up insieme alle altre cianfrusaglie, e poi gli si avvicinò a braccia aperte, stringendolo in un caldo e possente abbraccio.

-Sono felice che tu sia venuto con me, Mattie.- sussurrò, con le labbra a un soffio dal suo orecchio. Il canadese posò il capo sulla sua spalla, circondandolo a sua volta con le proprie braccia. Anche quell'odore pungente di birra e sudore gli piaceva, così come il pizzicante calore del suo corpo muscoloso e imponente.

-Sono felice... di essermi lasciato trascinare da te, Al.- rispose, con una risata sommessa. In effetti, era sempre stato così: Alfred e Matthew, fin dagli albori della loro esistenza, si erano tenuti per mano, ma Alfred era sempre stato quello più entusiasta, pieno di grinta e di spirito d'iniziativa, e finiva sempre per trascinare con sé anche Matthew. Gli tendeva la mano, quando cadeva; lo portava tra le braccia, quando era stanco.

Alla fine, però, Matthew aveva finito per abituarsi alle sue falcate rapide ed incalzanti, fino a seguirlo ovunque con i propri stessi piedi.

Nonostante potesse ormai farcela da solo, però, mai avrebbe lasciato la sua mano.

-Sono un rumoroso guastafeste, lo so.- rise l'americando, scostandogli una lunga ciocca bionda dal viso e posando un lungo, dolce bacio sulla fronte. -Però, Matt... Finchè sarai con me, il tuo futuro sarà a prova di proiettile. Parola mia.- giurò, in un tono tanto serio e solenne da stonare con tutto il resto.

E Matthew lo sapeva bene: finchè erano insieme, potevano fare qualsiasi cosa, perfino fuggire da tutto e da tutti come due comuni innamorati, con poca benzina e poco denaro, e senza meta. Finchè fossero stati insieme, le conseguenze sarebbero state secondarie.

-Ehi, Mattie... Ti va una birra? Ora non devi guidare!- propose Alfred, strizzandogli un occhio. Matthew annuì, scrollando le spalle.

Quando tornarono dentro il pick-up, fu Matthew a sgusciare nel varco tra i sedili anteriori, in cerca delle birre, constatando con rammarico quanto fossero diventate spiacevolmente calde; quando ebbe tratto appena due sorsi dalla propria bottiglia, quella dell'americano era già vuota.

-Mattie?- mormorò, percorrendo distrattamente l'orlo della bottiglia con la punta della lingua. L'altro si voltò a guardarlo, con aria interrogativa.

-Trascinami.- scandì l'americano, abbandonando la bottiglia vuota nella cassetta alle sue spalle.

-Cosa hai...?

-Voglio che sia tu a trascinarmi, ora. Soltanto per questa volta, Matt.- ribadì, cercando le sue labbra con le proprie, come a tendergli una mano, nella speranza che l'altro l'afferrasse.

E Matthew lo accontentò, schiudendo le proprie labbra ad un bacio tenero e rasserenante, che sapeva di birra, di speranza, d'ignoto. Carezzò con la propria lingua ogni centimetro della sua bocca, lentamente, come se fosse stata di nuovo la prima volta.

-Facciamo un po' di rumore, guastafeste.- gli sorrise, scostando appena le proprie labbra da quelle dell'americano. Nonostante il contenuto quasi minaccioso della frase, il suo tono era dolce e pacato, come sempre.

Senza curarsi della goffaggine di quel movimento, Alfred abbandonò il proprio sedile e si mise cavalcioni sulle gambe dell'altro, per poi cominciare ad aprigli la camicia, sfilando uno ad uno i bottoni dalle asole.

Matthew non percepì alcuna esitazione nei suoi movimenti, sicuri e decisi come sempre, e proprio in quella sua sicurezza trovò un ulteriore sprono a fare altrettanto: mosse le labbra lungo il profilo marcato della sua mandibola, fino a raggiungere l'orecchio, che prese a baciare con dolcezza in ogni suo anfratto, mentre le mani vagavano lungo la schiena dell'americano, descrivendo indefiniti arabeschi lungo l'incavo della sua spina dorsale.

Alfred s'impegnò ad aspettare che fosse il suo Matt a chiedere di più, ma non dovette attendere molto.

-Al... Stai sorridendo?- sussurrò Matthew, spostando nuovamente le sue attenzioni sul volto dell'altro, che annuì.

-E... perchè?

-Perchè sai trascinare proprio bene, Mattie.- rispose, catturando nuovamente le sue labbra tra le proprie.

 

-Al?

-Cosa c'è, Matt?- domandò il giovane, ancora abbandonato nel tepore delle sue braccia, cercando i suoi grandi occhi azzurri sotto la cortina bionda sparsa sulla fronte imperlata di sudore.

-Dove andremo, domani?- mormorò il canadese, volgendo uno sguardo verso il parabrezza, oltre il quale un cielo limpido e trapunto di stelle vegliava su di loro.

-Potremmo... andare a Las Vegas.- ridacchiò Alfred.

Matthew lasciò vagare per un attimo la fantasia, fino alla Città delle Luci, popolata da grattacieli luminosi e brillati che parevano immensi pugnali rivolti al cielo, in segno di sfida a qualsiasi dio dimorasse in esso.

In fondo, Las Vegas non era lontana. Ma avevano poco denaro, e ne avrebbero avuto ancora meno quando si fossero rifocillati di alimenti e benzina.

-Siamo al verde, Al.- sospirò, con una risata sommessa. Avrebbero dovuto gonfiare un po' di più i loro portafogli, prima di partire per quell'improvvisata vacanza.

-Ma è Las Vegas, Matt! Torneremo a casa con le tasche piene, ne sono sicuro.

-Io avrei qualche dubbio, in proposito.

Alfred arricciò il naso, pensoso.

-Fidati di me, Mattie.- tagliò corto. Si voltò a guardare la volta celeste, con un sorriso beffardo.

-Matt?

-Sì, Al?

-A Las Vegas... c'è troppa luce, e le stelle non si vedono. Probabilmente, la luce sotto cui dormiremo sarà quella di un angelo a neon.

-Allora dormiremo sotto un pacchiano angelo a neon, Alfred.- sentenziò Matthew, schioccando un lieve bacio sulla sua fronte.

Tra di loro, non esistevano imperativi, non esistevano sopra e sotto, né timidezza, né remore.

Uno era l'esplosivo innescante, l'altro il detonatore, ma nessuno dei due sapeva esattamente chi fosse cosa.

Insieme, però, potevano cambiare il mondo.

Oppure farlo esplodere.

 

 

 

 

   
 
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