Capitolo 4
Mi trovavo ancora stesa sul divano e avevo lo sguardo perso nel vuoto. Pur avendo circa un milione di domande da fare non riuscivo a parlare. Dove sono? Perchè mi trovo qui? Come ho fatto a sopravvivere? Ho mirato bene? Sono morta e questo è l'inferno? O sono sopravvissuta? No, impossibile, un colpo alla tempia è fatale! Istintivamente portai una mano alla tempia destra, ma prima che potessi toccare il prete mi interruppe <
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“Ed eccone un'altra che si aggiunge alla schiera dei fedeli”
pensava il dottore.
“Ancora un'altra, frutto di una tecnologia fino a cinquecento anni prima sconosciuta, altra vittima di una lotta inutile che perdura ormai da secoli, troppi. Strappata dalle braccia della terra che cinque secoli prima e mai ritornata nel luogo di riposo. Chi avrebbe mai creduto che la tecnologia potesse arrivare a tanto? Non è la prima, è di questo passo non sarà neanche l'ultima... . Tanti piccoli soldatini di legno, addestrati ed educati a chinare la testa ad un potere superiore, in cui io, in qualità di scienziato e ricercatore, non credo, ma....che dire …... sono pagato per questo, e poi, se non lo facessi, perderei tutto...”
Mentre il dottore si abbandonava a questi pensieri che ormai gli affollavano la mente da molto, anzi troppo tempo, pensava anche che doveva avvisare l'Istituto del “nuovo arrivo”. A lui non piaceva questa situazione, ma non poteva farci niente, doveva abbassare la testa e obbedire, altrimenti sarebbe stata la fine, non per lui, ma per la cosa a lui più cara al mondo, la cosa per cui continuava a fare questo sporco lavoro, la cosa per cui stava sacrificando tutti questi “ritornati”, il motivo: sua figlia.