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Autore: Francibella    07/10/2012    5 recensioni
A Ron andava bene quel lavoro. A Hermione no. Non le interessavano i soldi o la fama. Gliene avevano dati abbastanza. Voleva che Ron facesse un lavoro serio, che si impegnasse, si costruisse una carriera. Era egoista, lo sapeva. Perciò lasciava stare.
Tentavano di costruire la loro vita di coppia. Ma sembrava fallissero sempre.
Le domeniche che Ron non era di turno in negozio – una al mese, troppo e troppo poco – rimanevano a casa. Lui guardava la televisione, stupida Hermione che l’aveva installata, lei leggeva o lavorava.
All’inizio il corpo di Hermione sussurrava amami.
Lui rispondeva sono stanco, è domenica.
Poi le cose erano cambiate, lei aveva investito su altri aspetti della sua vita.
Era lui a dire fatti amare da me.
Lei tranquillamente sembra dire non è il caso, sto lavorando.
AVVISO: Ron non esce bene da questa oneshot, anzi è quasi OOC.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ron Weasley, Rose Weasley | Coppie: Albus Severus Potter/Rose Weasley, Harry/Hermione, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Ripeto, nel caso vi fosse sfuggito, Ron non è dipinto bene.
Ne sono stati accentuati tutti i lati negativi.
Se fate parte del Ron Weasley Fan Club, potreste non gradire.
Mi dispiace.

 

Se non ti sposo, ti avrò per sempre

 


Aveva sempre odiato la frase posso rinunciare a tutto, ma non ai miei sogni, all’amore, alla felicità, al mio cane. Era una sciocchezza. Lei avrebbe voluto avere più di una cosa soltanto. Avere l’amore, ma non essere felici che senso avrebbe avuto? Ed essere soddisfatti dai propri sogni, ma soli senza nessuno da amare? Sciocchezze. Parole per gli sciocchi, gli stolti e gli ipocriti.

Ron glielo diceva spesso. Rinuncerei a qualsiasi cosa, ma non a te.
Hermione non avrebbe voluto che lui lo facesse, assolutamente. Perché lei non l’avrebbe mai fatto per lui.
Però alla fine non era vero. Ron non rinunciava nemmeno a un pezzo di cioccolata, per lei. Eppure si ostinava a dire che per lei avrebbe fatto grandi cose. Invece lavorava ancora con George.
Hermione lo spronava a fare un lavoro che lo soddisfacesse davvero. I Tiri Vispi Weasley erano adatti per Fred e George. Non per Ron.
Alla lunga, però, si era resa conto che non erano adatti per lei. Fred e George avevano creato quel negozio, era loro. Ron aveva solo tentato di prendere il posto di Fred. Una missione persa in partenza.
A Ron andava bene quel lavoro. A Hermione no. Non le interessavano i soldi o la fama. Gliene avevano dati abbastanza. Voleva che Ron facesse un lavoro serio, che si impegnasse, si costruisse una carriera. Era egoista, lo sapeva. Perciò lasciava stare.
Tentavano di costruire la loro vita di coppia. Ma sembrava fallissero sempre.
Le domeniche che Ron non era di turno in negozio – una al mese, troppo e troppo poco – rimanevano a casa. Lui guardava la televisione, stupida Hermione che l’aveva installata, lei leggeva o lavorava.
All’inizio il corpo di Hermione sussurrava amami.
Lui rispondeva sono stanco, è domenica.
Poi le cose erano cambiate, lei aveva investito su altri aspetti della sua vita.
Era lui a dire fatti amare da me.
Lei tranquillamente sembra dire non è il caso, sto lavorando.
Le altre domeniche erano meglio. Ron lavorava, si svegliava piuttosto presto, facendo rumore. A Hermione non interessava. Sembrava non interessarle niente.
Quando Ron era uscito di casa, Hermione si alzava, si preparava e usciva.
Camminava per Londra, guardava la città appena sveglia.
Poi finiva da Harry.
Ginny aveva le partite, domenica. Harry era di turno una sola domenica al mese. Stavano insieme e non c’era mai silenzio. Anche i loro respiri parlavano.
Uscivano, facevano acquisti, cucinavano, leggevano.
Era perfetto.
Era così che si era immaginata la vita di coppia. Sua madre, l’unica a cui confidava questi pensieri, all’inizio diceva che era così bello perché era una cosa diversa. Un giorno alla settimana, non era la quotidianità.
Poi si erano arrese entrambe all’evidenza. Se al posto di Ron ci fosse stato Harry, sarebbe stato sempre così. Per Ginny lo era, probabilmente.

A volte Hermione andava a trovarlo nel suo ufficio.
Lavoravano lì solo da un anno. Prima lui faceva il corso Auror, lei i corsi di formazione del Ministero.
Hermione aveva lavorato in svariati reparti, poi aveva scelto di andare nel Recupero Ex Mangiamorte. Uno degli Uffici peggiori, quelli che tutti evitavano.
Lei stava lì, leggeva i rapporti da Azkaban, controllava l’operato di quegli uomini, che la società chiamava mostri. Parlava con le loro famiglie, tentava di dare una mano. Era un lavoro difficile, ma a Hermione non pesava.
Se non ce la faceva, andava da Harry. Lui era lì, redigeva rapporti sulle missioni. Gli altri giovani Auror volevano andare di più sul campo, ma a Harry andava bene così. Hermione sospettava che ne avessi visti abbastanza, di campi di battaglia.
Quando lo andava a prendere il venerdì sera – un rito, il loro rito – incontrava il suo capo che se ne andava. Un bel cinquantenne, sempre in forma, elegantemente vestito. Era diventato Capo dell’Ufficio Auror dopo la guerra. Non era lui il designato, l’altro era morto. Perciò Williamson, si chiamava così, diceva sempre Sono solo un sostituto temporaneo. Presto arriverà il vero capo. Tutti ridevano, pensavano scherzasse. Hermione credeva che fosse piuttosto serio. Guardava sempre Harry, mentre parlava. Il venerdì sera, Williamson prendeva il cappello e il cappotto, guardava tutti le sue matricole (come era solito chiamare gli altri Auror, tranne quelli esperti) e diceva di non disturbarlo. Vado in Francia per il weekend con la mia bella, non voglio dover interrompere la nostra quiete. La bella non era la moglie, ma l’amante e lo sapevano tutti. Come tutti erano a conoscenza del fatto che avrebbe mandato gufi per tutto il weekend, assicurandosi che tutto andasse per il verso giusto.
Hermione sapeva che presto o tardi Harry avrebbe preso quel posto. Si sarebbe seduto su quella scrivania e alle pareti, invece dei ritagli di giornale che riportavano il suo nome, avrebbe appeso le foto delle persone che amava. E sarebbe passato anche il sabato e la domenica. Ci avrebbe portato i bambini, che sarebbero cresciuto lì. Tra il Ministero e i Campi da Quidditch. E poi avrebbero seguito la loro strada. Harry sarebbe diventato Capo dell’Ufficio Auror, mentre Ron vendeva scherzi da quattro soldi.
Quando Harry la vedeva arrivare, si fingeva sempre stupito, come se non se lo aspettasse, come se non l’avesse fatto anche la settimana prima. Tornavano a casa camminando. Hermione si cambiava le scarpe, metteva le ballerine e si appoggiava al braccio di Harry. Dicevano tante cose e ascoltavano ogni cosa. Sentivano anche i pensieri.

Poi tornavano a casa, Harry avrebbe preparato la cena insieme a Ginny, si sarebbero raccontati le rispettive giornate. Hermione avrebbe riscaldato ciò che aveva preparato quella mattina prima di uscire, mentre Ron apparecchiava. A volte mangiavano tutti insieme la domenica sera. A casa Potter, come la chiamavano. Parlavano di tante cose, ma Hermione preferiva ascoltare ciò che non dicevano.
Ginny avrebbe voluto che Harry le chiedesse di sposarlo. Lo sapevano tutti. Assolutamente tutti. Harry compreso. Hermione non aveva mai toccato quell’argomento con lui, ma credeva che non si sentisse ancora pronto. Ron quando sentiva Ginny fare questi discorsi, si agitava sulla sedia, temeva che anche Hermione esprimesse il desiderio di sposarsi, ma Hermione diceva sempre siete giovani, c’è tempo. Che era quello che ripeteva anche Molly. Arthur era d’accordo con Ginny, a volte faceva qualche pressione su Harry, ma lo avevano dissuaso.

Harry pensava ai bambini. Spesso diceva che gli sarebbero piaciuti i nomi composti, carichi di significato. Questa era una delle poche cose su cui Hermione non era d’accordo. Lei voleva nomi semplici, perché si diceva che già i bambini sarebbero stati figli dei Salvatori del Mondo, era inutile appiccicare loro nomi improbabili. Harry sorrideva, sembrava dirle tanto non saranno miei e tuoi, i bambini. Ron non si esprimeva, Ginny era d’accordo con Harry. 

«Hermione, è ora che io faccia la proposta a Ginny, eh?» Avrebbe voluto urlare di no, non era ora, non lo sarebbe mai stata.
«Se la sposi, io sposo Ron.» Aveva tenuto un tono delicato, non maleducato.  Però era la verità.
«Niente matrimonio a quattro.»
«Viaggi di nozze separati.»
«Due matrimoni diversi.»
«Non la stessa location.»
«Almeno due mesi tra uno e l’altro.»
«Sei sicuro? Cambierà tutto!»
«È solo una formalità, credimi. Un documento. Per lei è importante, a me non cambia niente.»
«Magari lascio Ron.»
«Non lo farai. E io sposerò Ginny.»
«Sembra una storia già scritta.»
«Lo è.»
«Se tornassi indietro, non lo bacerei nella Stanza delle Necessità.»
«Non è vero. Lo faresti. Io ti porterei con me alla festa di Lumacorno, per fargli capire quello che si stava perdendo.»
«Non piangerei la sua assenza, mentre cercavano gli Horcrux.»
«Forse. Ma saresti felice per il suo ritorno. Non si può tornare indietro.»
«Non lasciarmi mai, Harry.»
«Per questo non ti sposo, Hermione, così sarò sempre al tuo fianco.»
Con un abbraccio suggellarono quella promessa. E con un bacio chiusero tutti i se. Perché baciare Harry era così bello e così sbagliato.

Ginny Weasley divenne Ginny Potter sei mesi dopo.
Dopo un anno dal matrimonio di Harry e Ginny, Hermione Granger divenne Hermione Granger Weasley e l’ultimo ricordo prima di partire per il viaggio di nozze, furono le guance morbide del piccolo James Sirius Potter.
Al ritorno dal viaggio di nozze, Hermione scoprì che Ginny era di nuovo incinta. Così venne concepita Rose Weasley, che vide la luce pochi mesi dopo Albus Severus Potter.
Hermione voleva fermarsi, ma Ron voleva un maschietto e Ginny una femmina.
Anche Lily Luna Potter e Hugo Weasley emisero i primi vagiti a pochi mesi di distanza.
Hermione era intelligente e lungimirante, perciò accadde tutto quello che aveva previsto.
Harry diventò Capo dell’Ufficio Auror e portò i bambini a vedere il proprio ufficio.
Le foto alle pareti ed Edwige II davanti alla finestra.
James che si interessava degli scherzi che creava Ron.
Albus e Rose che giocavano insieme tutto il giorno, che camminavano tenendosi la mano, che si aggrappavano l’uno all’altra, come Hermione e Harry.
Lily che sorrideva sempre, che diceva a tutti ti voglio bene. E Hugo che non parlava e stava sempre attaccato a Hermione.
E Harry cominciò a portare anche Rose al Ministero, quando Ron lavorava la domenica mattina. Quando anche Lily cominciò a esprimere il desiderio di andare con papà, Harry si portava dietro tutti a quattro i bambini. Passavano meno tempo al Ministero e più tempo in giro. Albus e Rose mano nella mano. James davanti, Lily attaccata al papà. Hugo veniva lasciato dalla nonna o da Ron ed Hermione e Ginny si prendevano del tempo.

Era bello, si diceva Hermione. Se avessero fatto altre scelte, non avrebbero avuto tutto quello. Rose non avrebbe avuto Al. James non avrebbe potuto conoscere i trucchi dei Tiri Vispi Weasley e andare al Ministero. Non ci sarebbe stato il tempo di sole ragazze, come lo chiamava Ginny.
Poi arrivò Hogwarts per James, tutti lo accompagnarono a King’s Cross. Ginny aveva gli occhi lucidi, ma non pianse. In un battibaleno, toccava anche ad Albus e a Rose. Ed Hermione aveva paura: e se la scuola li avesse divisi? Sapeva che era egoista da parte sua, perché riversava su Al e Rose la propria storia con Harry.
In ogni lettera che Rose mandava a casa, Hermione tentava di capire come andassero davvero le cose con Al. Sembrava sempre tutto bene. Ciò che rendeva triste Rose era Scorpius Malfoy, che si attaccava ad Al come Hugo a Hermione, però Rose era una brava bambina, altruista, capiva che la vita di Scorpius era difficile e lo sopportava. Alla fine del secondo anno erano anche un po’ amici.
Quando Hugo partì, Hermione non era così dispiaciuta. Sapeva che Hugo doveva andare a Hogwarts. Doveva crescere, maturare e diventare più indipendente. Lily era eccitatissima e Ginny non si commosse nemmeno un po’. Solo Harry sembrava triste, ma non dissero niente. Non dicevano mai niente di serio a King’s Cross.

Williamson era morto.
Non era il primo, nemmeno l’ultimo. Harry aveva chiesto a Hermione di accompagnarlo al funerale. Hermione era andata. Voleva stare un po’ con Harry e voleva vedere la moglie e l’amante di quello strano uomo.
Erano adulti, ormai. Forse avrebbe potuto dire vecchi. Albus e Rose avevano sedici anni. Hugo quattordici. Il tempo stava passando, inesorabilmente.
Quel funerale la sconvolse.
La signora Williamson era bella, molto bella a dire la verità. Elegante, composta. L’amante non era giovane, bella e spensierata come se l’era immaginata. Aveva la stessa età della moglie, forse era anche più vecchia di un paio di anni. Era una bella donna, ma nulla di eccezionale. Stavano sedute sulla stessa panca, l’una di fianco all’altra e a un certo punto si abbracciarono. Hermione era un po’ sconvolta, ma Harry le disse «Ti aspettavi che si scannassero? Lo amavano entrambe molto, non potrebbero rovinare il suo funerale né aggredire la donna che lui amava.» Hermione pensò che se quello fosse stato il funerale di Harry, lei e Ginny avrebbero fatto la stessa cosa, probabilmente. In fondo Williamson aveva solo avuto il coraggio di fare quello che loro avevano solo pensato. Uscendo dalla chiesa, Hermione si accorse di apprezzare di più Williamson, ma ormai era morto. Perciò pianse sincere lacrime.

«Rose si sposa.»
«Lo so.»
«Te l’ha detto Al?»
Era assurdo. Hermione era seduta davanti alla scrivania di Harry, come se fosse stata lì per lavoro. Rose e Al avevano solo ventidue anni. Era assurdo.
«Sì. Lo immaginavamo un po’ tutti, no?»
«Io no, sinceramente.»
«Dai, Hermione, stanno insieme da cinque anni. Si amano molto.»
«Hanno solo ventidue anni!»
«Noi non ne avevamo molti di più. Credevo che saresti stata contenta. Ron come l’ha presa?»
«Malissimo. Non parla più a Rose da due giorni. Lei si aspettava il mio appoggio, ma io sono stata un po’ debole nel sostenerla.»
«Perché non va bene? Avevi detto che Scorpius ti piaceva!»
«Non è Al, Harry! Lo vuoi capire? Non è Al!»
Harry non si aspettava nessuna risposta diversa. Non si scompose, non emise suoni di stupore. Si limitò a guardare Hermione.
«Per fortuna, che non è Al. Ti ricordi cosa ti dissi tanti anni fa?»
«Non ti sposo, così sarò sempre al tuo fianco
«Ho mai mancato alla promessa?»
«Mai in diciotto anni.»
«Al è mio figlio.»
«Non capisco se sono stupidi come noi o intelligenti come noi.»
«Semplicemente non sono come noi.»
«Sono felice, alla fine.»
«Non te lo aspettavi, eh? Anche Hermione Granger può sbagliarsi, allora.»
«Lo sai che ti ho sempre amato.»
«Anch’io. E questo non ha mai creato nessun problema.»
«Non è Al.»
«Per fortuna, Hermione.»
«Lo sai che sono stati il primo bacio l’uno dell’altra? L’ho letto nel diario di Rose.»
«Albus non me lo ha mai detto.»
«Non è il genere di cose che diresti a tuo padre.»
«Immagino di no. Non sono proprio come noi, allora.»
Silenzio
«Hermione, quando starò per morire, verrò da te e ti bacerò. Sarai il mio ultimo bacio. Morirò con il tuo sapore sulle labbra.»
«Devo essere contenta per Rose.»
«Non sei obbligata, ma sarebbe carino.»

Hermione fu davvero contenta, alla fine.
Scorpius non era Al, ma era la scelta migliore tra tutti i non-Al.
Ron digerì a fatica la cosa, molto a fatica. Per la prima volta a Rose pareva non importare. Al ed Hermione erano contenti. Non chiedeva altro.
Hermione imparò una lezione importante dalla figlia.
A volte accontentarsi di quello che si ha non è male.
Rose aveva scelto Scorpius.
Forse perché sapeva che non avrebbe potuto avere Al.
In ogni caso, aveva accettato  il proprio destino.
Non si sarebbe svegliata la notte con l’ansia di aver sbagliato.
Con il terrore di aver perso tutto.
Rose sembrava felice.
Ma Hermione si promise che un giorno gliel’avrebbe detto.
Perché non Al?
Immaginò di dirglielo in letto di morte. O qualcosa del genere. Ma sembrava troppo melodrammatico per due menti razionali come Hermione e Rose.
Capitò per caso, mentre tornavano dallo shopping prematrimoniale.

«Mamma, dimmi quello che devi. Ti sta logorando.»
«Non è nulla, Rosie.»
«Sai che una goccia d’acqua può erodere una roccia, alla lunga? Tu sei una roccia, mamma, ma quello che ti frulla in testa è altrettanto forte.»
«Io avrei capito, sai? Se tu… Se tu avessi fatto un’altra scelta io ti avrei sostenuta. Tutti ti avremmo sostenuta.»
«Sarebbe stata una cosa un po’… fuori dal comune non trovi?»
«Non importa. Non pensare a quello che dicono gli altri. Pensa a te stessa.»
«Come hai fatto tu, mamma? Avresti potuto cambiare ogni cosa. Non l’hai fatto.»
«Avrei creato solo sofferenza.»
«Io disagio e imbarazzo. E poi mi va bene così.»
«Perché?»
«Se non lo sposo, lo avrò per sempre.»



Non è proprio una storia solita. Non so bene cosa dire. Non rispecchia il mio stile, non pensavo che l'avrei scritta tantomeno pubblicata. Però avevo voglia di qualcosa che uscisse un po' dall'atmosfera fluff dove me li immagino. Mi dispiace per Ron, per come l'ho descritto all'inizio. Io credo che poi sia migliorato, abbia capito come gestire una vita di coppia. O Hermione l'avrebbe mollato. 

Non poteva mancare l'accenno a Rose e Albus, perché sono tanto carini, ma io rimango una Rose/Scorpius convinta. Rose prova un fortissimo sentimento per Al, ma è suo cugino, perciò non ha mai pensato davvero a lui come a un possibile ragazzo. Alla fine Rose e Hermione sembrano fare la medesima scelta, ma dal punto di vista è molto diversa. Hermione ha un grande rimpianto, perché non ha scelto Harry. Rose no. Rose sceglie Scorpius consapevolmente. E allo stesso tempo sa che così avrà Al per sempre, ma non avrebbe mai potuto sposare Al. Sì, è complicato. Sì, non è il solito. Sì, l'ho pubblicato lo stesso.

   
 
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