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Autore: ManuFury    08/10/2012    4 recensioni
Ecco un breve frammento di vita di Albert Wesker... Divertitevi!
(...) "E intanto il tempo scorreva inesorabile, indifferente a quelle risate e a quella gioia. Il tempo aveva un cuore di pietra e gli occhi di un cieco." (...)
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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ONLY FOR YOU

 
Albert Wesker sedeva nel salotto in attesa, con gli occhi nocciola fissi all’orologio da parete e alle sue lancette che sembravano girare troppo in fretta, come se avessero loro stesse fretta.
Quanto era strano il tempo… al lavoro così vischioso da non passare mai; a casa così veloce, nemmeno corresse su un circuito di Formula Uno.
Sospirò appoggiandosi completamente al divanetto di pelle beige che sembrava gelido come il ghiaccio.
Passarono alcuni minuti, fin troppo veloci dal punto di vista dell’uomo e, nel silenzio perfetto e quasi freddo della sua casa… un rumore.
Qualcuno si stava avvicinando furtivamente a lui, o almeno tentava di essere furtivo, un po’ come un ladro in erba che non ha ancora imparato bene come muoversi, anche se le basi le ha.
Quel rumore, che qualcuno avrebbe interpretato come un segnale di pericolo o come un semplice rumore di fondo nato dalla deformazione professionale di un lavoro usurante, fece nascere un sorriso sul viso dell’uomo.
L’impacciata figura si avvicinò ancora, fino ad arrivare alle spalle dell’uomo seduto sul divanetto in pelle beige e, una volta lì, si alzò sulle punte dei piedi.
Albert Wesker sorrise ancora una volta quando sentì due mani calde e piccine posarglisi sugli occhi per chiuderli, scacciando definitivamente il gelo di quell’attesa.
“Chi sono?” Domandò una voce stridula che cercava di camuffarsi, ma con ben scarsi risultati. Lui sorrise ancora, passandosi una mano sul mento e recitando la parte di quello che non riesce a capire al primo colpo.
“Sei Eleonor?” Tentò, sapendo di sbagliare.
“NO!” Una risatina dolce, che poteva essere quella di una fatina.
“No?!? Peccato, ne ero convintissimo… allora… fammi pensare. – Appoggiò le sue mani inguantate di pelle nera su quelle manine infinitamente piccole al confronto. – Ray?”
“No! No! Sbagliato ancora! Proprio non sei bravo a questo gioco.” Lo prese in giro la vocina che ormai non faceva più nulla per nascondere la sua identità, come a volergli dare un ulteriore aiuto.
“Allora… - riprese l’uomo - … mmm… non sei Eleonor, non sei Ray… - si voltò quasi di scatto, prendendo delicatamente la bimba che stava alle sue spalle in braccio. – Devi essere Lucy!”
La bambina lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri e provò a divincolarsi da quell’abbraccio, fingendosi offesa.
“Sei un’imbroglione! Hai barato! Non vale, non vale!” Gli tirò qualche debole pugno sul petto, che servivano più che altro per sfogarsi invece che per fare male.
“Non sono io che baro, sei tu che sei troppo brava!” Sorrise. Sembrava un’altra persona dal ricercatore serio e privo di emozioni che si presentava puntuale tutti i giorni sul posto di lavoro.
Ma alla piccola Lucy quei complimenti non sembravano bastare. Incrociò le braccia sempre più offesa, ma solo esteriormente. Lei adorava suo padre e non poteva mai arrabbiarsi sul serio con lui.
Wesker sorrise, solo a casa lo faceva, la sua bimba era offesa con lui? Sapeva esattamente quello che doveva fare.
Lucy era ancora seduta sulle sue ginocchia. L’uomo semplicemente fece salire un po’ di più le mani ed eseguì la tortura che più adorava… il solletico!
Subito la bimba prese a contorcersi quasi come una serpe, ridendo con quella sua risata dolce da fatina e implorando l’altro di fermarsi. Ma il padre proprio non ne aveva intenzione e continuò e continuò ridendo a sua volta. Arrivarono persino a distendersi sul divano, rischiando quasi di cadere.
E intanto il tempo scorreva inesorabile, indifferente a quelle risate e a quella gioia. Il tempo aveva un cuore di pietra e gli occhi di un cieco.
“E io che pensavo di avere solo una figlia di sei anni, proprio mi sbagliavo.” Arrivò quella voce sopra di loro. Padre e figlia si bloccarono alzando il viso in quella direzione.
Eleonor Wesker li stava osservando con i suoi occhi azzurri, col suo bel viso solare e dalla pelle candida incorniciata da capelli color miele, che cadevano come dorate cascate.
“Ha iniziato lei!” Accusò subito l’uomo.
La bimba, appoggiata al suo petto si alzò di scatto, con la treccia bionda mezza disfatta e gli occhi pieni d’ira.
“Ma che bugiardo! Non è vero, mamma! Ha iniziato lui!” Accusò a sua volta.
La donna sospirò e alzò gli occhi paziente. Occhi di una madre il cui figlio più grande è proprio il marito.
“Non vorrei interrompere il vostro tenero scaricabarile, ma è tardi. Albert, devi ancora andare a salutare Ray.” Quelle parole, così crudeli, riportarono l’uomo alla realtà.
Sì, era ora di andare.
Si risedette, sempre con Lucy sulle ginocchia, sistemandosi un po’ i capelli che teneva pettinati indietro. Poi sollevò di nuovo la figlia, facendola sedere sul divanetto a fianco a lui.
“Ma devi proprio andare?” Domandò la piccola guardandolo con i suoi occhi azzurri. Lui le sorrise e le posò una mano sulla testa, delicato.
“Sì.”
“Perché devi andare?”
“Lo faccio solo per voi. Ma ti prometto che recupereremo il tempo perso al mio ritorno.” Albert Wesker ancora non lo sapeva, ma non avrebbe mai mantenuto quella promessa. Il Destino aveva altro in serbo per lui. E il Destino, proprio come il tempo, sa essere crudele, terribilmente crudele.
Si alzò lentamente, passò accanto alla moglie che gli regalò un caldo sorriso, poi si avviò per il corridoio, tappezzato di fotografie.
Arrivò di fronte a una porta scura sulla quale ghignava una bandiera nera da pirati con il classico teschio bianco a tibie incrociate.
Aprì piano la porta per non fare rumore. Ray non era stato benissimo in quei giorni e l’uomo non voleva disturbarlo più del necessario. Una lama di luce tagliò le tenebre, proiettandosi fino al letto del ragazzino. Dormiva profondamente su un fianco, dandogli le spalle.
L’uomo si avvicinò in silenzio, chinandosi al suo fianco. La sveglia che aveva sul comodino, quasi coperta da soldatini di plastica verde, indicava che mancavano quattordici minuti alle sei. Era in ritardo.
Dolcemente gli accarezzò i capelli biondo scuro e gli diede un piccolo bacio. Visto come stava non gli sembrava il caso si svegliarlo.
Si prese ancora qualche minuto per stare con il figlio dolcemente addormentato e poi, silenzioso com’era entrato, uscì.
Come quasi si aspettava si trovò di fronte Lucy, la treccia rifatta e le mani che nascondevano qualcosa dietro la schiena. Il padre le sorrise e la prese di nuovo in braccio.
“Adesso sei tu il capo, va bene?”
Lei annuì poi alzò i suoi occhi azzurri puntandoli in quelli nocciola di lui.
“Io ho una cosa per te…” Disse e, senza lasciargli il tempo di controbattere, gli piantò sul viso qualcosa. L’uomo alzò un sopraciglio e si girò alla ricerca di uno specchio.
E quando lo trovò rimase un momento rapito dalla bellezza di quell’oggetto. Si trattava di un paio di occhiali da sole, lente da aviatore riflettente, montatura sportiva ed elegante… sembravano fatti apposta per il suo viso.
“Li ho scelti io… ti piacciono?” Domandò la piccola. Lui si voltò sorridente.
“No… non mi piacciono. Già li adoro!” E le diede un bacio. Subito ricambiato.
Salutò di corsa la bambina e la moglie una volta tornato in salotto. Indossò il suo impermeabile in pelle nera, un regalo di Eleonor per il loro primo anniversario. Infine, uscì di casa.
Sorrise guardando Lucy ed Eleonor sulla porta e fece un saluto con la mano.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbero visto sorridere. E quello non era un arrivederci… era un addio.
Albert Wesker non sarebbe mai più tornato. Non stava per partire per una missione di ricerca all’esterno. Lui era la ricerca. E non lo sapeva.
Lui, il ricercatore, sarebbe stato la cavia perfetta.
E Albert Wesker non sapeva che avrebbe dimenticato quei caldi momenti famigliari… avrebbe dimenticato tutto della sua vita di prima.
Tutto?!
Forse no… qualcosa dentro di lui gli imponeva di restare legato ad alcuni oggetti. Un’impermeabile in pelle e un paio di occhiali da sole, che un giorno la sua Lucy gli aveva regalato.
Ma tutto questo era ancora lontano, per ora, Albert Wesker era ancora un ricercatore, nel suo vialetto, che salutava la sua famiglia prima di una lunga missione all’esterno. Era ancora un normale uomo felice per quel regalo inaspettato ma gradito. E nella sua mente, un solo pensiero: tutto quello che aveva fatto e tutto quello che stava per fare… lo faceva solo per loro!
 
 
 

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Ebbe sì… sono riuscita a sbarcare anche sul Fandom di Resident Evil!
Hola bella gente!
Prima che inizino gli insulti per questa Fic un po’ demenziale e fin troppo coccolosa per i miei standard… sappiate che ho un movente… anzi, due! ^^’’
Il primo… la mia terribile immaginazione notturna… il secondo… la presenza della cara Valerie Townshend! Vedi che succede a discutere la sera di Wesker tra pali e paternità?!?!?
Wesker: … ancora con questi pali… *stato di depressione profonda!*
Vabbè… ignorate il commento del capo… e adesso posso tornare seria… ammetto che la mia conoscenza su Albert Wesker deriva solamente dal film di Resident Evil, per questo ho deciso di mettere l’avvertimento OOC, per evitare di cadere in errore. Quando ho visto questo gran pezzo di figo di un personaggio *grazie a Dio la tastiera è plastificata, altrimenti addio portatile!* mi sono immagina… chi era prima di diventare il Presidente dell’Umbrella?
Assurda come scenetta famiglia, lo ammetto… ma a me ispirava…
Ok… angolo sclero chiuso… adesso lascio tutto nelle vostre mani…
Ci sentiamo presto gente… dove? Ancora non lo so! ^^
ByeBye!
ManuFury

 

  
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