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Autore: Sunny_Blue    08/10/2012    2 recensioni
Il destino di Rachele è stato scritto da altri. La madre le ha tracciato davanti un magnifico avvenire, fin da quando era piccola. Ma si possono vivere, noi figli, i sogni dei nostri genitori? Una storia sulle difficoltà di crescere e di affermare sé stessi. Perché, a volte, bisogna saper dire “io”.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In punta di piedi

La storia partecipa al Il giro dell'oca
Casella 29
(Tema: danza)




In punta di piedi





La danza è una carriera misteriosa,
che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile.
Le qualità necessarie sono tante.
Non basta soltanto il talento,
è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia,

la determinazione, la disciplina, la costanza.

[Carla Fracci]



Mia madre ha sempre voluto che io diventassi una grande ballerina, una ballerina classica.
Da quando ho mosso i primi passi – avrò avuto sì e no due anni – ha sognato per me un futuro da étoile.
Mi ha comprato il primo tutù poco tempo dopo, era Natale.
A 4 anni mi ha iscritta al primo corso di danza.
Da allora non ha smesso un minuto di spingermi in questa direzione.
La sua idea per il mio futuro è lavorare per qualche compagnia importante, possibilmente come prima ballerina. Non si è mai parlato di un'alternativa. Non è mai esistita un'alternativa.
Non ricordo nemmeno mi abbia mai chiesto cosa volessi io.
In questi anni – ne ho compiuti 16 da poco – mai una volta che mi abbia detto: “Rachele, sei felice?” o che almeno si sia fatta sfiorare dal dubbio.
Tutte le bambine vogliono fare la ballerina.
È un assioma universale, un dato di fatto, così come è universalmente accettato e quindi vero che tutti i maschietti, almeno in tenera età, vogliono fare i calciatori.
Io lavoro da sempre per questo obiettivo, ci sono vicina, vicinissima, cosa chiedere di più?! Ovvio che sono felice e soddisfatta.
Giusto.
Giusto?
Per niente.


Per anni non ho avuto tempo di pensare a cosa mi sarebbe piaciuto fare della mia vita. La giornata era scandita dalle lezioni di danza e dalla scuola, dalla scuola e dalle lezioni – un ritmo troppo frenetico perché una bambina potesse pensare di interromperlo.
Sono cresciuta dentro le sale-prova, portata a credere che non ci fosse altro, fuori.
A 11 anni mia madre mi ha iscritta a un istituto speciale dove danza e istruzione procedono di pari passo, dove la vocazione artistica – così la chiama lei – non viene mai sacrificata ai compiti.
Ho continuato a svilupparmi e crescere in un ambiente che non mi dava altre possibilità che essere ciò che altri avevano deciso io sarei diventata.
Sarai una grande ballerina, sarai una grande ballerina. Il solito ritornello, da sempre.


Il destino mi ha dato anche il fisico adatto per questo mondo. Sono sottile come un giunco, proporzionata, ma non troppo alta. Perfetta. Per fortuna.
Ma dubito che, anche se così non fosse stato, lei si sarebbe arresa. Mi controlla da sempre. Cosa mangio, quanto, come.
Non ho mai potuto fare di testa mia - uscire per un gelato come le bambine normali, abbuffarmi di schifezze nella sala di un cinema, cose del genere. Mai.
Ma anche questo rientrava nella normalità, perché non conoscevo altro.


Poi sono cresciuta. Non tanto fisicamente, quanto mentalmente. A 15 anni inizi a farti delle domande, a cercare delle risposte.
Mi guardavo intorno, nella sala-prove dove altre 10 ragazze come me sudavano sangue per raggiungere un obiettivo, e mi chiedevo: è davvero questo che vuoi?
Me lo chiedevo sempre più spesso.
Finché un giorno, saranno sì e no sei settimane, ho capito che no, non è questo quello che voglio.
Cosa mi piacerebbe fare da grande, allora?
Il buffo è che non ho risposte a questa domanda. Non lo so. Non ho mai potuto pensarci con mente serena; peggio, non conosco altre opzioni.
Ma ciò che so con certezza è che voglio una vita diversa, una vita normale.
Voglio andare in una scuola pubblica, tanto per cominciare. Avere per compagni persone con sogni diversi dal balletto e da una carriera che a trent'anni è già finita.
Poi voglio farmi un hamburger – ecco, questo lo voglio tanto.
E magari provare un altro sport, trovarmi un hobby.
Voglio del tempo per me.
Voglio leggere i libri che non ho potuto leggere in questi anni, perdermi per la città senza il timore di arrivare in ritardo da qualche parte.
Voglio una vita dove Rachele – ovvero io – sia il centro di tutto.


* * *


Tra il dire e il fare c'è sempre di mezzo il mare.
Quando si parla di mia madre e dei suoi sogni di grandezza, il mare è più simile a un oceano sconfinato che a una striscia sottile di acqua salata.
Ho preso coscienza dei miei desideri, dei miei sogni. L'ho fatto da un po'. Ma non sono ancora riuscita a dirlo a lei.
Non è semplice, anche se so che è necessario, distruggere le aspettative della persona che ti è stata più vicina al mondo.


Conosco poco mio padre – lui e mia madre si sono separati che ero molto piccola – e passo ancora meno tempo con lui – l'avrò visto tre volte nell'ultimo decennio.
Sono cresciuta sola insieme a lei, è lei – da sempre – il mio punto di riferimento.
Da piccola la vedevo come l'eroina dei film: infallibile e bellissima. Impeccabile nei suoi completi scuri, con la pettinatura ordinata, il trucco perfetto. La mamma che tutti avrebbero voluto avere, quella che tutti mi invidiavano.
Crescendo questa immagine ha subito delle lievi modifiche – quando penso a mia madre, oggi, me la figuro più come l'arpia della mitologia greca o un carceriere particolarmente severo che come una bella statuina da esibire o uno scudo sempre pronto in mia difesa.
Ma in ogni caso le voglio bene. E darle un dolore mi fa male.
Ma devo.
Perché la danza, il balletto classico, sono il suo sogno, non il mio. È il futuro che lei ha scelto per me, senza interpellarmi. Ma è arrivato il momento di far sentire la mia voce.


* * *



L'audizione è per oggi.
Ci preparano per questo giorno da anni.
Oggi il teatro della Scala di Milano selezionerà 3 ballerine e 3 ballerini che entreranno nella loro prestigiosissima scuola. È il top, in Italia, insieme al teatro dell'Opera di Roma. Le étoile delle compagnie più famose escono tutte da posti come questo.


È il momento della verità, il momento tanto atteso.
Il momento tanto atteso da mia madre.

Per una serie fortunata di circostanze, lei non potrà accompagnarmi al teatro. Ha un incontro di lavoro a cui non può mancare – e deve essere davvero così, se in nessuna maniera è riuscita a farlo spostare o a farsi sostituire.
Non ti dispiace andare da sola, vero tesoro?” mi chiede per la decima volta, mentre preparo il borsone con le mie cose, prima di uscire.
Scuoto la testa.
Vorrei dire molte cose, vorrei ballare forse, ma mi limito a questo gesto conciso, silenzioso. Mi limito, per paura di tradirmi.

Andrà tutto bene,” continua il monologo, più per tranquillizzare sé stessa che me. “Sono anni che ti prepari per questo. Sarai la migliore.”
Annuisco di nuovo.
Quando sono sulla porta e sto per uscire, lei mi ferma: “Rachele?”

Sì, mamma?” non so bene perché, ma il suo tono di voce per un attimo mi fa sperare...
Rendimi fiera.”
Sorrido. Non penso che un occhio esterno saprebbe cogliere tutte le sfumature del mio viso. La piega che ha preso la mia bocca sa di delusione – l'ennesima -, sa di sconforto.
Certo! Rendimi fiera. Cos'altro mi aspettavo che dicesse?
Anche in un momento come questo, quando sto per esibirmi di fronte ai coreografi di uno dei più importanti teatri italiani, non è mai di me che si parla. Si parla di lei, sempre.
Sembra che tutto ciò che faccio riguardi lei e non me.


* * *


52?” la signora arcigna con lo chignon esce in corridoio per l'ennesima volta. Stavolta chiama me.
Leni?” mi domanda, per routine, quando mi alzo e mi preparo a seguirla dentro il teatro.
Sì,” rispondo semplicemente. Di nuovo, penso di non essere in grado di dire altro.
Lei appunta qualcosa sui suoi fogli e mi fa strada.

Puoi prepararti qui,” mi dice quando ci troviamo dietro le quinte del palcoscenico. “Quando chiamano il tuo nome, entri da quella parte,” con un cenno secco e meccanico indica. Poi mi lascia sola.
Cerco di calmare il mio cuore che batte all'impazzata. Anche se sono convinta della mia scelta, anche se VOGLIO farlo... ora che il momento arrivato ho paura.
Questo mondo è tutto quello che conosco. Non ho mai avuto tempo e modo di pensare ad altro, fin da quando ero bambina. E ora che sto per entrare dalla porta principale...

52, Rachele Leni,” la voce maschile di uno dei coreografi mi strappano alle mie riflessioni.
Non c'è più tempo per provare timore o rimorso. Ci siamo.
Entro sul palco a passo lento.
Body attillato nero, calzamaglia rosa chiaro, gonnellino sempre rosa. La tenuta impeccabile della danzatrice classica per le selezioni.
Ai piedi, Convers rosse.
Anche se non posso vederli bene in faccia a causa delle luci puntate nella mia direzione, percepisco lo stupore della giuria. Mi sale un sorriso alle labbra, immaginando quei manici di scopa, un po' imbalsamati e facili alla critica, leggermente scossi dal mio ingresso.
Se volevo fare un'entrata scenica ci sono certamente riuscita.

Signorina?” la voce che poco fa mi ha chiamata mi interroga.
Prendo di nuovo fiato e attacco con il mio discorso.

Vi ringrazio per la possibilità che mi state dando. Fare parte della vostra compagnia è il sogno di tanti ragazzi e ragazze. Purtroppo non è mai stato il mio. Me ne sono resa conto da poco tempo, ma fare l'audizione, a questo punto, non avrebbe per me alcun senso.”
L'ho detto. Ce l'ho fatta.
Sento il suono leggero di fogli di carta che girano, di penne che grattano sulla superficie bianca.

Vuole un momento per calmarsi?” la voce cerca di riportarmi alla ragione.
No, grazie, sto benissimo così.”
Sorrido. Finalmente mi sento bene, come se mi fossi tolta un peso dalle spalle.

Grazie della vostra attenzione. Buona giornata.” E dopo aver fatto un perfetto inchino da ballerina classica, esco danzando, ma sulle mie scarpe da ginnastica.
Ritrovo il mio borsone dove l'ho lasciato pochi minuti fa. Prendo le mie cose e mi avvio verso l'uscita.
Nessuno mi ferma. A nessuno importa, se vado o resto. Questo mondo è competitivo all'estremo, questo mondo è duro. Se una ragazza non ha la passione giusta, le motivazioni giuste, se non vuole questa professione più di qualsiasi altra cosa al mondo... allora è bene che se ne vada subito.


* * *


Sono quasi le quattro del pomeriggio, quando apro la porta di casa.
Per strada mi sono fermata a mangiare.
Per la prima volta da non so quanto tempo – per la prima volta in assoluto, molto probabilmente! - mi sono concessa un hamburger con patatine al fast-food. Non immaginavo che un semplice panino potesse essere così buono.
Lei è lì.
Legge una rivista sul divano per mascherare il nervosismo, ma lo vedo subito che è tutto tranne che tranquilla. Le gambe perfette chiuse nelle calze di seta ballano il tango.
Quando sente i miei passi nell'ingresso balza in piedi.

Come è andata, tesoro?” Nei suoi occhi leggo apprensione, e speranza. Leggo il desiderio di una vita che potrebbe trasformarsi in realtà.
Ma è il suo sogno, non il mio.
Parlare mi costa un'enorme fatica. Dovevo saperlo che questa sarebbe stata la parte più difficile. Non dire a dei perfetti sconosciuti “arrivederci e grazie” e uscire senza aver fatto nessuna audizione, ma distruggere le aspettative di mia madre.

"Rachele?” mi incalza lei.
Ok, non si può rimandare. Mi faccio forza e butto fuori la dura verità: “Non l'ho fatto.”
Lei resta impietrita. Per un attimo, poi si riscuote.

Cosa?”
Spera di non aver capito, che le sue orecchie l'abbiano tradita.
Ma io vado avanti, implacabile: “Hai capito. Non ho fatto l'audizione.”
È spiazzata, confusa.

Che è successo? Non avevano registrato il tuo nome? Eppure ho chiamato ieri per avere la conferma ed era tutto apposto...”
No, mamma, niente di tutto questo. Sono io che non ho voluto.”

Queste sei parole gelano ogni sua risposta sul nascere.
Con la mano si liscia una piega inesistente sulla gonna.
Poi mi guarda negli occhi.
E inaspettatamente penso che, per la prima volta, lei non stia vedendo i suoi sogni riflessi in un'altra persona ma proprio me. Rachele, sua figlia. Un essere a parte.


* * * * * *





NdA

Non conosco molto bene il mondo della danza classica. Le due scuole di teatro che ho citato esistono, ma non so bene come si svolgano le rispettive audizioni - non era importante che scendessi nei dettagli.

L'insistenza sul pronome lei, riferito alla madre di Rachele, penso che si spieghi da sè.

La storia partecipa anche a “1 prompt – 1 storia”, immagine 1.

   
 
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