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Autore: Malia_    08/10/2012    12 recensioni
E finalmente... come promesso. New moon dal punto di vista di Edward.
Estratto dalla prefazione: -E io… un
mostro, un animale senza respiro, non avevo più alcun motivo
per vivere, nulla aveva più senso, niente sembrava
più avere una direzione. Guardai la luce del sole
abbracciare le figure rosse che affollavano la piazza e sorrisi appena.
Morte, unica compagnia, unica speranza. Ah quanto dolore, quanta
sofferenza...-.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: New Moon
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Mamma mia quanto è tarddiiii... questa sera c'è New Moon in Tv. Immagino starete tutte a guardarlo. E io aggiorno Nadir (ihihih), appunto, così potete sapere in diretta cosa stava succedendo a Edward nel frattempo (mentre Bella se la spassava con Jacob). Ahahah. Avverto che il capitolo non sarà proprio tra i più felici, ma so che capirete. Vi ringrazio per i vostri commenti e vi mando un grosso bacione.
Malia.


La morte

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Elizabeth morì tre mesi dopo. Lapidario, sentenza tremenda. Nel mio cuore si aprì una voragine enorme, una mancanza che non si sarebbe più risanata. L’avevo vista spegnersi ormai provata dalla chemioterapia tra le braccia di Joshua; lo aveva stretto forte, felice di averlo conosciuto. Mi aveva persino ringraziato per questo.
Lui, invece, mi aveva guardato subito dopo l’ultimo respiro della donna di cui si era innamorato e mi era parso smarrito, disperato.
Dovevo ammettere che la presenza di Jasper aveva aiutato tutti a superare il dolore. I suoi poteri avevano attutito il colpo, soprattutto per Joshua, che aveva trovato molto strano il fatto di sentirsi così calmo. Avevo comunque paura per lui, che potesse commettere qualche sciocchezza.
«Edward…».
Alice si accostò a me. Eravamo in attesa dell’auto che avrebbe condotto Elizabeth in chiesa per l’ultimo saluto e poi nello stesso cimitero dove era stata sepolta la nostra famiglia. Era dura pensare che ora nella mia vita lei non ci sarebbe stata più.
Joshua accanto a me mi appoggiò la mano sul braccio, e io ammirai la sua forza. La calma di quel ragazzo non era umana, ma un dono che non poteva essere suo. Un semplice essere umano si sarebbe ucciso di fronte all’ennesima perdita, ma non lui.
«Sono stato felice di averla conosciuta. Lo devo a te».
Avrei invece tanto desiderato che dovesse a me la sua vita e non la sua fine. Tuttavia io ero solo un non-morto, non potevo fare le veci di Dio in terra. E io sapevo che Elizabeth non mi avrebbe comunque abbandonato.
Strinsi la lettera di mia madre che non mi toglievo mai dalla tasca, e sperai che contenesse un messaggio di speranza, perché ormai la mia stava venendo meno.
«Tu non dovresti essere qui» continuò poi Joshua. «Dovresti essere lontano, a inseguire i tuoi sogni».
Mi fissò, i miei occhi dorati nei suoi. Avevo la sensazione che lei gli avesse raccontato tutto, ma nella sua mente non lessi nulla che poteva accertare quel mio sospetto. Era vuota, perché il suo cuore ora stava soffrendo, anche se era forte e saldo.
«Lo so, ma volevo rimanerle vicino» gli confessai.
Mi sorrise, un sorriso tirato, ma vero e di gratitudine. Ci alzammo e io mi affiancai a Carlisle e Jasper. Alice ci precedeva. Scendemmo e presenziammo alla funzione. Non una lacrima, non un sospiro, solo tanta pace, quella che Elizabeth aveva portato come una ventata di aria fresca nella mia vita.
Lei sarebbe stata un mio segreto, fino a che in futuro non fossi stato pronto a rivelare a Bella quella parte della mia vita.
Sgranai gli occhi.
«Sei deciso a tornare, eh?». Alice, al mio fianco, mi strinse la mano nella sua e io annuii, ormai convinto.
Elizabeth mi aveva insegnato due cose: a non sottovalutare i miei sentimenti per Bella e a non credere che il pericolo in una relazione potesse portare soltanto a dolore e sofferenza per la persona con cui si condivideva questo. La vita era un dono importante. Desideravo vivere quel tempo, anche se poco vicino all’unica donna di cui ero innamorato.
«Chi vuole venire qui a ricordare Elizabeth in questo estremo saluto?». Il pastore ci invitò a prendere posizione sul pulpito.
E per primo andò Joshua, che parlò di lei con molta franchezza e amore. Ringraziò per aver avuto la possibilità di conoscerla e renderla felice prima della morte.
Lo invidiai. Lui aveva potuto farlo e aveva scelto di farlo nonostante le difficoltà; io da codardo qual ero l’avevo abbandonata. La mia Bella.
Non sapevo se sarei riuscito a perdonarmi, ma sperai che Bella riuscisse a farlo. Doveva farlo, altrimenti sarei morto.
Mi avvicinai anche io al pulpito e parlai con voce grave.
«Faceva parte della mia famiglia, che è oggi qui riunita. A volte le persone più impensabili ci insegnano che il senso di nascere e morire non è mai dovuto soltanto a noi stessi. Dobbiamo qualcosa agli altri, alle persone che amiamo, fino all’ultimo respiro. E io l’ho capito, e lo devo a lei se non mi sono abbandonato alla pietà verso me stesso e ho deciso di reagire». Avrebbe sempre fatto parte della mia vita e della mia famiglia.
La rivedevo lì, con quel bel sorriso angelico, che mi salutava e che mi pregava di restarle vicino con lo sguardo. Aveva affrontato la morte, quando io avrei voluto darle la vita eterna da condividere con me. Coerente fino alla fine, Elizabeth non si era lasciata schiacciare dalla paura.
Tornai al mio posto e la messa si concluse. Al cimitero vidi Joshua crollare e singhiozzare, ma mai lacrimare. Soffocò il suo dolore, mentre i sensi di colpa rimbombavano nel mio cuore.
«Tieni» dissi una volta tornati a casa di Elizabeth.
Diedi le chiavi a Joshua, che mi guardò stupefatto. «Quello che era suo, ora è tuo» affermai.
«Ma tu?» farfugliò sorpreso.
«Io devo andare e la mia famiglia con me. Non possiamo rimanere qui» commentai.
Il sole in quella città rischiava di fare molti danni. Purtroppo non tutti i luoghi erano adatti come Forks per far abitare una famiglia di vampiri.
E così mi lasciai alle spalle anche quel pezzo di vita. Scesi le scale di quel palazzo, sapendo che con molta probabilità non vi avrei fatto più ritorno, sapendo che quella era una porta chiusa che non si sarebbe riaperta.
“Ricordati, Edward…” mi sembrava di sentire la voce di Elizabeth. E ancora una volta mi sfidava a leggerle la mente, ben sapendo che non ce l’avrei mai fatta a superare quel muro.
E ora sapevo cosa si celava dietro quella parete inespugnabile.
Già, tardi però.
Misi in moto la mia adorata Volvo e partii. Sapevo dove andare. Volevo rimanere da solo e leggere la lettera che mi aveva lasciato mia madre. Ero tornato per quello in fondo: ritrovarmi. E c’ero riuscito, grazie soprattutto a Elizabeth. Era stata lei il più grande regalo della mia famiglia umana passata. Non sapevo se la lettera di mia madre avrebbe potuto darmi di più, ma speravo di trovare parole di conforto in quelle righe. Ne avevo bisogno.
Guidai fino al limitare della città, lanciandomi a tutta velocità, come un forsennato, sull’autostrada. Amavo correre. Così guidai, guidai e mi fermai solo la sera, quando il sole ormai era tramontato all’orizzonte. Non aveva importanza dove, ma era lontano. E quello bastava.
Che stessi ancora scappando? No, era un modo come un altro per rimanere solo con me stesso. Dimenticai il mio passato, dimenticai ogni cosa alle mie spalle e portai la mano nella tasca, ansioso di leggere la scrittura della donna che mi aveva così tanto amato.
E così anche mia madre era sensibile ai pensieri altrui; forse per questo si era accorta della differenza di Carlisle.
Strinsi la carta nel pugno e sospirai lasciando che la notte calasse su di me. Ora nessuno avrebbe disturbato la mia pace, niente e nessuno.
«Mamma…» bisbigliai.
Mi voltai, ricordando il sorriso di Elizabeth, seduta nel sedile del passeggero. Mi aveva sempre spronato ad affrontare me stesso e i momenti di difficoltà. Perciò presi la busta e la portai di fronte agli occhi. Deciso la aprii e ne trassi un foglio, ormai ingiallito.
Non era differente da quella di mio padre, ma la calligrafia era diversa. Mia madre aveva da sempre amato le lettere. La distesi tra le mie dita e iniziai a leggere. Mi parve persino di sentire l’odore della mamma, il profumo che utilizzava quando le piaceva farsi bella per il ritorno di mio padre a casa, ogni sera. Diceva che così lui l’avrebbe amata continuamente.
Al pensiero mi assalì la memoria. Quanto tempo era trascorso? Davvero tanto. Chi avrebbe mai immaginato che avrei ricevuto il dono della vita eterna?
Edward, figlio mio,
come stai? Scusa per la scrittura tremante. Sono giorni tediosi e bui, qui in ospedale, ma so che ti ho lasciato in buone mani. Sai, avevo sperato di non doverti vedere malato, steso su un letto arrangiato come tutti gli altri qui dentro. La spagnola ci sta portando via, e presto porterà via anche me. Mi farà spegnere e tu sarai solo. Non voglio che questo accada, e non desidero che mio figlio muoia a causa di una brutta epidemia.
Sai, ho conosciuto un medico, questo medico ti aiuterà. So che sai di chi sto parlando, quasi dimenticavo che ti ho scritto questa lettera in punto di morte, consegnandola a una persona fidata, che spero presto te la darà.
Ti chiederai perché non l’ho consegnata all’uomo a cui ho chiesto di salvarti la vita. Be’, perché volevo parlarti tramite la tua famiglia Edward, perché tu non dimenticassi mai il ragazzo che sei e che io ho amato.
Sai bene che abbiamo una sensibilità differente, perciò sentivo di doverti scrivere questa lettera in un momento e in un tempo diverso.
Ma credimi, anche ora sono con te, non devi temere. Non ti lascerò mai solo. Scusami, mi sto facendo prendere dai soliti discorsi di una madre.
Spero che avrai trovato l’amore. Non mi piace saperti da solo ad affrontare la vita. Noi familiari non ci saremo sempre, ma ho l’impressione che invece tu ci sarai. Perciò mi piacerebbe sapere che ami qualcuno, e che questo amore è ricambiato.
Le notti senza tuo padre, nel letto al mio fianco, mi spaventavano. Non riuscivo a dormire senza il suo calore. Credo che l’amore sia questo Edward. Se troverai una donna che non dormirà la notte quando tu non ci sarai, perché le manca la tua presenza, nonostante i litigi e le imperfezioni, semplicemente sappi che quello è amore.
Non pensare che una grande azione possa dimostrare chissà cosa. Il rischio più grande che possiamo correre è stare vicino a chi amiamo ed è proprio questo che dimostra il nostro amore. Non c’è altro. Ricordatelo, non vale mai la pena dimostrare amore con grandi atti e impossibili, se prima non lo si è coltivato con quelli piccoli che sanno donare ben più senso.
Ricordo ancora lo sguardo grato di tuo padre, quanto tornava a casa da lavoro. Sì, lui si sedeva mentre io gli mettevo il piatto di minestra calda sul tavolo. C’eri anche tu, ma forse ora non ricordi. Il suo sorriso mi ripagava della fatica del giorno. Questo è amore, Edward. Non è piacere personale, non è egoismo.
Vorrei poter vedere l’uomo che sei diventato.
Non riuscii più a continuare e distolsi lo sguardo dal foglio sapientemente scritto. C’era l’anima di mia madre, il suo amore impresso in quelle righe. E lo sentivo chiaro, forte. Urlava, come Elizabeth, che avevo sbagliato tutto, che non era stata la cosa più giusta abbandonare Bella solo per il suo bene. Invece di combattere con lei, di starle vicino quando più ne aveva bisogno, mi ero lasciato prendere dallo sconforto. Non avevo scusanti, ma avevo avuto paura. Quello sì, tanta.
Il cellulare squillò e sobbalzai nel sentire il suo trillo. Mi ero dimenticato di averlo in tasca.
Lo presi e me lo portai all’orecchio.
«Sì?» borbottai.
Solo Alice aveva quel numero, soltanto lei.
«Cullen, ciao. Quanto tempo». Victoria.
«Come hai fatto ad avere il mio numero?» le domandai, curioso di capire come avesse fatto ad arrivare fino a me.
«Ogni vampiro ha le sue risorse; i suoi segreti, come te. No?» commentò. Non mi piacque il tono strafottente.
«Quindi?» replicai.
«Quindi ti sto aspettando. Non ti piace forse la caccia? Gatto e topo». Rise e rabbrividii a quelle parole.
E così mi stava aspettando. E senza pudore mi sfidava; capivo che la sua voglia di vendetta stava valicando l’idea di uccidere Bella e arrivare dritta a me.
«Victoria…» cominciai, ma lei non mi permise di risponderle.
«Sai dove mi trovo, non è vero? E allora cosa aspetti a raggiungermi. Perché non sei qui?». La sua voce mi canzonava, il tono sensuale e pericoloso.
E così si aspettava che la raggiungessi nella speranza che in quel modo avrebbe potuto vendicarsi. Strano che non avesse scelto Bella come capro espiatorio. Il mio piccolo cerbiattino doveva essere al sicuro: ringraziai chiunque la stesse proteggendo al mio posto.
«Verrò» la assicurai. «A patto che tu mi prometta uno scontro leale».
L’ennesima risata. «Edward… uno scontro leale. Tu non sei stato affatto leale quando hai ucciso un vampiro come te. Uno della tua specie».
James. Giusto. Victoria cercava vendetta per il suo uomo e non avrebbe mollato fin quando non avesse visto la mia testa staccata e il mio corpo bruciare. Aveva rinunciato all’idea di farmi prima soffrire le pene dell’inferno? O era un altro espediente per una trappola?
Dovevo correre da Alice. No, dovevo prima risolvere quel conto in sospeso. Trappola o meno, la possibilità di uccidere Victoria e allontanare la possibilità che facesse del male a Bella mi faceva molta gola. Avrei avuto un problema in meno da risolvere quando io e il mio piccolo Bambi ci saremmo rivisti. Mi sarei assicurato innanzitutto della sua sicurezza.
«Allora? Cosa farai?» domandò trepidante.
«Ti seguirò. Fiuterò le tue tracce e ti ucciderò» le assicurai, deciso a liberarmene.
«Ma come sei premuroso» continuò. «Non farti attendere troppo».
E chiuse la chiamata. Lasciai il telefono cadere sul sedile e mi rilassai, anche se i muscoli tesi non ne vollero sapere di aiutarmi a farlo. Victoria aveva qualcosa in mente. Non poteva darmi se stessa su un piatto d’argento. Forse credeva di potermi distrarre per arrivare a Bella in qualche modo? Non aveva senso, anche Laurent era morto, quindi non aveva più complici con lei. E se ne avesse avuti? E se Bella avesse rischiato di morire?
Il pensiero della sua morte mi fu intollerabile e gemetti con un bimbo bisognoso delle coccole della sua balia. No, senza di lei vivere non avrebbe avuto senso. Non ero forte come Joshua io. Dopo cento anni trascorsi a vivere la più totale solitudine, nell’oscurità della noia, avevo vissuto la luce, l’amore, e ora se fosse scomparso tutto quello dalla mia esistenza non avrei visto più alcun motivo per continuare a trascinarmi dietro quell’assurda eternità. Probabilmente dentro di me avevo sempre saputo che Bella sarebbe arrivata a sconvolgermi la vita, quindi l’avevo attesa con pazienza, ma perderla… perderla no, era inaccettabile. Non avrei più vissuto.
«Elizabeth». Non sapevo esattamente chi stavo chiamando, se la mia cugina morta, oppure la mia mamma.
Entrambe ero sicuro vegliassero su di me. Non a caso, ero certo, avevano lo stesso nome.
Dovevo scacciare l’agitazione, subito. Una volta finita di leggere la lettera di mia madre, avrei raggiunto Victoria a Rio de Janeiro, e lì ci sarebbe stata la resa dei conti. E poi… poi sarei stato pronto per tornare da lei, dalla donna che amavo. Speravo solo di essere ancora in tempo, che qualcuno non avesse rubato il suo cuore. Ne dubitavo però. Lei era un’umana.
“Amore eterno, amore vero”, così aveva definito Elizabeth il sentimento che legava me e Bella. Mi sarebbe piaciuto crederle e… be’, le credevo. Mi fidavo di lei perché mi aveva dimostrato quanto un essere umano fosse capace di amare davvero.
Avevo avuto poca fiducia in Bella. Da parte mia era stato un errore illogico, probabilmente dettato più dal terrore che dalla razionalità.
Ripresi con cura la lettera di mia madre, ripensando ancora alla minaccia di Victoria. La cancellai dalla mia mente, accantonandola, giusto il tempo per ascoltare ancora, e per l’ultima volta, le parole della donna che mi aveva desiderato e amato più di qualsiasi altra cosa.
Non ti spegnere. Non lasciare mai che nessuno rubi la tua sensibilità e la tua intelligenza; sei sempre stato un ragazzo dal cuore sincero, ed è questo che vorrei tu continuassi a essere.
Non avere paura, mai. Non avere paura, perché se l’avrai questa ti schiaccerà e allora verrai schiacciato dal peso dei tuoi errori. Vai, avanti e correggiti senza timore. Ricorda che noi tutti siamo colpevoli, noi tutti.
Non essere vittima di te stesso, né carnefice della tua esistenza… prega per la tua esistenza, Edward, prega di poter essere sempre migliore nel tempo per arrivare un giorno poi alla piena consapevolezza di ciò che sei e di ciò che ti circonda.
Io ti voglio bene, e con questo gesto estremo vorrei dirti che ti ho sempre amato, figlio mio, e che vorrei vederti, stringerti prima di morire, per parlarti e sentirti ancora soltanto una volta mormorare la parola “mamma”. Non c’è parola più bella che mai un figlio possa aver detto e pronunciato nella sua vita, ma a te forse non mancherà una donna come punto di riferimento.
Sappi usare la tua intelligenza con coscienza, e il tuo cuore con amore e comprensione. Non vivere nel ricordo di ciò che non è stato, ma impegnati sempre per costruire il tuo futuro.
Combatti, come un guerriero, per ciò che ami, come un uomo per ciò che vorresti amare, ma non ti è possibile farlo. Io, lo so, che tu riuscirai.
Se questa lettera di aiuterà, allora il mio sforzo e queste lacrime che ora sto versando non saranno vane. Considera che sono soltanto una madre che vuole bene al proprio figlio, non me ne volere se i miei consigli ti sembreranno sciocchi o impertinenti. O forse fuori luogo.
Io vorrei soltanto che tu fossi felice e che un giorno potessi perdonarmi per averti voluto vivo a ogni costo.
Perché è così, Edward, ho paura che tu possa avercela con me, che tu possa non comprendere la scelta che ho fatto di renderti ciò che sei. Sai di cosa sto parlando.
Ti prego, dunque, io volevo vederti sorridere. Sei stato troppo duro con te stesso in questa vita, e ora vorrei vederti sorridere nella prossima. Con una donna che ti dimostri amore, con una donna che si sappia prendere cura di ciò che sei. Non avere timore, arriverà. O è già arrivata.
Qualunque cosa figlio mio, qualunque cosa deciderai per te stesso, non chiudere mai il tuo cuore all’amore sincero e vero, per quanta sofferenza possa portare. Mi raccomando… mai.
Ricordati che tua madre ti ama, tutto questo solo per dirti: ricorda che tua madre ti ama.
Addio, amore.
La tua mamma.
Sorrisi della sua dolcezza e le dissi ciò che più avevo nel cuore: forse un tempo ero stato arrabbiato con Carl e con lei per la decisione che avevano preso di non lasciarmi morire, ma da quando avevo conosciuto Bella ero stato grato alla vita per avermi fatto quel dono inaspettato. Nonostante tutto.
E così ora non ce l’avevo più con mia madre, ma capivo cosa aveva provato quando aveva visto me sul punto di morire. Solo l’idea di poter perdere le persone che amiamo ci lascia sconvolti e basiti, perciò non avrei mai potuto farle una colpa per ciò che lei aveva fatto.
Avrei fatto tesoro delle sue parole, come di quelle di mio padre, per tutta l’eternità. E semmai fossi tornato con Bella avrei imparato ad amarla, a rispettarla, come avevo dimenticato di fare per paura che lei non potesse accettare la mia vera natura. L’avevo sempre tenuta a distanza, per non rovinare la considerazione che Bella aveva di me e poi il giorno del suo compleanno tutto si era sgretolato non appena Jasper era caduto in tentazione.
Richiusi la lettera con cura, portandola alle labbra. La baciai, soffermandomi a pensare intensamente a Elizabeth, mai madre, e poi la richiusi. Quella di mio padre era già al sicuro sotto il sedile della Volvo e anche quella di mia madre l’avrebbe raggiunta.
Eppure…
«Grazie Elizabeth» mormorai. E con quelle parole ringraziai entrambe le donne che mi avevano fatto grandi doni. «Grazie papà» bisbigliai ancora.
Era arrivato il momento di continuare a vivere per la mia strada, di non dover più scappare, ma di affrontare il mio presente, e così facendo il mio futuro.
Ero pronto.
Uno squillo del telefono mi fece di nuovo sussultare.
«Edward!». Trillò la voce di Alice.
«Folletto» mormorai con una smorfia divertita. «Bentornato, fratello. Ti voglio bene» terminò con un sospiro gioioso.
«La vita, mi era mancata» le confessai con il cuore in gola.
«Lo so, ma l’importante è che tu l’abbia capito. Noi siamo sempre qui a sostenerti, questo tu lo sai. Non ti lasceremo mai solo».
Prima la morte di Victoria, e poi… il ritorno dei Cullen a Forks.
   
 
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