Non c’era posto che Sid odiasse di più della sua scuola.
Una montatura, una recita, una brutale e sanguinaria scalata sulla piramide dell’idiozia più assoluta.
Stava ripetendo l’anno, ma avrebbe preferito partecipare alla maratona di NewYork con i tacchi a spillo di sua madre piuttosto che mettere piede un’altra volta in quel manicomio.
Prese il cappello a coppola dalla borsa e se lo pressò in testa con rabbia continuando a guardare fisso a terra, mentre girava l’angolo.
Troppo interessato alle punte delle sue Converse, non si accorse della ragazza che stava correndo con la furia di una ventina di bufali inferociti, nella direzione opposta alla sua.
”Laargo!” ruggì la criniera di capelli biondi più ribelle che avesse mai visto prima di assalirlo e farlo cadere rovinosamente a terra.
”Hey!” Sid si posò una mano sulla testa sentendosi mancare. La ragazza davanti a lui alzò lo sguardo dai libri caduti a terra. O forse le ragazze erano due? Sbattè le palpebre ripetutamente. Quando mise a fuoco quel paio di laghi ghiacciati preferì non averlo fatto.
”Ascolta Ginger” lo aggredì lei “Tu non mi hai visto qui, chiaro?” sibilò con un filo di voce a pochi millimetri dalla faccia del ragazzo, che di tutta risposta diventò paonazzo. La ragazza aveva il magone e questo lo confuse ancora di più. Lei raccolse una serie di cianfrusaglie che restavano ancora sul marciapiede e fece per andarsene. Il ragazzo fu più veloce di lei e le afferrò saldamente il polso, issandosi in piedi. La bionda cominciò a dimenarsi mentre le lacrime cominciavano a scorrere a fiumi sul suo viso. –Bello schifo di primo giorno di scuola- pensò Sid mentre la ragazza perdeva i sensi fra le sue braccia.
Ellen.
Codini perenni.
17 Anni.
Felice
Maleditrice professionista di Lunedì mattina.
”Io-non-ce-la-faccio-più”
sbraitò la mora, con la faccia appiccicata sul legno freddo del suo banco.
”Cavolo Ells, complimenti! E’ il primo giorno di scuola e già
poltriamo?!”
”Senti tu” gli occhi le si chiudevano e tanto per cambiare aveva una fame da
orso. La ragazza non seppe dove trovò la forza per alzare l’indice e posarlo
accusatorio contro il compagno di banco, ma non si degnò nemmeno di guardarlo
in faccia.
”Zitto, ti prego. Abbi pietà di me.”
”Hai veramente una brutta cera.. vuoi che ti accompagni in infermeria?”
La ragazza dischiuse l’occhio a fatica per inquadrare meglio il volto
preoccupato dell’amico.
”No, grazie Johnny” sospirò e poi sorrise. “Sai, amico, mi sembri
diverso.” lui arrossì “Sembri
più grande.. e se devo dirlo tutta anche più carino.” Johnny ridacchiò, poi
rispose “Tu invece sembri ancora la bambina con cui giocavo sempre in
giardino, non sei cambiata di una virgola da quando ci conosciamo. Mangiona,
distratta e buffa.”
”Non ti aspettare mai più un complimento da me, Johnny.”
”E permalosa.”
Ellen prese il libro di scienze e lo tirò in testa al biondo.
Si risedette, ignorandolo. Ebbe una fitta alla testa. In un secondo si ritrovò
a sfiorare l’anello rovente che aveva al dito ed improvvisamente il legno del
suo banco iniziò a deformarsi.
Aveva una coperta addosso e quello non era per niente un buon segno.
Si puntellò sui gomiti cercando di aprire gli occhi, ma la luce era troppo
forte.
Si sfregò energicamente la faccia mentre i ricordi di quella mattinata
tornavano alla luce.
Realizzò di essere in un’ appartamento. L’arredamento era accogliente, le
tende rosse facevano traspirare aria calda da fuori, uno strano profumo le inondò
le narici. Doveva essere pieno pomeriggio e quell’odore dovevano essere fiori.
“Oh, sei sveglia”
Il ragazzo con i capelli rossi se ne stava appollaiato sul bordo del divano su
cui lei era sdraiata e le porgeva annoiato una tazza con un liquido caldo
all’interno.
Lei scattò in piedi come una molla ma le forze la abbandonarono di nuovo. Si
mise una mano dei capelli biondi e ribelli e fece per accasciarsi a terra. Il
ginger la prese prima che sbattesse la testa contro lo spigolo, e appoggiando
quello che suppose fosse del tea sul tavolo, la depose ancora una volta sul
cuscino. Prima che potesse allontanarsi da lei però, la bionda lo afferrò per
il colletto, trascinandolo a pochi centimetri da lei.
”Dimmi immediatamente dove sono, chi diavolo sei tu e che cosa vuoi da me.”
ringhiò.
Quel tipo fece una faccia buffa e iniziò a balbettare.
”Io.. s-sono
Sid.. ehm,
sei, sei a-a casa mia, tranquilla.”
Allentò la presa, poi ritirò bruscamente indietro la mano e si tirò a sedere.
”Sid, eh? Hai veramente una maglietta orrida, Sid”
”Hey! Questi sono i Clash, ragazzina!”
“Si, Sid lo so.” ridacchiò lei
“Vedi di non scaldarti, ti stavo solo prendendo in giro.”
Quella ragazza, aveva un sorriso troppo strano per i suoi gusti, sarcastico,
impuro. Gli occhi truccati di nero, che la facevano sembrare un felino.
Una canottiera verde militare, che le copriva un fisico snello. Per non parlare
di quella criniera leonina.
"Come ti chiami?"
"Non te lo posso dire."
Chi si credeva di essere? L'aveva anche salvata e ora se ne stava tutta
spaparanzata sul suo divano. Pantera ingrata.
"Allora lo vedrò da solo." Sid si alzò e si diresse verso il tavolo
su cui aveva riposto l'enorme borsa a tracolla della ragazza. Qualcosa al suo
interno sussultò, ma non fece in tempo a indagare che la tigre la aveva già
nascosta dietro la sua schiena sottile.
"Tu come.. C-come hai fatto!?" sbraitò lui gesticolando in modo
esagerato con le braccia.
"A fare cosa?" La ragazza era impallidita ancora di più e la sua voce
tremava.
"T-tu, t-tu.." Sid non riusciva a spiccicare una parola. Indicava il
divano e poi il tavolo e poi ancora il divano.
"Come hai fatto ad arrivare accanto al tavolo prma di me?!? Tu.. t-tu,
rifallo!"
"Ma cosa ti fumi? Me ne daresti un po'?" disse lei acida ma tesa.
La bocca di Sid si aprì in un'enorme "O" poi fece per replicare ma la
ragazza agguantò la sua tracolla e corse fuori con un "Grazie Sid"