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Autore: Smile_Dog    09/10/2012    2 recensioni
“Se credete che qualcuno di voi verrà risparmiato, posso dirvi senza ombra di dubbio che vi sbagliate.” Cantilenò la bimba stringendo il proprio orsetto, mentre si accomodava sulla panchina “Nessuno fugge da sé stesso.” La pallida luce del lampione illuminava i suoi occhi, rendendo l’assenza di colore ancora più evidente.
Se non fosse stato certo che la creatura dietro il la quercia lo avrebbe sentito, Matt avrebbe urlato: ma urlare significava chiamarlo. E se lo avesse fatto, gli altri sei lo avrebbero sentito e sarebbero accorsi.
Uno stridio di artigli contro un oggetto metallico interruppe i suoi pensieri: si stava avvicinando.
Voleva che si giocasse, quella notte.
Genere: Angst, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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The Fresh Start



Riverdale era una piccola cittadina di provincia nel Vermont, di quelle che non possiedono nulla di speciale se non la miglior torta di mele di tutta la contea; sempre seguendo il cliché non aveva molti abitanti, a malapena una scuola superiore. Ci si conosceva e, se qualcuno aveva un segreto, di certo esso sarebbe venuto alla luce.
Ad esempio, la signora Welden, la proprietaria della libreria, in gioventù aveva avuto una storia segreta con l'allora sindaco – oppure il signor McGregor, che spacciava la sua Plymouth Fury per autentica, quando in realtà era solo una ricostruzione non molto fedele.
Niente di troppo interessante, erano solo noiose voci di quartiere, nulla a cui prestare attenzione più del dovuto. Si sparlava di altri per combattere la noia e far passare il tempo, senza reale desiderio di causare scompiglio – si cercava solo una scusa per far passare più veloce il pomeriggio.
C’era però una famiglia di cui non si era mai detto nulla: i Mayer. Lei era un’aspirante scrittrice e lui un commerciante di poco conto – ma il basso profilo che mantenevano faceva apparire il loro mondo idilliaco ad amici e vicini.
Si erano trasferiti in città tre mesi prima ed erano sempre stati perfetti, quasi come se fossero usciti da un catalogo per casalinghe; la loro casa si trovava in periferia, in un quartiere residenziale. Nessuno vi era mai entrato se non i proprietari.
Questo perché, probabilmente, ben pochi sarebbero stati quelli ad apprezzare le mensole non ancora montate, i mobili di scarso valore e gli scatoloni ancora sparsi ovunque. Solo una parte della casa poteva definirsi “accogliente”.
Il salotto di casa Mayer era mal arredato: divani di seconda mano facevano da cornice attorno ad un tavolino di vetro, su cui era poggiato un piccolo vaso di gardenie, appassite e mai sostituite. La carta da parati verde faceva a pugni con il tappeto giallo.
La cosa più fastidiosa per l’ospite, soprattutto, fu il notare quanto il sangue assumesse una sfumatura bordeaux contro la tappezzeria: aveva un aspetto poco piacevole, la infastidiva parecchio. Le sue riflessioni, tuttavia, vennero interrotte dalla padrona di casa.
Micah, seduta su una poltroncina accanto alla finestra, inclinò la testa, osservando con fredda curiosità lo spettacolo che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi:  le grida della donna non facevano che aumentare e aumentare, rimbombando nella sua testa come un martello pneumatico, ancora ed ancora. Quelle urla parevano non conoscere fine: sempre più intense, più forti, più disperate. Il viso, contratto in una smorfia di dolore, era rigato da lacrime e sudore; i vestiti erano macchiati del sangue un tempo appartenuto a suo marito – ora un semplice cadavere fra le sue braccia. Prese a chiamare il suo nome e a baciarlo disperatamente, supplicandolo di svegliarsi.
La bambina fece una smorfia: non le piacevano i rumori forti. E la donna stava facendo davvero tanto chiasso: i vicini l’avrebbero sentita di certo, ma non sembrava preoccuparsene.
Forse avrebbe dovuto aiutarla.
Scosse la testa, rimettendosi in piedi, senza più badare alla scena che le si proponeva davanti; sistemò il vestitino, sperando che il fiocco che con tanta fatica aveva fatto non si fosse rovinato.  Afferrò l’ombrello che aveva abbandonato su uno dei divani, dirigendosi verso la porta. Le scarpette di vernice ticchettavano sul pavimento, ma la signora Mayer, ancora chinata sul corpo inerme dell’uomo, non pareva notarlo: non smetteva di piangere, i suoi singhiozzi si facevano sempre più frequenti.
Non li capiva, gli esseri umani: perché reagire così male dopo aver ucciso il proprio marito?
 

***


La mattina dopo le urla della signora Martha Welden -che aveva avuto la sfortuna di poter notare dalla finestra lo scenario che la sera prima era stato consumato- avevano svegliato tutto il vicinato; in meno di quindici minuti la polizia era accorsa. Nel giro di un’ora, tutta Riverdale era stata messa al corrente dell’accaduto: voci su voci si erano sparse in meno di un attimo, ma questa volta, erano tutt’altro che chiacchiere da scambiarsi sorseggiando un buon the. In poche ore tutta una cittadina era stata allarmata ed ora tutti si guardavano intorno formulando teorie su teorie, cercando di scoprire quanti più dettagli possibili sull’accaduto.
Nessuno sapeva spiegarsi come Kate Mayer avesse ucciso il proprio marito; in maniera tanto brutale, per giunta: si diceva che avesse squarciato il corpo dell’uomo con solo le proprie unghie, ma i poliziotti non avevano ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale. Una cosa che però avevano fatto era stato portare immediatamente dietro le sbarre la donna, che si trovava in evidente stato catatonico: ogni tanto ripeteva parole sconnesse, che nessuno era stato in grado di comprendere.
Non appena notate le condizioni in cui riversava il salotto della coppia, tutte le volanti erano arrivate ed ora circondavano non solo la casa, ma anche l’intero quartiere, bloccando purtroppo il passaggio a molte persone – chi andava al lavoro, chi si recava a compiere le proprie faccende e chi ne ha più ne metta.
Chi poteva si avvicinava alla casa per sentire i discorsi dei poliziotti o per dare una sbirciata all’interno: uno di questi era Ronald Allen, che aveva deciso di fare una deviazione nel suo viaggio verso scuola per dare un’occhiata a cosa potesse essere successo. Doveva ammettere che tutte quelle macchine e tutta quella folla avevano una certa attrattiva.
“Stamane Martha, mentre usciva per delle commissioni, è passata davanti alla casa dei Mayer e ha visto…” raccontava un attempato vecchietto a cui Ron non aveva porto alcuna domanda, perdendosi in particolari deliziosamente macabri a cui il giovane però non prestò attenzione, preferendo rivolgere lo sguardo verso la scena del crimine, dalla quale veniva portato fuori il cadavere del fu-John-Mayer  che, come tradizione voleva, era avvolto da un sacco di plastica che impediva una qualsivoglia visione. I poliziotti parevano così disgustati da non essere in grado di rivolgere solo un’unica occhiata alla barella: tutti avevano lo sguardo fisso a terra o dritto davanti a sé, qualunque cosa sembrava essere migliore di ciò che stava venendo caricato dentro l’ambulanza.
Le voci dei vicini arrivavano rapide alle sue orecchie, ma era incapace di sentire alcunché: questo soprattutto perché le auricolari rendevano complesso l’ascolto; se volessimo dare un’altra ragione, potremmo dire che era più preso dal cercare fra la folla un qualche volto familiare – solo per essere certo di non essere l’unico a non avere idea di cosa stesse accadendo. O del perché tutti sembrassero così sconcertati, come se il diavolo stesso fosse venuto a far loro visita.
Se solo qualcuno si fosse preoccupato di spiegargli cosa stesse succedendo!
Stava per domandarlo all’arzillo signore accanto a lui, quando si rese conto che, se si fosse perso in chiacchiere, di certo sarebbe arrivato in ritardo; l’ultima cosa che desiderava era dover subire una ramanzina da un qualche professore per non essersi presentato in orario.
Saltò in sella alla bici, dando un’ultima occhiata alla casa mentre si allontanava rapido dal quartiere: per un attimo ed un attimo solo, fu certo che qualcuno lo stesse osservando dalla finestra del salotto.
Ma il solo pensiero era assurdo perché, se solo avesse prestato un po’ più di attenzione, avrebbe notato che ciò che lo osservava era in fondo alla strada, all’ombra di un albero.

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Come si usa dire: "Here goes nothing!".
Non ho nulla di particolarmente interessante da aggiungere su questa longfic: ho voluto provare a scrivere qualcosa in stile "creepypasta", ma direi che l'inizio non è dei migliori, posso solo sperare di migliorare con il tempo.
E spero che vi piaccia ;w;
   
 
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