Eccolo ritrasformato in un organismo autonomo, lucido e metallico, consapevole che al di fuori di quella casa lo attendono la patetica imitazione di una famiglia, il deprimente grigiore degli orizzonti sul quale si affaccia la sua musica, incapace di rigenerarsi mentre soffre delle ferite che elementi contingenti, collaterali, altri - come potrebbero definirsi le questioni infinite con il suo batterista, il migliore amico di sempre - le infliggono, avvelenando la mente, uccidendo la creatività, lasciandolo marcire lì, l’ultimo frutto di un albero, tutto il resto è sterpaglia.