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Autore: Anouk92    10/10/2012    2 recensioni
Deglutii. Le lacrime cominciarono a scendere giù dagli occhi.
Quella fuga, durata tantissimi anni, stava per finire. Mi sentivo come un maratoneta alla fine del percorso, che era appena stato superato dal secondo a pochi metri dal traguardo.
Mi sentivo stanca e frustrata. Non ero riuscita nel mio intento. Non ero riuscita a provare che erano stati loro ad ammazzare mia madre, zio Alfred, Thomas Anderson e tanti altri.
Non ero riuscita a mettermi in salvo. Avevo reso inutile il sacrificio di mia madre, e quello di tanti altri.
Io che avrei dovuto riprendere in mano la mia vita, che avrei voluto finalmente condurre una normale esistenza, stavo per fallire miseramente.
Sarei finita a terra,con una pallottola nel cervello, una in petto e altre venti in ogni angolo del mio corpo.
Già, perché uccidere non può bastare. Uccidere solamente non ha senso. Bisogna segnare quel corpo con tutta la violenza possibile, sfregiare quel cadavere e profanarlo, per far capire che non si trattava di una persona, ma di una bestia.
Mi sarei portata con onore quelle ferite nella tomba.
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E’ una cosa che mi è venuta in mente guardando un film sulla mafia e ascoltando delle canzoni. Fatemi sapere se vi piace! Grazie in anticipo!
 
Scappai più veloce che potessi fare. Stavo correndo con il cuore in gola, la gambe tremanti e il fiatone. Stavo piangendo senza rendermene conto.
“Acchiappala!” – sentii urlare dietro di me da una voce maschile.
Raisor era rimasto di sopra. Provai a non inciampare per le scale, mentre le scendevo ad una velocità impressionante.
Mi guardai intorno un secondo. Improvvisamente ricordai che lì, nel secondo cassetto della credenza Raisor aveva nascosto qualche giorno prima la pistola. Non avrei voluto prenderla, ma la paura era troppo forte e la voglia di provare a cambiare il finale di quel film horror già stabilito da tempo mi spinse a fare una delle cose più surreali che mi ero sognata di poter fare in tutta la mia vita.
Aprii il cassetto. Cominciai a spostare i libri, tolsi il pacchetto di sigarette e trovai quell’arma maledetta.
Non ci pensai su due volte, ma la presi in mano e la caricai.
Sentii dei passi dietro di me. Rabbrividii. Sapevo già che non era Raisor.
L’avevano lasciato di sopra, tramortito a terra con il viso sfregiato e il naso sanguinante.
Carmine si avvicinò a me, io nascosi la pistola dietro la schiena. Lui mi guardò con aria di superiorità. Mi aveva lì davanti,come aveva sempre desiderato! Finalmente poteva farmi saltare il cervello e dire al suo beneamato capo: “L’ho uccisa! La figlia di quel maledetto è morta!”.
Aveva una camicia bianca e la cravatta messa male. Era sempre stato un bell’uomo, e con la pistola in mano era ancora più affascinante.
Sguardo bieco, e labbra mezze sorridenti.
Armand arrivò dietro di lui e mi puntò addosso l’altra pistola.
I suoi occhioni blu mi scrutarono,malefici. Erano soddisfatti. Mi avrebbero fatto fuori comunque.
Indietreggiai, sentendo il sangue in bocca. Arrivai con le spalle a muro. Mi pietrificai di fronte a quell’orrore. Dov’era l’onore della mafia che non toccava le donne e i bambini? Dov’erano le leggi primordiali?
Semplice. Era stato molto più comodo toglierle di mezzo.
E poi io non ero una donna qualsiasi, ero la figlia di un bastardo, e sapevo troppe cose. Dovevo essere tolta di mezzo.
Deglutii. Le lacrime cominciarono a scendere giù dagli occhi.
Quella fuga, durata tantissimi anni, stava per finire. Mi sentivo come un maratoneta alla fine del percorso, che era appena stato superato dal secondo a pochi metri dal traguardo.
Mi sentivo stanca e frustrata. Non ero riuscita nel mio intento. Non ero riuscita a provare che erano stati loro ad ammazzare mia madre, zio Alfred, Thomas Anderson e tanti altri.
Non ero riuscita a mettermi in salvo. Avevo reso inutile il sacrificio di mia madre, e quello di tanti altri.
Io che avrei dovuto riprendere in mano la mia vita, che avrei voluto finalmente condurre una normale esistenza, stavo per fallire miseramente.
Sarei finita a terra,con una pallottola nel cervello, una in petto e altre venti in ogni angolo del mio corpo.
Già, perché uccidere non può bastare. Uccidere solamente non ha senso. Bisogna segnare quel corpo con tutta la violenza possibile, sfregiare quel cadavere e profanarlo, per far capire che non si trattava di una persona, ma di una bestia.
Mi sarei portata con onore quelle ferite nella tomba.
Sarebbero state il segno che io avevo già cominciato a cambiare qualcosa. Avevo avuto il coraggio di denunciare, di ribellarmi, di dire “non siete i padroni”!
Avrei voluto, sinceramente,un finale diverso, un finale in cui magari riuscivo a resistere.
Invece,no .  Avrei avuto lo stesso finale di sempre.
Da un lato la rassegnazione, dall’altro la voglia di provare ad andare al di là del solito copione.
Non volevo sparare, lo giuro.
Non volevo premere il grilletto. Non volevo, ma la pistola tra le mani, la paura che mi stringeva, il timore di non porre fine a quella faccenda erano forti.
Sentivo quella pistola ribollirmi tra le mani. Sentivo il desiderio di dare un colpo. Se dovevo morire, l’avrei fatto portandomi Carmine con me.
“Sei consapevole di cosa sta per succedere?” – chiese Carmine, storcendo le labbra.
Si, tu mi sparerai, Armand farà lo stesso, io finirò a terra e continuerete a sparare finché il mio corpo non sarà un ammasso di sangue.
Non potevo essere consapevole di non volermi ribellare di nuovo.
“So cosa sta per succedere. E mi dispiace per voi.”.
Sia che avessi sparato io, sia che mi avessero sparato, avevo detto la verità, mi sarebbe dispiaciuto per loro.
“Carmine, dice che si dispiace per noi! Hai sentito che magnanima?”.
Armand rideva.
“Ho sentito, ho sentito. Dai, facciamola fuori, che sennò ci muore di dispiacere!”.
Vidi le pistole dritte di fronte a me. La mia mano strinse il grilletto. Sentivo il sudore scendermi giù per la fronte e le gambe, quelle non le sentivo più.
“Lasciatela stare, schifosi!”.
Raisor era lì, dietro di loro, sanguinante,ma vivo!
Armand si girò e disse, incredulo: “Tu ti vuoi suicidare! Aspetta che t’ammazzo io!”.
Gli puntò contro la pistola.
Sgranai gli occhi.
“Armand,lascialo stare, ammazziamo lei!”.
“No, io lo devo levare di mezzo!”.
Armand sparò.
Raisor scansò la pallottola per poco e si buttò dietro al divano.
Armand continuò a sparare, senza riuscire a prenderlo.
Carmine si stava agitando, glielo leggevo negli occhi.
“Buonanotte, ragazzina!”- mi disse, preparandosi a sparare.
Gli puntai contro la pistola, improvvisamente e, tra le urla di Armand che aveva finito le pallottole e stava prendendo a pugni Raisor, ormai quasi distrutto, e le mie urla di implorazione verso Armand, la puntai contro Carmine, chiusi gli occhi e sparai.
Vidi la sua mano aprirsi e far cadere a terra la pistola.
La sua bocca si stava aprendo, probabilmente per maledirmi.
Cominciò a mancargli il respiro.
Armand si fermò e gli corse incontro.
Carmine mi cadde addosso. Sentii il suo sangue caldo uscirgli dal petto e arrivare sul mio.
Mi scostai e lo feci cadere a terra.
“Che gli hai fatto?” – urlò Armand, inginocchiandosi accanto all’amico, e provando a metterlo supino.
 Col piede diedi un calcio alla pistola che Carmine aveva lasciato cadere.
Raisor stava guardando la scena, incredulo, ma forse anche un po’ sollevato.
Ero un’assassina.
Ero stata spietata.
E avrei ucciso anche Armand se avesse provato a fare anche una sola mossa.
Andai da Raisor, mentre Armand continuava a disperarsi sul cadavere di Carmine.
“Stai bene?” – gli chiesi, aiutandolo a tirarsi su da terra.
“Ho avuto momenti migliori. – mi osservò, preoccupato – Tu come stai?”.
“Non lo so. Andiamocene da qui, ti prego.”.
Annuì. Lo aiutai ad alzarsi e andammo via da quella villa orrenda.
 
  
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