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Autore: PeaceS    10/10/2012    1 recensioni
Quell'anno scolastico era stato così intenso, probabilmente Lily - come tutti gli altri - non lo avrebbe dimenticato facilmente.
Avevano conosciuto tutti l'amore, quello che fa mancare il fiato, quello che entra sotto pelle e non lascia più, rimanendo lividi indelebili; avevano conosciuto il dolore, mera conseguenza del cuore che pompa senza volersi fermare.
Avevano conosciuto l'amicizia, quella che resta, quella immortale. Hogwarts quell'anno aveva assistito a risate, lacrime, esaurimenti nervosi dati dallo studio, marachelle, il solito Quidditch e le solite dispute tra i dormitori. Hogwarts, ancora una volta, era stata partecipe di quella vita fatta di emozioni, sentimenti, dubbi e brividi.
Hogwarts li stava salutando, ma non stava dicendo addio, perché - come sempre - per chiunque avrebbe voluto tornare, casa loro sarebbe sempre stata lì a dare il "benvenuto".
- Storia scritta a quattro mani con sfiammella, mia eterna ispiratrice. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Teddy Lupin, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Nono capitolo

 

 

 

 

 

 

 

Svegliarsi quella mattina non fu facile, come non era stato negli ultimi tempi. Le varie consapevolezze erano vive e dolorose nella sua mente, ma il dovere lo chiamava a gran voce.

Guardava il soffitto con aria spaesata e stanca, mentre i colori della stanza risultavano opachi per la poca luce proveniente dalla finestra, coperta da sottili tende.

Aveva la gola dolorante, come la testa che sembrava scoppiasse di quel dolore che rendeva i muscoli rigidi, immobili.

Quella notte era trascorso troppo velocemente, sottraendolo dai suoi sogni, quelli che gli regalavano ancora deboli sorrisi, che cancellavano dalla sua mente ciò che era accaduto negli ultimi tempi. Per Teddy non era facile spiegare al suo cuore che ormai Lily era lontana e non era facile nemmeno spiegare a se stesso che il suo sorriso, la sua allegria e lei stessa non gli appartenevano più.

E la colpa non poteva che essere sua. Maledette colpe che gli facevano odiare se stesso e quel suo essere stato troppo impulsivo.

Lui, un ex Tassorosso pacato, calmo e disponibile, aveva cacciato fuori quel suo maledetto temperamento nel peggior momento, quando lei aveva avuto bisogno di dimostrazioni, chiare, vere. Ted era scoppiato come un vulcano, cacciando via parole che non aveva mai realmente pensato.

Se solo avesse avuto occasione di parlarle ogni cosa, forse, sarebbe ritornata come prima; ma lei oramai era distante, scostante e sempre accanto al giovane Zabini, che sembrava avere su di lei un potere ipnotizzante. Lily sembrava del tutto stregata da quel ragazzo, e mai, una sola volta, lei aveva rialzato nuovamente lo sguardo verso di lui, per illuderlo.

Magari fosse stato illuso, avrebbe vissuto in quella dolce illusione di rivederla nuovamente accanto a lui, di riaverla nuovamente sua.

Si alzò dal letto e con fatica si diresse al bagno. Lasciò scivolare gli abiti sul pavimento e si gettò sotto il getto d’acqua calda che liberò; appoggiò la fronte alle piastrelle umide della cabina e lasciò che l’acqua scivolasse piano su di lui, sperando che quel tocco caldo potesse dargli sollievo a quel dolore insopportabile.

Rivedeva Lily ovunque, sentiva il suo profumo su di lui, sentiva le sue risa riecchiegiare nella mente; non aveva mai sofferto tanto, non aveva mai sentito tanto dolore squarciargli il petto, prendere a pugni il cuore.

Sentiva il tremore alle mani, sentiva il bisogno di urlare e di permettere a quelle lacrime salate di mischiarsi all’acqua che scorreva dal viso, ma riuscì solo a interrompere il getto d’acqua e indossare quegli abiti che improvvisamente gli sembravano stretti, scomodi.

Non aveva senso rimanere lì; lui adorava insegnare, rivivere il sogno di quel padre mai conosciuto e risentirlo vicino come mai, come se lo guidasse in quella strada tortuosa, ma soddisfacente.

Adorava Hogwarts e adorava stare accanto a Lily e sentiva che adesso tutto ciò non aveva nessun senso; forse perché lei era andata via da lui, gli era scivolata tra le mani, lasciandolo solo, forse perché ora quasi niente lo emozionava, facendolo sentire vivo e nuovo.

 Guardò il suo riflesso che ricambiò lo sguardo spento e cupo. Guardò i capelli neri afflosciarsi sul viso e il viso fermo, immobile, privo di espressione.

Arrotolò le maniche della camicia,e lasciò che la cravatta non stringesse troppo, Agguantò la valigetta e, preparando il suo cuore, si incamminò verso l’aula che avrebbe condiviso con Lily.

Ogni passo era lento, forzato, non riusciva a notare chi fosse a passargli accanto o a distinguere le voci. Non riusciva a valutare che strada stesse prendendo o se fosse quella giusta. Camminava come un automa, lasciando la libertà ai piedi di guidarlo.

La sua mente era altrove, lontano da quel luogo, distaccata completamente da sé. Si ritrovò a guardare la porta in legno, e con mani tremanti la spinse, rivelando al suo sguardo la stanza occupata da giovani in attesa.

“Buon giorno ragazzi” il tono era atono e piatto e nemmeno ascoltò la risposta dei suoi studenti.

Forse i loro sguardi non notarono come i capelli erano mutati, come lo sguardo fosse cambiato. Forse loro non lo avrebbero mai notato, troppo occupati a pensare alla loro vita di semplici studenti, la lor vita al di fuori di quell’aula, ma lei doveva notarlo, perché prima di allora la sua vita era stata con lui.

Non era mai stata divisa, separata, lui era stata la sua vita, come lo era lei; la differenza era che adesso Lily ne parlava al passato, mentre Teddy continuava a rivolgersi a quel ricordo come se non fosse tale, come se ancora adesso i loro sguardi si sarebbero incrociati e resi complici, come se ancora adesso quel suo sorriso sarebbe apparso improvvisamente, facendogli perdere il filo del discorso, facendogli dimenticare ogni cosa.

Si voltò forzatamente verso la classe e gli occhi, automaticamente, si spostarono su di lei, che sedeva a gambe accavallate al solito posto. I capelli le ricadevano flosci sul viso, nascondendolo alla sua vista. Quanto desiderio c'era di scostarglieli e fissarla intensamente, godendosi quello spettacolo che per molto era stato riservato solo a lui? Troppo, ma il viso di Lily era fermo e immobile sul libro aperto.

Poteva intravedere la matita tenuta tra le morbide labbra e gli occhi spostarsi velocemente su ogni parola, scorrendo con interesse. Rimase a fissarla troppo a lungo, rischiando di rovinare quel suo segreto.

“Professore, c’è qualcosa che non va?” quella domanda sembrò riportare ogni suono al posto giusto; sembrò ridonargli l’udito, la vista e la coscienza.

Quella voce sembrò strapparlo da un involucro isolato e così Teddy si ritrovò a scuotere il capo per rivolgersi a Margareth Robinson, Serpeverde, sorridendole timidamente.

“Oh, no Maragareth. Ero sovrappensiero” si voltò di scatto verso la scrivania e sospirando pesantemente tirò fuori il pesante tomo di Difese Contro le Arti Oscure, mentre impacciatamente cercò di ricordare la lezione preparata la sera prima.

Aveva avuto difficoltà anche nel farlo, non completandola del tutto.

“Ragazzi, girate a pagina 789…” la pagina fu scelta a caso e nuovamente la mano di Margareth Robinson scattò in alto.

“Si, Margareth” Teddy le diede parola e la studentessa, un po’ intimidita e incerta, parlò. “Professore, la settimana scorsa ci ha spiegato la differenza tra uno spettro e un infero… mentre adesso parliamo gia di Patronus. Cred-credo che sia presto…” Teddy abbassò lo sguardo, e di malavoglia dovette ammettere che la giovane studentessa aveva ragione.

Aveva saltato una serie di argomenti. Chiuse gli occhi con rassegnazione e gettando la spugna, chiuse con un tonfo il grosso libro.

Non poteva continuare così; stava mettendo a rischio non solo la sua carriera di docente, ma la conoscenza che avrebbe dovuto impartire ai suoi studenti, alle loro menti ancora spoglie.

“Ragazzi, oggi la lezione è terminata. Scusatemi.” non sapeva come giustificare tutto ciò.

Le parole erano ferme in gola, incapaci di uscire, mentre la sua attenzione era gettata solo su di lei, che più di tutti, in quel luogo, rimase sorpresa nel ricevere quella notizia.

Lily lo vide prendere la sua roba e fuggire, letteralmente, dalla classe, senza lasciare ai suoi studenti il beneficio di sapere perché non ci fosse lezione quella mattina. Lo vide catapultarsi fuori la stanza e chiudere con un tonfo la porta.

Un gran vociferare si alzò nell’aula, mischiandosi alle risa di gioia degli studenti. Quelle risa e quelle voci che sembrarono coprire del tutto lo strisciare di sedia e i passi affrettati di Lily, che, come Teddy, si catapultò fuori l’aula.

Lily spostò lo sguardo da una parte all’altra del corridoio, incontrando solo visi sconosciuti. Non vide il suo, non vide Teddy, e sentì una morsa stringergli lo stomaco. Seguirlo cosa avrebbe cambiato? Chiedergli cosa avesse, chiedergli perché fosse triste, perché non emanasse più la sua grinta, la sua gioia, a cosa l’avrebbe condotta? A nulla, se non, forse, ad altra sofferenza e altro dolore.

Si portò una ciocca dietro l’orecchio e strinse più volte gli occhi, privando alle lacrime di scivolare giù; stesse lacrime che venivano versate fin troppo spesso negli ultimi tempi e lei era stanca. Sentiva il corpo stanco, il cuore e la sua stessa anima arrancare.

Quel fuoco che ardeva dentro sembrava esserle stato spento e in lei mancava anche la semplice voglia di respirare. Soffiò stancamente e con passo frettoloso si diresse verso il terzo piano, aveva bisogno di silenzio.

Forse quel silenzio avrebbe permesso a l’urlo dei pensieri e dei propri rimpianti di rimbombare nella sua mente; camminava in modo sconclusionato, come se non ce la facesse, come se quei gesti semplici e automatici le richiedessero un certo sforzo; saliva le scale ad un passetto alla volta e si guardava attorno come se avesse paura che qualcuno la vedesse, come se avesse paura che qualcuno la seguisse.

Arrivata dinnanzi al bagno di Mirtilla Malcontenta si chiuse la porta alle spalle con un tonfo, appoggiandosi stancamente ad essa. Il bagno del terzo piano era completamente vuoto e silenzioso. Il gocciolio dei rubinetti rimasti aperti davano un atmosfera cupa a quel luogo e Lily rabbrividì.

Erano assenti anche i pianti e i lamenti di Mirtilla, il fantasma che lo infestava e che rendeva quel posto ancora più lugrube e da tenere alla larga. Rimase incollata alla porta ancora per un po’, tremante.

Aveva il cuore in fibrillazione, cosa che le capitava ogni volta che Teddy era nei paraggi. Le gambe erano tremanti, e la nausea si mischiava ai sensi di colpa. Amava ancora Teddy, sentiva ancora lui nel suo cuore, portava ancora il suo nome stampato sulla pelle, nell’anima, ovunque.

Il suo corpo richiamava il suo passaggi e il suo cuore lo reclamava. Stare con Derek aveva solo anestetizzato il dolore che l’assenza di Teddy aveva portato. Derek era una distrazione, un modo per gettare via i ricordi che richiamavo Teddy, ma non era servito a nulla.

Fingere e negare l’evidenza aveva solo portato altro dolore. Si diresse verso il lavandino e appoggiò tutto il peso su di esso, scaricò tutta la rabbia stringendo la porcellana fredda e umida, cercando di trattenere le lacrime. Alzò appena lo sguardo e ciò che incontrò fu la prova che i suoi sbagli erano chiari e vivi sulla sua pelle.

Lily Luna Potter era sparita sotto quella maschera pallida e dolorosa che indossava senza volere. La sua bellezza, che molti avevano paragonato a quella della dolce e tenace Lily Evans, sembrava essere sfiorita, sparita, sottratta. Gli occhi non erano più lucenti e vivi, esattamente come lei, che non era più forte come una volta.

Non sentiva quella forza, non più.

Lily, oramai, sentiva solo un gran peso gravare su di se e tanto dolore accompagnare la sua misera esistenza. Le labbra piene erano tremanti e leggermente spaccate, come se qualcuno le avesse morse con troppa forza o colpite, e profonde occhiaie le falciavano il viso, rendendo il suo incarnato pallido malaticcio.

Tutta la sua beltà le era stata strappata con violenza, rabbia.

Lily si scostò piano i lunghi capelli scarlatti, scoprendo il collo sottile e ricoperto di violacei lividi. Anche l’orecchio sinistro aveva cambiato del tutto colore. Sembrava essere passata sotto un tritacarne che non aveva lasciato scampo al suo corpicino da adolescente.

La gelosia, l’aggressiva e malsana gelosia di Derek era viva su di lei, come marchi indelebili che probabilmente non sarebbero andati più via.

Quei segni erano la prova di quanto lui la ritenesse proprietà privata e di quanto non riuscisse a trattenersi quando la rabbia prendeva il sopravvento; erano la prova di quanto fosse debole e stupida da sottomettersi a qualcuno che la faceva male, costantemente, e che non riusciva a lasciare.

Paura o amore, questo non lo sapeva.

Accarezzò quei segni che ormai faceva difficoltà a tener segreti e sentì un dolore fastidioso che le ricordò che quella favola non era altro che un incubo, incubo al quale lei non poteva scampare. Fece scivolare le mani giù, fino a prendere i lembi della gonna e mostrare le gambe candide, anche esse colorate da lividi bluastri e violacei, testimonianza che i grandi occhi azzurri di Derek, il suo viso e le sue parole, non erano altro che una maschera indossata dal mostro che era in realtà.

La camicetta copriva l'addome colpito dai suoi calci e dalla sua furia; copriva il suo seno piccolo e il segno dei suoi morsi. Le maniche coprivano le sue braccia e quelle impronte vivide, come se lui la tenesse con troppa forza. Lily si alzava la mattina e riusciva a malapena a respirare.

Derek mostrava solo finzione alla luce del sole. Era un uomo diverso quando, per fatale caso, scorgeva in Lily una piccola distrazione che, sapeva, fosse causa solo del pensiero di Teddy che ancora governava la sua mente. Lily non riusciva a parlare quando le sue urla le si scaraventavano addosso.

Sembrava non aver forza quando quelle mani le si posavano sul corpo con troppa violenza. Quando i calci, i pugni che le riservava le facevano mancare il respiro. Questa era la conseguenza di aver mentito a se stessa e a lui. Questa era ciò che meritava per le sue bugie.

Alzò nuovamente il volto e si paralizzò all’istante quando gli occhi cristallini di Rose si scontrarono con quelli di Lily, riflessi nello specchio. Era entrata senza provocare il minimo rumore. Silenziosa come un gatto si era introdotta nel bagno, scoprendo quella realtà che Lily aveva cercato di tener nascosta a tutti i costi. Aveva ancora la mano poggiata alla porta, e muovendo, in modo sconnesso e privo di suono, le labbra, la chiuse con un tonfo.

Lily si voltò di scatto verso di lei, coprendo e offuscando le prove.

“Lily cosa…cosa è successo?” la voce forzatamente uscì dalle labbra di Rose, che con gli occhi sbarrati in un’espressione spaesata e incredula la fissava in cerca di risposte.

Lily abbassò il capo colpevole, senza proferir parola.

“Lily, maledizione, cosa hai combinato” Rose non le aveva mai urlato contro, non aveva mai perso la sua dolce pazienza, ma adesso ogni cosa sembrava diversa.

Perché ciò che era sempre stato non poteva rimanere tale? Perché  tutto doveva cambiare, rivoluzionando le loro vite? Rimpiangeva le estati spensierate trascorse a Villa Conchiglia ad immaginare il loro futuro, ma non preoccupandosene realmente.

I passi di Rose rimbombarono tra i muri del bagno e Lily, quando rialzò lo sguardo, si ritrovò faccia e faccia con lei e con la realtà.

Rose la prese per le spalle e senza che lei potesse impedirlo le scostò i capelli, dando prova a se stessa che ciò che aveva intravisto nello specchio non era stato un miraggio o uno scherzo della sua mente

“Lily… “ sussurrò delusa Rose.

Lily si scostò con rabbia, coprendo nuovamente quello scempio che le aveva rovinato il bel collo; quel collo che, sicuramente, Teddy non avrebbe mai reso tale. Quel collo che era stato baciato, accarezzato amorevolmente.

“Rose…sono caduta.” scusa banale, che non avrebbe mai ingannato l’arguzia di Rose.

“Si! Quando dormivi? O magari sei caduta e inciampata sul baule!...Lily cosa diamine è successo e soprattutto CHI è stato!” Rose tremava di rabbia, mentre le orecchie erano divenute paonazze.

Stava trattenendo a fatica la rabbia.

Lily martoriava le labbra con insistenza e stringeva con forza il ripiano del lavabo. Lasciò che le lacrime le scivolassero sul viso e sentì il bisogno di parlare con qualcuno. Sentì il bisogno di parlare con la sua Rose, di sfogare quel malessere che la uccideva, che le impediva di dormire e pensare lucidamente.

“Derek... ma mi ha promesso che non lo fa più, è davvero pentito” sussurrò Lily, e dirlo ad alta voce le provocò altro tormento.

Ammettere che il suo ragazzo, colui che mostrava di pendere dalle sue labbra, di vivere solo per renderla felice, in realtà nascondeva quell’anima aggressiva, brutale, senza scrupoli. Quell’anima che spariva nel momento in cui Lily era china su se stessa, mostrando la sua fragilità e lasciando la sua dignità altrove.

Rose si portò una mano alle labbra e non trattenne quelle lacrime, che si mischiarono con il dolore di vedere Lily ridotta in quel modo. La vedeva piccola e indifesa come non lo era mai stata. La vedeva sola e bisognosa di aiuto. La strinse in un profondo abbraccio e le accarezzò dolcemente i capelli, sperando di calmarla e non bevendosi una sola parola appena pronunciata.

“Lily devi lasciarlo...” Rose sussurrò appena, ma sembrò che il suo fosse stato un urlo, perché Lily sobbalzò e l’allontanò da lei.

La guardava con sguardo sbarratoe incredulo, come se le avesse appena chiesto di raggiungere la Luna in sella ad una scopa.

“Ha detto che non lo farà mai più... è capitato, è successo, ma non si ripeterà più. Sono stata io a farlo arrabbiare e lui si è difeso.” Lily non credeva alle sue parole, proprio come Rose, ma doveva dirlo. Doveva trovare una scusa che giustificasse quel comportamento.

“Lily, ma ti senti? Stai delirando! Cosa hai fatto per renderlo tanto furioso? Hai rubato qualche caramella dalla sua borsa? Gli hai ammazzato il gufo? Lily, Derek è violento e non posso e voglio accettare di vederti in questo stato. Non posso fingere di non sapere che è successo” Rose non poteva credere a ciò che stava vedendo: lei le stava offrendo una soluzione ovvia e lei la stava rifiutando, cercando di convincerla che un episodio, ripetutosi forse troppe volte, non si sarebbe ripetuto.

“Rose NO! Non è così! E ti prometto che non accadrà più. Però tu promettimi che non né farai parola con nessuno. Ti prego” Lily strinse le sue mani, implorandola, chiedendole clemenza e silenzio. Ma Rose non poteva, non poteva chiudere gli occhi di fronte a ciò.

Lily aveva bisogno di lei. Le aveva esplicitamente chiesto aiuto, le aveva chiesto di salvarla, altrimenti quella verità non sarebbe mai stata svelata.

“Lily non dirò nulla, ma tu promettimi che lo lascerai...” Rose era disposta a scendere a tale compromesso, solo in questo caso.

Se avesse avuto la conferma che il suo silenzio avesse permesso a Lily di lasciare quella strada tortuosa e sbagliata, lei avrebbe taciuto.

“Non posso, Derek ha bisogno di me” Le lacrime strozzarono le sue parole.

Si accasciò su se stessa e coprì il viso con le mani. Era combattuta, confusa. Voleva andar via da li, ma non voleva lasciare Derek, perché lui aveva bisogno di lei. Glielo ripeteva sempre, ogni volta che sapeva di aver sbagliato e rischiare di perderla.

Rose battè pesantemente un piede sul pavimento di pietra fredda e si gettò le mani nei capelli, incredula di tutto ciò. Non sapeva cosa fare, come agire. Guardò Lily e sentì un odio invaderle ogni fibra del corpo. Odiava Derek come non aveva mai odiato nessuno. Sentiva il bisogno di scaraventarsi su quel bastardo e fargli pentire di aver allungato le mani su Lily, di aver strappato da lei ogni traccia della ragazza che conosceva.

“Mi costringi a dirlo a James! Lo dirò a James e anche a Teddy” Indossare gli abiti della ricattatrice non era da lei, ma in quel momento era costretta a farlo.

Si sentiva in colpa, si sentiva un verme, ma doveva terrorizzarla e indurla, con la forza, a tagliare ogni rapporto con Derek. Lily balzò in piedi al nome di Teddy e tremava, balbettando terrorizzata. “No, Rose, te ne prego! Nessuno deve sapere niente! Ti prometto che lascerò Derek oggi stesso, ma tu non dire nulla…te ne prego”

Il cuore di Rose si sciolse di tenerezza: Lily era davvero disperata e fragile, come cristallo. Non poteva abbandonarla, doveva credere alle sue parole, doveva darle una possibilità. Le accarezzò il capo con fare amorevole, provando il suo stesso dolore, dolore visibile sul suo viso.

“Non parlerò, ma tu prometti che entro stasera questa storia sia conclusa. Derek non ti merita! Prometti” Lily annuì con il capo, raccogliendo le ultime lacrime.

Rose sorrise, sperando che quella questione si sarebbe concluse entro quella sera, sperando che quell’episodio sarebbe stato gettato via e dimenticato. Uscirono dal bagno, lasciando ogni cosa rinchiusa lì, in quel luogo freddo e gelido.

 

***

 

Albus guardò confuso il pacchetto di cioccorane che fu scaraventato sul tomo di Pozioni, aperto al tavolo dei Grifondoro. La Sala Grande era semivuota, occupata a chiazze da qualche studente ancora alle prese con i compiti di quella giornata.

Prese il pacchetto tra le mani e lo rigirò con fare pensieroso, fingendo di non aver notato la figura di Lysander accomodarsi al suo fianco. Rimase in silenzio a fissare il pacchetto bluastro, rigirandoselo più volte tra le mani e non trovando il coraggio di aprirlo e accettare quel semplice dono, che in quel momento stava assumendo un grande e profondo significato.

“Vengo in pace…” la sua voce era divertita, ma non si prendeva beffa di lui.

Aveva il solito tono sfacciato, il solito modo per dirgli di non scoppiare e parlare con tranquillità. Era passato quasi un mese da quando Al aveva deciso di chiudere con Lysander, da quando lui stesso aveva deciso di fingere e di nascondersi dietro la solita maschera.

“Una ciccorana non è un simbolo di pace…” rispose, rigettandola verso di lui.

Il ricordo di ciò che aveva visto, delle bugie che gli erano state riservate, era troppo amaro e un semplice dolciume non sarebbe servito a molto.

“Avevo pensato di mandarti uno stormo di Gufi, tutti con legati ad una zampa una cioccorana. Ma so che odi stare al centro dell’attenzione e quindi ho evitato” il tono di Lysander chiariva il suo dispiacere in ciò che aveva fatto e in ciò che non aveva osato fare. Chiariva il suo pentimento, nel essersi lasciato sfuggire la persona al quale teneva di più.

“Hai pensato bene e adesso per favore lasciami studiare” il tono di Al, invece, chiariva altro. Chiariva la sua voglia di rimanere solo e smettere di soffrire.

Si voltò con rabbia verso di lui, con sguardo rigido e vacuo; aveva le labbra serrate. La rabbia le teneva chiuse, ferme. Lysander non distolse lo sguardo da Al, ma rimase a fissarlo intensamente. Era deciso a non sbagliare più, e quella volta era quella giusta.

“ Ho parlato con Roxy, le ho spiegato tutto, e lei…ha accettato senza dire nulla, mi sono scusato con lei per averle mentito, ma mi ha perdonato. E adesso sono deciso a stare con te! Avevi ragione su tutto, sul fatto che sono stato nascosto e che se voglio stare con te devo mostrarmi senza vergogna. E lo voglio fare, adesso…ORA” Albus lo lasciò parlare senza interrompere, lasciò che il fiume di parole scorresse interrottamente.

Diede speranza a Lysander, che sorrise radioso, per aver ammesso ciò che aveva fatto, per aver ammesso che non si pentiva di una sola parola, di una sola azione. Gli diede una speranza, che decadde subito. Albus chiuse con un tonfo il libro e ricoprendo il suo cuore di una corazza infrangibile, spegnendo quell’amore che ardeva profondamente, zittendo la voce della coscienza che lo indirizzava verso ciò che lui desiderava, mentì a se stesso e a lui, che lo guardava ancora con sguardo speranzoso.

“Credo che sia tardi… Ho aspettato fin troppo” Albus pronunciò quelle parole, combattendo con se stesso, combattendo con il suo cuore che urlava altre parole. Si schiarì la gola, divenuta secca e arida, e senza rivolgere altre parole o altre attenzioni, si incamminò verso l’uscita.

Le parole a Lysander gli si gelarono in gola. Guardò con sguardo vacuo la scatola cioccorane che ancora giaceva sul tavolo di legno; avrebbe pagato le sue bugie e forse le meritava, meritava l’indifferenza di Albus, ma non era deciso ad accettarle senza combattere. Fece ciò che avrebbe dovuto fare mesi prima, ciò che avrebbe dovuto fare quando aveva ammesso a se stesso ciò che realmente provava per un amico che improvvisamente non poté considerare più tale.

Si alzò  e prima che Albus potesse lasciare la Sala Grande lo raggiunse. “Ti tormenterò fino a quando non ti deciderai che non è tardi…soprattutto per noi” Albus si lasciò sfuggire un sorriso che coprì subito con una finta espressione seria e adirata.

“Allora Buona Fortuna…” sospirò.

Lysander sorrise trionfante e sfiorandogli la guancia con un leggero bacio gli sussurrò divertito: “Non né avrò bisogno”, lasciò che Albus si allontanasse e fingesse che quel bacio non era servito a nulla, consapevole di aver gia la vittoria in pugno.

 

***

 

Il destino ha sempre la sua puntualità, ti mette di fronte ad eventi che rivoluzionano la vita, che la cambiano nonostante non si chiede che avvenga quel cambiamento imprevisto.

Il destino può essere nefasto, facendoti mancare per pochi secondi un evento, facendolo sfuggire e scivolare via, senza che tu possa impedirlo, oppure è favorevole, facendoti trovare nel posto giusto nel momento giusto.

E quel pomeriggio il destino aveva dato a Rose una possibilità. Una possibilità favorevole. La possibilità di cambiare il destino nefasto che aveva travolto Lily.

Era pomeriggio tardo e gli studenti si incamminavano, stanchi e stremati, nelle rispettive sale Comuni o altrove, dove la mente avrebbe avuto la possibilità di rilassarsi e scaricare la tensione provocata dalle innumerevoli informazioni e nozioni che l’avevano bombardata.

Rose aveva la solita borsa traboccante di libri e la sua meta era lontana dalla Biblioteca. Rigel l’attendeva nei pressi del Lago Nero, nonostante il cielo era oscuro e uggioso, preannunciando tempesta; ma Rigel adorava il vento freddo sul voltoe Rose non glie avrebbe negato quella passeggiata pomeridiana.

Camminava distrattamente, non rivolgendo la mente alla sua meta. Pensava a ciò che era accaduto quella mattina nel bagno del terzo piano e alla promessa di Lily, come al suo essere stata troppo severa. Si era vista costretta a reagire in quel modo: il dovere di far aprire gli occhi di Lily, che sembravano offuscati, si era fatto largo in lei, nonostante Lily non riuscisse ad ammettere che Derek non era la persona che molti avevano pensato per anni.

Ripensare a ciò che aveva visto ammontava in lei altra rabbia. Ripensare alla fragilità letta nei suoi occhi, le fece odiare ancora di più quel Serpeverde che aveva strappato quella forza che Rose aveva amato sopra ogni cosa.

Camminava con passo lento e sguardo distante, Rose, mentre i suoi occhi non notavano chi c’era intorno a lei, non le mostrava i volti delle persone. Eppure, stranamente, non si lasciò sfuggire ciò che avrebbe cambiato tutto. Non si lasciò sfuggire quel episodio che le fu gettato avanti gli occhi con violenza e che le diede la possibilità di fare ciò che Lily, forse, non avrebbe mai fatto.

Sentì lo stomaco in subbuglio e le mani sembrarono desiderose di essere poggiate, con violenza, sul volto del Serpeverde che proprio in quel momento stringeva con troppa forza le sottili spalle di Lily, scuotendola con forzae con rabbia, facendo nascere sul viso un’espressione di terrore.

Derek stava scaricando ancora la sua furia sull’esile figura di Lily, che veniva strapazzata come una bambola di pezza priva di anima. Rose non riuscì a controllarsi.

Riuscì solo a raggiungere i due, e con la poca forza che teneva in se, lo scaraventò lontano. Gli diede una spinta e la coppia si divise.

Togli le tue manacce da lei, brutto verme schifoso! “ Le sue urla ecchegiarono con violenza nel corridoio. Rose non sentiva nulla, oltre quella rabbia che lasciava che la sua furia, scoperta causalmente in quell’attimo, uscisse fuori .

Non si accorse degli sguardi curiosi che si accalcavano intorno e nemmeno delle preghiere di Lily di lasciar perdere. Dava solo retta a quella rabbia che comandava le sue azioni.

“Prenditela con qualcuno della tua taglia, codardo! “ le mani battevano sul capo, sul collo, ovunque la sua piccola figura potesse arrivare. Derek si copriva più che poteva, ma quell’aggressività era irrefrenabile. Derek indietreggiava e Rose scaricava tutto su di lui.

SEI UN CODARDO SCHIFOSO! “ gli insulti erano pronunciati con aggressività, velenosi e diretti.

Intorno si accalcarono altri visi curiosi, divertiti nel vedere quella scena. Nel vedere la pacata, silenziosa , anonima Rose Weasley avventarsi in quel modo su il giovane Zabini, che non mimava la minima azione. Le urla di Lily erano inutili, non fermavano la furia di Rose. Poi qualcuno decise di mettere fine a tutto.

Rose si sentì bloccare da dietro, sentì un freno su di se, si sentì sollevare da terra, ma continuava a calciare con aggressività e a sputare insulti e minacce.

Nonostante ci fossero due braccia a tenerla stretta, continuava a perdere il controllo di se. Sentiva il viso in fiamme, i capelli erano arruffati, e la divisa non era in ordine, ma a lei tutto ciò non importava: le importava era solo farla pagare a Derek Zabini, che la guardava con un patetico sguardo incredulo. Quello sguardo che la mandava ulteriormente su tutte le furie.

“Idiota, non guardarmi con quegli occhi, sai benissimo cosa hai fatto!” la voce di Rose era graffiante, rabbiosa, e quel qualcuno, di cui Rose non conosceva l’identità, la teneva ancora stretta a se.

“Rose, basta… “ quella voce.

Quante volte aveva desiderato sentire quella voce sussurrarle parole semplici, con quel tono. Cosi vicino, cosi dolce. La stretta di Scorpius era forte, ma non faceva male. La teneva tanto stretta a se, tanto da far sentire il suo profumo, ma senza farle pesare quelle braccia che non lasciavano.

Rose sentì il cuore solleticare e le gambe divenire molli, ma la rabbia non l’abbandonò. Derek fece qualche passo verso Lily e Rose sembrò dimenticare che a tenerla in quel modo era Scorpius. Cercò di divincolarsi, di scostarlo da se e scaraventarsi ancora su di lui... ma non ci riuscì, quindi lo raggiunse con le parole.

STAI LONTANO DA LEI” quell’ultimo urlo sembrò zittire ogni cosa e attirò l’attenzione di un componente indesiderato. La folla si aprì e apparve la preside Mcgranitt che sembrò scioccata nell’assistere a quella scena. Guardò Derek, con il viso tracciato dai graffi di Rose, e la stessa Rose, con i capelli arruffati, gli occhi sgranati, le labbra tremanti e il viso livido di rabbia.

E infine Scorpius, che non c'entrava una pippa ma che la stringeva a se, con uno sguardo spaesato e poco colpevole. Gli studenti tutti intorno attesero con il fiato sospeso le parole della Preside, che dallo sguardo, si potè comprendere che non sarebbero state dolci o clementi.

Lily era rimasta nascosta tra la folla, con Dominique e James attirati dalle urla. Erano accorsi, deviando il loro percorso, rischiando di smascherare ogni cosa. Avevano scorto Lily tra la folla e Rose al centro del corridoio che batteva e graffiava violentemente Derek. Lily non aveva spiegato nulla, ma James e Dominique l’avevano tenuta fuori da tutto, inconsapevoli che la colpa ricadeva su di lei.

Dominique accarezzava la schiena di Lily, cercando di scorgere parole comprensibili in quel pianto nervoso  e James guardava la sorella di sottecchi, sospettando qualcosa.

“Zabini, Weasley, Malfoy…Nel mio ufficio” il tono rigido della Mcgranitt ridiede a quel luogo voce.

Pian piano la folla si dissipò, gli studenti ritornarono sui propri passi, lasciando la scena solo a quei protagonisti. Scorpius lasciò la presa, facendo poggiare i piedi di Rose sul pavimento, che al meglio cercò di sistemarsi divisa e capelli. Aveva ancora l’affanno e il viso era paonazzo.

Derek si stirò per bene il maglioncino e senza dire altro seguì il preside, che scoccò a Lily, Dominique e James uno sguardo torvo, che li spiazzò. “Voi, non rimanete imbambolati li… Ritornate nelle vostre sale Comuni” Lily cercò di parlare, cercò di difendere il comportamento inconsiderato di Rose, ma quest’ultima la zittì scuotendo il capo e sorridendo dolcemente.

La punizione la meritava e non avrebbe coinvolto anche Lily, nonostante tutto quel pandemonio fosse stato scatenato da lei. Dominique tirò con forza Lily per un braccio, e, insieme, seguirono James, che una voltato l’angolo chiese i particolari. Rose camminava accanto a Scorpius e Derek. La Mcgranitt dava le spalle ai tre studenti, ma si potè notare un distratto movimento di bacchetta, dal quale scaturì uno sbuffo argenteo che sparì subito dopo.

Camminarono a lungo, silenziosamente gli uni accanto agli altri. Rose aveva il viso basso, trovando interessante il pavimento in pietra. Sentiva lo sguardo di Scorpius su di se e la confusione farsi strada in lei. Perché proprio adesso doveva trovarsi cosi pericolosamente vicino a lui? Perché proprio quando aveva mostrato il peggio di sé, Scorpius l’aveva notata, e perché le si era rivolto in quel modo?

Il destino in quel momento si stava prendendo beffa di lei.

Il destino stava ridendo a crepapelle.

Dopo sei anni di indifferenza assoluta, Scorpius Hyperion Malfoy, la stava guardando nel modo in cui lei aveva sempre sognato, le aveva parlato nel modo in cui lei aveva sempre immaginato che facesse. Sentì il volto divenire rovente, stava arrossendo nel modo meno opportuno.

Si fermarono di botto, e la Mcgranitt fece cenno ai tre di fermarsi alle spalle. Si rivolse al Gargoyl in pietra, che guardò la Preside:

Adoro la Burrobirra” il Gargoyle fece un salto di lato a quelle parole, lasciando libero il varco che conduceva all’ufficio. La Mcgranitt si voltò verso i tre e, mostrando uno sguardo imbarazzato, giustificò la banalità della parola d’ordine. “ Il Professor Silente diceva sempre che una parola d’Ordine semplice non rischia di essere svelata perché noi esseri umani crediamo che qualcosa di prezioso, debba essere protetto da qualcosa di impensabile… “ I tre annuirono, non sapendo cosa rispondere.

Quell’informazione sembrò superflua anche per la Mcgranitt che, schiarendosi la voce, si indirizzò nuovamente verso il suo ufficio con i tre che la seguivano a ruota. Salirono le scale che li condusse all’ufficio e quando la Mcgranitt prese posto dietro la scrivania lucida, assumendo un’espressione ancora più minacciosa, Rose comprese che la sua carriera scolastica aveva trovato il capolinea.

Guardò i tre, squadrandoli con aria severa e adirata, per poi prendere parola.

“Prendete posto….” ordinò e loro, senza ribattere , si accomodarono sulle tre sedie apparse alla semplice parola della Professoressa. Si accomodarono e ognuno di essi fissò un punto impreciso di quel luogo. Ma la Mcgranitt aveva gli occhi puntati su loro, cercando di leggere dalle loro espressioni, distanti e disinteressate, e cercando di captare il motivo per cui li aveva spinti a reagire in quel modo.

Rimasero ancora in silenzio, prima che la Mcgranitt riprendesse parola. “Ora vorrei capire perché una studentessa, con una carriera scolastica eccellente, con un comportamento ligio e con una vita dedita solo allo studio e alla tranquillità, abbia causato un trambusto del genere. Signorina Weasley, non me lo sarei aspettato da lei” Rose alzò lo sguardo imbronciato e colpevole.

Non aveva mai sbagliato, non aveva mai pensato di farlo. Ma, in quel momento, oltre la vergogna di trovarsi nell’ufficio del preside con Scorpius, non riusciva a provare altro. Non era pentita, lo aveva fatto per Lily, che era una persona importante per lei e la sua famiglia.

Le sue labbra non si mossero, rimasero serrate e immobili. Non avrebbe risposto perché farlo avrebbe condannato Derek, e anche se nel suo profondo sentiva che ne aveva bisogno, non poteva agire con tale meschinità. Riabbassò lo sguardo.

Derek. al suo fianco, si mosse nervosamente sulla sedia e sentì Scorpius voltarsi verso di lei. “Signor Zabini, lei sa perché la signorina Weasley abbia reagito in questo modo?” La Mcgranitt si rivolse alla vittima di tale trambusto. Ancora silenzio. Derek non rispose. Rimase in silenzio.

La preside soffiò stancamente e di malavoglia si rivolse a Scorpius, forse l’unico a non meritare di trovarsi li. “Signor Malfoy, lei sa il motivo?” Scorpius si mosse sulla sedia, e volgendo lo sguardo ai due, non seppe rispondere . Non sapeva cosa avesse fatto scaturire quella rabbia, non sapeva nulla del perché Derek si trovasse con i graffi sul viso o perché Rose avesse i capelli arruffati. Non sapeva nulla. Scosse lentamente il capo. La Mcgranitt abbassò il capo rassegnata.

Non avrebbero parlato e lei non poteva costringerli a farlo. Cadde nuovamente il silenzio, solo sguardi torvi e confusi, ma nessuno accennava la minima parola. Rose si martoriava le mani, Derek sentiva il viso in fiamme e Scorpius guardava Rose come se fosse attirato da una forza maggiore,che non potesse controllare.

La guardava, notando quante cose si fosse perso nel non farlo per tutto quel tempo. Aveva i ricci che si aprivano scompostamente; gli occhi bassi e le labbra incurvate. Le lentiggine spruzzate sul naso come se fossero state messe lì da un pittore fin troppo creativo, per donare a quel viso sottile e semplice qualche goccia di colore.

Aveva un naso piccolo e leggermente all’insù, due grandi occhi azzurri limpidi e magnifici, Scorpius non aveva mai visto quel colore, era meraviglioso e unico.

Una ciocca si distaccò dalle altre, scivolando sul quel viso, coprendolo e nascondendolo alla sua vista, e Scorpius sentì come il bisogno di scostargliela, di donare alla sua vista ancora lo spettacolo che lo stava attirando, interessando e rapendo. Azzardò e le si avvicinò, allungando di poco la mano. Stava quasi per sfiorare quei capelli ribelli, stava quasi per creare quel contatto mai nato, ma prima ancora che potesse tastare quei capelli, ancora prima che potesse trasmettere a lei quell’interesse che per fin troppo tempo aveva tenuto segregato dentro se, quando una serie di forti rumori riempirono la stanza, facendo sobbalzare i tre studenti e interrompendo quel gesto che avrebbe potuto cambiare molto.

Sei figure erano in piedi al centro della stanza. Sei figure, che un tempo avevano vissuto in quel castello, avevano studiato in quel luogo. Sei figure che si conoscevano da anni, troppi anni, anni che non erano bastati ad affievolire vecchi rancori. Blaise Zabini e Daphne Greengrass salutarono appena Hermione Granger e Ron Weasley, mentre Astoria Greengrass e Draco Malfoy finsero di non aver notate quelle due figure, che ritennero superflue in quel luogo.

La Mcgranitt si alzò dalla sua postazione, salutando i sei in egual modo, nonostante due di essi fossero i Salvatori del Mondo Magico, ed ex studenti della sua casa.

“Signori, mi dispiace avervi disturbato, ma è giusto che siate informati della questione” la Mcgranitt spostò lo sguardo sul gruppo che avanzò verso di lei, posizionandosi alle spalle dei rispettivi figli.

Hermione posò con dolcezza una mano sulla spalla di Rose, rassicurandola. Blaise era fermo immobile alla sinistra del figlio, con sguardo serio.Draco era alle spalle di Scorpius, con la solita aria boriosa e annoiata. Gli anni erano trascorsi sui loro visi, ma non era cambiato molto.

La Mcgranitt si schiarì ancora una volta la voce, e spiegò ai presenti ciò che era stata costretta ad assistere. Parlò maggiormente ai coniugi Weasley, confessando la delusione provata nei confronti di Rose. La sua carriera scolastica avrebbe potuto risentirne per quella unica e stupida bravata.

Ron ascoltava con attenzione esattamente come Hermione, mentre gli altri quattro si gongolavano per il rimprovero che tardò scaraventarsi sui propri “ragazzi”, ma che non mancò.

“Signor Zabini, Derek non manca d’intelligenza, certo, ma è troppo pigro; non si impegna quando potrebbe farlo e migliorare di molti i suoi voti” lo sguardo bruno di Blaise si spostò su Derek, rimproverandolo silenziosamente. Ron trattenne un sorriso di trionfo.

“Signor Malfoy, Scorpius è troppo disinteressato. Sbruffone e inoltre il suo scopo è solo quello stare in sella ad una scopa! Ha preso molto da lei…sotto molti punti di vista” Lo sguardo freddo di Draco si spostò sul figlio, che coprendosi con una mano, rise divertito nel vedere come , la vecchia preside, rimproverasse ancora i suoi ex studenti.

“Preside Mcgranitt, spero che questo non metta in rischio la carriera di Rose. È una studentessa brillante, è una ragazza diligente, ma a tutti capita di essere un po’ …Impulsivi alle volte” Hermione prese parola, giustificando il comportamento, “umano” della sua Rose.

Daphne si voltò infastidita verso la ex compagna e assottiglio gli occhi cristallini. “ Ha aggredito mio figlio senza un valido motivo, e tu, Granger, credi che questo possa passare inosservato solo perché è una so-tutto-io, esattamente come lo sei stata tu? Non credo che sia giusto! Deve essere considerata come qualsiasi altro studente! “ La voce era gracchiante e accusatoria.

Rose alzò appena lo sguardo sulla donna, notando la bellezza trasmessa con efficacia al figlio. Se solo avesse saputo quella donna, forse non avrebbe mai difeso in quel modo suo figlio. Hermione sorrise in modo sarcastico, trovandosi spiazzata di fronte a quelle accuse cosi velenose.

“ Mia figlia Rose non aggredisce persone senza un valido motivo. Rose, cara, dì al Preside perché hai reagito in quel modo” Ron intervenne per la moglie. Si abbassò verso Rose, invitandola a rendere noto il motivo che l’aveva indotta a comportarsi cosi. Rose guardò il padre, poi si rivolse a Derek. Si guardarono a lungo , e comunicarono con quello sguardo.

Rose non avrebbe parlato, non avrebbe svelato a tutti il mostro annidato in lui. Ma Derek avrebbe pagato per quei gesti, per aver azzardato tanto. Derek sembrò capire e abbassò il capo, sconfitto.

“Perché Derek l’ha offesa, dicendole che non è degna …di stare con me” le parole di Scorpius spiazzarono tutti. Ron Weasley divenne rosso, paonazzo, sbuffò e voltò lo sguardo da Rose a Scorpius, da Scorpius a Rose, non riuscendo ad accettare quelle parole e sperando che avesse sentito male.

Sperando di non dover accettare ciò che piano piano si stava insediando nella sua mente.

Rose si voltò di scatto verso Scorpius, con gli occhi sgranati e il cuore che ormai batteva con ferocia contro la cassa toracica. Ogni battito era pesante e faceva mancare il respiro. Derek si sporse in avanti, cercando lo sguardo di Scorpius che potesse spiegarli la sua presenza lì, e il perché stesse mettendo in scena quello spettacolo.

Draco Malfoy guardò Astoria, che boccheggiò, incapace di produrre un suono coerente e Blaise e Daphne si guardarono increduli. Solo Hermione e la Mcgranitt rimasero neutre di fronte a quella notizia, che se fosse stata comunicata a persone differenti non avrebbero causato quelle innumerevoli reazioni.

“Scorpius non puoi…non puoi stare con Rose Weasley” la voce di Astoria era strozzata, incapace di uscire liberamente e senza intoppi. Si abbassò verso suo figlio, sorridendo nervosamente. “Scorpius, ragazzo mio, non è possibile” ripetè, come se a quella scena non ci fossero i Weasley che avrebbero potuto trovare quelle considerazioni poco piacevoli.

“Perdonami, Astoria, cosa c’è di strano se i due ragazzi provassero una simpatica gli uni per gli altri? Non vedo che possa dispiacere ai due, come non dovrebbe dispiacere a noi” Hermione mostrò il suo sostegno per la coesione e la pace tra le case, e i vari maghi di “sangue” diverso.

Rose fulminò Scorpius, non capendo a che gioco stesse giocando. Scorpius le fece cenno di stare zitta e non commentare finchè non fossero stati fuori di li.

“Hermione NO! La mia Rose non può stare con un…MALFOY” Ron si schierò contro la moglie, scuotendo il capo per scacciare via quella realtà. Guardò sua figlia e il giovane Malfoy, che la guardava con troppa insistenza. Sentiva le labbra secche e il cuore che accelerava sempre più. Sentì la testa divenire pesante. Doveva sedersi. La sua bimba nelle mani di un Malfoy.

Non lo avrebbe mai accettato.

Non avrebbe mai accettato quell’unione.

“Weasley, credo che sia comodo per tua figlia sposarsi con l’unico erede della famiglia Malfoy! Ne gioverebbe molto, non mi stupirei sapere che lo ha fatto solo per uscire dalla situazione di degrado nel quale vivete ancora, nonostante tutto…”la voce di Malfoy era tagliente e lo sgaurdo severo era porto al figlio, che sentiva la pressione dietro la nuca.

Vide Rose arrossire, e abbassare lo sguardo come se fosse stata appena colpita violentemente. Si sentì in colpa, la stava gettando in una situazione difficile. Fece scivolare la mano verso di lei e, con sorpresa, strinse la piccola mano, intrattendendo il primo contatto con lei, quel primo contatto, che gli fece tremare il cuore e che mise sicurezza a quelle convinzioni nate con ritardo.

Rose alzò lo sguardo e si ritrovò a fissare gli occhi di Scorpius, non riuscendo a credere che tutto ciò stava accadendo in quel momento. Nello studio del preside, di fronte ai suoi genitori.

Il destino si stava beffando di lei, stava gongolando del suo disagio. T

utto ciò che aveva sempre desidearato per anni stava accadendo adesso, in quel momento .

“Ehi, Baby Malfarett tieni le mani giu da mia figlia” Ron si avventò sulla mano di Scorpius, allontanandola da quella di Rose, Draco sfoderò la bacchetta, puntandola alla gola di Ron e tutto prese una brutta piega. Quel colloquio indetto per discutere di ciò che era accaduto si stava trasformando in uno scontro lasciato in sospeso per anni.

“Togli quelle sudice manacce da mio figlio” sibilò perfidamente Draco Malfoy. La Mcgranitt maledì quei rancori che ancora vivevano in loro, che l’età adulta non aveva sostituito.

“Basta, signori! Vi ho convocato solo per discutere della punizione da impartire ai tre” L’attenzione ricadde nuovamente sul preside, che quasi urlò. Rose congiunse le mani, per non rischiare di dover stringere ancora una volta le sue mani, e provare ancora quell’illusione, che le piaceva.

“L’espulsione sarebbe l’ideale” Daphne intervenne, fulminando lo sguardo l’artefice dei graffi che aveva deturpato la bellezza del suo “ragazzo”. Hermione si voltò indignata.

“Espulsione!? Non lo ha ammazzato! Preside Mcgranitt credo che l’espulsione sia troppo” la Preside annuì, invitando Hermione di non preoccuparsi ulteriormente. Non avrebbe mai ascoltato il consiglio di incompetenti. Avrebbe agito secondo il suo volere.

“Verranno sottratti 50 punti a testa e per una settimana i tre daranno una mano a Mastro Gazza nel pulire i sotterranei e la serra di Erbologia. Senza magia ovviamente” Blaise e Draco protestarono vivamente, per la sottrazione dei punti. Gesto ingiusto in quanto i due ragazzi appartenevano alla medesima casa e quindi i punti sottratti sarebbero stati raddoppiati.

Protestarono per il lavoro indegno e proposero una donazione alla scuola per far chiudere un occhio alla Preside, che fu irremovibile. Nulla avrebbe persuaso la donna nel cambiare idea e quindi congedò gli ex studenti, non avendo più nulla da dire.

“Ragazzi, non ascoltate le parole di noi stupidi. Troppi rancori circondano la nostra generazione, ma se sentite quel legame, che si prova di rado, non lasciatevelo sfuggire” prima di lasciare l’ufficio, Hermione si abbassò verso i due ragazzi, lasciando che quel consiglio potesse insediarsi nella loro mente e quindi permettere ad entrambi di non lasciare che le considerazioni altrui potessero influire su ciò che provavano.

Rose annuì e si lasciò baciare da sua madre, che salutando la Mcgranitt  lasciò l’ufficio, esattamente come tutti gli altri. La Mcgranitt mosse ancora una volta la bacchetta e un altro sbuffo fuoriuscì dalla bacchetta, poi ritornò a fissare i tre studenti.

“Potete andare. La punizione inizierà domani, dopo l’ora di cena” quelle parole furono conclusive e congedarono i tre, che si avviarono verso l’uscita. Una volta giu le scale, Rose non ebbe occasione di parlare con Derek che sembrò smaterializzarsi, ma Scorpius rimase al suo fianco.

Percorsero il corridoio insieme, in silenzio, indifferenti, come se ciò che era stato appena detto non era importante. Camminarono ancora un po, poi Scorpius dette prova che ciò che era successo nell’ufficio del preside non era altro che il suo tentativo di comunicare con lei, di dirle qualcosa.

Rose si vide scaraventare contro il muro. Scorpius la fece aderire con la pietra gelida, che le provocò brividi lungo il corpo. Aveva le mani poggiate accanto al viso e il suo corpo le impediva del tutto la fuga. La sovrastava, e lo sguardo era chino su di lei. Il loro respiro si mischiava, e i loro corpi potevano quasi unirsi. Gli occhi di Scorpius erano incatenati a quelli di Rose, mentre la sua espressione le comunicava ciò che a poco le parole avrebbero fatto.

Rose sentiva il cuore in gola, il respiro irregolare, le mani, nonostante aderissero alla fredda pietra, sembravano roventi. La gola era secca come le labbra. Le sembrò che la voce le fosse stata strappata via. Si guardarono a lungo senza dire nulla, silenziosamente, poi lui parlò, e le sue parole suonarono esattamente come Rose le aveva sempre sognate.

Suonarono come lei aveva sempre architettato nella sua mente, come se qualcuno avesse letto nei suoi pensieri, come se qualcuno avesse vagato nei suoi sogni e per premiarla, li aveva resi reali. La sua voce era dolce, calda, e ad ogni parola, un debole sorriso si dipinse su quel volto che mai aveva sostituito e forse mai lo avrebbe fatto.

“Rose… Per troppo tempo siamo rimasti distanti. Ignorandoci. Ma adesso non voglio che accada, adesso voglio te" il cuore di Rose perse un battito, quando piano si abbassò verso il suo collo, poggiando con delicatezza le labbra.

“Ho sentito profumi che hanno portato solo nausea, ho cercato calore, in persone sbagliate. Ho cercato sorrisi ,trovando solo smorfie false e prive di coinvolgimento. Ho cercato qualcosa che potesse rendere i miei giorni diversi, trovando persone sempre uguali, trovando cose gia viste... non capendo che il meglio è sempre stato a qualche passo da me… non capendo che questa ricerca poteva terminare molto tempo prima. Forse ho dovuto cercare affannosamente, ma adesso posso fermarmi…” fece scivolare le sue labbra su per le guance, fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra, soffiando su di esse, provocando il Rose brividi, sospiri, e battiti accellarati.

Quegli occhi la guardavano con bramosia, come se di fronte a lui ci fosse un tesoro prezioso, cercato per anni. La guardava come se quelle parole fossero vere. Rose voleva crederci, anche se avrebbe dovuto ammettere che ogni cosa era solo una dolce bugia.

Non disse nulla, lasciò che lo sguardo si spostasse sulle labbra, comunicando chiaramente ciò che LUI in quel momento voleva, e ciò che LEI aveva voluto per anni. Non si mosse, si paralizzò contro il muro, respirando affannosamente.

Scorpius svuotò la mente, scacciò via la consapevolezza che Rose in quel momento era fragile e lui stava solo approfittando di quella fragilità. Scacciò via il pensiero di Rigel e a come avrebbe reagito di fronte a ciò che stava accadendo.

Scacciò via ogni pensiero che avrebbe potuto bloccare i suoi desideri, e senza preavviso si avventò su quelle labbra. Morbide al tocco, dolci. Le baciò con dolcezza, poi sempre più le prese con forza, con bramosia. Affondò le sue mani in quei capelli, creando quel contatto immaginato nell’ufficio del preside. Toccò quel viso, scivolò giu al collo, sentendo il battito della carotide che accellerava esattamente come quel bacio. Passò le mani alle spalle, e poi, osò scendere giu ai fianchi. Prendendoli con forza, facendo aderire i loro corpi, desiderando che quel contatto non smettesse, non si limitasse a quello.

Rose era totalmente coinvolta. Non accennava la minima ostilità. Anche lei aveva desiderato quel momento. Lo aveva desiderato come non aveva mai desiderato nulla. Aveva desiderato quelle mani sul suo corpo, quei baci che dalla bocca scivolavano al mento, al collo,per poi risalire nuovamente alle labbra.

Desiderava quel corpo che si attaccasse a lei in quel modo, come per comunicarle il bisogno di lei. Non lo fermò quando osò scivolare sulle gambe, accarezzarle, Non lo fermò quando le accarezzò il seno. Non lo frenò quando con il corpo, aderì del tutto a lei. Poi il sussurrò giunse, come uno squarcio in quei sospiri bramosi.

Quel sussurrò che sembrò catapultare Rose in un nuovo mondo. Che sembrò catapultare Rose in uno dei suoi sogni. La voce di Scorpius era rauca, colma di desiderio.

Affannosa.

“Fai l’amore con me” le fu sussurrato con dolcezza. Non era un ordine. Non comunicò a Rose arroganza o costrizione. Sembrò una preghiera, sembrò implorasse nell’unire i loro respiri, nel mischiare la loro pelle, le loro ossa le loro anime.

Rose non ebbe il bisogno di pensarci, non ebbe il bisogno di passare in rassegna i pro e i contro. Lasciò per la prima volta voce al suo cuore e perdendo del tutto le parole, annuì con il capo. Uno splendido sorriso si dipinse sul volto di Scorpius. Un sorriso dolce, e non trionfante. Un sorriso che la coinvolse. Lasciò che la mani si stringesse alla sua, e lasciando la ragione accantonata per bene nei meandri della mente, si lasciò trasportare via, credendo di sognare.

 

****

 

James tremava.

Non aveva mai tremato in quel modo. Non aveva mai provato tante emozioni . Non aveva mai sentito il cuore lacerarsi con tale violenza. Fissava ad occhi sgranati la sorella, che piangeva, alle spalle di Dominique, che si era frapposta tra lui e Lily.

Gli occhi che amava, che erano stati sempre dolci, in quel momento erano rabbiosi. Erano severi. Guardava Dominique, incredulo che proprio lei, la sua Dominique, potesse mettersi contro di lui.

“Non puoi prendertela con lei… “ la voce di Dominique suonò ferma, atona.

James non poteva ignorare ciò che Lily gli aveva appena confessato. Non poteva ignorare che sua sorella, oltre ad essere stata in silenzio su ciò che lo schifoso serpverde le aveva fatto, intratteneva una relazione con un professore, nonché un membro della sua famiglia.

Quel fratello acquisito che suo padre aveva accolto in casa, senza mai dubitare di lui, sostenendolo in tutto, incoraggiandolo. Tremava dalla rabbia, e aveva voglia di spaccare tutto. Voleva accartocciare tra le mani Derek Zabini, prendere a pugni Teddy Lupin.

Dominique gli stava chiedendo di non reagire? Gli stava chiedendo di ignorare tutto? LUI no che non poteva.

“Dominique non dirmi cosa devo fare. Adesso Lily viene con me, andiamo dritti da Teddy e ….” non terminò la frase, la rabbia era troppa. Scaraventò un pugno contro il muro, ringhiando rabbiosamente.

“Dominique, adesso spostati” cercò di controllarsi, ma il solo pensiero che sua sorella e Teddy avevano agito alle sue spalle lo metteva rabbia. Una rabbia che non riusciva a controllare. Un altro pugno fu scaraventato contro il muro, graffiando la pelle.

Dominique scosse la testa e si avvicinò a lui.

“Non puoi punirla perché ama. Ama qualcuno di sbagliato, ma ti senti in dovere di giudicarla?” James guardò gli occhi di Dominique, quegli occhi che amava. Che appartenevano a lei, che amava. Quella persona sbagliata che il suo cuore aveva considerato giusta. Ma era diverso.

Loro si amavano realmente, mentre Lily era solo una marionetta nelle mani di Teddy Lupin, che con la sua esperienza, con il suo fascino, aveva soggiogato la sua cara sorellina. Non avrebbe tralasciato nulla. Si scostò con lei, di malavoglia, ma si sentì in dovere di farlo.

Guardò entrambe. Sorrise forzatamente. Gli occhi erano cupi, esattamente come lui. Quel sorriso era falso, privo di felicità. Alzò le mani in segno di resa.

“Andrò a cercare entrambi…Sperate che non li trovi…” Lily fece qualche passo in avanti per fermarlo, ma Dominique la fermò e lasciò che James si allontanasse. La prese per le spalle.

“Va a cercare Derek… Io cerco di far ragionare James” Lily annuì e fidandosi di lei, lasciò che lo raggiungesse, mentre lei prese una direzione diversa. James sentì i passi di Dominique alle spalle, si voltò, e la fermò ancora prima che potesse parlare.

“Nemmeno tu puoi farmi ricredere sulle mie convinzioni. Quindi sta zitta” James era furioso e Dominique finse di non ascoltare quelle parole, pronunciate con arroganza. Non si arrese, non demorse, nonostante James le diede nuovamente le spalle e si incamminò.

Era una caccia all’uomo e chiunque avesse avuto la sfortuna di ritrovarsi sul cammino di James, avrebbe assaggiato le conseguenze dei propri comportamenti. Dominique gli era alle spalle, lo tirava per la camicia. Lo pregava di fermarsi, di ragionare, di smetterla di agire impulsivamente. Con quell’impulso sbagliato, aggressivo.

“James, smettila. Finirai nei guai! In entrambi i casi rischi l’espulsione! Lily ha chiuso con entrambi, sono cose che possono capitare a chiunque… Ti prego ragiona” le parole di Dominique rimbalzavano su James, non lo scalfivano. Lui si divincolò dalla sua presa con forza bruta.

“Va via Dominique. Non voglio parlare con te! “ la voce era rigida e lo sguardo oscurato. Non voleva litigare con lei. Non se la sentiva di farlo. Non voleva scaraventare la sua rabbia su Dominique. Avrebbe preferito allontanarla in quel momento. Sapeva che tutta quella rabbia sarebbe stata scaraventata ingiustamente su di lei, e non lo meritava. Ma la caparbietà di Dominique era più forte. Gli camminava accanto, prendendolo per un braccio e fermando la sua corsa verso la vendetta.

“James, pensa che fosse Louise a fare ciò che stai facendo tu! Anche il nostro è un amore sbagliato, eppure sono sicura che sarebbero contanti di sapere che entrambi siamo felici” James si voltò brutalmente verso di lei. Il viso era del tutto diverso. Era contorto in un’espressione di rabbia incontrollabile. Aveva gli occhi sgranati, quasi folli.

Tremava.

“IO TI AMO DOMINIQUE. Non puoi paragonare ciò che io provo per te, con ciò che Teddy o Zabini provano per Lily. Non incidere sul fatto che noi due forse non potremmo mai uscire allo scoperto. IO TI AMO… Ed è completamente diverso…” era ad un palmo dal suo naso. Pronunciò quella dichiarazione con rabbia.

Rabbia dovuta non solo a quelle notizie che lo avevano travolto con violenza. Rabbia anche per la consapevolezza che forse loro due non si sarebbero mai amati alla luce del sole, come lui le aveva promesso più volte. Rabbia per la consapevolezza che non sarebbero stati mai accettati, perché proprio in quel momento stava sentendo la delusione insidiarsi in lui, quella delusione che avrebbe coinvolto anche i suoi genitori.

Zio Bill, sua madre, suo padre.

Nessuno avrebbe accettato quell’amore, esattamente come lui non accettava la relazione di Teddy e Lily, quella relazione stroncata dal professore, ormai stanco di quella storiella di poco conto. Aveva ingannato la sua Lily, gettandola tra le braccia di un mostro, scaraventandola tra le braccia di quel bastardo senza scrupoli.

“Anche loro si amano…Anche Lily e Teddy si aman” Dominique ammise ciò che era ovvio, ammise a James ciò che Lily aveva cercato di cancellare dal suo cuore. Quell’amore che forse non sarebbe mai bocciato. Confessò quella verità che aveva tenuto nascosto, quella verità che sarebbe stata pagata cara. James si allontanò, incredulo.

Si allontanò, non distogliendo lo sguardo da lei. Uno sguardo che mutò, corrugandosi, divenendo ancora più rabbioso. La indicò, l’accusò.

“TU! Tu lo sapevi! Sapevi cosa accadeva tra mia sorella e Teddy e hai aiutato i due a giocare alle mie spalle. Io mi fidavo! Cazzo! Dominique io ti ho aperto il mio cuore, e tu?Tu mi hai mentito” James si sentì schiacciare da un macigno, sentì la rabbia salire fino alla testa, sentì quella rabbia pulsare in ogni fibra del corpo.

Guardò Dominique, guardò quegli occhi, che avevano finto per quei mesi. Guardò le lacrime da coccodrillo che le rigarono il volto. E non riuscì a provare oltre all’odio nulla. Dominique tentò di avvicianarsi, ma lui si scostò.

“ Sei una stronza, cazzo! Vaffanculo, Dom, sei una grande stronza e hai giocato alle mie spalle! Tu mi hai mentito, mentre io non... va via, non toccarmi mai più!" scoppiò come una bomba. Sputò quelle accuse con violenza, fregandosene degli studenti che passavano di la, fregandosene delle preghiere di scusa di Dominique, fregandosene di tutto.

La spinse via, con odio, la scaraventò lontano da lui. Lo aveva tradito, lei l’unica del suo cuore, aveva giocato con lui. Avevano riso alle sue spalle, mentre sua sorella si faceva sbattere da un prpfessore, quello stesso professore che per anni era stato un esempio che aveva seguito con vigore, con grinta.

Lo avevano pugnalato alle spalle con violenza, fregandosene del dolore che gli avrebbero procurato. Le urlò ancora contro, prima di correre via, dritto da Teddy Lupin, che avrebbe assaggiato la sua rabbia. Dominique si accasciò sul pavimento, piangendo interrottamente.

Chiamandolo ancora a gran voce, sperando di vederlo ritornare, ma rimanendo a fissare un punto vuoto e impreciso del corridoio.

 

 

Lily correva con tutta la sua forza. Correva affannosamente , scontrandosi con chiunque si trovasse sul suo passaggio. Correva con quanta forza avesse nelle sue gambe, con l’affanno che faceva male al petto. Correva  e sperava di trovare Derek, prima che James si scaraventasse su di lui. Lo vide, camminava lentamente a capo basso. Si confondeva tra la folla di studenti.

Corse in sua direzione, gettando per aria chiunque potesse impedirle il passaggio. Lo raggiunse, e senza che potesse ribellarsi, lo scaraventò in un ‘aula vuota.

“Non è saggio farti vedere tra i corridoi” Lily respirava a fatica e aveva le mani che tremavano. Aveva paura di quel ragazzo, che in quel momento sembrava indifeso, pentito. Aveva gli occhi bassi e imploranti. Sembrava cosi patetico con quell’espressione dipinta sul viso.

Eppure Lily temeva in una sua reazione. Temeva dei suoi attacchi d’ira, delle sue urla. Lo temeva nonostante in quel momento sembrava indifeso.

Derek, non chiese spiegazioni per quelle parole, voleva solo la sua Lily con se. Voleva dimenticare ogni cosa. Le si avvicinò e la strinse forte a se. “Lily , perdonami! Ti amo, piccola… Non voglio farti del male… “ Quelle parole le erano state rivolte troppo spesso, sempre con quel medesimo tono. Pentito e implorante. Quelle parole che sarebbero state cancellata dalle prossime azioni violente che Derek le avrebbe riservato.

Lily era rimasta troppo tempo in gabbia. Per troppo tempo aveva negato la sua natura. Aveva negato la sua forza. Per troppo tempo aveva permesso ad un “essere” come lui di padroneggiarla, di soggiogarla. Aveva visto in pochi minuti la sua vita crollare.

Aveva visto Rose rischiare la carriera scolastica solo per difendere la sua dignità, aveva visto suo fratello James scoppiare di rabbia, solo per fermare quella furia violenta. Aveva rinunciato ad un amore che MAI le avrebbe fatto del male. Aveva visto cancellare il suo vero essere; gli era stato strappato via. Quelle parole non scalfirono quella corazza, ritornata a scintillare fieramente.

Quelle parole non avrebbero fatto decadere quella forza riacquistata . Ebbe la forza di scostarsi da lui, di allontanarlo.

“Derek tra noi è finita. Per sempre. Sono stanca di te e della tua violenza e sono stanca di temerti. Io non ho mai temuto nessuno, e non sono disposta a farlo adesso, Questo non è amore, è ossessione; l'amore non fa male, almeno non fisicamente, e io porto addosso ancora i segni di quello che tu chiami amore” gli occhi di Derek si inumidirono e codardamente le si inginocchiò a lei. Le cinse il ventre.

“Lily ho bisogno di te! Lily, perdonami…Non lo farò più” continuava con la stessa e noiosa canzone, che ormai Lily conosceva fin troppo bene. Si scostò, allontanandosi da lui.

“Basta Derek! Ho sopportato troppo “ Aveva riassunto la sua forza. Aveva preso nuovamente coscienza di se, e di ciò che realmente meritava. Derek era chino su se stesso, singhiozzava pentito. Lily avrebbe lasciato quell’aula e con essa anche Derek .

Ma prima di farlo, gli avrebbe concesso clemenza.

“Ti consiglio di rimanere nei sotterranei per un po’… datti malato e ritorna a casa. Soprattutto...cerca di cambiare” non si voltò indietro. Uscì.

Uscì, assaporando la luce che nuovamente entrò a far parte della sua vita, lasciando dietro quel piccolo eppure doloroso periodo in cui aveva rischiato di scivolare giù.

 

***

Teddy sentì bussare violentemente alla sua porta. Era quasi ora di cena, ma lui non aveva voglia di scendere. Era rimasto tutto il giorno chiuso in camera, fingendo di essere malato. Gravemente. In fondo c’era qualcosa che non andava in lui. Si sentiva male, sentiva dolori che attraversavano ogni parte del suo corpo, soprattutto uno. Il cuore che doleva come se migliaia di pugnali lo trafiggessero ogni secondo.

Ma quel male, era solo il male di un amore sbagliato. Sentì ancora il battere frenetico sulla porta e si insospettì, non riuscendo ad accostare l’identità di chi si trovasse dall’altra parte della porta. Indossò la camicia, poggiata distrattamente sul letto, e con passo lento si diresse verso la porta. Poggiò la mano sul pomello, e senza che potesse impedirlo, si ritrovò James Sirius agganciato al collo, che con un tonfo, chiuse la porta, e lo scaraventò al muro.

“Sei un bastardo schifoso senza scrupoli! ” alle parole fu seguito un pugno dritto allo stomaco, che lo fece accasciare su se stesso.

“Come hai potuto approfittare di Lily, della nostra Lils, come hai potuto?” un altro pugno fu scaraventato su una guancia.

Teddy sentì la bile mischiarsi con il sangue e si accasciò a terra, sputando sul pavimento. James respirava affannosamente e sembrava fuori di se. Si sentì sollevare e si ritrovò a fissare il viso adirato di James, un altro pugno stava per essere sferrato, ma questa volta Teddy fu più scaltro e prima che potesse colpirlo, gli sfoderò una testa sul naso e lo fece indietreggiare di qualche passo.

Era venuto a conoscenza della relazione tra lui e Lily, ma era giusto che sapesse che mai lui aveva pensato di poterne approfittarne. Sputò altro sangue e si rivolse a James che teneva il naso, che sanguinava abbondantemente.

“James, ascoltami e calmati! Io non ho mai pensato di approfittarne di Lily... non potevo” James sentì altra rabbia ammontare.

Lasciò perdere il naso e si scaraventò nuovamente su di lui: lo braccò per i fianchi, scaraventandolo sul pavimento. Tentò di colpirlo ancora con un pugno, venendo fermato da Teddy che gli bloccò il braccio, ma troppo occupato a spingere via il corpo di James che non schivò l’altro pugno, che lo colpì violentemente sotto lo zigomo.

“ Sei cresciuto a casa nostra e tu ci hai tradito in questo modo? Facendo soffrire Lily e dandola in pasto ad un mostro!” James sputacchiava e urlava, privando Teddy della facoltà di parlare, di difendersi e spiegare. Venne strattonato ancora per il colletto della camicia.

Teddy non reagiva, non voleva farlo, anche perché ancora non capiva quelle ultime parole. James lo fece alzare dal pavimento e lo scaraventò contro la parete. Teddy guardava l’ira attraversare il suo sguardo e capì che una spiegazione la meritava. Quella reazione era più che ovvia, aveva travisato ogni cosa. Gli prese i polsi e cercò di allontanarlo da lui. Ma la presa di James era salda e forte.

“James ascoltami… Ho sbagliato a tenertelo nascosto, a costringere Lily a mentire, ma credimi mai avrei voluti approfittarmi di lei. IO LA AMO! James è una cosa che non ho potuto controllare, è successo! La amo… e mai avrei voluto farla soffrire. Se l’ho lasciata è stata solo per il suo bene, ma anche io sto male! Non riesco a fare lezione, non riesco nemmeno a mangiare. Sembro uno stupido adolescente” dirlo ad alta voce, confermarlo anche a se stesso sembrò teraupetico.

Scaricò in parte quel dolore albergate dentro di lui. James continuava a stringere forte, nonostante quelle parole gli sembravano vere, sincere. La fiducia che aveva in Teddy era ancora viva. Quel ragazzo era cresciuto con lui, era stato il fratello maggiore suo e di Al, li aveva aiutato molto, era stato sempre al loro fianco, quando suo padre era via per lavoro.

Era stata una figura importante nella sua vita e quel legame incideva molto sul suo giudizio. Stava dicendo la verità, lo leggeva negli occhi divenuti limpidi, quasi cristallini, lo si poteva notare dai capelli, che piano si colorarono di un biondo cenere. Teddy non sapeva mentire, anche perché si sarebbe tradito da solo. Allentò appena la presa ma non demordeva.

“Se la ami, come hai potuto che Derek Zabini le facesse del male?” Teddy corrugò lo sguardo e James comprese che come tutti, anche lui era all’oscuro di ciò che era accaduto a Lily in quei mesi. Lo lasciò, facendolo respirare, ma tremava ancora.

Era ancora adirato.

Guardò Teddy con sul viso i segni della sua rabbia. Non meritava quei pugni. Non meritava quella rabbia. Derek Zabini doveva trovarsi in quelle condizioni e forse anche peggio e non lui. Si accasciò sulla sedia coprendosi il volto con le mani.

Aveva lasciato che la rabbia prendesse padronanza del suo corpo. Aveva dato adito alla follia e non aveva pensato di parlare. Come aveva potuto accusare Teddy? Lo stesso Teddy che aveva sempre protetto Lily, che l’aveva sempre trattata come giusto meritava. L’unico a pagare era Derek e sapeva che Teddy non si sarebbe tirato indietro.

“Cosa ha fatto Zabini?” Teddy provava una forte avversione per quel ragazzo.

Era il suo rivale in amore, gli aveva portato via la sua Lily. Non riusciva a guardarlo come uno studente, a trattarlo come tale. Lo teneva puntat , aveva posto su di lui un mirino. L’istinto aveva preso il sopravvento alla ragione e tutto ciò lo aveva indotto a pensare di lasciare la scuola.

Farlo avrebbe giovato a molti, soprattutto a Lily.

James abbassò le mani, e lo guardò torvo. Se glielo avesse detto, lo avrebbe gettato in guai, guai molto seri, ma quel serpeverde meritava di pagarla.

“La picchiava! Rose ha scoperto tutto per caso, e lo ha aggredito… ma la Mcgranitt è intervenuta ancora prima che io potessi sapere e prima che potessi dargli la giusta lezione “ Teddy sentì una scarica dargli movimento.

Sentì le mani prudere fastidiosamente e una rabbia piano salire fino alla testa. Assimilò quelle informazioni, assaporò il gusto amaro della realtà.

Il controllo di se lo perse, perse ogni ragione, ogni azione coerente.

Derek Zabini avrebbe avuto ciò che meritava, prima che lui avesse lasciato quel luogo. Prima di attraversare i cancelli di Hogwarts e sparire per sempre, Derek Zabini avrebbe assaggiato il sapore del suo sangue, e avrebbe rimpianto quelle azioni.

Ancora prima che James potesse fermarlo, Teddy uscì dalla sua stanza, con il sangue che pulsava violentemente nelle vene e una voglia di spaccare il naso a quel Serpverde schifoso.

   
 
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