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Autore: Astry_1971    22/04/2007    0 recensioni
“Solo in quel momento, Severus si rese conto che il responsabile di quell’orrore era ancora in quella stanza. Sollevò lo sguardo e la vide: una giovane donna era rannicchiata in un angolo e fissava il Mangiamorte tremando e mugolando qualcosa di incomprensibile.”
Questa storia si svolge durante gli anni che precedono la morte dei Potter e la caduta di Voldemort.
Severus Piton è un giovane Mangiamorte alle prese con i suoi rimorsi e un amore impossibile. Sarà un Piton insolito, un Piton ragazzo, che commette errori, che ha paura e che farà quelle scelte sbagliate che lo renderanno, in futuro, l'uomo tormentato e solo che tutti conosciamo. Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo il sesto libro della saga di Harry Potter e prescindono, ovviamente, dal settimo libro, ancora inedito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Eh, sì, Akiremirror il tuo, anzi il nostro adoratissimo Severus soffre molto, ma in questa storia, l’amore di Iris lo sostiene. Non credo che la Rowling sia stata altrettanto magnanima con lui. Stai tremando per l’incontro con Silente? Dai, tranquilla, sarà meno traumatico di quello che pensi. Mi piacerebbe sapere, invece, cosa ti è venuto in mente, riguardo al loro bacio. Pensi di portarti sfortuna dicendolo? In realtà tutto è ormai già successo, visto che questa storia è finita e già pubblicata in un altro sito, nulla di quello che dirai potrà cambiare gli eventi. Ovviamente non ti dirò se avrai indovinato, dato che non voglio rovinarti la sorpresa, ma saprò se dovrò fare spazio sullo scaffale per il premio di miglior sadica, ihihihi!

Buona lettura!


CAP. 15: Albus Silente

I due giovani sollevarono lo sguardo, le mura del castello di Hogwarts erano impressionanti, e il grande portone con la sua decorazione in rilievo incombeva sui visitatori grandioso e severo al tempo stesso.
Il mago bruno fece un passo avanti superando Iris che continuava a guardarsi intorno stupita e un po’ spaesata.
Minerva McGranitt era lì ad accoglierli sulla sommità della scalinata, così come Severus l'aveva vista, quando, impaurito, ma ancora pieno di sogni, aveva varcato quella soglia per la prima volta.
Severus abbassò istintivamente gli occhi e Iris lo imitò. Il mago si stupì di quanto, nonostante fossero passati molti anni, provasse ancora soggezione di fronte a quella donna. La Professoressa di Trasfigurazione sapeva come incutere rispetto.
Ogni anno attendeva, sulla scala dell’ingresso, tutti i nuovi studenti, e, ogni anno, appena la strega faceva la sua apparizione, il chiacchericcio dei bambini si placava immediatamente. Tutti indistintamente, futuri Serpeverde o coraggiosi Grifondoro, di fronte alla Professoressa, non erano diversi dai bambini babbani, piccoli e spauriti al loro primo giorno di scuola.
Minerva li osservò per un istante da sopra i piccoli occhiali: Severus non era cambiato molto dai tempi in cui frequentava Hogwarts. I capelli ricadevano sulle spalle, era pallido e magro come allora, no forse era più magro e sciupato: profonde occhiaie cerchiavano i suoi occhi scuri come la notte.
Anche lo sguardo era cambiato, le iridi nerissime del giovane Serpeverde non erano mai state così prive di luce. Indubbiamente quei pochi anni fuori da Hogwarts dovevano essere stati abbastanza difficili.
Scrutò la ragazza, gli occhi ridotti a due fessure. No, lei non l'aveva mai vista, non avrebbe mai dimenticato la faccia di una sua allieva.
Scosse il capo e il suo sguardo tornò a posarsi sul mago al suo fianco.
“Severus Piton, sei stato visto varcare i cancelli, sono stata immediatamente avvertita.” disse con voce pacata. “Sai che gli ex allievi sono sempre benvenuti, vuoi presentarmi questa signorina?” chiese, molto educatamente, accennando alla ragazza.
Il giovane però parve non aver neppure sentito le sue parole, si trovava là per uno scopo preciso, non per fare conversazione. Con tutta l’impazienza dettata dalla sua giovane età, si precipitò su per la scala.
“Devo vedere Silente.” disse brusco quando si trovò faccia a faccia con la strega.
“Temo che il Preside non possa riceverti oggi.” rispose l’anziana maga, piuttosto contrariata dall’atteggiamento del ragazzo.
“Professoressa, la prego, non sono qui per una riunione di ex studenti. Devo parlare con il Preside, è urgente.” cercò di fare appello a tutto il suo autocontrollo per moderare il suo tono di voce e non dimenticare le basilari regole dell’educazione, ma i suoi occhi rivelavano chiaramente il suo impellente desiderio.
“Beh, ma certo, sì,” si affrettò. “Se è così urgente, credo che Albus, sì, credo che possa dedicarti un po’ di tempo. E’ nel suo studio.”
Non riuscì neppure a finire la frase che Piton aveva già superato le prime due rampe di scale. Si bloccò di colpo, voltandosi indietro, Iris e la McGranitt, lo fissavano dal basso, con aria interrogativa, sembravano indecise sul da farsi.
La maga più anziana, si voltò verso l’altra esaminandola con cipiglio professionale: aveva avuto a che fare con così tanti ragazzi, ma Piton era stato sempre un mistero per lei, e ora piombava lì con una ragazza, sbraitando di voler parlare con il Preside. Era intenzionata ad andare a fondo della questione, decise che forse era meglio provvedere da sola alle presentazioni, fece per rivolgere la parola alla giovane strega, quando, dalla cima delle scale, Severus urlò in un modo per lui davvero inusuale.
“Iris le spiegherà, professoressa, ora devo vedere Silente.” e sparì dietro un angolo del corridoio.
“Iris?” mormorò pensierosa Minerva, poi fece cenno all’altra di seguirla nel suo studio ed Iris lo fece.
Dopo aver dato un ultimo sguardo malinconico al corridoio dove il suo Severus era appena sparito, s’incamminò a testa bassa e senza dire una parola. Presto avrebbe dovuto spiegare molte cose: preferì ritardare il più possibile quel momento.
Nel frattempo, mentre correva verso lo studio del Preside, Severus si ricordò di non conoscere la parola d’ordine che apriva l'ingresso di quella stanza. Si stava già dando dello stupido, quando, Albus Silente gli si parò davanti con un sorriso gentile stampato sul viso.
Il giovane mago si accigliò, odiava quello sguardo nel Preside: Silente riusciva sempre ad avere quello che voleva con un sorriso.
Aveva persino ottenuto il suo silenzio sul segreto di Remus Lupin con quel maledetto sorriso, ma ora si sarebbe levato quella stupida espressione da Grifondoro dalla faccia: non si può sorridere ad un assassino.
“Severus, sapevo che saresti venuto, prima o poi.” disse amabile.
Lo sapeva? Silente lo stava aspettando? Forse fin da quel loro infelice incontro alla Testa di Porco. Severus aveva sempre sospettato che il Preside sapesse della sua appartenenza alle fila dei Mangiamorte, ora ne aveva la certezza.
Una rabbia furibonda s’impossessò di lui, il preside sapeva, lui sapeva e non l’aveva fermato.
“Lei mi stava aspettando?” ruggì.
Silente continuò a sorridere, scrutandolo da sopra gli occhiali a mezzaluna.
“Sì, Severus, sapevo che saresti venuto. Non sapevo quando, ovviamente, ma non mi sono sbagliato su di te.”
Quelle ultime parole spazzarono via tutto l’autocontrollo del giovane mago.
“Lei... lei pretende di sapere tutto, perché non ha fatto niente? Oh sì lei era qui ad aspettarmi, avrebbe aspettato in eterno? Sapeva che sarei venuto, sa anche cosa sono?” gridò.
Silente, non rispose subito, fece un cenno a Severus perché lo seguisse nel suo studio, sottintendendo che sarebbe stato un posto migliore della scala per una simile conversazione.
Entrambi entrarono nella grande stanza circolare, Silente si diresse lento verso la scrivania e sì accomodò poggiando i gomiti sul tavolo e incrociando le mani.
Prese un lungo respiro e con voce calma proseguì:
“Cosa sei, Severus?”
Il mago bruno si sentiva sempre più infuriato, era chiaro che Silente sapeva la verità su di lui, ma evidentemente, voleva godersi la sua completa confessione.
Strinse i pugni: poco importava, in fondo si trovava lì per quello, se Silente voleva guardarlo mentre si umiliava, non aveva motivo per non accontentarlo.
Lui non aveva più un onore da difendere: presto sarebbe finito ad Azkaban, sarebbe stato solo un numero, un assassino fra assassini, l’intero mondo magico lo avrebbe additato chiamandolo con quell’appellativo che ora temeva di pronunciare di fronte al Preside.
Si avvicinò e sollevò lentamente la manica della tunica, mostrando l’avambraccio sul quale oltre alle ferite che si era appena inferto, spiccava, più nitido che mai, il Marchio Nero.
“Sono un Mangiamorte, un assassino, ecco cosa sono.” soffiò.
Il vecchio mago abbassò lo sguardo, mostrando, forse per la prima volta, un attimo di turbamento. Ma, immediatamente, il sorriso tornò ad illuminare quel viso segnato dagli anni.
“Non l’aveva mai visto, vero? Il suo Marchio, non l’aveva mai visto?” chiese il ragazzo, stupito di quella reazione.
Silente ignorò del tutto quell’ultima frase, si alzò poggiando le mani sul ripiano del tavolo.
“Hai avuto un incidente, Severus?” disse bonario accennando alle lacerazioni intorno al Marchio.
“Hai bisogno dell’infermeria?”
“Un incidente?” mormorò il giovane. “Sì, un incidente.” continuò parlando quasi con se stesso, mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso amaro. Quanto avrebbe voluto poter definire la sua scelta un “incidente”.
Si abbassò nuovamente la manica, chinando la testa con un profondo sospiro.
“Può prendersi gioco di me se vuole, ma io sono qui per un'altra ragione.”
Silente sollevò appena un sopracciglio.
“Ci sono persone in pericolo: sono i Potter, io…” si morse un labbro, come poteva spiegare al Preside di aver fatto una cosa tanto stupida? “… io ho riferito, al Signore Oscuro quello che ho sentito alla locanda.”
“Sì, Severus?” lo incitò l’altro.
“Non ho preso sul serio le parole di quella pazza, ma Lui è convinto che abbia detto la verità. Ucciderà il figlio dei Potter.”
“Già! Evidentemente, Voldemort…” nel sentire quel nome, il giovane mago rabbrividì, Silente fece finta di non notarlo. “… ha interpretato esattamente come me quella profezia.” pronunciò quelle parole ostentando una calma che irritò ulteriormente l'altro.
“Ma si rende conto di quello che mi sta dicendo? Lei sapeva quello che sono, sapeva cosa c'era in gioco e mi ha permesso di andare a riferire tutto a lui? Se solo mi fossi rotto l'osso del collo cadendo da quelle maledette scale! Merlino, non posso credere che non mi abbia fermato. Perché, perché non mi ha ucciso quel giorno?” senza neppure rendersene conto, Piton aveva preso a gesticolare nervosamente e a camminare avanti e indietro nello studio.
Si fermò improvvisamente, fissando il vecchio mago. Il suo sguardo era carico di disprezzo.
“Lei dev'essere impazzito.” mormorò con un filo di voce. “Sta giocando con la vita delle persone, lei, lei lo ha fatto deliberatamente.” gridò.
“E’ questo che pensi Severus?”
Il mago bruno annuì.
“Chi può dire che il tuo intervento non fosse stabilito dal destino? E’ cosa labile il futuro, è legato ad una miriade di eventi e coincidenze, ed è sempre rischioso cercare di cambiarlo. E’ possibile che tu abbia modificato il futuro, ma se invece non fosse così? Forse sarebbe cambiato se ti avessi fermato.”
Severus era immobile, guardò incerto il vecchio mago, cercando di dare un senso a quelle parole.
Era tutto così assurdo, la profezia, il figlio di James Potter, la cui sola colpa era quella di essere nato nel giorno sbagliato, che improvvisamente si era trasformato nella peggiore ossessione del Signore Oscuro.
Il più grande mago vivente aveva dichiarato guerra ad un neonato, a causa sua.
“Se si sbaglia, il sangue di quelle persone ricadrà su entrambi.” mormorò fissando i suoi occhi colore del cielo.
Silente sospirò, e si avvicinò alla porta.
“Tutti possono commettere errori, anche Voldemort. Provvederò a far avvertire i Potter, tu, intanto, puoi aspettare qui, ho visto che eri con un’amica, immagino che tu voglia vederla, prima…”
Aprì la porta di legno del suo studio, Minerva ed Iris erano lì fuori.
“... ah, ecco.” si schiarì la voce. “Puoi entrare cara, Severus ti sta aspettando.” disse rivolto alla maga più giovane, poi guardò la McGranitt e i suoi occhi scintillarono di una strana luce.
“Minerva, noi abbiamo qualcosa di cui occuparci.” indicò la strada all'anziana donna con un cenno del braccio, poi, rivolto ad Iris e a Severus che era rimasto a fissarlo imbambolato:
“Bene, vi lascio soli, io devo parlare con una persona che è venuta a trovarmi proprio oggi.” ridacchiò. “coincidenze, ragazzo, il futuro è fatto di coincidenze.”
Severus non disse niente, guardò Iris con aria interrogativa, chissà cosa si erano dette lei e la McGranitt, certamente sia alla professoressa che al vecchio preside non era sfuggito il particolare rapporto che li legava. In fondo, era stato un gesto gentile, permettergli di dirle addio prima di consegnarlo alla giustizia.
Appena la porta si richiuse alle spalle di Silente, gli occhi di Severus corsero ad immergersi nelle iridi scure della sua Iris.
Avrebbe voluto imprimersi nella memoria ogni più piccolo particolare di quel viso.
Tremò al pensiero di poter perdere anche quel ricordo se l'avessero condannato al bacio.
Se non fosse stato per Iris, sarebbe stato lui stesso a chiedere, a supplicare di essere liberato dai suoi ricordi, l'oblio non sarebbe stata una condanna, ma una liberazione, tuttavia non voleva dimenticare anche lei, l'unica cosa bella della sua giovane vita.
“Severus!” la voce della ragazza lo distolse dai suoi pensieri, il mago sorrise, il sorriso più dolce che Iris avesse mai visto.
“Ti amo, non dimenticarlo mai.” sussurrò avvicinando il suo viso a quello di lei fin quasi a sfiorarla.
Chiuse gli occhi, respirando il suo profumo. Gli sembrava già di impazzire all’idea di non rivederla.
“Iris, Iris!” continuò a ripetere il suo nome ossessivamente, come se fosse un modo per legarla più a sé.
Si avvicinò ancora. Le sue mani presero a sfiorare il corpo di lei, sempre più vicine, Iris teneva gli occhi chiusi, non si sarebbe sottratta questa volta, tremava, ma non voleva rovinare quel momento, quell’ultimo istante insieme.
La mano del mago sfiorò le sue labbra, fin quasi a toccarle. Iris trattenne il respiro.
Severus la guardò, rigida e tremante. Dalle palpebre strette all’inverosimile, due sottili fili di lacrime scivolarono scintillando sulle guance.
Era bella, una bellezza infantile, con il viso bagnato e teso nello sforzo di resistere a se stessa.
Se l’avesse fatto davvero? Se l’avesse toccata?
Sarebbe bastato così poco. Un bacio, e tutto sarebbe finito in pochi istanti.
Si avvicinò, sostituendo le labbra alle dita.
“Ti amo.” sussurrò ad un soffio dalla sua bocca, socchiuse le palpebre, ma, improvvisamente, l’immagine degli occhi spaventati di Iris, quello sguardo che aveva la sera che l’aveva conosciuta, comparve nella sua mente.
No, non poteva chiederle questo, non poteva far ricadere la propria morte su di lei. Sarebbe stato egoista da parte sua. Si scostò di scatto.
Nello stesso istante s'udirono grida nel corridoio.
“Non puoi fidarti, Albus. Dormirò tranquillo solo quando tutta quella feccia sarà dietro le spesse mura di Azkaban.”
La porta dello studio di Silente si spalancò, il preside fece il suo ingresso.
Immediatamente, Iris fece un passo indietro allontanandosi da Severus, ma Silente aveva già registrato la scena. Le sue labbra si piegarono in un impercettibile sorriso.
Insieme al preside, si erano precipitati nella stanza la professoressa McGranitt e un mago piuttosto stravagante che, scansando bruscamente Silente, marciò versò i due ragazzi con la bacchetta in pugno.
Si bloccò a pochi centimetri da Piton e, puntando la bacchetta al collo dell'altro, accennò a piccolo manico di legno che spuntava dalla tasca del ragazzo. Gli occhi di Severus seguirono la traiettoria del suo sguardo fino alla propria bacchetta, fece una smorfia: aveva dimenticato di consegnarla. Indubbiamente, quell'uomo lo riteneva pericoloso, un Mangiamorte armato all'interno di Hogwarts. Sfilò lentamente dalla tasca la bacchetta e la consegnò a quello che doveva essere un Auror.
Era davvero una strana combinazione che ci fosse un Auror al castello proprio quel giorno, era certamente a questo che alludeva Silente, parlando di coincidenze.
Iris, che era rimasta a guardare la scena allibita, fece qualche passo avanti e lanciò all'uomo un'occhiata infuocata, per tutta risposta l'Auror tolse fulmineo la bacchetta dalla gola di Piton per puntarla su di lei.
“Alastor!” tuonò Silente, gli occhi di Piton si spalancarono, quello era Alastor Moody.
Era tristemente famoso fra i Mangiamorte: molti dei suoi compagni erano finiti ad Azkaban grazie a lui.
Il mago ignorò il richiamo del Preside e, afferrando il braccio di Iris, le sollevò la manica della tunica.
“Quel verme, si è circondato di ragazzini, vediamo se anche la sua amichetta è entrata a far parte della famiglia”.
“Alastor, rilassati, la signorina è mia ospite.” lo richiamò il preside, ma non fece in tempo a finire la frase che l'Auror si trovò contro il muro con il braccio di Piton premuto sulla sua trachea.
“Lasciala in pace, lei non c'entra.” ruggì il mago bruno.
“Severus, Alastor, per favore, siamo qui per discutere civilmente, calmatevi vi prego.”
Piton allentò la presa, e Moody ne approfittò per spingerlo lontano da sé.
“Toglimi quelle luride mani di dosso, maledetto Mangiamorte.” poi a grandi passi si avvicinò al Preside puntando l’indice sul ragazzo dietro di lui.
“Quello è un assassino, non mi convincerai mai a fidarmi di lui.”
Severus non capiva cose volessero dire certi discorsi, guardò Silente con aria interrogativa, mentre Minerva McGranitt, si avvicinò ad Iris prendendola sotto braccio.
“Andiamo cara, lasciamo che parlino da soli, noi ci prenderemo un the se ti va.” e la trascinò gentilmente, ma energicamente verso la porta.
Iris guardò Piton, implorando con gli occhi una spiegazione, ma il giovane sembrava più stupito di lei, la fissò in silenzio, mentre si allontanava quasi trascinata dall’anziana maga poi, quando la porta si chiuse alle loro spalle, si rivolse al Preside.
“Che significa?”
Silente si accomodò alla scrivania.
“Vedi Severus, io e Alastor…” il suo sguardo inquadrò l’Auror che, a sua volta, si era seduto su una poltrona e tamburellava con le dita sui braccioli di pelle e che, nel sentirsi chiamato in causa, sbuffò rumorosamente. “… concordiamo sul fatto che, trovandoti in una posizione, diciamo… particolare, potresti essere molto utile.”
Severus, capì immediatamente cosa intendeva il Preside con quelle parole, ma non riusciva a credere alle sue orecchie. Preferì lasciargli finire il suo assurdo discorso prima di gridargli in faccia che era solo un vecchio pazzo.
“Utile?” mormorò.
“Sì, Severus, utile, anzi, oserei dire, indispensabile. Finora non abbiamo mai potuto scoprire in tempo i piani di Voldemort e molte persone innocenti sono morte. Tu sei la nostra possibilità di avere una persona di nostra fiducia all'interno della cerchia dei suoi seguaci.”
Gli occhi di Severus si spalancarono: Albus Silente gli stava davvero chiedendo di diventare una spia?
“Non sta dicendo sul serio, non può pensare di chiedermi una cosa simile.”
“Vedo che hai capito.” gli occhi azzurri del preside s'illuminarono, mentre sul suo viso tornava a disegnarsi il solito maledetto sorriso.
“Vuole che torni da lui? È questo che sta dicendo? Ma è assurdo.”
“Che ti avevo detto, Albus?” ghignò l’Auror. “Era un’idea strampalata. Lasciamelo consegnare alle cure dei Dissennatori, l’unica utilità che può avere questo bastardo è fare compagnia ai topi in una bella cella.”
Severus gli lanciò un’occhiata velenosa, poi si rivolse nuovamente a Silente.
“Non tornerò mai da quel pazzo, non m’importa dei Dissennatori,” accennò a Moody che continuava a guardarlo con un’espressione scettica. “Non m’importa di passare il resto della mia vita ad Azkaban, non lo ha ancora capito? Io non tornerò da lui.”
“Severus, ti prego ragiona, sei giovane, hai una vita davanti, hai una bella ragazza che ti aspetta.” fece una pausa accennando con gli occhi alla porta. “Vuoi davvero finire i tuoi giorni ad Azkaban? Ti sto offrendo la possibilità di riabilitarti. Tu hai commesso un errore, Severus, ma puoi rimediare. Lo so, non ti sto chiedendo una cosa facile, non credere che non sappia che rischierai la vita ogni giorno, finché Voldemort non sarà sconfitto. Rischierai, ma così avrai una speranza, Severus, ad Azkaban la speranza non esiste, quella prigione è un inferno.”
Piton, abbassò lo sguardo e, lentamente si portò la mano alla cintura. Ne estrasse il bellissimo pugnale d’argento.
Alastor Moody nel vederlo, saltò immediatamente giù dalla poltrona, pronto a difendersi, ma Severus si avvicinò alla scrivania e con forza sbatté l’arma sul prezioso ripiano in legno tenendovi la mano premuta sopra.
“Lei non sa quello che dice, lei non sa cos'è l'inferno,” sibilò. “Non sa cosa si prova ad affondare uno di questi nel petto di un uomo, sentire il suo sangue schizzarti in faccia. Cosa ne sa di come ci si sente ad aver paura di addormentarsi perché, quando chiudi gli occhi, le tue vittime sono lì a puntare il dito su di te, maledicendoti? E lei crede davvero che io tema di perdere la vita?”
Scoppiò in una risata amara.
“Severus...” Il vecchio preside aggirò la scrivania e si avvicinò a Piton. “Severus, per favore ascoltami.”
“No!” gridò il mago più giovane facendo uno scatto indietro. “Mi uccida piuttosto, ma non mi chieda di tornare da lui, mi chiederà di uccidere ancora, no, non voglio.”
“Che ti avevo detto Albus? Era una pessima idea.” Intervenne Moody. “Questa volta devo dar ragione al ragazzo.”
“Alastor, dovrai ammettere anche tu che Severus potrebbe essere la nostra sola speranza di sconfiggerlo. I suoi seguaci aumentano ogni giorno e noi cosa facciamo? Arriviamo sempre troppo tardi, ultimamente ci limitiamo a seppellire le vittime.”
Poi, rivolto a Severus, continuò:
“Ne sono consapevole, Severus: ucciderai ancora. Posso solo dirti che m'impegnerò fin d'ora per trovare una soluzione, una scusa che ti tenga più lontano possibile da lui, ma ora tutto dipende da te.”
Piton non rispose. Sembrava soppesare le parole del vecchio mago.
“Non durerà un giorno.” borbottò, invece, l'Auror scrutando il ragazzo magro di fronte a sé. “Anche se dovesse essere sincero, se Voldemort dovesse scoprirlo gli caverà più informazioni di quante possa darne lui a noi, prima di ucciderlo, ovviamente.”
“Non lo farà.” s’intromise Severus, senza nascondere un certo orgoglio.
“A no?” sogghignò Moody.
“No!” disse ostentando sicurezza. “Posso resistere alle sue intrusioni nella mia mente, l’ho già fatto.”
“Un punto a suo favore, Alastor!” Silente incrociò le braccia, soddisfatto.
Poi, rivolto a Piton:
“Puoi pensarci un po’ prima di decidere, ma so che farai la scelta giusta.” lo scrutò da sopra i piccoli occhiali. “Lo farai anche per quella bella ragazza la fuori.” sorrise.
Severus abbassò lo sguardo: avrebbe fatto di tutto per non lasciarla, per trascorrere anche solo un altro giorno con lei.
Forse avrebbe dovuto accettare, forse davvero c’era una speranza per lui, per loro.
Se fosse riuscito, in qualche modo, a facilitare il compito a quegli uomini, se fosse riuscito ad aiutarli a sconfiggere Voldemort, avrebbe davvero potuto riabilitarsi? Sarebbe riuscito a ricominciare una nuova vita con Iris?
Si guardò le mani bianchissime, le avrebbe viste di nuovo macchiarsi di sangue, rabbrividì.
Quanto avrebbe potuto resistere ancora? Quanto prima di impazzire?
Forse doveva essere grato al Preside, probabilmente il vecchio aveva ragione: una piccola speranza era meglio di niente, a lui non restava altro a cui aggrapparsi.
Già, aggrapparsi, era per questo che era andato da lui: inconsciamente aveva teso la sua mano verso quell’uomo nell’assurda speranza che lui potesse tirarlo fuori dal baratro in cui era precipitato.
Si era illuso? Forse si era aggrappato alla mano che ora lo stava spingendo ancora più a fondo. Eppure qualcosa gli diceva che doveva fidarsi di lui, perché quella stessa mano non l’avrebbe lasciato cadere. Sarebbe tornato nell’inferno di Voldemort, ma Albus Silente e la sua Iris, insieme, sarebbero rimasti al suo fianco per sostenerlo. Come un filo sottilissimo, l’avrebbero tenuto legato alla luce.
Silente, aveva intuito i suoi pensieri. Si avvicinò poggiandogli una mano sulla spalla.
Normalmente Piton si sarebbe sottratto a quel gesto d’affetto non richiesto, eppure non si mosse.
Il mago più anziano si rese conto che stava tremando, le sue dita ossute strinsero con maggior vigore e il giovane mago chiuse gli occhi, come un bambino che cerca di superare la paura del buio ricreando le tenebre nella sua mente per esorcizzarle.
Aveva deciso, sì, avrebbe accettato la proposta di Silente.
Sapeva che, una volta fuori, sarebbe stato solo, anzi, molto peggio, sarebbe stato in compagnia della propria coscienza, una compagna scomoda per chi come lui sarebbe stato costretto a fare cose terribili.
Per quanto tempo sarebbe riuscito a metterla a tacere? La sottile barriera delle palpebre lo aveva sempre protetto da se stesso, quando cercava di resistere all’amore, ma lo avrebbe protetto anche dall’orrore?
Strinse con forza gli occhi, fin quasi a farsi male, era quello che lo attendeva una volta tornato da Voldemort: solo le tenebre, per chissà quanto tempo ancora.
Non il buio rassicurante creato dallo schermo di quelle sottili membrane, l'ultimo rifugio, un luogo in cui avrebbe nascosto l'ultimo brandello della sua anima, ma la vera oscurità: quella del male. Quella che avrebbe cercato di inghiottire quell’anima, il giorno in cui Voldemort gli avrebbe chiesto di uccidere di nuovo.
Quel giorno avrebbe chiuso gli occhi, come stava facendo ora, non avrebbe guardato il sangue macchiare le sue mani e non avrebbe guardato le lacrime della propria coscienza.
Avrebbe immaginato di essere a Hogwarts, la mano di Silente sulla spalla e Iris al suo fianco.
Solo così poteva farcela, doveva farcela per Iris, solo per lei.
Avrebbe tenuto gli occhi chiusi, ma non avrebbe visto solo il buio. Avrebbe visto quel filo sottile, avrebbe visto l'amore di lei e la fiducia dell'anziano mago.
A quel filo si sarebbe aggrappato. Ogni volta che si fosse sentito perso, amore e fiducia l’avrebbero protetto.
Aprì lentamente gli occhi, le iridi nerissime scintillarono incrociando lo sguardo paterno del vecchio di fronte a lui, il Preside annuì, sembrava aver già letto nella sua mente, quella parola che, solo un istante dopo, sentì scivolare come un soffiò fuori dalle sue labbra.
“Accetto!”


Continua…




Il prossimo capitolo s’intitola “pegno d’amore”. Sarà un capitolo abbastanza tranquillo con un Severus piuttosto impacciato, alle prese con un… indovinate un po’?

Ciao, ciao!




  
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