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Autore: Hero98    10/10/2012    7 recensioni
"Il mondo è in rivolta: milioni di persone si sono riunite nelle piazze di ogni Paese, anche i più piccoli. Si spingono, urlano per farsi sentire. Sono stanche di subire, vogliono giustizia. Mostrano cartelloni candidi macchiati con scritte di un rosso scuro, colanti come lacrime, che chiedono vendetta.
Hanno visto morire vicini, compagni, parenti, in guerre che potevano essere evitate. Adesso basta.
Ventiquattro Nazioni scelte a caso tramite un sorteggio dovranno lottare in un’area selvaggia fino alla morte. Dovranno vedere il sangue dei loro compagni sporcare i loro vestiti, le loro mani. Uno solo uscirà “vivo” se dopo un’esperienza simile potrà ancora considerarsi tale.
Solo così il popolo di tutto il mondo si calmerà.
Che gli Hunger Games delle Nazioni abbiano inizio."
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1 - Consapevolezza
 
-Russia! – una voce familiare proveniente da dietro la porta raggiunse le mie orecchie e quelle del russo che roteò le pupille annoiato. Sapevo che odia essere interrotto, in particolare in quel momento che mi teneva bloccato al muro con una mano sui miei polsi e un gamba tra le mie. Sorrisi divertito, ma lui se ne accorse e mi prese con forza i capelli.
-Non pensare di essere salvo, America, vedrai che se ne va. –sussurrò a pochi centimetri dal mio viso e ghignò mordendomi subito dopo il labbro inferiore. Maledetto bastardo, la prossima volta mi sarei vendicato.
-Russia! E’ successa una cosa gravissima! –questa volta la voce era più vicina e subito dopo si sentirono dei colpi sul legno della porta. Ottima occasione per me di infierire ulteriormente:-Avanti, comunista, è una comunicazione importante! Forse stanno bruciando i tuoi girasoli…
Sentendo quell’ultima frase Russia spalancò appena gli occhi cercando di ricavare informazioni dai miei, in realtà non avevo la minima idea di cosa stesse accadendo.
-Che cosa hai combinato razza di idiota? –domandò senza aspettarsi però alcuna risposta, io iniziai a ridere e lui mi lasciò libero.
-La prossima volta non mi scappi malen’kij –sibilò irritato poi si decise ad aprire la porta e fulminò con uno sguardo severo il povero Estonia.
-Spero per te che sia davvero importante… -mi lanciò un’occhiata veloce, mi stavo massaggiando i polsi dolenti a causa sua e sorrisi divertito.
-Certo, il popolo si è ribellato e i nostri superiori hanno deciso di iniziare una guerra… -iniziò Estonia tirandosi su gli occhiali con un dito. Io recuperai i miei da sopra un cassettone e me li infilai.
-Una guerra, divertente! Sarò contro Russia? –esclamai allegro interrompendolo. Lui esitò prima di continuare.
-In realtà saremo tutti contro tutti, cioè non proprio tutti… solo ventiquattro di noi. –si guardava intorno, sembrava a disagio, cosa piuttosto strana per lui.
-Ventiquattro? Spiegati meglio. –lo intimò Russia che sembrava confuso quanto me. Era una cosa singolare una guerra fra ventiquattro nazioni, volevano forse una Terza Guerra Mondiale? Eppure non c’erano problemi così gravi…
-Saremo noi Nazioni a combattere fino alla morte in un’arena, uno solo sopravvivrà… Il popolo vuole giustizia e ci andranno di mezzo ventiquattro sorteggiati. –concluse Estonia. Poi ci furono dei minuti di silenzio in cui sia io che Russia cercavamo di comprendere quello che ci era stato appena riferito. Sarebbero morte ventitré Nazioni…? Morte… è una parola che non riuscivo a capire, le Nazioni non potevano morire ecco perché io e Russia ci divertivamo a picchiarci a sangue, anche con armi e in punti vitali, senza paura. La morte non la concepivamo.
Certo la vedevamo ogni giorno nei nostri Paesi: morti di fame, di freddo, uccisi da qualche pazzo o disperato, morti di guerra, di malattie…
Il mio sguardo incrociò quello di Russia e per qualche secondo rimase intrecciato al suo. Entrambi avevamo compreso che non ci sarebbe stata una prossima volta.
 
-Fratellone… -la flebile vocina di Liechtenstein echeggiò nell’ampio salone dove io era impegnato a fare dei conti. Alzai lo sguardo dai fogli e la osservai correre agitata verso di me.
-Cosa succede? –domandai preoccupato anche se una mezza idea l’avevo.
-Non hai sentito la notizia degli Hunger Games? –disse stringendosi una piccola mano al petto e guardandomi con quei suoi occhi innocenti. Quindi era così che li chiamavano: Hunger Games, Giochi della Fame. Fame di giustizia, di vendetta, di sangue, di morte?
-Si ho sentito… -mi alzai e posai delicatamente le mani sulle sue esili spalle. Se fosse stata estratta l’avrei protetta, come avevo sempre fatto.
-Non preoccuparti, le Nazioni sono tantissime e sicuramente prediligeranno quelle più forti… vedrai che non combatterai nell’arena.
Lei mi guardava spaventata, non era convinta lo leggevo nei suoi splendidi occhi, ma annuì appena con la testa e sorrise leggermente. Cara dolce sorellina, avrebbe fatto di tutto pur di non farmi stare in apprensione per lei.
-Andiamo? –chiesi allontanandomi da lei.
-Si.
Forse non saremmo tornati…
 
-Germania Germania! – piagnucolò Italia girando intorno ad un crucco piuttosto esasperato, in realtà avrei scommesso che era piuttosto preoccupato perché notavo un leggero tremolio delle sue mani.
-Perché non dici nulla? –continuò Veneziano che a differenza di Germania non faceva nulla per nascondere la sua paura. Eravamo tutti scossi dalla notizia di quei giochi folli, perfino quel bastardo di Spagna non riusciva a sorridere decentemente mentre Francia sfogava la sua tensione pettinando con le dita i suoi capelli scuri. Prussia rideva come un pazzo, avevo una gran voglia di dargli un pugno in faccia anche per rilassarmi un po’.
-Che cosa dovrei dirti Italia? Diamoci una mossa che ci aspettano! –rispose finalmente con il suo vocione spaventoso Germania. Si alzò dalla sedia facendola strisciare sulle mattonelle e provocando così un rumore terribile.
-Se il Magnifico Me sarà scelto vincerà sicuramente! –cercò di farsi coraggio quel megalomane egocentrico di Prussia, ma si vedeva lontano un miglio che aveva una paura folle di entrare lì dentro. Lo capivo, avevo la consapevolezza che se fossi stato estratto sarei sicuramente morto.
 
-Non può partecipare anche lui! E’ una follia! Non è una Nazione! –urlò Inghilterra contro la cornetta del telefono. Non lo avevo mai sentito urlare così forte, il viso gli si era colorato di un rosso acceso e aveva gli occhi lucidi. Lo osservavo seguendolo con lo sguardo in quella sua frenetica camminata per la stanza. Andava avanti e indietro, ogni tanto si guardava intorno come se avesse timore di qualcosa. Io ero seduto su una sedia facendo dondolare le gambe per non annoiarmi troppo. Quando vanno avanti tornano sempre indietro.
-Siete tutti dei fottuti bastardi senza cuore! –urlò più forte, chiuse la chiamata e gettò il telefono su un mobile senza alcuna grazia. Poi mi guardò, gli occhi erano più lucidi. Si avvicinò a me e mi accarezzò i capelli, cosa piuttosto rara. Di solito accadeva quando gli facevo un complimento o quando era ubriaco. In quel momento non avevo fatto nulla.
-Andrà tutto bene Sealand… anche se parteciperai al sorteggio… -disse, questa volta a voce bassa, un po’ roca, forse aveva urlato troppo e gli faceva male la gola.
-Io sono una Nazione! –esclamai convinto guardandolo negli occhi.
Lui sorrise e mi abbracciò forte. Rimasi sorpreso, un gesto d’affetto così improvviso non l’avevo mai ricevuto.
-Questa volta lo sei… purtroppo… -sussurrò appena. Poi silenzio. Mi tenne stretto per due interminabili minuti. E capii che forse non era poi così bello essere una Nazione…
   
 
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