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Autore: Francy_chan for ever    10/10/2012    1 recensioni
Francesca è un' adolescente come tante altre: va a scuola, esce con gli amici, si diverte in pizzeria ...
La ragazza, però soffre a causa del suo doloroso passato e non si fida più di nessuno se non di pochi amici che le stanno vicino e la comprendono senza bisogno di assillarla di domande che possano farle tornare alla mente ricordi dolorosi.
Un gruppo di sciocchi insensibili la pugnalerà nell' anima e la farà soffrire a causa di uno scherzo,
facendole provare un dolore indescrivibile.
"Non proferii una sola parola per almeno due minuti. Poi mi resi realmente conto di ciò che era successo: mi aveva mentito! Mi aveva imbrogliata! Mi ci volle un po' per elaborare la notizia.
Poi scoppiai, lo aggredii con una forza che non avevo mai immaginato di avere e gridai con voce potente, scandendo bene le singole lettere:
- Bastardo!!!!!!!!!!!!
Mi sentivo un schifo dentro, ero ridotta peggio degli stracci che si usavano per pulire il pavimento. Con quella notizia aveva frantumato i mie sogni da adolescente, lasciando di tutte le mie fantasie solo dolorosissime scheggie che mi si conficcarono nel cuore, lacerando in quello stesso momento la mia anima e uccidendola una seconda volta dopo quel giorno.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inanzitutto, visto che nessuno nella sezione delle Storie Originali mi conosce, mi presento: io sono Francy e questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Se avete misericordia di una povera anima sofferente recensite, vi prego!!!!!!!!!!


Prologo


Attraversai velocemente la strada, silenziosa come sempre e varcai la soglia dell' oratorio "San Michele".
Mi incamminai per i corridoi dell' edificio principale e fui velocemente di fronte a quella porta che segnava il confine tra i normali giorni di scuola e lo "Stage Musicale" che tutti gli alunni della scuola "Anzani" attendevano con ansia tutti gli anni. Durava solo una settimana, ma quel breve arco di tempo rimaneva nella mente di tutti gli studente, impregnati di ricordi di bei momenti vissuti in compagnia.
Tirai la maniglia ed entrai. L' aula, la stessa dello scorso anno, era spoglia, le pareti candide erano fresche di pittura e l' unico arredo presente era un largo tavolo rettangolare di legno massiccio. Sicuramente, però, ciò che più si notava erano le finestre, che, ampie e pulite, davano un ottima vista sul campo da calcio deserto e muto come se tutti i bambini piccoli che di solito lo affollavano fossero stati spazzati via dal vento che soffiava nell' aria nonostante fosse pieno Maggio.
- Buongiorno Ferraris, siediti pure dove preferisci. - disse cordialmente il prof. Dolos.
Non ebbi neanche il tempo di trovare una sedia libera che entrò Francesca Sortiri, una mia compagna di classe.
- Ferraris devi andare su a studiare la tua parte di pianoforte per il saggio. - mi spiegò lei.
Senza proferir parola mi diressi al piano di sopra e bussai alla porta dell' aula dove due ragazzi erano intenti a studiare gli spartiti per il concerto di fine anno.
Mi sedetti davanti all' unica pianola libera, accesi lo strumento e iniziai a suonare il mio brano.

Feci scorrere piano le dita sullo strumento, poi sempre più veloce, fino a far danzare allegramente le mani sui tasti, mentre il cuore si riempiva di emozioni. Suonare mi faceva sentire leggera ed aggraziata come una ballerina, mi trasmetteva dei sentimenti magnifici, che per un po' mi portavano furi da quella realtà così cruda e fredda in cui vivevo.
Terminai la mia parte e rimasi immobile ad aspettare che la prof. mi desse il suo giudizio.
- Perfetto Ferraris, hai un modo di suonare molto espressivo, che lascia trasparire il tuo amore per la musica. - sorrise lei.
- Bene puoi andare, ma ricorda che da domani iniziano le prove con l' orchestra. - mi ricordò poi.
- Ho già finito? - chiesi meravigliata.
- Sì, non c' è bisogno che tu provi ancora, la tua parte la sai benissimo. - mi disse allegra.

Mi alzai in silenzio e mi diressi verso l' aula dove il prof. Dolos stava insegnando i canti per il concerto di fine anno ai ragazzi che in quel momento non erano impegnati con lo strumento. 
- Bene, potete fare una pausa di mezz' ora ma tra trenta minuti esatti vi voglio qui. - disse il prof non appena entrai nella stanza.
Uscimmo tutti in giardino e io mi diressi sotto il grande tronco di un' abero del parco.
Non feci, però, in tempo a rillassarmi cinque secondi che arrivò Giorgia, una mia compagna fin dalla dall' anno scorso, in cui eravamo in prima media e molto chiaccherona.
Aveva dei bei capelli biondo miele e degli occhi azzurri espressivi, alcune ciocche le cadevano sulla fronte e lei passava le ore a spostarsele dietro le orecchie, visto che le davano fastidio e le intralcaivano la visuale. Era proprio bella.
- Scusami se te lo chiedo, ma come mai ti isoli sempre dagli altri? - mi chiese.
- Tutta colpa del mio passato. - risposi infastidita.
- Non preoccuparti, non sono qui per estrappolarti tristi ricordi. Voglio solo dirti che se hai bisogno di qualcuno che ti stia vicino e ti comprenda io sono qui. - disse. 
La osservai con quel mio sguardo penetrante cercando di leggere nei suoi occhi, che rimasero fissi sui miei, decisi, capii subito che non mentiva.
- Va bene, ma non posso raccontarti del mio passato. - le spiegai.
- Non è questo quello che voglio. - disse sorridendo - non voglio che ti tornino alla mente attimi dolorosi. Voglio solo essere tua amica. - disse tendendomi la mano, che io stretti forte.
In quel momento presi la mia decisione: saremmo diventate amiche.
Era la prima volta che provavo sentimenti così densi e significanti, non avevo mai conosciuto l' amicizia, ma capii all' istante che quello che si era formato tra me e Giorgia era un legame solido, indistruttibile, che non avrebbe mai cessato di esistere neanche dopo la morte.
Perchè la nostra nonostante fosse nata in pochi minuti era salda e solida come una casa.
- Sai le amiche si dicono molti segreti, quindi anche io lo farò. Vedi quel ragazzo dai capelli castano scuro e gli occhi dello stesso colore?
Lui si chiama Fiore Somasi e mi piace un sacco, è il mio love! - disse con un' espressione beata sugli occhi.
La guardai dolcemente e le sorrisi, mi faceva bene stare con lei, ero sicura che finalmente avrei avuto una persona che mi voleva realmente bene e a cui, probabilmente avrei potuto confidare i miei segreti.

Ero appena tornata a casa, stanca ma felice. Mi buttai sul divano e accesi la TV sperando che ci fosse qualche programma intelligente, ma rimasi delusa, così mi rifugiai in camera mia e iniziai a sfogliare l' album con le foto di mia madre. Già, mia madre, quanto mi mancava.
Soffrivo per la sua assenza che, probabilmente, non sarebbe mai stata colmata. Soffrivo perchè quasi sicuramente non avrei mai più potuto sentire il dolce tocco delle sue carezze e la sua voce pacata e melodiosa che adoravo tanto. Trattenni a fatica le lacrime che già erano pronte a sgorgare come un fiume in piena e chiusi l' album in fretta e lo riposi nel cassetto. Avevo sentito mio padre che rincasava e lui non doveva assolutamente scoprire che stavo osservando quelle foto o avrei fatto proprio una brutta fine.
Maurizio Ferraris entrò come un fulmine nella mia camera, sbattendo violentemente la porta della mia camera e facendo tremare anche i vetri. Era un uomo abbastanza alto, con dei capelli tagliati a caschetto e piuttosto ricci di color nero pece e con degli occhi verde muschio che luccicavano sotto la luce della plafoniera che illuminava la mia stanza, dipinta in volto aveva la sua solita espressione furiosa.
- Che stavi facendo, Francesca? - chiese rabbioso.
Deglutii a fatica, tutti i giorni mi faceva la stessa domanda, ma quella volta era diverso, se avesse scoperto dell' album si sarebbe davvero
incavolato.
- Allora!? - mi chiese impaziente.
- Niente padre ... guardavo fuori dalla finestra. - dissi inventandomi la peggiore scusa possibile.
- Stai mentendo! Questa non è la verità! Te lo leggo negli occhi! E questo cos' è? - mi chiese vedendo un lembo della copertina del contenitore delle foto. Lo prese e appena capì di cosa si trattava mi squadrò furioso.
- Ah! E così ti piace disubbidire ... Allora ti farò capire cosa succede a chi non rispetta le mia regole. - disse fuori di se togliendosi la cintura.
Chiusi gli occhi e attesi in silenzio la punizione. Il colpo di quella frusta improvvisata arrivò quasi subito, potente e doloroso.
Mi piegai in due e tentai di resistere, dovevo essere più forte di lui, dovevo sopportare la sofferenza.
Il male che provavo era lancinante, sentivo la pelle bruciare fortissimo, non avrei resistito ancora molto, ma non volevo soccombere.
Quell' uomo che aveva rovinato la mia vita continuò quella tortura mettendoci sempre più forza e strappandomi degli urli disumani, stavo per cedere. All' improvviso si fermò. Pensai che vedendo mi così ridotta avesse avuto un po' di pietà, ma mi sbagliavo.
Passò subito alle mani e mi picchiò con quelle sue mani muscolose e piene di calli fino a farmi sputare sangue.
Mi diressi verso il bagno e dopo essermi sciacquata la faccia guardai la mia immagine riflessa allo specchio.
Per fortuna me la ero cavata con alcune ferite superficiali, ma poteva andarmi peggio!
Comunque fui contenta che quell' essere spregevole non mi avesse rovinato il mio bel visino.
Fissai i miei capelli castani con qualche ciocca tendente all' ebano che venivano mossi leggermente dal vento che arrivava dalla finestra aperta, mi spostai qualche ciuffo ribelle dagli occhi e osservai le mie grandi iridi color nocciola.
Non ero felice, assolutamente! Ma io ero Francesca Ferraris e quella era la mia vita, la vita che avevo sempre odiato.
Non mi sarei mai arresa, ma incomincia a comprendere quanto sarebbe stato difficile recuperare quella libertà che il mondo mi aveva tolto: l' amore.
 

  
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