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Autore: _Fanny    11/10/2012    5 recensioni
Devonne Monroe e Liam Payne appartengono alla stessa cerchia di amici.
Devonne è la classica bella ragazza con la risposta sempre pronta.
Liam è il classico ragazzo che ama il sesso.
E andiamo, cosa potrebbe mai accadere tra due persone del genere?
*******************
“Sai Liam, non capisco perché ti ostini a provarci con me. Sono ormai tre settimane che mi chiedi di uscire. Io non te la darei al primo appuntamento e non ce ne sarebbe un secondo, cosa ci guadagneresti?” chiesi, tentando di capire la sua mentalità.
“Mi stupisci Monroe: ti ritenevo intelligente” mi rispose. Lo squadrai attendendo una spiegazione.
Lui sbuffò una risata e continuò. “Sei l’unica che riesce a tenermi testa. Sai quanto attragga gli uomini questo?” chiese.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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                                               Don't cry 




 

Questo insieme di frasi - che non riesco a definire storia - è interamente dedicato a quella persona che mi ha convinto a postarla.

Claudia, ogni emozione racchiusa qui dentro è per te, e nonostante adesso nemmeno ci parliamo più e sei cambiata in modo radicale lasciandomi alle spalle...
be', è comunque grazie a quella meravigliosa amica che avevo e che non ho più che questo è qui, che io continuo a scrivere e che credo in me stessa un pochino di più. Grazie di tutto. Ti voglio bene. 




Eravamo intenti a magiare quella poltiglia che serviva la signorina Smith per pranzo. Ognuno stava facendo qualcosa: Ashley e Ellie chiacchieravano, Louis e Zayn stavano facendo gara a chi faceva il rutto più grande, Niall era interessatissimo al suo pasto, guardandolo come fosse un dio e Harry era impegnato a fare da giudice alla gara. Io pensavo e basta.
 “Sapete la novità?” chiese Harry con indifferenza, distogliendo l’attenzione dai due concorrenti.
Ellie e Ashley smisero di parlare un attimo e ascoltarono. Io non avevo questo problema: pensavo solo a dove fosse Liam.
Il riccio alzò lo sguardo e notò che anche Zayn e Louis si erano fermati per ascoltare questa ‘novità’… ovviamente non poteva pretendere che Niall si distrasse dal suo cibo.
“Payne si è messo con una”.
Fine. Il mio cuore smise di battere, il mio cervello di pensare e fui incapace di dire una sola parola.
Riuscii a notare solo Niall che alzava lo sguardo e che trucidava Harry con gli occhi. Be’, chi altro, se non Harry lo stupido, avrebbe potuto dire una cosa del genere con estrema leggerezza davanti a me?
Attesi la risposta di qualcuno, che non tardò ad arrivare. “Ah, ma dai! Sarà solo l’ennesima ragazza facile da letto”, sentivo che l’affermazione di Louis fosse più un modo di rassicurare me che di rispondere a Harry.
Ellie mi tese una mano sotto al tavolo e strinse la mia, tentando di consolarmi un po’.
Sapevano che non ero crollata solo perché non era nelle mie abitudini – mai fatto da che ne avessi memoria – piangere di fronte ad altre persone.
Be’, a parte con Liam.
“No, stavolta è vero. L’ha invitata ad uscire già quattro volte” spiegò.
Rimasi ferma, non dicendo nulla.
“E… ora dove sta Payne?” chiese Zayn, timoroso. Harry alzò le spalle.
“L’ho visto che era in cortile, prima dell’ora di pranzo” rispose Ashley, con la voce più bassa del normale. Aveva paura che la sentissi?
Louis annuì. “Dio, com’è banale” sussurrò, suscitando la curiosità di tutti. Imposi al mio cervello di seguire quel discorso. Perché banale?
“In che senso Lou?” chiese Ashley, aggrottando le sopracciglia e mordendosi il labbro. Notai anche che Niall la guardava ammaliato. Quando avrebbero deciso di smetterla con la farsa ‘siamo solo amici’?
Si piacevano, era evidente.
“La ragazza con cui sta è una troia. Vuole solo conquistarla prima di portarsela a letto” disse.
“Oh, quindi dici che Liam sta con…” iniziò Ellie, ma la interruppi. “Scusatemi, io devo andare. A stasera” li salutai, prendendo la borsa e uscendo dalla mensa. Con una certa fretta, anche, perché sentivo le lacrime iniziare a pungere.
Scappai dalla scuola e mi fiondai sul mio motorino, indossai il casco e misi in moto, dirigendomi da qualche parte.
 
 
“Sai Liam, non capisco perché ti ostini a provarci con me. Sono ormai tre settimane che mi chiedi di uscire. Io non te la darei al primo appuntamento e non ce ne sarebbe un secondo, cosa ci guadagneresti?” chiesi, tentando di capire la sua mentalità.
“Mi stupisci Monroe: ti ritenevo intelligente” mi rispose. Lo squadrai attendendo una spiegazione.
Lui sbuffò una risata e continuò. “Sei l’unica che riesce a tenermi testa. Sai quanto attragga gli uomini questo?” chiese.
Rimasi scossa. Io sapevo di saper tenere testa a Payne, ma non sapevo che questo lo… attraesse.
“No, non lo sapevo sinceramente” risposi.
“Dai, non vedi come ti viene dietro Collins? O l’altro idiota, Robinson” nominò i due con astio.
Mi scappò un sorriso. “Non andavi d’accordo con Robinson?” ricordai i momenti in cui ridevano in classe, insieme.
“No, non più. Un giorno forse, ti spiegherò il perché” mi disse, per poi rifarmi la fatidica domanda.
Esci con me, Devonne Monroe?
 
Le lacrime avevano iniziato a scendere e i ricordi che mi sfioravano non aiutavano per niente.
Pensavo e ripensavo a cosa fosse andato storto tra noi. Io non avevo sbagliato nulla, e, a parte l’ovvio, nemmeno lui. Cosa lo aveva spinto a fare quel gesto?
Io non… lo avevo capito. E forse se non mi fossi levata quel dubbio, non sarei riuscita a scordarlo.
Sentivo il casco opprimere la testa, che girava vorticosamente. Non mi fermai: mancavano poco, meno di due minuti per arrivare a destinazione.
Il freddo pungeva. Il vento pizzicava.
Proseguii dritto per il lungo mare, fino ad arrivare alla mia spiaggia. Deserta.
Ovviamente, chi altro, se non una ragazza sofferente per amore, sarebbe potuta andare in una spiaggia a Gennaio?
Fermai il motorino in malo modo. Sfilai il casco e presi dal portapacchi i guanti e la sciarpa.
Avrei legato i capelli, perché quel vento me li mandava davanti al viso sempre, e mi davano fastidio, ma avrei sentito più freddo di quanto già non sentissi. Sia fuori, che dentro.
Attraversai la strada deserta e iniziai ad avviarmi verso la riva, dove avrei potuto sentire il rumore e l’odore del mare.
Avevo un dolore allo stomaco indescrivibile.
Era ormai più di un mese che non smetteva di far male, ormai ci avevo fatto l’abitudine. Pensavo fosse una vendetta degli elefanti – dalla gente comune chiamate farfalle, ma non erano decisamente farfalle – che erano stati costretti dal mio cervello e dal mio cuore a camminare lì dentro per tre mesi e mezzo, che ora si ribellavano e sbattevano i piedi con forza.
Troppa forza.
Arrivai a un metro e mezzo dalle onde, e mi sedei. La sabbia era fredda, e mi sentivo debole.
Era nuvoloso.
 
 
 
“Ti passo a prendere alle cinque, oggi, ok?” mi chiese veloce, senza nemmeno aspettare risposta, per poi ributtarsi in campo e dare il cinque a Louis. Doveva finire la partita contro Robinson e non era il caso di interromperla per molto tempo. Sorrisi, vedendo quanto fosse agguerrito in campo.
Mi ritrovai a pensare che lo avessi visto così solo un’altra volta: quando tentava di chiedermi di uscire.
Scossi la testa divertita. Era ormai la quinta uscita, e non aveva nemmeno provato ad andare oltre al bacio e ai…ehm, succhiotti. Ormai ero marchiata ovunque.
E lo faceva apposta! Avevo capito che lo faceva per mostrare che ero presa da qualcuno.
E la sua gelosia nascosta era qualcosa di indescrivibile. Ero più che felice che me li facesse per quello.
Sorpassai il campo di basket del parco comunale – dove si stava svolgendo la partita – per andare verso le mie amiche, Ellie e Ashley, che stavano poco più avanti, parlando e leggendo una rivista sedute su una panchina.
Mi aspettavo di vedere qualcun altro, oltre a Payne e Tomlinson che giocavano. Malik sapevo che era occupato quel weekend per uno stage di canto, ma Niall e Harry?
Le chiamai, attirando la loro attenzione. Appena mi videro mi sorrisero e mi invitarono a raggiungerle.
Sedei accanto a loro, sbirciando la rivista che leggevano. E ti pareva? Cosmopolitan. Parte sul sesso.
Risi vedendole e loro mi rivolsero una linguaccia.
“Come va con Liam?” chiese Ashley, guardandomi.
“Bene. Pare sia veramente diverso da come credevo” dissi. Avevo quasi paura ad ammetterlo ad alta voce, per scaramanzia.
“Mi ha detto Niall che è presissimo, e che non ne parla mai, di te” disse, con gli occhi che brillavano. Che ragazza romantica… anche se di romantico in ciò che aveva detto, c’era solo la prima frase.
“In che senso ‘non parla mai di lei’?” mi anticipò Ellie. Ashley sorrise e prese un grande respiro. “Di solito, quando va fuori con le altre, racconta tutti, proprio tutti, i dettagli della serata. Per vantarsi, no?” spiegò, chiarendomi un po’ la situazione.
Sorrisi istintivamente. Lui non mi considerava come le altre, e questo mi riempiva di allegria.
“Guardala come è rossa!” esclamò Ellie.
 
Un sorriso e una lacrima si sovrapposero sul mio viso. Cosa poteva aver cambiato tutto questo? Perché non era più come prima?
Nascosi la testa fra le gambe, che tenevo strette al busto per sentire un po’ di calore, e chiusi gli occhi, prendendo grandi respiri per tentare di calmarmi. Perché l’aveva fatto? Cosa diavolo c’era di brutto nella nostra storia? Più ripensavo al passato e più non capivo.
Il giorno della partita di basket mi venne a prendere alle cinque, come aveva promesso. L’avevamo fatto quella sera, dopo un pomeriggio al centro di Londra e una pizza in macchina a guardare le stelle.
Volontà mia. Avevo preso l’iniziativa io. Non era la mia prima volta, ma per lui sembrava così. Era stato leggero, delicato… quasi avesse paura di farmi male, nonostante i miei chiarimenti sulla mia situazione.
Avevo avuto diversi ragazzi e non ero una ragazza puritana. Non me ne sarei pentita mai.
Aprii gli occhi, e posai lo sguardo sull’orizzonte. Mi sarebbe piaciuto poter fare una nuotata. Ma era inverno, sentivo freddo e non volevo morire d’ipotermia.
Presi il cellulare dalla tasca, per controllare che non avessi perso nessuna chiamata.
E non le avevo perse, ma un messaggio da Louis era in primo piano sullo schermo.
Lo aprii.
 
Ti prego, non stare male.
 
Lo ringraziai mentalmente per quel pensiero, ma mi ritrovai a pensare che esternamente incitarmi a non soffrire poteva essere facile, trovarsi nella situazione e tentare di dare retta al messaggio, non proprio.
Sospirai e riposai il cellulare in tasca, riportando la mia attenzione alla mia solitudine.
 
 
“Devonne, lo sai da quanto usciamo insieme?” mi chiese, mentre guidava la macchina, tutto d’un tratto. Avevo la testa appoggiata al finestrino, guardando la strada che sfrecciava intorno a me.
Sì, che lo sapevo. “Un mese” risposi calma.
“Devi diventare la mia ragazza ufficialmente” disse, tutto d’un fiato. Sorpresa da quella affermazione – che in una storia normale sarebbe stata una domanda – che risuonava tanto come un ordine, puntai i miei occhi nei suoi, che non accennavano a spostarsi dalla strada.
“Devo?” dissi, sbuffando una risata.
“Be’, se non fossi interessata a me, me lo avresti detto, no? Usciamo da un mese, come mi hai detto anche tu, e io credo che forse dovremmo passare oltre” disse, alzando le spalle.
Era sicurissimo di sé e non traspariva nemmeno un segno di quello che in realtà provava: agitazione e insicurezza.
Sorrisi e lo incitai a fermare la macchina. Accostò appena fu possibile e finalmente incrociò i miei occhi.
“Credo che tu abbia ragione” dissi, rimanendo seria. Poi mi avvicinai e lo baciai con foga, mostrando a fatti il mio entusiasmo e non a parole.
Sorrise sulle mie labbra e io non riuscii a contenermi. Sentirlo sorridere era magnifico.
Continuai a baciarlo, e presi dalla foga mi mise a cavalcioni su di lui.
Mi scappò un gemito nel sentirlo già pronto.
 
 
Era la giornata dei flash-back, evidentemente.
Ricominciai a piangere forte, non curandomi del rumore. Chi poteva sentirmi?
“Basta. Ti prego” sussurrai a me stessa.
Volevo dimenticarlo. Come aveva fatto lui con me.
Dovevo essere a casa per le sette e mezza, o non sarei riuscita ad arrivare in tempo per l’appuntamento che avevo con i ragazzi per andare insieme alla festa di Collins.
Controllai l’ora dal cellulare. Erano le cinque e mezza.
Tempo di tornare a casa: due ore.
Dovevo andare. A malincuore mi alzai, scostando la sabbia dai miei pantaloni con le mani.
Risalii la spiaggia, fino ad arrivare in strada. Asciugai le ultime lacrime, che, decisi, sarebbero state le ultime della giornata.
Infilai il casco e rimontai sul motorino, mettendo in moto e partendo.
 
 
“Liam, domani mi accompagni a ordinare Fifa 13?” chiese Harry al tavolo della mensa all’amico.
Lui mandò giù il boccone e mi guardò. “Domani che giorno è?” mi chiese.
“20 novembre” risposi. Lui annuì lentamente, mentre il suo cervello elaborava chissà quale piano.
“Domani va bene. Ma a una condizione” disse a Harry, che aggrottò le sopracciglia. “Il 21 ci coprite con i prof, perché saltiamo scuola” disse, rimettendosi una forchettata di qualcosa di simile a pasta al sugo in bocca.
“Scusami, devo coprire tu e chi?” chiese Harry.
Liam mi indicò con la testa con tranquillità. “Cosa?” esclamai io. “Io non salto scuola!”.
Liam roteò gli occhi. Finì di masticare e ingoiò per parlare. “Dai, Dev!” mi pregò, prendendomi il viso tra le mani e stringendo leggermente le guance.
Ero sicura di sembrare un’idiota così.
“Andiamo al parco divertimenti, daaaai!” disse. Sembrava un bambino, mi intenerì.
Tentai di sorridere, bloccata dalle sue mani e annuii in riposta. Sorrise e mi baciò, tenendomi le guance strette.
“Grazie piccola!” esclamò, per poi lasciarmi le guance. “Idiota…” mormorai ridendo.
 
 
Sorrisi a quel flash-back, senza lasciar uscire lacrime: avevo detto basta. Avevamo passato una giornata splendida, avevo urlato un sacco. Liam aveva preteso di farmi fare tutti i giochi più pericolosi. E c’ero cascata anche quella volta.
Accelerai sulla strada, rendendomi conto di essere in un clamoroso ritardo. Non ce l’avrei mai fatta a prepararmi in poco tempo.
Merda! Stava anche iniziando a piovere!
Senti le gocce intensificarsi, bagnandomi tutta. Cazzo!
Con quella pioggia nemmeno vedevo nulla.
Mancavano dieci minti ad arrivare a casa, dovevo sbrigarmi.
Imprecai diverse volte, quando sentivo le ruote sgommare sulla strada bagnata.
Finalmente arrivai davanti casa mia. Posai il motorino nel garage e mi fiondai dentro, prendendo le chiavi dalla borsa.
Ormai ero zuppa.
Entrai in casa e mi levai le scarpe. Grazie al cielo i miei erano fuori quella sera, altrimenti mi avrebbero urlato contro per mezz’ora di non entrare in casa bagnata. Mi spogliai completamente, buttando nella vasca tutti i vestiti.
Mi infilai nella doccia, senza nemmeno mettere la musica di sottofondo come mio solito.
 
 
Stava dormendo accanto a me. E se nei miei anni di infanzia avevo odiato i miei genitori per i loro weekend fuori ogni dannata settimana e per lasciare me da mia nonna a non fare nulla, in quel momento li stavo amando da morire.
Avevamo passato la serata con i nostri amici, al cinema, poi lui si era fermato da me a… dormire, più o meno.
E ora dormiva con la bocca leggermente aperta sul cuscino.
Stavamo insieme ormai da più di due mesi, e mai mi ero sentita così bene.
Erano le dieci e mezza, era ora di svegliarlo. “Ti devi alzare, Liam Payne!” urlai, nel suo orecchio. Non eravamo una coppia normale, di romanticherie e bacini per svegliare l’altro. No, eravamo più per le prese in giro e le risate.
Lui sobbalzò, alzando di scatto la testa. Mi vide ridere e mi guardò malissimo.
Mi alzai di scatto, iniziando a scappare, sapendo cosa mi sarebbe aspettato. “Devonne!” urlò, iniziando a rincorrermi. Sapendo che puntando sulla velocità e l’agilità non avrei avuto speranze, mi nascosi in bagno, dietro la porta.
Rimasi in silenzio, per non più di due minuti. Giusto quello, il tempo che ci mise a trovarmi.
Scostò la porta e mi guardò truce. Solo in quel momento notai che lui non aveva perso tempo a rivestirsi dopo essersi svegliato e data l’attività di quella notte lui era…
“Sei nudo!” esclamai.
“Giusta osservazione, ma devo fartela pagare”.
“Non nudo!”
“Oh, nulla che tu non abbia già… visto, mettiamola così” mi disse, ammiccando.
Spalancai la bocca, incredula di ciò che avesse appena detto. Lui storse la faccia in un’espressione strana. “Se tu fai quell’espressione, io penso molto, ma molto male, sai?” mi disse.
Pensai a cosa avessi di strano e… oh merda!
Richiusi immediatamente la bocca, dando una botta sulla spalla a Liam, che non mi lasciò nemmeno ritrarre la mano, che mi prese il braccio e mi sbatté al muro.
Aveva il corpo attaccato al mio e nonostante io mi fossi ‘rivestita’ dopo il mio risveglio ero sempre in mutande e reggiseno e questo non era un bene né per me, né per lui.
Sentii, infatti, quanto quello non fosse un bene per lui.
Aveva il viso attaccato al mio, i nostri nasi si sfioravano. “Scusami, ma non è sotto il mio controllo” sorrise. Io tirai la linguaccia, in una cosa che avrebbe dovuto essere una smorfia. Esatto, avrebbe dovuto. Lui prese la palla al balzo e mi baciò, senza lasciare spazio ai soliti baci dolci che ci scambiavamo noi prima di passare al sodo.
Le nostre lingue si muovevano veloci, cercando di far capire all’altro che quello non sarebbe bastato.
Mi prese per le natiche, e allacciai le mie gambe ai suoi fianchi meccanicamente.
Non si diresse verso la camera da letto, come avevo immaginato, bensì verso la doccia.
Mi tenne con una sola mano per due secondi, giusto il tempo di aprire le ante che la tenevano chiusa. Sorrisi sulle sue labbra, pensando a quanto fosse bella la nostra storia.
Classico film. Lo stronzo che si innamora dell’unica che non gliela smolla davanti e  poi i due si mettono insieme in una storia rose e fiori.
Già, era quello che pensavo mentre le sue labbra vagavano sul mio corpo, mentre mi entrava dentro con la dolcezza e il terrore di farmi male, mentre iniziava a spingere di più procurando ad entrambi piacere inaudito.
Era quello che pensavo ogni dannata volta che ero insieme a lui.
 
Stavolta non c’ero riuscita, a trattenere le lacrime, ma alla fine non valeva sotto l’acqua, no?
Si confondevano e non sapevo nemmeno quali gocce fossero mie e quali dell’acqua, finché una non si infranse sulle mie labbra e sentii il sapore salato che ormai mi era più che familiare.
Finii di fare la doccia, ignorando le lacrime che mi offuscavano la vista. Uscii e corsi in camera a vestirmi.
Cosa diavolo avrei messo?
Scorsi tutti i vestiti che avevo, scartandone uno dietro l’altro, quando mi squillò il cellulare.
Corsi nell’altra stanza, dove lo avevo posato, e risposi. “Dev, vuoi che passi a prenderti?”
Era Ellie. Controllai l’ora velocemente, erano le sette e venti.
Io avevo ancora i capelli bagnati, non sapevo nemmeno cosa mettere. Non ce l’avrei mai fatta in dieci minuti.
“Ellie, credo che debba raggiungervi direttamente lì… sono arrivata a casa da poco e ho preso l’acqua, non ce la farei. Grazie comunque” risposi.
“Tranquilla, a dopo” e attaccò. Andai in camera e ripresi a osservare il mio armadio senza avere idea di che fare.
Poi un vestito mi saltò all’occhio: era quello che mia cugina si era scordata quando era venuta a farmi visita, durante le vacanze di Natale.
Era corto, con uno strascico dietro, con una sola spallina.
Cugina mia, grazie di non avere cervello!
Lo presi e lo infilai senza esitare. Infilai delle scarpe alte rosse e andai in bagno per asciugare i capelli.
I miei capelli. Probabilmente da fuori sembravo una pazza, ma io li amavo. Li avevo biondi, ma con le punte colorate di fucsia.
Intenso.
Avevo colorato le punte poco prima dell’inizio della scuola, a settembre. Erano piaciuti a molti, ma ovviamente le galline – note per essere amiche di Payne – non avevano apprezzato.
Fortunatamente non era mia abitudine lasciarmi mettere i piedi in testa da quelle troie e avevo sempre risposto per le rime.
Li asciugai con il phon, rendendoli lisci, con le punte leggermente mosse.
Guardai veloce l’ora: erano già le sette e trentacinque.
Mi sbrigai a truccarmi.
 
 
Mi diressi in mensa, aspettandomi di vedere Liam sbucare da dietro e salutarmi come suo solito. In realtà non c’era, e lo scoprii solo quando tutti fummo a tavola e Zayn, che ci stava in classe insieme, disse che quel giorno era evidentemente rimasto a casa.
Mi sbrigai a mangiare per fargli una chiamata, ma aveva il cellulare staccato. Magari stava solo dormendo.
Senza paranoie mi diressi a casa il pomeriggio, dicendomi che se avesse avuto qualche problema mi avrebbe chiamato.
Ero organizzata con Niall per uscire, quel pomeriggio, e prenderci un gelato insieme.
“Sai, è la prima volta che vediamo così Liam” mi aveva detto, sorridendomi. Non riuscii a non sorridere a mia volta.
Era una cosa… bella, da sentirsi dire. “L’hai cambiato” affermò poi, leccando il suo gelato.
Alzai lo sguardo e lo notai impegnato a mangiare il gelato. Sorvolai sull’argomento, sperando di non risultare imbarazzata, come in realtà ero.
 
 
Scossi la testa, riprendendo a passare il rimmel. Ero pronta.
Quella sera avrei preso la macchina, di prendere il motorino con quel vestitino non era il caso. Fortunatamente la mamma l’aveva lasciata a casa, per partire avevano usato quella di papà.
Montai in macchina e di corsa mi diressi a casa di Collins.
Poi la consapevolezza di ciò che stava per accadere mi arrivò.
Io lo avrei visto con la sua ragazza.
 
 
“Sai Niall, credo che lo andrò a trovare a casa sua” dissi, pensando che per una volta avrei anche potuto fare un gesto carino.
Lui sorrise. “Cavolo, siete innamorati” affermò, scuotendo la testa.
Mi bloccai. Io non ci avevo mai pensato. E se fosse stato così?
Insomma io… io ero innamorata di lui?
“Be’, io vado. Salutalo” mi disse, baciandomi la guancia e voltandosi per andare a casa sua.
Annuii, senza riuscire a parlare.
Ero innamorata di Liam James Payne? Lo stesso che avevo criticato per tre anni per la sua indole nello ‘scopare e gettare’ ragazze?
Oddio mio.
Io… lo ero, cazzo.
Perché non mi era mai capitato di sentirmi così con qualcuno, né di averne bisogno per vivere.
Non facevo pensieri sdolcinati, ma lui… me li ispirava.
Come avrei mai fatto ad allontanarmi da lui?
Solo il pensiero faceva male.
Solo l’idea di vederlo con un’altra mi faceva male.
E in quel momento sentii il bisogno di dirgli tutto.
Non mi importava se ricambiasse o no. Io ero innamorata di lui e lui doveva saperlo!
Iniziai a correre col motorino verso casa sua, sorridente.
Mi sentivo un’idiota.
Arrivai sotto casa sua, posai malamente il motorino e corsi verso il suo piano.
Non presi l’ascensore, avevo troppa energia in corpo.
Arrivai al quinto piano e mi misi davanti alla porta, ferma. Presi un respiro e suonai.
Aspettai di vedere i suoi capelli ora, il suo sorriso classico che mi faceva vedendomi e i suoi occhi accesi di sempre.
Invece vidi due tette, un reggiseno, un paio di mutande e il mio cuore spezzarsi.
 
 
E se la sua ragazza fosse stata quella lì?
Dio, io non potevo pensarci.
Come aveva fatto a scordarmi in così poco tempo? Non avrei dovuto farlo anche io allora?
Perché ero ancora in lacrime ogni sera per colpa sua? Per quale cazzo di motivo mi accorgevo sempre e solo della sua assenza?
Perché mi mancava ancora?
Accelerai, arrivando a casa di Collins alle otto e un quarto. Bene, erano lì da poco.
Spensi il motore e mi avviai in casa. Una villa enorme, con giardino.
Era già piena. Quella sarebbe stata la festa dell’anno, e tutta la scuola lo sapeva.
Sorpassai i ragazzi nel giardino che si buttavano in piscina. Sembrava già mezzanotte, di solito era quella l’ora in cui iniziavano le feste, ma quella sera gli studenti della ‘Perez High School’ avevano voglia di festeggiare per più tempo delle altre volte.
Entrai in casa e mi accorsi che era ancora peggio di quanto mi aspettassi: musica, alcol e un numero esagerato di ragazzi che ballavano nel salone della casa immensa.
Tentai di cercare i miei amici, sapendo che non ci sarei riuscita presto. Iniziai a girare per la casa, salutando i miei compagni di tanto in tanto.
Poi vidi Collins, e mi sembrò carino salutarlo. “Ehi” lo salutai.
“Ciao Devonne!” mi salutò entusiasta.
“Bella festa” urlai, per sovrastare la musica.
“Grazie. Sei bellissima, comunque” mi disse. Oddio, che banalità. Mi imposi di sorridere. “Grazie”.
Poi mi allontanai tornando alla ricerca di qualcuno con cui scambiare più di un ‘ciao’, ma per altri dieci minuti non feci altro che girare per la casa.
Presi il cellulare, ma mi accorsi che lì non c’era campo. “Merda” imprecai.
Rialzai lo sguardo dal cellulare, che riposi nel mio reggiseno – l’unico posto sicuro.
E li vidi. Avvinghiati come cozze.
Lui la teneva per i fianchi, come teneva me.
E lei gli circondava il collo, come facevo io.
Sentii di nuovo gli occhi pizzicare. Scossi la testa, impedendo ai miei occhi di lasciar andare le lacrime.
 
 
Era Claire Dowson, la più grande troia della scuola. Mi guardava masticando la gomma, con i capelli biondi arruffati. Buttai un occhio al suo collo e notai diversi segni rossi.
Boccheggiai, non sapendo che dire. Non credevo a ciò che vedevo, assolutamente non era possibile.
Io per Liam ero diversa, no?
Noi eravamo fatti per stare insieme, no?
Il film era finito, ora c’era il ‘felici e contenti’, no?
Eppure l’evidenza dei fatti era così chiara.
“Chi è, Claire?” chiese la sua voce, da qualche parte che le tette della bionda mi impedivano di vedere.
E la rabbia mi assalì. Per il dolore adesso non c’era spazio. Era il momento di tirar fuori le palle.
Spostai la puttana e spalancai la porta, e lo vidi, in mutande sul divano palesemente sgualcito. Alla mia vista si immobilizzò.
“Sono io, Devonne” lo salutai, sorridendo. “Senti, ero passata per sapere come stavi. Vedo più che bene. Ora vado…” iniziai, sentendo la mia voce tremare “e ti sarei grata se non mi parlassi più, guardassi più o anche solo pensarmi più. Ok?” finii, ormai impedendo alle lacrime di scendere.
“Devonne, io…” provò a parlare.
“Non azzardarti a parlare” lo ammonii, puntandogli un dito contro. La mia voce era irriconoscibile e mi stavo vergognando da morire. “Ti saluta Niall” dissi, girandomi e uscendo di corsa da casa sua.
Ero distrutta.
 
 
Ripensai a quell’episodio, vedendo che quella Claire era la stessa che ora era appiccicata alle labbra di Liam.
Mi girai, distogliendo lo sguardo da loro due. Era la seconda volta che era lei a distruggermi.
Ma come potevo avercela con lei, se era lui ad avermi tradita e umiliata?
E la frustrazione più grande era stata vederlo fermo, immobile, senza espressione sul viso. Non avevo capito – e mai l’avrei fatto – se ci fosse rimasto male o no.
Non avevamo più parlato, da quel giorno.
Ci vedevamo tutti i giorni, pranzavamo insieme e le uscite con gli amici erano in comune, ma mai uno sguardo, un sorriso o una parola.
Senza rendermene conto mi ritrovai in bagno, con il viso inondato dalle lacrime e il cuore ancora più squarciato.
Chiusi a chiave la porta, appoggiandomi alle spalle e lasciandomi cadere giù, in balia del pianto e del dolore.
Ero ancora dannatamente e fottutamente innamorata di lui.
Perché?
Cosa aveva fatto per farsi amare?
Nulla. Non aveva fatto nulla per farsi amare, ma per farsi odiare il motivo lo aveva. E mi attaccai quel motivo per alzarmi, piazzarmi di fronte allo specchio, levare il trucco colato e sistemare come possibile quello che aveva resistito e aprire la porta del bagno per uscire.
Percorsi il corridoio che portava al salone dove c’era la festa, guardandomi le scarpe, sperando che facendo così avrebbero fatto meno male. Inutile dire che non funzionò, anzi, questo mi fece sbattere contro qualcuno.
Alzai lo sguardo pronta a chiedere scusa, ma le parole mi morirono in gola, vedendo gli occhi più belli che avessi mai visto.
No, non erano né azzurri, né verdi. Erano solo i suoi.
“Oh, ciao Devonne” mi salutò, come se nulla fosse. Mostragli che anche tu l’hai superata.
Mi misi il sorriso più falso del mondo. “Liam!” dissi, allargando ulteriormente il mio sorriso.
Falsissimo. E mi chiesi se avrebbe riconosciuto i miei sorrisi falsi, che quando stavamo insieme beccava sempre.
“Come stai?” chiese, infilandosi le mani in tasca. Aveva un viso rilassato. Era la prima volta che riparlavamo da soli daquella volta.  
“Bene, tu?” chiesi. Ti prego, non dirmi di Claire, o scoppio qui, ora.
“Tutto bene, ehm… ci si vede in giro” disse e si allontanò verso il bagno dal quale ero appena uscita.
Mi rigirai prendendo un grande respiro e ripresi a camminare verso il salone con la musica.
Quella sera non ci sarebbero state lacrime per Liam, solo tanto divertimento per me. Andai alla ricerca di qualcuno dei ragazzi, giusto per fargli sapere che ero viva, insomma, e trovai Ellie che stava con Harry e Louis. Oddio, ora uccido Tomlinson.
Già, perché io non avevo solo una migliore amica stupida, ben due! Esattamente.
Harry era un po’ il tipo da ‘non prendo una relazione seriamente perché fa poco figo’, ma in realtà era cotto da non so quanto della mia amica, che nominava Harry come ‘solo un amico’.
Ellie stava bevendo qualcosa parlando con Harry e Louis era lì fermo, che studiava il suo bicchiere. Mi avvicinai con l’intenzione di farli rimanere soli. “Ehi, ragazzi!” esclamai, avvicinandomi. Louis alzò il viso dal bicchiere e mi sorrise.
Era il mio migliore amico dai tempi dell’asilo. Come gli volevo bene, cavolo!
Lo andai ad abbracciare e poi salutai Ellie e Harry. “Oh, Lou!” urlai, prendendolo per un braccio improvvisamente e facendogli cadere il bicchiere che aveva in mano a terra. “Che sei scema?” mi chiese, ma non risposi. “Dobbiamo andare a chiedere a Collins se ha Just Dance!” dissi, fingendomi illuminata.
Non aveva senso ciò che avevo detto, ma non avevo scuse reggenti al momento, quindi mi limitai a fissare Louis sperando che capisse.
E così fece, si finse esaltato quanto me e mi portò via da quei due mormorando un ‘ci vediamo dopo’ agli altri due. Scappando notai che Ellie mi guardava ancora, e incitandola strizzai l’occhio.
Quando fummo abbastanza lontani da non essere visti – e con tutta quella gente, non ci eravamo distaccati di molto – mi lasciò. “Sono un idiota, non ci ho proprio pensato!” mi disse.
Lo tranquillizzai sorridendogli e lo spinsi in pista, dove iniziammo a ballare… ma non come gente normale. Come Louis e Devonne.
Ridevamo, più che ballare. Lui si muoveva fingendo di provarci con me e io rispondevo deliberatamente.
Tra noi era così. Zero problemi. Zero imbarazzo.
Da fuori avrebbero potuto pensare che avremmo fatto la fine dei migliori amici “Ellie-Niall”, che non erano assolutamente solo amici. E per un periodo, due anni prima, lo avevo pensato anche io, ma quando lo avevo baciato per levarmi ogni scrupolo, avevo pensato solo che non sarei stata capace di baciarlo per un secondo di più e staccandoci, avevamo entrambi scosso la testa, capendo che tra noi non sarebbe mai finita diversamente che da amici.
Continuammo a ballare per un’ora buona e, quando grondavamo di sudore – che bella cosa – decidemmo di andare a bere.
“Tesoro mio, vado a fare la pipì, ti dispiace?” mi chiese, lasciando sul tavolo, insieme agli altri ottocento, il bicchiere vuoto. Risi e annuii.
Continuai a bere, riprendendo fiato. E sentii il dj interrompere la musica. “Scusate gente, ma è d’obbligo… abbiamo tutti le orecchie in lacrime e ho fame, quindi mi faccio una pausa. Una bella e rilassante canzone per voi” disse, posando le cuffie e premendo qualche tasto sopra la sua console. Ma la canzone partì solo dopo che il dj fu lontano, e mi sorpresi. Conoscevo quella canzone come conoscevo Louis, e mi sorprendeva un sacco sentirla lì.
Ma nessuno si oppose, evidentemente troppo stanchi.
 
Remember love
Remember you and me
Remember everything we shared
On this planet when we cared
 
E appena partì, non riuscii a non immedesimarmi nella canzone, come facevo sempre ormai.
Se lo ricordava? Si ricordava tutto come ricordavo io?
Cercai una sedia libera, sentendo il grande bisogno di sedermi. Non dovevo piangere per Liam, me l’ero ripromesso. E non volevo sentirmi una piagnona quella sera.
 
Remember hearts
Remember unity
Remember laughing neighbours without expecting favors
Why be afraid
To make an honest mistake
If you acknowledge the pain
 
Se ne era pentito? Aveva mai pensato a cosa sarebbe successo se non avesse fatto quello? Aveva mai pensato a me, dopo avermi vista in lacrime andar via?
 
 
And you wanna change
You can get through anything
 
Aveva mai pensato davvero a cambiare? Aveva mai pensato davvero che fossi diversa dalle altre?
 
 
Do you remember at all
People walking hand in hand
Can we feel that love again?
Can you imagine it all ?
 
Come sarebbe, rifare tutto? Riprovare a stare insieme, senza calcolare l’ultimo dannato imprevisto.
 
 
If we all could get along
Then we all could sing this song together
Oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh
Singing
Oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh
 
 
Look at me
Look at you
 
Now look at me again
See we're not so different
 
Eravamo diversi eccome invece. Non avrei mai fatto una cosa del genere, io. Non avrei mai messo la parola fine alla nostra storia.
 
Look around
Take what you see
With throwing things outside our window
We don't care to keep it clean
 
Noi non eravamo così. Noi continuavamo a stare bene, a sorridere, a ridere e a divertirci. Non eravamo una coppia normale e a noi piaceva così. E perché mai avrei dovuto preoccuparmi di tenere pulita una cosa perfetta?
Eravamo perfetti, con le nostre imperfezioni. Io troppo stronza, magari. Lui troppo bimbo, a volte. Eppure non c’è mai stato un solo momento in cui avrei voluto andare via da lui.
 
I had a dream
Beauty was only skin deep
If we all just believe
That is all we need
Nothing else can set you free
Do you remember at all
People walking hand in hand
Can we feel that love again
Can you imagine it all
If we all could get along
Then we all could sing this song together
Oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh
Singing
Oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh
If we could throw away the hate
And make love last another day
Don't give up just for today
Life would be so simple
And when they talk about us
They gon' never stop us
We'll keep singing
Oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh
Come on, we'll keep singing
Singing oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh
Do you remember at all
People walking hand in hand
Can we feel that love again
Can you imagine it all
If we all could get along
Then we all could sing this song
together
Oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh
 
 
La canzone si chiuse, e ne partirono un paio che nemmeno sentii. Ero impegnata a pensare e a chiudere gli occhi quando sentivo pungere gli angoli.
Avevo il bicchiere tra le mani e continuavo a chiedermi se mai avessi fatto io qualcosa di male per meritarmi quello che aveva fatto.
Scossi la testa, quando mi accorsi che qualcuno mi stava chiamando. Alzai lo sguardo e trovai Robinson di fronte a me.
“Ehi, Dev. Come va?” chiese. Io sorrisi, cercando di essere convincente.
“Più che bene, te?”
“Bene, bene… ti va di fare due passi fuori? Ora torna il dj e non ho voglia di riavere le orecchie sanguinanti” mi disse, sorridendomi. Era carino, e, in fondo, simpatico.
Annuii, ripetendomi che forse avrei potuto pensare ad altro.
Lo seguii fuori dalla enorme villa, e fuori dal giardino, dove c’era comunque tanta gente. Rimanemmo sul retro, l’unica parte della casa non ancora affollata di gente. Sedemmo sul dondolo di casa Collins e prendemmo a chiacchierare un po’ di tutto. Poi si fece più serio.
“Posso farti una domanda?” chiese, timido. Acconsentii, facendogli promettere che non si trattasse di roba intima e pervertita. Aveva accennato ad una risata, notando il mio tono ironico.
“Tu e Payne… insomma, perché vi siete lasciati?”
Boom. Stomaco: brontolone. Cervello: in pappa. Cuore: sgretolato. Di nuovo.
Sospirai. “Se no-non vuoi… non preoccuparti” si affrettò ad aggiungere. Forse non sembravo calma nemmeno da fuori.
“No. Posso parlarne. Non è un segreto e non sono io a dovermi vergognare… più o meno” finii con un sussurro. Evitando che commentasse le mie ultime parole. “Mi ha tradita” risposi, semplicemente. Non aspettandomi assolutamente che mi sarei sentita come la prima volta che lo avevo detto ad alta voce. Possibile che non fosse cambiato nulla?
Robinson aggrottò le sopracciglia. “Assurdo” commentò solo. Non capii, ma poco mi importava.
“Comunque, è un idiota. Davvero. Anche perché, penso sia lui quello sa di più quanto tu piaccia alla parte maschile della scuola” spiegò, alzando le spalle.
Piacere alla parte maschile della scuola? Oh mio Dio.
Sorrisi e lo ringraziai del sostegno. “E comunque è passata. Io vado da una parte e lui affanculo” risposi, riuscendo ad accennare anche un sorriso. Wow, che falsa.
“Oh, meno male” continuò, sorridendo. E avvicinandosi.
Perché? Perché, diamine?!
Non mi piaci, Robinson! Nemmeno so il tuo nome, cavolo!
Era vicino, troppo. Rimasi ferma, incapace di fare qualsiasi cosa. Mi lasciai baciare.
Come una stupida. E solo allora mi accorsi del forte, fortissimo odore di alcol che aveva in bocca. Storsi il viso, disgustata. E provai ad allontanarlo.
Ma niente, teneva salda la sua presa su di me. E sui miei fianchi. Provai a staccarmi ancora, ma ottenni solo la sua bocca sul mio collo.
Iniziò a leccarmi. “Basta!” esclamai, tentando ancora di staccarlo da me.
Iniziai a provare una strana energia, nel corpo. Era paura.
Respirai profondamente. “Levati!” urlai ancora.
Non era il tocco dolce di Liam che ora stava succhiando la mia pelle. Non erano le sue mani ad accarezzarmi i fianchi, cercando di avvicinarmi a lui.
Non era nemmeno la sua voce rassicurante a dirmi di fidarsi di lui.
E le lacrime iniziarono a scendere.
Liam.
Robinson.
Che schifo. Mi dava fastidio che stesse toccando gli stessi punti di Liam. era lui ad averci lasciato il tocco, e nonostante tutto… io non volevo che nessun altro ci passasse sopra.
Mi divincolai maggiormente, spinta da quel pensiero.
Sentendo la sua eccitazione mi spaventai ulteriormente. E iniziai a urlare.
Come una pazza. Non mi importava, volevo solo che qualcuno mi portasse fuori da quella situazione.
Per favore.
La sua bocca era tornata sulla mia, per zittirmi. Spinsi ancora lui lontano da me. Ancora senza risultati. E quando tutto mi sembrava perso, qualcuno mi chiamò.
“Devonne?!” urlava preoccupato. Non era Liam. Era Louis.
Morsi il labbro inferiore di Robinson, cercando di allontanarlo dalle mie labbra per lasciarmi urlare.
Ma nulla. Staccò le labbra, che notai stavano sanguinando, me nemmeno il tempo di parlare che una sua mano mi tappò la bocca.
“Ma che cazzo fai?!” urlò Louis, evidentemente mi aveva trovata.
Era alle mie spalle e cercai di girarmi per chiamarlo, ma non feci in tempo perché già una chioma bionda e una nera erano impegnati a staccarmi Robinson di dosso. Mi coprii istintivamente il viso con le mani e scoppiai a piangere.
Louis mi si avvicinò e mi strinse a sé. “Oddio mio. Devonne, ti prego scusami!” disse, scosso dalla paura anche lui. Mi strinsi solo più forte a lui, ricordandomi che quando avrei ripreso la capacità di parlare e ragionare avrei dovuto prenderlo a pizze per ciò che aveva appena detto.
Singhiozzai sulla sua maglietta. Aprii solo un occhio, e vidi Zayn e Niall che atterravano Robinson. Non feci altro che ringraziarli col pensiero. Prima di chiudere gli occhi e perdere i sensi singhiozzando.
 
 
Ero nella mia stanza. Circondata da gente.
“Sentite, se volete andate pure… resto io” riconobbi Louis. Aveva un tono tristissimo. Dio, che idiota era?!
Ricordai improvvisamente e sentii dei brividi.
Comunque, aprii gli occhi per annunciare il mio risveglio. “Sì, Louis, perché ti lasciam… si è svegliata!” urlò Ellie, avvicinandosi a me. Mi tirai su senza problemi dal letto e rimasi seduta.
La testa girava e mi sentivo ancora scossa dai brividi.
Louis sorrise e si sedette sul letto, facendo attenzione a non pestarmi. C’erano anche Harry e Zayn, ma si tenerono a debita distanza da me.
Zayn mi sorrise, però, appena incrociai il suo sguardo. Risposi allargando il mio sorriso e tranquillizzai un po’ tutti con lo sguardo.
“Devonne, io non so come…” iniziò Louis. Lo interruppi sbuffando. “Se hai intenzione di sentirti in colpa per quello che è successo, io giuro che ti caccio da casa mia” gli dissi, seria.
“Devonne, sono serio. Se non avessi perso tempo al bagno, tu…”
“Mi sono scordata di te, Lou. Ero presa dalla canzone e mi sono seduta. È arrivato voi-sapete-chi e poi…” mi interruppi, sapendo che avevano capito.
Louis mi sorrise e gli feci segno di abbracciarmi. “Grazie” gli sussurrai.
Si staccò e dissi la stessa cosa a Zayn. “Oh, non è me che devi ringraziare per quello. Hai visto solo me e Niall che gli abbiamo fatto uscire sangue dal naso” iniziò, beccandosi un’occhiataccia da Harry. Fu quasi indeciso se smettere o no, ma lo incitai a farlo.
“Be’… Liam lo ha mandato in ospedale” finì Louis. E mi bloccai per un secondo.
Sapevo che aveva sempre odiato Robinson – nemmeno sapevo il perché, però… non me lo aveva più detto, in effetti – ma non credevo che avesse usato un qualsiasi pretesto per fargli così male.
Annuii. “Ragazzi,” chiamai, evitando il discorso, “andate a casa”.
“Cosa?” chiese Harry sorpreso.
“Oh, andiamo. Sono le quattro!” spiegai, indicando la sveglia accanto al mio letto.
Louis rise. “Tu pensi che io ti lascerei sola? Perché, poi? Perché sono le quattro!”
Sbuffai. Con lui non avevo speranza, vero. “Bene, allora resta lui. Voi andate, io sto bene” dissi. Già a quel punto Louis si tranquillizzò, e dopo vari tentativi riuscimmo a mandarli a casa con la promessa che il giorno dopo l’avremmo passato insieme a casa di Zayn, che aveva i suoi genitori fuori.
I miei sarebbero tornati tra dieci ore, quindi non si poteva fare.
 
 
Io e Louis ci addormentammo abbracciati, per poi risvegliarci il giorno dopo alle dieci di mattina con un sonno tremendo. Ma lui doveva andarsi ad allenare a mezzogiorno e non era il caso che facesse tardi.
“Sicura che non vuoi che resti? Io posso saltare…”
“Non ti azzardare! Ci vediamo dopo pranzo da Zayn, e non rompere” gli risposi, dopo il suo ennesimo tentativo.
Lui mi sorrise, e dopo avermi baciata in fronte con troppa delicatezza, era scappato a casa a prepararsi.
Passai la mattina con le cuffiette, per evitare di pensare. Offuscai il cervello alzando al massimo.
 
Skyscraper. Total Eclipse Of The Heart. My Heart Will Go On. Be Alright. Believe. Fix A Heart. Hall Of Fame. Catch Me.
 
Le stesse a ripetizione. E alla fine piansi più per la playlist creata che per i miei pensieri. Avevo rivissuto la scena della sera precedente, dopo vari tentativi di scacciarla, avevo deciso di affrontarla.
Mi ero spaventata come nella situazione, ma poi ricordai che al mondo c’erano cose peggiori, e che le avevo vissute.
Un esempio?
Faceva più male ricordare del bacio di Liam e Claire. Faceva più male anche ricordare che Liam mi aveva tradita.
O che non stavo più con lui.
O che ormai le mie notti erano passate a piangere.
Alla fine, non ero stata stuprata e l’unico segno che avevo era un succhiotto appena accennato, bloccato dal mio tentativo di urlare.
Non ero drastica, e odiavo le persone vittimiste.
Passata. Ormai era tutto passato.
Verso l’una mangiai, correndo poi da Zayn. Sarei andata a piedi, perché di prendere il motorino non mi andava e la macchina ancora di meno. Erano dieci minuti, e comunque un po’ d’aria mi avrebbe fatto solo bene.
Presi cuffiette e cellulare, scrivendo ai miei che avrei passato il pomeriggio da Zayn.
Prima di uscire, però, ricordai che per quanto l’avessi presa bene, quella sera c’era stata. E anche i segni. Mi toccai il collo e andai a prendere una sciarpa dall’armadio.
 
Arrivai davanti alla porta di Zayn e suonai.
La porta si aprì, e vidi chi meno mi sarei aspettata di vedere. Che stupida, in fondo lui era parte del gruppo, no?
“Ciao” disse, senza espressione sul viso, stranamente.
Salutai anche io, poi mi diressi dentro e sperai che ci fossero tutti: più gente c’è, meno si sente lui.
La solita fortuna, insomma. C’era solo Zayn. Il moro mi salutò calorosamente, chiedendomi come stessi.
“Bene, davvero Malik” lo rassicurai, abbracciandolo. Levai il giacchetto e posai la borsa, tenendo la sciarpa, e sentii entrambi gli sguardi dei ragazzi su di me.
Dopo cinque minuti di imbarazzante silenzio, Zayn ci informò che sarebbe andato a fumarsi una sigaretta.
E – ebbene, erano questi gli effetti – mi accorsi di quanto mi mancasse fumare. Non ero dipendente, ma da quando le cose avevano iniziato a girare storto, le sigarette erano entrate nella mia vita.
Avevo fumato il venerdì prima, l’ultima volta, e ne avevo voglia.
“Me ne offri una, vero Malik?” chiesi, con la voce da bimba. Lui sorrise e scosse la testa.
“E da quando fumeresti?” chiese Liam, evidentemente infastidito.
Da quando mi hai messo le corna, coglione.
“Non fumo, me ne faccio una ogni tanto col mio Malik” spiegai, secca, dirigendomi verso il balcone con Zayn. Liam ci seguì. Epporcazzoccola!
Ne tirò fuori una, che si mise in bocca, e poi mi passò il pacchetto. Ne tirai su una a caso e la infilai tra le labbra. “Accendino?” chiesi. Lui lo tirò fuori dalla tasca e accese prima la mia e poi la sua.
Aspirai subito. “Sai che è così che si prende la dipendenza?” chiese ovvio, Liam. Mi girai e lo squadrai.
Non gli buttavo in faccia solo perché non volevo rovinarmi il pomeriggio con gli amici, quindi mi limitai ad annuire.
Zayn aveva un’espressione preoccupata.
Il mio cellulare prese a vibrare. Ellie.
“Ehi” risposi.
“Devonne, Harry ha avuto un problema con la macchina, lo vado a prendere, ma visto che è al mare non faremo in tempo” mi spiegò.
“Oh…” mormorai, con la netta sensazione che Harry l’avesse perfetta la macchina.
“Quindi non veniamo. Ci vediamo domani, scusate!” disse, frettolosa.
“Tranquilla, un bacio!” salutai.
Agganciai e vidi i visi dei presenti guardarmi interrogativi. Spiegai la situazione e chiamai Ashley.
“Pronto?” mi rispose, con il fiatone.
“Cosa è successo?” chiesi, sentendola affaticata.
“Niall” disse, prendendo fiato. “Mi ha chiesto di accompagnarlo a fare il regalo per la madre… il compleanno è domani e l’aveva scordato. Sto correndo da lui”
“Quindi non venite?”
“Non ce la faremo mai…” spiegò.
“Ok” era una sindrome?
“A domani, tesoro. Saluta tutti” e attaccò. Zayn spense la sigaretta che aveva finito, mentre io ero ancora a metà. “Nemmeno Ellie e Niall, eh?” chiese conferma Liam. Scossi la testa.
“Si è svegliato, quell’idiota!” esclamò Zayn entusiasta. Sorrisi, e mi concentrai sulla mia sigaretta.
Aspirai diverse volte, senza essere interrotta, fino a finirla. Poi Zayn propose di rientrare e sentire Louis che era in ritardo.
Annuì e lasciai che lo chiamasse lui.
Con mio enorme dispiacere, dopo la chiamata che avevo sentito, ero sicura che nemmeno Louis sarebbe venuto. Evvai.
“Hanno trattenuto Louis al campo” spiegò Zayn. Sbuffai.
“Mi dispiace, Dev” mi disse ancora, il moro. Lo guardai e sorrisi, non capendo. “Di cosa?” chiesi.
“Be’, ieri te l’avevano promesso…” iniziò.
“Tranquillo! Anzi, sono super felice per Ellie e Harry e e per Niall e Ashley” lo interruppi.
Andai a sedermi sul divano, adocchiando 10 Giorni Per Farsi Lasciare sul mobile dei DVD, e data la mia adorazione per quel film, lo proposi.
Entrambi si mostrarono d’accordo e si sederono. Ovviamente Zayn aveva l’intelligenza sotto la scarpe e si sedette sulla poltrona, costringendo Payne a sedersi sul piccolo divano con me.
Durante tutto il film guardai i suoi movimenti, e mi rallegrò un po’ sapere che non erano cambiati.
Cambiava posizione ogni minuto, si rannicchiava, si toccava i capelli e, cosa che in quel momento nemmeno osava pensare, aveva un voglia matta di sdraiarsi.
Ma come poteva fare? C’ero io.
Sentivo caldo, ma non potevo levare la sciarpa, così la allentai un po’. Levai anche le scarpe e mi misi più comoda sul divano, mettendo i piedi sopra.
Sfiorai la sua gamba col piede destro e mi sentii terribilmente in imbarazzo. “Scusa…” mormorai, spostando il piede.
Lui mugugnò qualcosa di incomprensibile e tornò a guardare il film.
“Vado in bagno” disse Zayn, alzandosi e dirigendosi verso il corridoio.
Ero imbarazzatissima, ma per quella volta, la fortuna mi aiutò. Il mio cellulare, che era sul tavolo, vibrò costringendomi ad alzarmi.
Ma lo feci con troppa velocità, dimenticandomi di aver allentato la sciarpa… e questa cadde.
Boccheggiai guardandola a terra. Mi girai verso Liam, sperando non ci avesse fatto caso, invece mi stava guardando esattamente dove sapevo che ci fosse il segno rosso.
Mi chinai velocemente riprendendo la sciarpa, ignorai il telefono e mi risedei nel completo silenzio.
Non mi azzardai nemmeno a guardarlo. “Perché l’hai seguito?” mi chiese, con voce dura. A quel punto, affrontai la paura e ignorando Kate Hudson che faceva la pazza, mi girai. Aveva i pugni stretti e mi guardava ancora nel punto che avevo coperto. “Cosa?” chiesi.
Stava scherzando, vero?
“Te l’ho sempre detto che di quello non ti ci dovevi fidare” spiegò, puntando i suoi occhi nei miei.
Strabuzzai gli occhi. “Mi stai dicendo che è colpa mia, se è successo quello che è successo?” chiesi, per essere sicura.
“Non essere stupida” disse. Ah, ma scherzava! Vi prego, ditemi che stava scherzando! “Non lo penserei mai” continuò.
“Mi chiedo solo perché tu l’abbia seguito” continuò.
“Non vedo perché tu debba avere risposta” ribattei.
“Che vuol dire questo?”
“Nulla” risposi, fredda. Girai lo sguardo e continuai a guardare il film.
Sentii Liam sbuffare, poi prendere fiato per parlare ma lo interruppi. “Non hai diritti su di me, ok? Non li hai da quando hai fatto entrare, hai chiamato o in qualunque modo sia successo, da quando hai fatto quello che hai fatto con Claire” dissi fredda. Sentivo già lo stomaco iniziare a piangere e il cuore già stava di nuovo staccando i pochi cerotti che avevo riattaccato dal giorno prima.
“E non voglio che tu faccia o dica nulla, perché ho bisogno di ricominciare. E ho già il fatto che tu non mi abbia nemmeno più guardata dopo quello, come ostacolo, non ti ci mettere anche con le uscite poco azzeccate” finii.
Lui mi guardò male. “Cosa avrei dovuto dirti? ‘Sì, ti ho tradita’?” chiese, alzando la voce. Sentii gli occhi pizzicare irrimediabilmente. Lo aveva detto.
Era la prima che lo sentivo. E fu più doloroso di vederlo.
Chiusi gli occhi. “Non sono riuscito a venire da te, per sentirmi dire che era finita” continuò, riabbassando la voce.
Continuai a tenere gli occhi chiusi. “Avevo paura di scoppiare davanti a te, e non sarebbe stato da me. Io non…”
“Basta” sussurrai, ma lo sentì, perché richiuse la bocca. “Sono stata un mese e mezzo senza parlare con nessuno che non fossero i soliti. Ho passato più giornate al mare che a casa. Ho pianto più di quanto non avessi mai fatto. Ho… ho iniziato a fumare, per quello che mi hai fatto!” urlai.
Ormai era chiaro che Zayn stesse solo rimanendo di là per noi, per farci parlare.
“Ma nonostante ciò non mi sono comportata da codarda: ho continuato ad uscire anche con te presente. E sono arrivata a chiedermi cosa avessi fatto di male per farmi odiare così tanto da te da farmi una cosa del genere!” urlai, ormai avevo le lacrime che arrivavano sotto il mento.
Deglutii. “Ma ora ho capito: sei stato un vigliacco. Non era un problema nella nostra storia o nel nostro rapporto… il problema era tuo.”
Liam non mostrò nemmeno un’emozione. “E non illuderti: Robinson non mi ha fatto nemmeno un quarto del male che mi hai fatto tu” dissi. Mi alzai, presi le mie cose e uscii di casa.
Iniziai a scendere le scale, con una lentezza esasperante.
Io lo amo ancora, cazzo.
Arrivai al portone in dieci minuti di tempo, ma mi fermai lì. Cercai di rimuginare su tutto ciò che mi aveva detto, e trovai solo enormi punti interrogativi.
 
 
Sentii il passo di qualcuno correre per le scale. Quando si fece più vicino mi affrettai ad uscire, ma lui fu più veloce. “Devonne” chiamò, rotto dal respiro pesante.
Non mi girai, ma uscii dal portone e rimasi in cortile.
“Girati”.
Rimasi ferma. “Per favore, Devonne” mi ripeté. E in quella voce sentii lo stesso ragazzo che mi aveva invitata ad uscire per due mesi di seguito. Mi girai.
Era lì, con il petto che si alzava e abbassava.
“Non sono andato a letto con Claire” disse. Aggrottai le sopracciglia. “Cioè, qualcosa è successo. Ma poi l’ho fermata. La fermai per lo stesso motivo per cui la chiamai: ero innamorato”.
Ero innamorato.
Innamorato.
Ero.
Si avvicinò, fino ad arrivare a un passo da me. “Avevo paura che non ricambiassi o che lo facessi, che sarebbe finita o che sarebbe continuata. Avevo il terrore di ogni cosa ti riguardasse. Eri mia, ma l’unico che non l’ha capito mai sono io. Io ero arrivato oltre ogni limite, per me. Ero… innamorato, capito? Io!” mi disse, quasi scandalizzato dalle parole che mi stava rivolgendo.
In quel momento non provavo nulla. Solo confusione.
“Non potevo essere innamorato… era troppo presto. E quindi mi sono detto che se ti avessi tradita, avrei messo fine ai miei dubbi, capendo che non lo ero… non ha funzionato. O almeno, ha funzionato al contrario. Non sono riuscito ad arrivare al punto, ha fatto tutto lei: non riuscivo a muovere nemmeno un dito”.
Chiusi gli occhi. Non stava davvero accadendo. “La stavo mandando via quando sei arrivata. Non so nemmeno come mi sarei comportato, se non lo avessi scoperto da sola” e dopo quelle parole mi sentii in dovere di parlare.
“Non mi pento di essere venuta da te: sono sicura che avresti tenuto la bocca chiusa” dissi, incrociando le braccia al petto.
Lui abbassò lo sguardo.
“Io non credo” poi ripiantò i suoi occhi nei miei. “Te ne avrei parlato, pregandoti di rimanere con me”.
“Liam, io…” iniziai, non sapendo nemmeno cosa volessi dire.
“No, aspetta. Lo sai che con le parole faccio schifo: sono più bravo a gesti. Ma devo dirtelo, perché è da un mese e mezzo che mi ripeto di doverlo fare…Io ti amo”.
Ti amo. Ti amo.
Oh merda. Sentii le gambe cedere, ma rimasi ferma, immobile, senza sapere cosa fare.
“E lo so che non te l’ho dimostrato, però… io… non lo so” disse. Poi respirò un paio di volte profondamente. “Speravo di riuscire a fare una di quelle dichiarazioni d’amore lunghe e commoventi, spiegandoti il perché di questo… ma la verità è che non so perché ti amo. Ma so che è così, perché non è possibile che tu mi piaccia solamente. Io vorrei starti vicino sempre, baciarti, ridere con te, abbracciarti, proteggerti in ogni momento: e questo non è solo piacere” riprese il discorso.
Lasciai ricadere le braccia sui fianchi. Avevo la mente offuscata.
Lui si avvicinò ancora di più a me e mi prese le mani, guardandomi negli occhi. “Voglio solo che tu mi perdoni, non ti sto chiedendo di tornare con me. Solo che… l’idea che tu mi odi mi manda fuori di testa”.
Era un idiota. Per il tradimento lo avevo perdonato la settimana dopo. Non gli avevo mai perdonato di avermi dimenticata così in fretta, in realtà. E vidi la speranza nei suoi occhi. Era la stessa che aveva visto Niall in me, quando gli avevo detto che sarei andata da Liam. 
 
 
“Vedo che non è stato solo Liam a migliorare grazie a questa storia” aveva detto Ellie, un giorno.
 
“Cavolo, avete la stessa luce negli occhi… è abbastanza impressionante” mi aveva ribadito Louis, un'altra volta.
 
“Sai, non credo che riuscirei ad immaginarvi con qualcun altro ora che vi siete trovati” le parole di Zayn.
 
 
Possibile che tutti lo avessero capito, tranne noi?
“Tu sei già fuori di testa” mormorai solo. Sapevo che con quel commento – inutile per occhi esterni – avevo dato la certezza a tutte le sue speranze. Significava sì, a ricominciare le risate continue. Sì, a fare l’amore ogni volta che si poteva. Sì, al prendersi a schiaffi in faccia scherzando. Sì, a noi due.
Lui sorrise, mostrando i denti. Risposi al sorriso, un po’ meno entusiasta.
Aspettai che mi baciasse, ma non fu così. Mi abbracciò.
Un po’ titubante risposi all’abbraccio e per un momento pensai che forse, quella battuta, solo per me significava tante cose. “Scusami, io non so come altro chiederti perdono” sussurrò, tenendomi tra le braccia.
E capii perché non mi aveva baciata. “Tu stai con Claire, ora” dissi, sul suo petto.
Lui mi staccò e mi guardò male. “Io che?”
“Tu e Claire” spiegai. “No! Io e lei… no! Abbiamo ripreso a parlare l’altro ieri, mi
ha chiesto di fingere per uno che le piace, ma ti giuro su ciò che vuoi, Devonne, che non sono stato con nessun’altra. Vedevo te anche nelle altre!” mi spiegò. Prendendomi il viso tra le mani. E sebbene fui molto sollevata dalla cosa, non sembrava ancora intenzionato a baciarmi. “E allora perché non mi stai baciando?” chiesi, quasi esasperata.
Lui sorrise. “Perché ieri, mi maledirò per sempre per questo, uno psicopatico, maniaco che farà una brutta fine a scuola ti ha costretto a essere baciata e non voglio che tu associ me a lui”.
“Liam, io ti amo! Pensi che potrei mai confondervi?”
Non mi resi conto di ciò che avevo detto finché non mi accorsi del sorriso spontaneo sulla bocca di Liam. “Tu che?”
E arrossii violentemente. “Be’, pensavo l’avessi capito: ero venuta da te per dirtelo” risposi, sicura che non ci fosse il bisogno di ripeterlo.
“Dirmi cosa?” chiese ancora. Ecco, appunto. Possibile che ogni fottuta sicurezza andasse via con lui affianco?
“Io ti amo” dissi, convinta. E non aspettai un secondo di più per ricevere finalmente quel bacio.
 
 
 
Per tutta la settimana seguente ci sentimmo sparlare dietro, ma poco importava. Il nostro gruppo era tornato a sorridere.
Ashley e Niall stavano insieme, finalmente. Ellie e Harry li avrebbero seguiti con un po’ di tempo, perché avevano deciso di fare le cose con calma.
Inutile dire che erano finiti con le lingue appiccicate alla prima uscita. Io e Liam eravamo tornati io e Liam.
Avevamo parlato molto, dopo la nostra chiacchierata sotto casa di Zayn. mi aveva chiesto scusa mille volte, per poi ricominciare a prendermi per il culo, ovviamente. Gli avevo spiegato quale fosse stato il mio problema, e che non c’entrasse nulla con il tradimento – non che non ci fossi rimasta malissimo.
Ci eravamo chiariti in ogni particolare e ora andava bene così.
Non passavamo le ore al telefono, nemmeno ci ripetevamo ogni giorno quanto ci amavamo.
Comunque, Robinson – che avevo scoperto, si chiamava Mark – si era ripresentato a scuola dopo due settimane, e nemmeno ci guardava. Liam aveva stretto i pugni e mi stringeva a sé ogni volta che passava.
“Non mi perdonerò mai a pensare di averti fatto stare più male di quanto abbia fatto lui” mi disse, mentre mi teneva stretta con un braccio intorno alle mie spalle. Mi girai e notai che Robinson ci era appena passato davanti.
“Già, peccato che tu mi abbia ripagato di tutto il dolore facendo solo un discorso” gli risposi, nascondendo che in realtà avevo detto una cosa dolce.
Mi aveva stretto di più.

 




Ciao a tutte!
Questa è il assoluto la prima 'cosa' che pubblico. 
Ho una paura tremenda, ma ci terrei a sapere un pensiero altrui.


Allora, Devonne è ispirato a Demi Lovato come personaggio, in tutto e per tutto.

La canzone nel testo è 'Together' di - appunto - Demi Lovato e Jason Derulo.  


Va be', basta. 
Lasciate un commentino :) 
Grazie di aver letto, davvero.. non sapete quanto questo sia importante per me. 
  
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