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Autore: Lisbeth17    12/10/2012    3 recensioni
Dal I capitolo:
“Mi dispiace molto Lucia, ma non è più una cosa discutibile, è una richiesta del Pubblico Ministero e visti i magri risultati ottenuti finora, non possiamo opporci. Non ti obbligo a collaborare in prima persona, ma devi mettere a disposizione uno dei tuoi uomini che farà da collegamento.”
“Mi sembra di capire che non ho molta scelta.”
“A questo punto no, posso capire la tua frustrazione ma non possiamo esimerci da una così chiara richiesta del magistrato.”
“Va bene generale metterò a disposizione uno dei miei uomini, quando dovremmo cominciare?”
“Questa sera passerà il Vice Questore aggiunto Andrea Manzi.”
“E per questa sera avrò delegato a qualcuno quest’operazione coordinata.”
E' passato un anno e molte cose sono cambiate, mentre altre invece purtroppo no.
I nostri Ris perderanno le redini dell'indagine.
Un commissario speciale.
Sempre Pugliese.
NB: Non è una L&O
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Between the laboratory and the police'
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The end of the game


Quando quella mattina Orlando era arrivato in caserma, aveva notato immediatamente che qualcosa era cambiato nell’aria, Lucia e Adriano si comportavano in maniera strana, e quest’ultimo sembrava particolarmente intenzionato a non averlo intorno.
Troppo stufo e stanco di discutere aveva lasciato la caserma dopo essersi fatto accordare il permesso, e fatto assicurare da Daniele che non c’era alcuna novità e che se Adriano sembrava strano era, semplicemente, perché normale non era mai stato. Si era rifugiato, come spesso faceva in quel periodo a casa del tenente Bartolomeo Dossena, Eleonora non era per niente disturbata dalla sua presenza, anzi cercava di tranquillizzarlo in ogni modo possibile, permettendogli di giocare con il piccolo Andrea e di prendersene cura. Voleva che si distraesse, incanalando le sue energie in pensieri positivi, prendendosi cura di qualcuno, che in quel preciso momento, purtroppo, non poteva essere la sua bambina da lui allontanata perché non potesse correre pericoli, né sua moglie, incinta, che avrebbe voluto osannare e servire per ogni istante di quella miracolosa gravidanza.
Bart era tornato con Daniele da poco, era davvero tardi quando avevano varcato la soglia di casa, erano le undici passate, stavano cenando in cucina, mentre Ele lavorava nel suo studio a un articolo, e Orlando con il piccolo Andrea in braccio, guardava fuori dalla finestra, quella luna che faceva capolino era così piena quella notte che una lacrima silenziosa scese sul suo viso, l’ultima si disse, prima di cominciare a sussurrare all’orecchio del suo figlioccio parole che dovevano essere di speranza.
«Daylight 
I must wait for the sunrise 
I must think of a new life 
And I mustn't give in. 
When the dawn comes, tonight will be a memory too 
And a new day will begin.»*
Il piccolo Andrea gli posò una mano sul viso, come se anche lui volesse partecipare, come a dargli anche lui la forza e la rassicurazione che tutto si sarebbe aggiustato.
E dopo quasi tre settimane da quando sua moglie era stata rapita, Orlando, sorrise.

Lupo la stava lasciando slegata, la giornata appena vissuta aveva cambiato entrambi, e quando quella sera era tornato, Erika già dormiva, mentre lui e Andrea seduti al tavolo della cucina avevano la testa china su diversi fogli.
«Vuoi collaborare?!» gli chiese Andrea spazientita, mentre il lupo disegnava spirali sul foglio che aveva davanti.
«Abbassa la voce commissario!» le disse lui regalandole uno sguardo glaciale.
«Ho capito, ma qui sto facendo tutto io, dammi pure la pistola che me la punto alla testa da sola, no?!» gli rispose Andrea stizzita.
«Che cos'hai che ti rode tanto?! Ti sei offerta tu di collaborare alla stesura della rivendicazione.»
le disse lui posando la penna e smettendo di fare quelle spirali che mandavano Andrea ai pazzi.
«Non mi sembra di essermi offerta così spontaneamente, e poi perché doveri saperne più di te?! Faccio il commissario, mica sto con l’ Anonima sequestri!» rispose lei stizzita.

Mario alzò la testa per fissarla, per un lungo momento lasciò scorrere lo sguardo su di lei, su quel corpo che gli sembrava diverso, su quell’umore altalenante,
su quella stanchezza che spesso la colpiva. Sempre più certo che la sua prigioniera fosse in stato interessante, e di esserne completamente ignara, decise di non provocarla. Si chinò per scioglierle la caviglia incatenata al tavolo.
«Fatti due passi, rilassati, mi stai facendo girare le palle! Torna quando sarai più collaborativa! C’è una splendida luna piena, vai alla finestrella ma…»
«… non fare stronzate! Sei un disco rotto! E poi voglio vedere quando ti ricapita un ostaggio più collaborativo di me.» gli rispose Andrea canzonandolo.
«Se le cose vanno come devono andare, tu sarai il mio primo e ultimo lungo sequestro.» le disse lui, poi facendole con la mano cenno di andare, di girare a largo.

Andrea si alzò, grata per quella concessione, conscia di essere stata davvero insopportabile quella sera. Certo il suo carattere era quello che era,
ma rispondere in quel modo al suo carceriere era davvero da idioti.
Arrivata di fronte alla finestrella, però tutti i suoi pensieri sparirono, Mario aveva ragione, la luna era piena e splendida, con la sua luce illuminava l’antro di quel palazzo,
che lei non riusciva a riconoscere, creando un bellissimo gioco di luci.
Cominciò a canticchiare, senza nemmeno rendersene conto, e pensando unicamente all’uomo che voleva, in quel momento, che la stringesse forte tra le braccia.
«Memory, All alone in the moonlight 
I can dream of the old days 
Life was beautiful then 
I remember the time I knew what happiness was 
Let the memory live again.»

Mario si voltò a guradarla, il tempo per scorgere una lacrima silenziosa rigarle il volto. Decise di lasciarle ancora un momento prima di richiamarla all’ordine.
Andrea si asciugò rapidamente quella maledetta lacrima sfuggita al suo controllo, decidendo in quello stesso momento,
che non avrebbe più ceduto alla disperazione. Si voltò con una maschera d’indefferenza sul volto per tornare a sedersi accanto a Mario.

«Tu hai ancora il mio portafoglio?» gli chiese mentre tornava a sedersi, il lupo annuì semplicemente e lei continuò
«Manda i miei documenti, e il mio tesserino alle testate più importanti, insieme alla rivendicazione,
sono prove che stai dicendo il vero e decideranno di pubblicare piuttosto che approfondire.»
Mario annuì, lei era molto collaborativa, lo stava aiutando, e lui si godeva quella vittoria crogialandosi dentro per quella collaborazione.

Ignaro di quanto Andrea Manzi, vice questore aggiunto della Repubblica Italiana, non facesse mai niente per niente.
 
Adriano era arrivato in ufficio prima degli altri, lasciando dormire Lucia, che si sarebbe mossa con i suoi colleghi,
era certo che Orlando non era un cretino e che presto o tardi si sarebbe reso conto di quanto stesse accadendo tra lui e il suo capo, e non l’avrebbe presa bene.
Era sesso?! No, assolutamente no, lo sapevano bene entrambi, Adriano si stava innamorando, di nuovo, dopo quasi venti anni dell’unica donna sulla quale non avrebbe mai scommesso; e lei, lei sembrava egualmente presa.
No, Orlando, non l’avrebbe presa bene in quel momento preciso.
Con la testa fra le mani, non si rese conto di qualcuno che era entrato nell’ufficio e si era comodamente seduto di fronte a lui.
«Probabilmente, se glielo dici, è meglio rispetto al fatto che lui ci arrivi da solo.» Salvo aveva parlato piano.
«Non credo che un ufficio con le pareti di vetro sia il posto più adatto.» rispose Adriano fissando i suoi occhi chiari in quelli del commissario.
Come gli succedeva solo con Andrea, anche con lui riusciva a capirsi con poche parole e semplici sguardi.
«Chiudetevi in una cella di sicurezza, ma diglielo, sennò se lo scopre da solo, dovrai arrestarlo davvero.» aggiunse il commissario senza interrompere quel contatto visivo.
«Non la sto anteponendo ad Andrea.» disse piano Adriano, era quasi una figlia per lui e sentiva di doversi giustificare.
«Stai facendo il tuo lavoro, lo so io, come lo sa lei, ma lui, adesso, non è lucido.» gli rispose il commissario regalandogli un sorriso.
 
Quella conversazione così calma e così necessaria fu interrotta da Lucia, che come una furia bionda si precipitò nell’ufficio, seguita da molte persone.
«Questo che cosa significa?» disse agitata ad Adriano, mettendogli davanti un tablet, aperto sull’edizione online de ‘Il Messaggero’.
Vice questore della Repubblica Italiana da settimane nelle mani del pluriomicida Mario Pugliese…
Adriano istintivamente guardò Bart, che scosse energicamente la testa, sua moglie non c’entrava niente.
«Daniele porta quest’articolo sullo schermo grande.» disse Adriano, invitando tutti al tavolo di vetro, nello spostarsi anche lui, sfiorò la mano di Lucia in quella che voleva essere una carezza alla quale lei rispose con un dolce sorriso.
Peccato, che quello spettacolo non fosse rimasto solo loro, e un Orlando confuso li guardava stranito.
«Adriano la stessa notizia, con diverse foto compare su altre testate online.» aggiunse il capitano riccio.
«Ci sono telecamere e giornalisti alle porte della caserma.» aggiunse Bart dopo essersi affacciato.
«Come diavolo l’hanno saputo?» sbottò impaziente Ghiro, mentre Adriano leggeva velocemente l’articolo comparso sullo schermo grande.
«Parlano di fonte attendebile, prove che avvalorano la tesi in loro possesso e denigrano apertamente le forze dell’ordine.» disse Orlando dopo aver letto l’articolo.

«A questo punto dobbiamo dedurre che sia stato Mario a informarli, andate nelle sedi dei giornali che hanno reso nota la notizia,
fatevi dare tutto il materiale che hanno ricevuto e portate qui i giornalisti autori degli articoli, magari anche i redattori,
voglio sapere perché nessuno di loro abbia pensato di mettersi in contatto con le autorità ma abbia solo pubblicato il tutto,
se è necessario, o se solo provano a opperre resistenza nel consegnarvi le prove, arrestateli per intralcio alla giustizia.»

Tutti si erano voltati, con la mascella caduta per terra dallo stupore; perché quelle parole, dette con quella decisione,
non venivano dalla bocca di Adriano, sempre più spesso l’unico che ordinava, erano venute dal biondo capitano, che aveva gli occhi illuminati da una luce nuova.
Tutti si erano voltati basiti, tutti tranne lui, lui aveva già cominciato a vedere la rinascita di quella fenice bionda che gli stava facendo perdere la testa.
«C’è qualcosa di poco chiaro?» continuò Lucia incrociando le braccia al petto. «Muovetevi, Bart coordinati con la territoriale per le perquisizioni.»
«Se non incrociavi le braccia al petto, sarebbe stato meglio ma, bentornata Charlie.» gli disse Adriano dolcemente, e Lucia gli regalò uno sguardo molto dolce.

«Credo di aver bisogno di una spiegazione!» li freddò la voce gelida di Orlando, unico rimasto nella stanza con Lucia, Adriano e il commissario.
«Perché che tu te la scopi mi pare ovvio, ma c’è la vita di mia moglie in gioco e non credo che tu sia abbastanza distaccato da poter seguire questo caso.» aggiunse Orlando con una freddezza nella voce che in molti faticavano ad attribuirgli.
Adriano strinse i pugni, per contrastare il desiderio di spaccargli la faccia per la poca educazione mostrata; Lucia era a testa bassa, sconvolta dalla freddezza esposta; mentre il commissario scuoteva la testa, consapevole che forse una reazione del genere sarebbe potuto essere evitata.
«Non è come credi.» provò a dire il commissario intromettendosi.
«Io non credo, io vedo. Ora, poiché è mia moglie la persona rapita, una donna della quale credevo a lui interessasse qualcosa,
questa nuova liaison la può mettere ulteriormente in pericolo.» disse stringendo anche lui i pugni «Mi hai chiesto di fidarmi di te, giusto?! Beh, io non mi fido di te.» concluse incrociando il suo sguardo freddo.
«Fai male, tengo a lei più di quanto tu possa immaginare e non la sto mettendo in pericolo, allontanarmi da questa indagine è la cosa peggiore che tu possa fare.» disse Adriano glaciale, senza confermare né smentire le accuse subite.
«Io non riesco a fidarmi di te!» ripetè di nuovo Orlando, stavolta urlando.
«Amo Andrea come non ho mai amato nessuna donna in vita mia, la amo da tanto tempo che è come una parte di me,
e piuttosto che metterla in pericolo, mi ammazzerei. Sto facendo tutto il possibile per riportarla da te, ma non è consegnandogli lei che otterremo la liberazione di Andrea.» disse Adriano, indicando Lucia e fissando Orlando negli occhi, il loro sguardo in quel momento era lo stesso, era evidente il senso di perdita che entrambi stavano vivendo.

Lucia a quelle parole non aveva battuto ciglio, quello che stava succedendo tra lei e Adriano era nato sotto la più totale chiarezza,
sapeva del profondo sentimento che lo legava a lei, per stessa ammissione dell’uomo e voleva che Orlando gli concedesse fiducia.

Stava per aprire bocca quando il suo telefono squillò, era Daniele che la avvisava di controllare la mail, gli aveva girato la rivendicazione scritta da Mario per la stampa, informò gli altri, congelando per un momento gli animi, essendo tutti intenti a guardare lo schermo.

Il 20 maggio di questo stesso anno è stata presa in ostaggio il vice questore della repubblica Andrea Manzi, responsabile del commissariato sito in via ruffini uno.

Io, Mario Pugliese, unico responsabile del sequestro in questione, rivendico quest’atto come mio,
visto il disenteresse di carabinieri e polizia di stato al dialogo, rivolgo ora l’attenzione a un pubblico più amplio,
che sia un tribunale popolare a giudicare il sequestro e l’inedia delle forze atte a garantire l’ordine pubblico.
Il vice questore è costretta a contare sulle proprie forze.
[…]


La mente di Adriano era già lontana, passandosi una mano sulla fronte, cercava di mettere fuoco quel qualcosa di familiare che aveva letto,
finchè non fece sobbalzare tutti sbattendo una mano sul tavolo.
«Mia piccola e dannatissima nana! Questo messaggio l’ha scritto Andrea.» disse facendo voltare i presenti, la maggior parte non apprezzò il mia da lui appena espresso.
«Come puoi dire una cosa del genere?» gli chiese allora Orlando.
«Buona parte della tesi di Andrea, è stata incentrata sul sequestro Moro, non entrerò nei dettagli, ma vi assicuro che so tutto su quel processo è nella mia mente, me l’ha ripetuto fino alla nausea. Ci sono cose di quel messaggio che richiamano i primi due comunicati delle br.»
«Cosa?» chiese Lucia incredula.
«Li sapeva a memoria!» disse Adriano avvicinandosi allo schermo «Quando parla di tribunale popolare e quando dice che lei dovrà contare sulle proprie forze, fa ovviamente riferimenti hai primi due comunicati, voleva farmi capire che erano opera sua.»
«Sicuro che tu non stia cercando di vedere qualcosa che hai bisogno di vedere?» gli chiese Lucia dolcemente.
«Sono sicuro del piano di Andrea, in altre parole che lei sapendo che io sono qui fuori avrei capito che questa... cosa … era una sua idea.» rispose tranquillamente Adriano indicando il messaggio ancora sullo schermo.
«Perché avrebbe voluto informare la stampa?» chiese ancora Orlando, più confuso che mai, non capendo nemmeno le mosse della moglie.
«Per arrivare a tutti i suoi informatori.» rispose placido il commissario, rimasto in silenzio fino a quel momento.
«Direi che è convinta di essere a Roma, e magari proprio dalle parti del suo quartiere direi…» aggiunse Adriano scambiandosi uno sguardo d’intesa con il commissario.
«Probabile.» aggiunse il commissario.

Lucia e Orlando si guardarono confusi, che quelle persone ragionassero diversamente da loro era ormai evidente, e che Andrea avesse un pensiero simile al loro era palese, dovevano arrendarsi alla realtà di questa diversità.

«Possiamo parlare?» chiese poi Lucia rivolta a Orlando, che annuì solamente.
Gli altri due uomini lasciarono la stanza senza aggiungere altro.
«Non mi sta proteggendo a discapito di tua moglie, ne sono certa, quello che sta succedendo tra di noi non lo condiziona in alcun modo.»
disse serena avvicinandosi al suo collaboratore, al suo ex, a quella persona splendida sulla quale lei aveva messo una croce sopra,
incapace di godere anche solo della sua amicizia, e adesso cercava di rimediare.
«Mi fido di lui, ma è troppo per me, non ce la faccio più.» disse lui cadendo stanco sulla sedia, le mani sul viso, ormai rigato dalle lacrime.
«La troveremo, per favore credimi, ci sono i migliori investigatori qui, tutti per lei, e lei stessa sta contribuendo alle indagini, abbi fiducia.»
gli disse ancora Lucia vedendolo di nuovo con gli occhi lucidi.
«Lucia… io sono così stanco. Dovrebbe essere uno dei momenti più belli per noi e invece lei è nelle mani di Pugliese,
e rischia di perdere quello che vuole più di se stessa. Io sono un vigliacco, non posso portare questa cosa da solo,
non ce la faccio, non senza di lei.» le disse lui con le mani sulla fronte e la testa bassa.

«Smettila, immediatamente di fare così. Tu non sei così, e lei non ha certo bisogno, ora, delle tue crisi isteriche.
Tira fuori le palle tenente. Io sono stata pessima con te in quest’ultimo anno, e anche se non conosco tua moglie, so perfettamente chi sei tu,
quindi per piacere non smettere di essere l’Orlando che ho conosciuto.» glielo disse alzando la voce e scrollandolo per le spalle, tanto che Adriano e il commissario fuori dalla stanza si voltarono per guardare cosa stesse succedendo dentro.
«Quell’uomo su di te ha un’ottima influenza!» disse Orlando incollando i suoi occhi nei suoi. «Bentornata capitano!» aggiunse stringendole la mano.
«Non glielo dire, ti prego, non fargli montare la testa, è già abbastanza tronfio di suo.» gli chiese Lucia strizzandogli l’occhio.
«Lui?» disse Orlando ammiccando verso l’uomo fuori dalla stanza che ormai li guardava curioso
«Lo sa perfettamente, e ti parlo per esperienza, sono cazzi tuoi ora, nel bene e nel male; è simile alla mia Andi su tantissime cose, quindi, fidati, sono diversi…»
Orlando non trovava le parole giuste.
«Ti capisco, davvero…» disse lei sorridendo con lui. «Mi dispiace per il mio comportamento di merda che ho avuto con te e con lei.» aggiunse, fissandolo negli occhi, senza mai abbassare la testa.
«Credimi, lo so, non ti scusare, non serve più, mi basta sapere che tu sia tornata.» le rispose Orlando stringendola poi in un abbraccio.
 
 
Era passata almeno una settimana da quando Mario aveva informato i giornali, tutti i giorni Pugliese le portava tutta la rassegna stampa che riusciva a rimediare, mentre Andrea avida leggeva le sue stesse sventure sui giornali; le edizioni locali, e Il messaggero in particolare, era la testata che dava più spazio alla notizia, quelli che avevano cercato di intervistare suo fratello e che non davano tregua ad Adriano e alla squadra.
«Questa notte non sono tornati a casa.» affermò Mario quando la vide alzare la testa da uno dei giornali.
«Cosa?» chiese lei distratta alzando la testa, ancora china sul giornale.
«Nessuno della squadra è tornato a casa stanotte. Credo che dormano in caserma ormai.» ripetè lui con calma.
«Immaginavo che potesse succedere.» disse lei passandosi una mano tra i capelli «Hai trovato il caffè?»
«No. Fatti andare bene quello che c’è e non mi rompere, con la trovata dei giornali devo stare ancora più attento pure io.»
la liquidò lui con calma, la realtà era diversa, era quasi certo che lei fosse incinta e le aveva tolto il caffè, la birra e aggiunto alcuni alimenti freschi e necessari alla sua dieta.

Era sempre più convinto che lei non lo sapesse.

«Che culo! Vuoi una tisana?» chiese alzandosi dal suo giaciglio, prese in mano la catena e si avvicinò al cucinino.
«Te la bevi tu, grazie!» le rispose lui molto cordialmente.
«Stai tentando di avvelenarmi?» gli chiese allora Andrea dopo aver messo l’acqua a bollire.
«Il caffè ti rende nervosa, e già di tuo rompi i coglioni a sufficienza per i miei gusti. Smettila o ti accorcio di nuovo la catena.» le disse lui alzandosi per lasciare la stanza.
«Ti ci strozzo con la catena, stronzo!» disse Andrea tra i denti, una volta che Mario era lontano.
Andrea lo fissò lasciare la stanza, quell’uomo forse non la stava avvelenando ma le stava nascondendo qualcosa, ne era certa. Il suo fiuto in tal senso non sbagliava mai, aveva provato anche a chiedere a Erika se il papà le avesse detto qualcosa di nuovo, ma la bambina aveva scrollato le spalle, dispiaciuta di non poter rispondere alla sua amica.
 
Al Ris l’atmosfera non era certo meno tesa, dopo gli interrogatori di giornalisti e redattori, che non portarono a niente, se non far ulteriormente spazientire Adriano e Lucia; avevano deciso che nessuno sarebbe più tornato a casa i giornalisti erano sempre davanti alle porte della caserma, conoscevano bene i membri della squadra del capitano Brancato, e ci avevano messo poco a capire quali fossero i membri della scorta. Gli stavano davvero rendendo la vita impossibile, tanto da costringerli a rinunciare a far ritorno alle loro case. Il commissario che a discapito di qualsiasi attesa, era il più tranquillo, invitava i colleghi alla calma.
«Non andranno avanti ancora per molto tempo. Presto ci sarà una notizia più interessante che li porterà lontano da qui.» disse guardando fuori dalla finestra. «Sono già meno di ieri.»
«Tua moglie che dice?» chiese Adriano a Bart seduto sulla sedia e con i piedi sul grande tavolo di cristallo.
«Mia moglie? È una banshe super incazzata che impreca contro l’etica dei propri colleghi, sulla loro dubbia moralità; ha dovuto spegnere il telefono quando si sono resi conto che lei conosceva molto bene Dea ed è scappata nella casa di campagna dei suoi.» disse Bart con gli occhi che fumavano rabbia, un'altra conseguenza spiacevole era il suo allontanamento forzato da moglie e figlio.

Qualcuno alla porta bloccò il flusso dei loro pensieri.

«Capitano, c’è un giornalista che la cerca.» le disse il carabiniere sulla porta.
«Com’è arrivato fin qui?» chiese Adriano furioso, l’ordine era di non far passare nessuno, specialmente i giornalisti.
«Si tratta di Luigi Terracciano.» disse il carabiniere, con un filo di voce, Adriano lo intimoriva, e non solo a lui.
Immediatamente la squadra di Lucia si mise in allarme, tutti sapevano la vicinanza tra Pugliese e il giornalista ai tempi della banda del lupo, e la domanda che tutti si stavano facendo, era una, la stessa per tutti, che si fosse rinsaldata quella vecchia collaborazione?
«Fatelo passare.» disse Lucia andando a sedersi alla sua scrivania seguita dalla sua squadra e da Adriano, solo il commissario era rimasto in disparte.
 
 
Qualche sera prima, in un buio scantinato, nei pressi di via Terenzio, due bestie si fronteggiavano, un lupo, stranamente mansueto, discuteva con un’aquila, bella e fiera.
«Fammi capire meglio, commissario.» la esortò Mario, invitandola a sedersi di fronte a lui.
«Oddio Pugliese, che c’è da capire?! SE ti trovano, e vorrei porre l'accento sul SE, giacché io sono qui con te, da… da quanto tempo sono qui?! Troppo in ogni caso. Dicevo… SE ti trovano, lo scontro a fuoco è inevitabile, secondo me, viste le persone che hai fatto incazzare. Ti dice male molti miei colleghi tengono a me, e anche qualche carabiniere, molti farebbero fuoco solo scorgendo il tuo viso.» disse Andrea cercando di non alzare troppo il tono della voce, perché la piccola Erika dormiva.
«Perché me lo stai dicendo? Non ti piacerebbe vedermi morto?» le chiese ancora lui sprezzante.
«Tu sei fuori, non auguro la morte a nessuno. Per chi diavolo mi hai preso?! Te lo sto dicendo, razza di mentecatto, perché tua figlia ha già dovuto assistere a te che sparavi alla madre, e tu devi ringraziare quel dio che le ha fatto rimuovere quel fatto dalla mente… ascoltami bene perché te lo dirò molto lentamente. NON-DEVE-VEDERE-ALTRO-SANGUE.» disse Andrea a pochi centimetri dal suo viso.
«Ho capito, va bene, commissario, siediti qui e calmati, parla con zio Pugliese…» le disse indicando una sedia accanto alla sua.
«Sei impazzito?!» chiese Andrea sedendosi sulla sedia che lui le stava indicando.
«Quanto tempo è che non dormi?» le chiese Mario, sorvolando sul suo ultimo attacco verbale.
Andrea sbuffò sonoramente. «Tre giorni, sono tre giorni che non riesco a chiudere occhio per più di un’ora, da quella nostra conversazione.» disse Andrea portandosi una mano sulla fronte. Era perfattamente consapevole di quanto fosse stremata e aggressiva a causa della mancanza di sonno. «Puoi provare a rimediarmi dei sonniferi?! Sono troppo nervosa, ho davvero bisogno di dormire.» gli chiese ancora lei in un sussurro.
«Vedrò che posso fare, per adesso, ti ho rimediato questi.» le disse Mario passandogli una busta.
«Libri?!» chiese lei non capendo bene quel gesto.
«Magari qualcuno ti fa venire sonno.» disse lui alzandosi per lasciare la stanza. «Buona lettura, commissario.»
«Grazie.» disse Andrea con un filo di voce, cominciando a vedere che libri le aveva portato.
Mario non era stupido, non lo aveva mai pensato, e i libri che le aveva portato non facevano altro che confermare la profondità di quell’uomo. Milan Kundera, Joseph Roth, Ernest Hemingway, Racine, Voltaire, nulla di meno si sarebbe aspettata da lui. Indecisa tra La leggenda del santo bevitore e Il vecchio e il mare, preferì Hemingway, si sedette su quella specie di divano e incominciò a leggere. Stava quasi albeggiando quando prese sonno, poco dopo Mario entrò nella stanza, le tolse il libro dalle mani e le mise addosso una coperta, prese sua figlia ancora addormentata per portarla fuori di lì, il commissario aveva bisogno di riposo, mentre lui aveva bisogno di risposte certe.
 
Terracciano si era seduto di fronte alla scrivania di Lucia, in silenzio aspettando che qualcuno delle persone di fronte a lui dicesse qualcosa, visto però il prolungato silenzio, tirò fuori dalla tasca una busta gialla che posò sulla scrivania che aveva di fronte, per poi cominciare a spiegare.
«Questa mattina, nella mia cassetta della posta ho trovato questa…» disse indicando la busta
«Dentro c’era una lettera con delle istruzioni, una lettera chiusa, e un altro pacchetto da consegnare al tenente Orlando Serra.» disse posando il suo sguardo su Orlando che ormai aveva tutta la sua attenzione
«Le istruzioni mi chiedevano di venire e consegnare personalmente la lettera, negandomi chiaramente di aprirla, il mittente si è firmato come un vecchio amico.»
«Di grazia, perché ha eseguito le istruzioni? Invece di aprire la lettera e pubblicare il suo contenuto?» gli chiese Lucia, conoscendo perfettamente l’uomo, se così poteva essere definito, di fronte a lei.
«Il nostro caro amico comune, nella missiva rivolta a me, si è premurato di specificare che se avesse trovato su un giornale o in rete una sola delle parole presenti nella lettera per il tenente, si sarebbe premurato personalmente di far sì che io non potessi più respirare.» disse Terracciano spostando gli occhiali sul naso.
Che fosse spaventato dalla minaccia fu evidente per tutti, Lucia si mise dei guanti e pres la busta.
«Allora grazie Terracciano, per questa sua solerzia. Mi raccomando, anche se mi sembra superfluo dirglielo, continui a farsi i fatti suoi e se il nostro comune amico dovesse farsi sentire di nuovo, sà bene dove trovarci.»
 
Quando il giornalista fu fuori dalla stanza, Lucia passò un paio di guanti a un incredulo Orlando, e poi gli consegnò la lettera a lui destinata e l’altro pacchetto, quando Adriano tentò di intercettare la missiva, Lucia si voltò verso di lui
«E’ per lui, io mi fido di lui, ciecamente.». Adriano annuì mentre vedeva Orlando sedersi al tavolo di vetro, solo.

Il terrore che il pacchetto potesse contenere parti della sua Andi lo avvolse, decise quindi di aprire prima la lettera.
Il testo era breve, Orlando lo lesse e rilesse diverse volte prima di rivolgersi agli altri che lo fissavano carichi di ansia;
quando un sorriso nacque sul viso tirato del tenente, gli altri trattennero il fiato, quella era l’ultima cosa che si aspettavano di vedere.

«Pugliese ha intuito che Andrea è incinta, mi chiede un test di gravidanza e si aspetta delle risposte fra qualche ora.» disse rivolto verso i suoi colleghi
«Dice che Andrea è fisicamente cambiata, e il suo umore è volubile quanto la forma delle nuvole in una giornata di vento, passa dall’essere una donna mansueta ad assumere le sembianze di un drago nell’arco di poco più di qualche secondo, e crede che sia la mancanza di sonno a sfiancarla tanto, vuole delle medicine da lui, che temendo il suo stato interessante, lui non vuole darle. C’è un campione di urina.» concluse tra gli sguardi dei presenti.
«Bart, analizza quel campione.» disse Lucia rivolta al suo collega.
«Conosciamo già le risposte…» gli disse allora Bart scrollando le spalle.
«Sì, ma voglio che tu sprema quel campione fino all’osso, scopri quanto puoi sulle sue condizioni di salute.» aggiunse Lucia ferma.
Bart prese il campione e si allontanò dalla stanza, e una risata riecheggiò nella stanza, il commissario che era rimasto in silenzio fino a quel momento, tanto che molti colleghi si erano dimenticati di lui, rise forte tenendosi le mani sulla pancia. Quando Lucia, con uno strano sorriso sul volto lo guardò in cerca di spiegazioni, lui riprese fiato e cominciò a parlare
«Il vostro latitante si è affezzionato a lei, e lei inconsciamente, lo tiene per le palle.»

Adriano rise di gusto, conoscendo fin troppo bene il carattere di Andrea e sapendo quanto, in piena crisi ormonale potesse essere irascibile,
si beò dell’idea che Pugliese avesse pane per i suoi denti. «Pugliese ha trovato pane per i suoi denti, è peggiore di una mantide quella donna.»
«Hey» disse Orlando leggermente più rilassato «è di mia moglie che state parlando.»
«Disse l’uomo caduto tra le sue spire.» aggiunse Daniele serafico.
Si aprirono tutti in una leggera risata, che acquietò animi resi tesi da questo tremendo sequestro.
 
Dopo qualche ora, altrove un ciclone stava devastando uno scantinato.
«Pugliese!!!!» sbraitò Andrea fuori di se. «Dove sono i miei vestiti? Le mie medicine? I miei cibi? Dove cazzo hai messo le mie cose? Cos’è successo al letto?»
«I tuoi vestiti facevano schifo, ne hai altri ora, non avevi medicine, solo dell’aulin, il cibo puzzava, e non voglio che mia figlia dorma su un materasso pulcioso.» disse il latitante sostenendo lo sguardo imbufalito del commissario.
Aveva chiamato Serra, che gli aveva confermato la gravidanza e spiegato perché sua moglie fosse l’unica donna a non unire i puntini della sua sintomatolgia facendo comparire la scritta gravidanza ma, componendo invece la scritta: insonnia. Era sterile, ho almeno lo era stata. Seppur attaccando il telefono aveva fatto presente al tenente, che ormai gli rimanevano solo tre settimane, una volta tornato al rifugio, lo aveva ripulito al meglio, aveva buttato tutti quei vestiti sporchi e (piccoli), eliminato le schifezze e qualsiasi farmaco.
Non sapeva perché lo stava facendo, ma lo fece spontaneamente, spiegando anche a Erika, di non farsi prendere in braccio da lei, dicendogli che stava poco bene e che questo sarebbe dovuto rimanere un loro segreto.
 

«Mancano due settimane, vero?» la voce di Andrea lo raggiunse dal divano, mentre lui stava mettendo a dormire sua figlia nel letto grande.
«Temi la morte?» le chiese lui avvicinandosi e sedendosi su una poltrona accanto al divano.
Andrea non rispose, chiuse il libro che stava leggendo, L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera,
e fissò il soffitto per alcuni secondi prima di incastrare il suo sguardo in quello di Mario.
«No! Non temo di morire, non temo il dolore, non temo l’aldilà… non sono credente, o meglio, credo in un’entità superiore,
ma non mi sposo bene con le religioni monoteistiche, tutte troppo politiche. Non so cosa mi aspetta dopo, so solo cosa significa morire,
cessare di esistere in questa dimensione. E questo non lo temo.» disse senza mai smettere di fissarlo.
«C’è qualcosa però che temi? Lo sento…» le chiese ancora Mario.
«Temo il vuoto che provocherebbe la mia perdita nelle persone che amo. Lo temo perché lo conosco.
Quando ho perso i miei genitori mi sono sentita spezzata, svuotata, sola…
c’era Riccardo, lui c’è sempre stato, ma qualcosa mi era stato strappato, nella pancia sentivo il vuoto come se mi avessero tolto qualcosa da dentro.
Quando ripenso a mia madre un profondo senso di assenza parte dalla pancia, proprio sotto l’ombellico,
e mi svuota, facendomi sentire prepotentemente tutto il vuoto della sua assenza come se fosse appena successo, come se non fossero passati anni.» disse Andrea con gli occhi chiari leggermente lucidi che sostenevano quelli di Mario, velati di lacrime che lui non avrebbe mai versato, una mano sul ventre aperta e una stretta a pugno.

Quel ventre, pensava Mario, che lei credeva vuoto e arido, mentre proprio in quel momento era fertile e carico di vita.
«Temo il dolore e il vuoto che proverà mio marito, mio fratello, i miei pochi amici. Questa è la mia paura…» disse ancora Andrea, abbassando per un momento lo sguardo
«Ti devo chiedere un favore, ho bisogno che tu mi faccia una promessa, che tu mi dia la tua parola.» aggiunse tornando a fissarlo.
«A scatola chiusa?» chiese Mario scettico, con la voce particolarmente tagliente, conscio del momento di debolezza che aveva avuto pochi minuti prima,
e non volendo rendersi vulnerabile ancora di fronte a lei.
«Hey Pugliese, ti conosco, per chi mi hai preso?!» disse Andrea abbozzando un sorriso.
«Ti chiedo cortesemente di avere rispetto per il mio corpo, dà loro un corpo su cui piangere, non spararmi in testa,
trivellami di colpi, sparami al cuore, ma non in testa.» aggiunse continuando a fissarlo.
Mario fu certo che lei non notò il sussulto che lo colse a quella richiesta, che trovò assolutamente comprensibile vista la donna di fronte a lui,
prima preoccupata per gli altri e poi di se stessa, preferiva dolore e sofferenza a una morte immediata, per i suoi cari.
Mario tese la mano verso di lei.
«Hai la mia parola, commissario.»
Andrea gli strinse la mano.
«Grazie.»
 
Finalmente l’attenzione mediatica era stata attirata da altro e la squadra del capitano Brancato aveva potuto finalmente fare ritorno, ciascuno, alle proprio abitazioni, anche se Eleonora aveva preferito trattenersi ancora fuori roma.
Orlando, Daniele e Bart dormivano alla casa sulla spiaggia, mentre Adriano, Lucia e la sua scorta erano a casa del capitano Brancato, e il commissario e Riccardo a casa di Andrea, accompagnati da due agenti di polizia.
Quando Orlando si svegliò, fu per uno strano sogno, dentro di lui turbinavano un’infinità di diverse emozioni, scattò in piedi sul divano, guardandosi intorno confuso. Ghiro, mai stato tipo dalla sveglia facile, come se avesse percipito il malessere dell’amico, si alzò e svegliando anche Bart furono entrambi accanto ad Orlando, fermo di fronte alla finestra, perso a guardare il mare.
«Che succede amico?» gli chiese Daniele posandogli una mano sulla spalla.
«Non lo so, ho una strana sensazione, non te lo so spiegare, era Andi quella delle sensazioni, io non ci capisco niente… mi sento solo, soffocare.» disse Orlando con il fiato corto.
«Mancano ancora due settimane allo scadere dell’ultimatum, cerca di stare tranquillo. Che senso avrebbe Pugliese nel muoversi prima?» disse Bart per invitarlo a calmarsi.
«Questo non lo so, ma voglio andare subito al Ris, chiamate pure Adriano, questa sensazione non mi piace.» ripetè lui ancora una volta, prima di fiondarsi in bagno per cercare di lavar via quella strana sensazione con una bella doccia, cosa che non gli riuscì.
La sensazione che tutto stesse per finire non lo lasciava, fedelmente accompagnata dal terrore di non poter vedere più il sorriso dell’unica donna che avesse mai realmente amato.
 
 
Erano tutti nell’ufficio di Lucia, e fondamentalmente stavano tutti cercando di far ragionare Orlando, che continuava a dire che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di diverso.
Quando il cellulare lasciato loro da Pugliese cominciò a squillare, non fu solo Lucia ad avere un lieve sussulto. Adriano rispose mettendo in vivavoce.

«Via Terenzio, il palazzo che fa angolo con via Boezio, l’appartamento interrato. Non c’è fretta.» disse la voce gelida di Mario, la sua ultima, piccola vendetta contro quella squadra così ostinata contro di lui.
Attaccò il telefono senza dar loro alcuna possibilità di replica.

Il primo a destarsi da quella telefonata, che mai avrebbe voluto ricevere fu Adriano, che attaccò il telefono, ancora lì a ricordare quanto appena ascoltato, si schiarì la voce per attirare l’attenzione di tutti.
«Ghirelli, Dossena, Cecchi con me, prendete contatto con Rambaudi, e Pezzi, raggiungiamo l’indirizzo indicato. Non voglio che nessuno entri prima del nostro arrivo.» fece una breve pausa per poi voltarsi verso Lucia e Orlando.
«Per come la vedo io potrebbe essere una trappola, quindi voi due non vi muovete di qui.» aggiunse con una tale freddezza nella voce, che Lucia non riuscì a ribattere nulla.
«E’ mia moglie.» disse Orlando in un soffio, sapendo che non lo avrebbe mai convinto, incapace di convinciere se stesso.
«Proprio per questo è meglio che tu non venga.» disse Adriano con una sfumatura di dolcezza nella voce. «Non fatene parola con Salvo e Riccardo.» aggiunse prima di lasciare la stanza.

Il suo cuore era in frantumi, il terrore di quello che avrebbe potuto trovare in quello scantinato, lo stava lentemente sgretolando.
Aveva visto fin troppo sangue in vita sua, ma non sarebbe mai stato pronto a vedere quegli occhi, che tanto amava, privi di vita.
Daniele e Bart erano entrati in macchina senza fiatare, senza pensare, senza riflettere, perché il fiato si era fermato in gola quando avevvano ricevuto quella maledetta telefonata, perché non potevano pensare che lei era morta, non potevano fermarsi a riflettere alla possibilità che non avrebbero rivisto quel sorriso;
Adriano non disse nulla, mise in moto e si allontanò velocemente dalla caserma.
 
Andrea aprì gli occhi quando un flebile raggio di luce che filtrava da piccola finestrella, la colpì sul viso, si era di nuovo addormentata sul divano, anche se stranamente, questa volta era riuscita a dormire molto più del solito, probabilmente la tisana che Mario l’aveva costretta a bere la sera prima aveva sortito l’effetto desiderato.
Quando si alzò dal divano, per vedere se Erika ancora dormiva, si stupì e agitò nel trovare il letto vuoto. Si voltò verso il cucinino per vedere se si era già alzata e trovò il tavolo spoglio, solo una lettera sotto un mazzetto di margherite.

Velocemente si alzò per raggiungere il tavolo e aprire la lettera.

Buongiorno commissario,
ho riflettutto a lungo sulle tue parole, su quello che mia figlia merita o no di vedere, e perché no, anche sul fatto che essersi messo contro i tuoi amici non è stata un’idea geniale, e credimi tengo moltissimo alla mia pelle.
Mi sono fermato a pensare, e il sangue della Brancato ha perso fascino, l’idea di vederla soffrire e torturarla con le mie stesse mani ha perso quella magia che mi ha accompagnato nei mesi in cui ho preparato tutto questo; la possibilità che mia figlia potesse anche solo ferirsi durante un blitz dei tuoi uomini mi ha fatto cambiare idea.
Non sono il tipo da costituirmi, non lo farò mai, sappilo.
La latitanza e poter veder crescere mia figlia è tutto quello che voglio in questo momento. Ho fatto delle scelte azzardate in passato, i soldi facili mi hanno affascinato, sono stati come la cocaina per un drogato, ho umiliato, vessato, insultato, ammazzato per non separarmi dalla mia droga. Non sono capace di pentirmi di quanto ho fatto, ma ora vedo il male che ho provacato, e mi dispiace per Fulvio Belli, forse l’unica persona che ho ammazzato che mi ha fatto sentire in colpa.
I fiori te li lascia Erika, per scusarsi di non averti salutato.
Spero di non incontrarti tanto presto, sono convinto che te lo immagini da te.
Buona fortuna, anche se non credo che a una donna come te la fortuna serva, sei uscita indenne dalla tana del lupo perché sei una forza della natura, mi hai aiutato, ascoltato, consigliato e questo per me vale la vita.

 

 

Stammi bene commissario.

Mario Pugliese


Andrea si portò una mano alle labbra, era sconvolta, era tutto finito. Calde lacrime scendevano copiose sul suo viso, era libera, Mario le aveva risparmiato la vita; lei vedeva in tutti quei mesi di prigionia, in tutte le loro chiacchierate, in tutto il tempo trascorso insieme, la risposta alla scelta fatta dal latitante.
La gioia di essersi scoperta di nuovo libera stava, però, lasciando il passo al terrore di tornare alla sua vita, di riabbracciare i suoi affatti, dopo quei due lunghissimi mesi di prigionia. Sarebbe stata capace di lasciarsi quell’esperienza alle spalle? Né sarebbe stato capace suo marito?
 
Quando un colpo di pistola fece saltare la serratura, lei lanciò un urlo.
Quando arrivarono alla fine delle scale che conducevano allo scantinato, videro una porta chiusa da un grosso lucchetto e Adriano, che non conosceva più il termine 'calma' sul vocabolario, fece saltare il lucchetto e la porta si aprì leggermente, il grido allarmato che provenne dall’interno gli bloccò il cuore.
«Ora gridi come una principessa indifesa?!» disse spalancando la porta entrando seguito da Daniele, Bart e Antonio.
Andrea era incapace di muoversi, per quanto tempo aveva voluto ritrovarsi davanti quelle persone?! Quanto aveva sperato di sentire la voce di Adriano che si apriva a un rimprovero?! Ora però il suo corpo era come gelato sulla sedia.
Adriano le fu subito di fronte e lei gli gettò le braccia al collo, cominciando a piangere.
Antonio, Bart e Daniele avevano le lacrime agli occhi, nonostante questo furono capaci di perquisire velocemente lo stanzone per costatare che Andrea era ormai sola lì dentro.
«Avvisate il Ris, chiamate un’ambulanza, e aspettatemi di fuori per favore.» disse Adriano sentendo quanto il corpo di Andrea tremasse in quel momento tra le sue braccia.
«E’ tutto finito, basta piangere, ora sei libera.» le diceva mentre le accarezzava dolcemente quei capelli così corti rispetto a come li ricordava.
«Ho… paura…» disse Andrea singhiozzando senza staccarsi dal corpo del suo amico. Aveva tenuto duro per due mesi, ma adesso sembrava incapace di reagire di fronte a quella ritrovata, e insperata, libertà. Era pronta a morire, si aspettava questo da Mario. Non pietà, e improvvisamente era incapace di gestire il dono della vita che Mario le aveva fatto.
 
Lo sguardo di Daniele era ancora rigato di lacrime, quando il piantone al telefono gli disse che il capitano Brancato e il tenente Serra avevano lasciato il laboratorio poco dopo di loro.

«Anch’io ho una sensazione, ed è positiva, andiamo.» disse Lucia afferrando la sua giacca e il braccio di Orlando, ormai in stato catatonico.
«Ha detto di non muoverci.» disse con un filo di voce.
«Io sono il tuo superiore e ti ordino di alzare immediatamente il culo e venire con me.» gli rispose lei imperiosa.
«D’accordo capitano» disse Orlando accennando un sorriso «Sono sempre più convinto che questa frequentazione ti faccia più male che bene…» aggiunse aprendosi in un mezzo sorriso.
Così poco dopo gli altri lasciarono il Ris.

Quando Lucia e Orlando arrivarono all’indirizzo indicato, c’erano macchine di polizia e carabinieri che bloccavano buona parte di via Boezio,
si fecero largo tra i colleghi con il tesserino in mano e quando arrivarono di fronte all’ingresso del palazzo,
videro solo Orlando e Bart stretti in un abbraccio con le lacrime agli occhi e Antonio che si copriva il viso con una mano.

Orlando, interpretando quelle lacrime come massima espressione di disperazione, scattò verso l’ingresso del palazzo seguito a ruota da Lucia incredula che Mario potesse davvero averle fatto del male, anche se le lacrime dei suoi colleghi non fecero presagire nulla di diverso.
«Andrà tutto bene, ti prego, fidati di me. Usciamo da qui…» le diceva Adriano accarezzandole i capelli, mentre Andrea scuoteva il capo in segno di diniego.

Quando la porta sbattè di nuovo, contro il muro Andrea sussultò tra le braccia di Adriano, per poi prestare tutta la sua attenzione alle due persone fere di fronte alla porta.
«Mi pareva strano che per una volta voi due mi aveste dato retta.» disse Adriano sarcastico rivolto verso i due.
Mentre Andrea cercava di nascondersi dagli occhi lucidi di Orlando.
«Andi…» disse cominciando a muovere, pochi e lenti passi verso di lei.
«Coraggio Duchessa, tira fuori gli artigli, apri le ali e torna a volare.» le sussurrò Adriano in un orecchio.

Andrea tirò su il viso, ancora nascosto nel collo dell’amico, incrociò lo sguardo del marito e si alzò correndo verso di lui,
ancora zoppicava leggermente anche se erano settimane che Mario non la incatenesse più i piedi, la ferita non era mai guarita a dovere.
Orlando accolse sua moglie tra le braccia, e in quello stesso momento le lacrime smisero di rigare il suo volto. I due si strinsero forte.
Cercando come sempre facevano, di trovare nella loro unione la forza necessaria a sfidare il mondo. Dolcemente i loro nasi si sfiorarono, in quel gesto tanto intimo e tanto di casa. Erano di nuovo l’uno tra le braccia dell’altro, nel tentativo di recuperare con piccoli gesti, propri della loro intima quotidianità, quei mesi che avevano vissuto separati.
Purtroppo il tempo trascorso era molto, e pesanti erano i pensieri e i segreti che ognuno di loro aveva dovuto portare da solo, tra di loro,
invisibile e inesorabile c’era uno spazio bianco che ancora li separava.

Quando Lucia, ferma sulla porta, stava per voltare loro le spalle.

Andrea, che aveva notato quel movimento, dovendo ringraziare ancora Pugliese per quell’ipervigilanza, si scostò dalle labbra del marito che ancora non aveva sfiorato, avvertendo il peso di quello spazio bianco tra di loro, e richiamò la donna.
«Capitano aspetti.»
Lucia si voltò verso di lei, certa che non fosse quello il momento in cui quella donna avrebbe dovuto curarsi di lei. Andrea si avvicinò a un orsacchiotto, unica cosa sua scampata al ripulisti di Mario e tirò fuori una busta di carta. Zoppicando si avvicinò alla donna consegnadola la busta. Lucia la guardava stranita, non capendo quella mossa.
«Questo posto sarà presto messo sottosopra e queste le appartengono.» disse ancora Andrea spingendola a prendere la busta che Lucia esitava a prendere.
«Non posso far sparire delle prove…» disse Lucia senza prendere in mano la busta.
Andrea si voltò verso Adriano che si stava avvicinando a loro.
«Devi ancora lavorarci.» disse rivolta all’amico. Mentre Orlando si stava chiedendo come fosse mai possibile che lei sapesse della loro relazione, nata da poco.
«Queste foto riguardano anche te, anche se sei riconoscibile solo a un occhio esperto» disse ammiccando verso l’amico che cominciava ad aprirsi in un sorriso, mentre Lucia comincia ad arrossire
«E per favore… chiudete le tende!!» aggiunse Andrea passando lo sguardo prima sull’uno e poi sull’altro.
Se Lucia era imbarazzatissima, Adriano sembrava una versione femminile di Andrea quanto a inibizione circa l’argomento sesso.
«Come?» le chiese Adriano «Cosa?» le chiese suo marito.
«Pugliese quando ancora voleva annullarmi, psicologicamente, mi ha fatto avere delle foto della Brancato in un momento particolarmente intimo, insinuando poi che l’uomo sotto di lei fossi tu.» se Lucia aveva preso bene quella spiegazione al sotto di lei, divenne paonazza e prese la busta di foto ancora in mano ad Andrea, che poi rivolgendosi ad Adriano. «Mio marito non ha cicatrici sulla gamba… a te, poi, l’ho fatta io!»
Adriano toccandosi sotto il ginocchio, scoppiò a ridere.
Orlando cominciò a ridere, portandosi una mano a coprire le labbra, visto l’evidente imbarazzo di Lucia, mentre Andrea e Adriano ridevano senza alcun imbarazzo.
«Non hanno idea di cosa sia il pudore…» disse Orlando in direzione di Lucia, ancora rossa.
«Dai, però, abbassiamo le serrande.» la incalzò Adriano facendo ridere ancora di più Andrea, che lo conosceva come le sue tasche, e sapeva quanto poteva essere geloso, e arrossire Lucia, così poco abituata a una discussione pubblica delle sue attività sessuali.
«Vorrei ben vedere!» disse Andrea quasi scandalizzata.
«Comunque capitano b…» stava per aggiungere quando Adriano le mise una mano sulla bocca.
«Basta, adesso.» la riprese lui vedendo Lucia troppo imbarazzata.
«Ahia» urlò Adriano dopo che Andrea gli morse un dito per fargli mollare la presa.
«Sei proprio cotto.» disse poi rivolta verso l’amico, quando un lieve capogiro la colse, costringendola a portarsi una mano alla testa e a barcollare in cerca di un appiglio.
Orlando le passò immediatamente una mano sotto le ginocchia e la prese in braccio.
«Ho fatto chiamare l’ambulanza…» disse Adriano mentre apriva la strada  a Orlando fuori da quello scantinato.

Quando erano quasi all’ingresso, Andrea si portò una mano a coprirsi il viso, tremendamente infastidità dalla luce del sole che illuminava l’atrio,
erano due mesi che non vedeva così tanta luce di frotne a se e i suoi occhi non erano ancora in grado di supportarla. Lucia che colse il suo fastidio,
si tolse la giacca per appoggiargliela sul viso.
«Grazie.» le disse piano Andrea, mentre Lucia si aprì in un leggero sorriso, mentre Adriano e Orlando si scambiarono uno sguardo d’intesa.
Orlando e Andrea salirono sull’ambulanza diretta al Gemelli mentre Lucia stava coordinando i suoi uomini, avendo intuito che Daniele e Bart non avrebbero avuto la testa per fare il loro lavoro li lasciò andare in ospedale, chiamando una nuova squadra dal Ris per perquisire quella che per due mesi era stata la prigione di Andrea Manzi in Serra.
 
«Mi spieghi perché dobbiamo andare in ospedale?! Sto bene, davvero. Non mi ha fatto nulla…
la caviglia la può tranquillamente controllare Mimmo, perché devo per forza andare in ospedale?!
Sai quanto poco li sopporti, no!!?» disse Andrea mentre fissava suo marito negli occhi, lui che le teneva stretta la mano, accarezzandole il viso delicatamente.
Orlando lo sapeva, doveva dirglielo, non c’era un altro momento o un altro modo.
Andrea avrebbe rifiutato qualsiasi visita, perché non vi trovava senso.
Prese un lungo respiro e mentre continuava ad accarezzarle il viso, scansandole qualcuno di quei boccoli ribelli dal viso; cavolo, era splendida anche con quel taglio corto pensò.
«Amore… c’è una cosa che devi sapere.» disse lui dolcemente, mentre Andrea si era fatta stranamente seria.
«Amore?! Che succede Orlando? Mio fratello sta bene? Salvo? Ele? Andrea piccolo?» chiese lei agitandosi leggermente,
Orlando imprecava mentalmente per quella sbadataggine – Amore – certe dolcezze erano rare, non adatte, secondo lei a quel giro in ambulanza.
«Andi calmati! Stanno tutti benissimo, c’è qualcosa però che devi sapere…» disse lui stringendole la mano, e spingendola a sdraiarsi e rilassarsi su quella barella.
«Che cosa devo sapere? Su chi?» chiese lei che era assolutamente incapace di calmarsi; era semplice, quando non capiva, andava in agitazione, specialmente in quel periodo.
«Su di te… su di noi…» disse Orlando convinto ormai che quella cosa fosse totalmente assurda. Erano le donne che informavano i rispettivi compagni della gravidanza, non viceversa, non era normale, non era possibile.
«COSA?! Mi vuoi lasciare?!» chiese lei spalancando gli occhi.
Orlando scosse la testa sbattendosi una mano sulla fronte.
Non ci siamo, pensò prima di prendere fiato.
«Andrea sei incinta, noi due» disse indicando loro stessi «aspettiamo un bambino.» concluse poggiadole una mano sul ventre.

Andrea era basita, come del resto i due infermieri presenti nell’ambulanza con loro,
non era certo una situazione consona, quella cui stavano assistendo.
Andrea non proferiva parola, mentre Orlando teneva ancora la mano sul suo ventre,
quando arrivarono in ospedale e le porte dell’ambulanza si aprirono Andrea allontanò Orlando da se, cosa che lo lasciò basito,
mentre i medici la portavano dentro per visitarla.
«Tu avresti dovuto dirmelo. Prima…» disse Andrea con gli occhi velati di lacrime rivolta all’uomo che aveva sposato e in quel momento non capiva, prima che le porte del pronto soccorso si chiusero separando quelle due paia di occhi sofferenti.

Andrea non sapeva perché aveva usato quella freddezza con lui.
Non aveva dubitato, nemmeno per un secondo, che quello che lui le stesse raccontando fosse la verità, per diversi motivi, principalmente perché lui era incapace di mentire in generale, ma in maniera particolare a lei; soprattutto lui non avrebbe mai mentito su quel determinato argomento, non era qualcosa sulla quale si scherzava, giocava o mentiva. Volevano troppo entrambi dei figli per giocare su quell’argomento.
Allora perché lo aveva allontanato? Perché si era sentita offesa da quelle sue parole? Perché non aveva voluto averlo accanto in quel momento?
E la risposta le arrivo chiara alla mente, mentre non ascoltava minimamente il medico che le stava facendo delle domande alle quali lei non voleva rispondere.
Lei era disposta a morire, lei era pronta per scomparire, lei era certa che avrebbe dovuto rendere l’anima che le era stata donata,
si era segretamente arresa a Mario tanto tempo prima, ma…
Quella gravidanza cambiava completamente la sua posizione, non si sarebbe mai arresa a Mario se avesse saputo, avrebbe lottato, pregato, pianto, implorato per aver salva la vita.
Non era effettivamente arrabbiata con suo marito, per averle omesso quel particolare, era semplicemente arrabbiata con se stessa per essersi arresa troppo presto all’idea che presto sarebbe morta.
«Chiamate mio marito.» disse improvvisamente ai medici che aveva di fronte.
«Signora… ma… la stiamo visitando…» rispose un medico titubante, non sembrava certo che lo volesse accanto mentre scendeva dall’ambulanza.
«Voglio mio marito qui, adesso, o comincio a urlare appena qualcuno di voi anche solo mi sfiora.» disse Andrea ferma, facendo scuotere con decisione la testa ai medici, che acconsentirono alle sue richieste.
 
Quando un’infermiera uscì alla ricerca del tenente Orlando Serra, il suo cuore perse un battito, lasciarsi quel periodo alle spalle avrebbe preteso un lungo lavoro e un notevole impegno da parte di entrambi. La reazione di Andrea alla notizia della gravidanza non faceva presagire nulla di meno, e lui non si aspettava certo che lei avrebbe reagito diversamente.
Una volta entrato Orlando i medici procedettero con la medicazione della caviglia e una serie di prelievi per poi accompagnare i coniugi in uno studio ginecologico.
Andrea faceva ancora fatica a credere di essere incinta, e nonostante Orlando fosse lì per tenerle la mano e farla sentire meno sola, lei in quel momento si sentiva tremendamente piccola e impotente.
Il medico cominciò a visitarla in silenzio, Andrea non aveva voluto che Orlando si allontanasse da lei,
anche se era incapace di dire o fare qualsiasi cosa se non stringergli la mano.
Il gel sulla pancia la fece leggermente sobbalzare, ma non riusciva a guardare lo schermo dell’ecografo che sia suo marito sia il medico,
fissavano con tanta attenzione, lei non aveva il coraggio di voltarsi, troppo abituata all’immobilità del suo ventre
che non aveva il coraggio di girare la testa per vedere cosa attirava tanto l’attenzione di quei due uomini. Quando il medico girò una picolla rotella
e nella stanza rimbombò il suono di un cuore molto accellerato.
Andrea smise di respirare in quel momento, mentre Orlando le stava posando un bacio sul capo, Andrea sentì distintamente alcune lacrime di suo marito caderle sulla fronte, mentre dolcemente le sussurava «Grazie!».
Finalmente, anche lei si voltò verso lo schermo.
Quello che vide era la sagoma di un bambino con tanto di braccia e gambe, che aveva la mano chiusa a pugno vicino alla bocca.

Senza capire come si ritrovò con il viso rigato di lacrime e la mano di Orlando alle labbra.

Se a quel medico, qualcuno un giorno avesso chiesto com'era la gioia sul volto di una donna che scopriva la vita nel suo ventre,
lui avrebbe sempre avuto in mente quegli occhi chiari colmi di lacrime che guardavano il proprio ventre con un tale amore e una tale riconoscenza,
che sembrava ammirassero la vita stessa; mai come in quella coppia di giovani coniugi aveva visto tanta gioia mista a sorpresa.
 
Andrea fu trasferita in una stanza, stava bene, anzi considerando i due mesi appena vissuti, era in ottima forma, ma per un eccesso di zelo i medici volevano tenerla in osservazione per la notte. Il ginecologo le aveva detto che stava bene, la gravidanza procedeva serena e lei era incinta di 17-18 settimane, il ventre avrebbe cominciato presto a gonfiarsi mentre le nausee erano da poco sparite, confermò lei stessa al dottore. Tutto quello di cui aveva bisogno era riposo e possibilmente passare un po’ di tempo all’aria aperta e al sole.
 
«Da quanto lo sai?» chiese Andrea mentre ormai l’avevano trasferita nella stanza che l’avrebbe accolta per la notte, mentre l’infermiera le preparava una flebo e Orlando avvicinava la sedia al suo letto.
«Poco dopo il rapimento, prima ancora di avere notizie da Pugliese, Mimmo ti aveva fatto le solite analisi e ha scoperto il tuo stato interessante, ha ripetuto diverse volte il test.» disse lui sedendosi accanto a lei.
«LO SAI DA DUE MESI?» chiese lei alzando il tono della voce e le fiamme negli occhi. «Avresti douto dirmelo!!!» aggiunse senza perdere la decisione che aveva nello sguardo, mentre Orlando cominciava a capire quello che intendeva Mario quando diceva che assomigliava a un drago.
«Come potevo? I collegamenti non sono mai durati molto… non eri mai sola… non volevo che tu ti agitassi! Ti prego stai calma adesso.» le disse lui cercando di tranquillizzarla, in fondo Mario aveva detto che i suoi cambi di umore erano piuttosto repentini.
«Dovevi dirmelo… dovevo sapere… lo avrei potuto dire a Pugliese…» disse ancora lei, quando Orlando al nome di Pugliese fece una strana smorfia.
«LUI LO SAPEVA? PUGLIESE LO SAPEVA?!» chiese ancora lei alzando di nuovo il tono della voce.

Nel frattempo fuori dalla stanza di Andrea si era radunata una piccola folla. Daniele che chiacchierava amabilmente con Antonio, Paolo, Mimmo, Riccardo e Salvo, ai quali stava raccontando le condizioni del piano interrato in cui era stata ritrovata Andrea.
Bart si stava spuppazzando il suo piccolo, che era appena arrivato con Eleonora, immediatamente avvisata della liberazione della sua amica; mentre Lucia e Adriano erano leggermente in disparte rispetto agli altri e parlavono sottovoce.

Quando le grida di Andrea arrivarono fuori dalla stanza, Adriano prese la parola
«Direi che il caso di palesarci prima che lo ammazza! Qualcuno le ha ridato un’arma?!» chiese rivolgendosi ad Antonio, che scosse la testa come risposta.
Daniele si avvicinò alla porta e bussò non troppo delicatamente.
«Avanti!» disse Andrea subito, per poi voltarsi verso Orlando e aggiungere «Ti hanno salvato, ma non saranno qui per sempre.»
Lui deglutì nervoso, a quella minaccia non troppo velata.
«Hai finito di fare casino?» disse Adriano entrando nella stanza seguito dagli altri.
«Tu hai finito di nascondermi le cose?» chiese lei con il tono ancora scocciato, dalla precedente discussione con Orlando.

Quando tra la folla di persone Andrea notò suo fratello entrato a testa bassa, incrociò il suo sguardo per pochi secondi, Riccardo si avvicinò a lei affondando il viso nel suo collo. Andrea sentì la sua spalla inumidirsi.
«E’ tutto finito.» disse accarezzando la testa al fratello. «Va tutto bene, io sto bene.» gli disse ancora sottovoce, quando Salvo si avvicinò ai due prendendole la mano.
«Stai per diventare zio…» gli disse ancora lei, notando che ormai si era calmato.
«Giusto, ed io mi trasferisco qui, ho già fatto richiesta in un paio di ospedali in questi mesi.» le rispose Riccardo accarezzandole dolcemente il viso, Andrea gli sorrise, felice finalmente di poter avere di nuovo suo fratello vicino.
«Ti sei trovato anche una casa?» chiese lei conoscendo le sue pessime capacità organizzative.
«Sì!» le rispose lui con un tono piuttosto arrogante.

Andrea lo guardò non capendo, quando Daniele fece un passo avanti. «Mi mancava un coinquilino…»
«Lele!» disse Andrea tendendo una mano verso di lui che la strinse e se la portò alle labbra.
«Questa volta mi sono sinceramente spaventato Nenè.» disse il riccio stringendola in un abbraccio.
«Lo so, ma adesso è tutto finito, davvero.» lo rassicurò lui scompigliandogli quella fratta che aveva in testa.

Troppo impegnata a parlare non si accorse che qualcun altro era entrato nella stanza, qualcuno piccolo, molto piccolo, in braccio a una mamma, con un sorriso bellissimo. Quando, quasi per farsi notare, lanciò un piccolo urletto Andrea si voltò di scatto e li vide, tutta la famiglia lì.
Bart, Eleonora e il piccolo Andrea jr. non potevano essere più felici e quando  si avvicinarono, il piccolino tirò le braccia in avanti, come per volerla toccare. Lei gli diede un piccolo bacio sulla fronte e abbracciò forte Eleonora.
«Stavolta Dea mi hai fatto penare, in compenso tuo marito ha fatto moltissima esperienza con il tuo figlioccio.»
Andrea gli strinse la mano per poi voltarsi verso Orlando che le sorrise di rimando, in tutto quel ritrovarsi, in tutto quel calore ritrovato, lui non si era mosso dal suo fianco.

In fondo al lettino c’era Mimmo che leggeva la cartella medica accanto al suo fedele vice, che con un cenno del capo le disse «Capo, ben trovata…»
«Al diavolo.» disse Andrea tirando l’uomo per la mano che le stava tendendo e lo strinse in un abbraccio scatenando la risata degli altri presenti.
«Abbiamo ancora un commissariato?» gli chiese Andrea a bassa voce.
«Ovviamente Sì! Anche se immagino che non ti ci rivedrò per molto?!» sussurrò piano il suo vice all’orecchio.
«Sei al solito un ottimo sbirro.» disse Andrea sciogliendo l’abbraccio.

Mimmo si avvicinò a lei e prese il polso, per controllare i battiti, poi le posò una lieve carezza sulla testa, che lei ricambiò con una stretta di mano, a loro due erano sempre servite poche parole.
Lievemente in disparte e ancora appoggiato alla porta, c’era anche il magistrato, entrato nella stanza solo perché spinto da Adriano, altrimenti le avrebbe lasciato un po’ di calma con quella che era la sua famiglia.
«Paolo… viene.» disse Andrea invitandolo ad avvicinarsi al suo letto, faceva l’allettata da poco meno di un’ora e già era stufa, anche se sapeva perfettamente che Orlando o suo fratello non avrebbero certo fatto i salti di gioia nel vederla di nuovo in piedi.
«E’ davvero un piacere rivederti sana e salva.» disse il magistrato stringendole la mano e chinandosi su di lei per posarle un bacio sulla guancia, Andrea arrossì leggermente, costatando con la coda dell’occhio suo marito irrigidirsi in maniera quasi impercettibile, sorrise e tornò a rivolgersi al magistrato.
«E’ un piacere anche per me, essere di nuovo qui, ed esserne uscita davvero tutta intera.» disse rivolta al magistrato.

«Nana, come sai, Lupo è andato via con sua figlia, hai idea di dove potrebbe essere? » chiese Adriano dopo essersi schiarito la voce.
«Che tatto…» Questa volta fu un’altra voce a parlare, Lucia non aveva aperto bocca da quando era arrivata, si sentiva di troppo in quella grande famiglia
e aveva sempre lo stesso terrore di essere detestata da Andrea.
«Non si preoccupi Capitano, va bene…» rispose lei sorridendole, fu il primo contatto positivo che ebbero insieme,
Lucia sorrise di rimando, contenta, per la prima volta, di averle concesso un atteggiamento non ostile.
«No, non ho idea di dove possa essere Pugliese, mi ha lasciato solo una lettera.» Continuò Andrea, con la voce un po’ indecisa.
«Una lettera?» chiese Salvo, anche lui preso dalla conversazione.
«Sì, una lettera dove mi diceva che tutto quello che voleva era la latitanza e la possibilità di veder crescere sua figlia da uomo libero,
che teneva alla sua pelle e a quella di Erika più di ogni altra cosa e che il sangue della Brancato non gli interessava più. » spiegò Andrea guardando un po’ tutti i presenti.

«Vorresti dire che ti ha tenuto in prigionia per niente? Per vedere noi soffrire?» disse Ghiro, alzando un po’ la voce, incapace di concepire una cosa del genere.
«Lele, credo proprio che se non mi avesse preso nella sua tana ora qualcuno di noi non sarebbe qui, e la sua fame di vendetta non sarebbe finita.
E’ stato un susseguirsi di avvenimenti, capisci?» disse Andrea guardando prima Lucia e poi infine Daniele,
«Sì, certo, capisco…» rispose lui ora un po’ più calmo.
«Riri, mi dispiace, non mi ha mai fatto capire che aveva intenzione di scappare,
tecnicamente non mi ha mai fatto nemmeno capire che non mi avrebbe ucciso.
È vero che abbiamo costruito un rapporto di stima reciproca, ma non avrei mai immaginato un epilogo del genere.» finì Andrea fissando l’amico d’infanzia.
«Basta così per il momento.» disse Lucia che avevi visto Adriano pronto a chiederle altro.
«Credo che lei abbia diritto a un po’ di pace, Orlando ti considero in licenza matrimoniale.» aggiunse rivolgendosi al tenente, che annuì sorridendo verso di lei.

Tutti si stavano congedando dall’amica ritrovata, quando Andrea inaspettatamente si rivolse a Lucia.
«Capitano, credo che mi terranno in osservazione solo per la notte, le posse chiedere di venire domani a casa mia, le farò confermare da Orlando quando mi dimetteranno.»
«Non abbiamo fretta.» le disse di nuovo Lucia, ora quasi imbarazzata dall’insistenza del commissario, che non smetteva di essere se stessa nemmeno dopo mesi di prigionia.
«Ora è tutto molto vivo nella mia mente, e vorrei discuterne con lei.» notò gli altri che sembrava volessero aggiungere qualcosa, ma lei fu più veloce. «Solo con lei.» finì per zittire tutti.
«Ci vediamo domani allora.» le disse Lucia annuendo.
 
Quando furono di nuovo soli, Orlando si avvicinò di nuovo al letto della moglie. «Come ti senti?» le chiese spostando una ciocca di capelli ribelle che le cadeva continuamente sul viso.
«Viva.» disse lei stringendo la sua mano. «Tiia?» chiese poi facendo l’unica domanda che ancora non aveva fatto.
«Quando Adriano ha avuto l’impressione che Mario potesse conoscere la sua importanza per te l’ha fatta trasferire in una diversa struttura. Sono riuscita a vederla pochissimo per non esporla ad altri pericoli, ma è cresciuta moltissimo.» le disse lui senza mai interrompere il contatto visivo.
«Voglio la nostra bambina.» disse Andrea stringendogli la mano.
«Ce la riprenderemo.» la rassicurò lui «Sarà contenta di avere una sorellina?» le chiese ancora lui.
«Sei così convinto che sia una femmina?» gli chiese Andrea sorridente.
«Me lo sento, ne sono certo, ultimamente vado forte anch’io con le sensazioni.» affermò lui sicuro.
«Perfetto, almeno potrò condivedere con qualcuno la tua gelosia.» affermò lui con un ghigno sul viso.
«A proposito…» cercò di dire lui, che fu prontamente fermato da Andrea che lo attirò a se, sussurrandogli a fil di labbra. «Adesso baciami, cretino.»
E lui non se lo fece ripetere due volte, posando finalmente le sue labbra su quelle della moglie, in un bacio dolce, timido, che parlava di assenza e mancanza, per diventare sempre più velocemente espressione del desiderio represso di entrambi.
 

Altrove, lontano da sguardi indiscreti e da chiunque potesse conoscere la sua storia Mario Pugliese era sdraiato sul ponte di una nave mercantile, sua figlia Erika aveva la testa posata sulla sua pancia.
«Papà Andrea sarà tornata a casa?» chiese la piccola mentre fissava quel cielo pieno di stelle, mai viste così tante.
«Stai tranquilla, la tua amica è tornata a casa, è con la sua famiglia. So che ti manca, ma è meglio così. Sei pronta a vedere il mondo?» rispose lui accarezzando i capelli della bambina.
«Sì papà, non vedo l’ora di girare il mondo con te, voglio essere come Iolanda, girare per i sette mari come un pirata.» disse la piccola ancora molto euforika, per poi aprirsi in uno sbadiglio e stropicciandosi gli occhietti.
«Andiamo a dormire Iolanda.» disse Mario, alzandosi e prendendo sua figlia in braccio, per riportarla nella cuccietta che dividevano, non era lo Sheraton ma era sinonimo di libertà e lui se la sarebbe goduta fino alla fine.
 

 

*Memory dal musical Cats

'Luce del giorno, 
devo aspettare l'aurora 
devo pensare a un nuova vita 

e non devo arrendermi 
quando l'alba arriva 
questa notte sarà anche lei un ricordo 

e un nuovo giorno comincerà'
Parte Orlando

'Ricordo, tutta sola sotto la luce della luna 
posso sognare i giorni passati 
la vita era meravigliosa allora 
ricordo i momenti in cui 
ho davvero capito cosa fosse la felicità 
lascia che il ricordo viva di nuovo'
 Parte Andrea 

 



NDA

Incredibile ma vero, siamo arrivati alla fine, questo è l’ultimo capitolo, il prossimo sarà l’epilogo.
Mario latitante, libero, con sua figlia, lo so, è cattivo e avrebbe dovuto pagare, ma questo Mario è diverso ed io non l’ho potuto condannare, non ci sono riuscita, è uno tra i miei personaggi preferiti in questa storia. Mi metto a lavorare sull’epilogo che è meglio…
Devo ringraziare Adriana in maniera particolare, per il supporto e la consulenza per la stesura di questo capitolo, scritto a quattro mani in alcuni punti. Poi vorrei ringraziare anche fantasiaturbo, SerenaVdW e Clakry per la pazienza con la quale hanno saputo attendere. Credo di aver parlato molto in questo capitolo vorrei ora sapere che ne pensate voi.
Vi ricordo il link alla pagina facebook LisbethEFP e vi ricordo che è stata pubblicata una OS legata a questa serie Wind of change, il rating è rosso per un eccesso di zelo da parte mia.
Adios
A
 

   
 
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