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Autore: Withoutdreams    12/10/2012    4 recensioni
La sentiva addosso come se avesse consistenza, lo inghiottiva nella sua morsa e cercava di diventare parte di lui. Era stanco di quel mondo fatto di regole, di falsità e di morte. Si lasciò prendere dalla Follia. Nel momento in cui la sentì entrargli nelle vene, un’immagine fece capolino di fronte ai suoi occhi. La respinse, i suoi grandi occhi verdi non lo avrebbero vincolato a quel mondo orrendo.
- Non ti libererai tanto facilmente di me – gli sussurrò la sua voce.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Franken Stein, Maka Albarn, Soul Eater Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANIMAL I HAVE BECOME
 
Non sopportava l’idea di vederlo ridotto in quelle condizioni. Rinchiuso dietro a un vetro infrangibile con le braccia aperte a novanta gradi, i polsi tenuti legati al tavolo di ferro da morsi metallici, i capelli argentei striati del rosso del suo stesso sangue, il petto nudo e pieno di graffi che faticava a risalire a ogni respiro.
Le bruciavano gli occhi, ma faceva di tutto per non lasciarsi andare al bisogno di piangere, doveva essere forte. Per lui. Portò le mani al petto, all’altezza del cuore, e strinse i pugni contro la camicia bianca che indossava.
La porta dietro di lei cigolò. Sotto l’unico lampadario al neon che dava un aspetto funereo alla stanza apparve l’alta figura del dottor Stein. Lo sguardo di Maka si riempì d’odio. Fissò gli occhi accusatori in quelli verdi spento dell’insegnate, lasciò cadere le braccia sui fianchi e si rigirò in direzione di Soul. Riflessa nel vetro vedeva ancora l’immagine di Stein: un uomo con un’enorme vite in testa, dai capelli grigi, il volto segnato da una cicatrice che per buona parte era nascosto dietro a degli occhiali, le labbra sottili che formavano una piccola linea orizzontale e le mani infilate nelle tasche di un lungo camice bianco.
- Stare qui non migliorerà la situazione – disse franco avvicinandosi alla ragazza.
Maka lo guardò con la coda dell’occhio. Le spesse lenti le impedivano di vedere dove il suo sguardo si posava, ma era certa che anche lui stesse osservando Soul.
Stare lì, come diceva lui, le sembrava l’unico modo che avesse per stargli vicino. Era la sua meister, la sua coinquilina e la sua migliore amica, non lo avrebbe abbandonato per nessun motivo al mondo. Sospirò, maledicendosi di non poter fare altro se non rimanere dietro a quel dannato vetro a osservarlo inorridita e preoccupata.
Sentì le assi della branda all’angolo della stanza cigolare sotto il peso di Stein seguite da un profondo sospiro dell’uomo. La stanza si riempì dell’acre odore del fumo e l’aria divenne più torbida. Si girò anche se sapeva esattamente cosa stava succedendo. Da una delle tasche del camice Stein aveva tirato fuori un pacchetto di sigarette e se ne era accesa una. Rimase a fissare per un po’ le tonalità di rosso e arancione del fuoco che lentamente consumava la sigaretta.
- È davvero necessario tenerlo in certe condizioni? – chiese Maka con voce piatta. Gli aveva posto mille volte quella domanda e altrettante volte lui le aveva risposto con un semplice e serio “sì”.
- Ti farà piacere sapere che Black*Star si è risvegliato dal coma – la informò mentre espirava una nuvola di grigio fumo. Stein distolse lo sguardo dal bianco e scrostato soffitto di quella stanzetta e si voltò verso Maka.
Era sollevata di sapere che almeno Black*Star si era ripreso. Si vergognò un po’ ripensando che non era andata a trovarlo neanche una volta, anche se la colpa era sua. Pensò al conforto che doveva provare Tsubaki in quel momento e desiderò provarlo anche lei, lo desiderò con tutta l’anima. Abbassò lo sguardo e sorrise amaramente pensando che era proprio un’egoista, pensava sempre e solo a se stessa.
- Menomale – si limitò a dire.
Sentiva gli occhi del professore addosso. Smise di guardarsi le scarpe e incrociò i suoi occhi. Verde spento nel verde smeraldo. Un professore e una studentessa. Colui che insisteva nel tener prigioniero Soul e colei che più di tutti al mondo desiderava la sua liberazione.
- Sto facendo tutto il possibile – le ricordò Stein con il volto di pietra.
- Ma Soul è ancora lì, legato come un animale, trattato come un animale! Lui non è un animale, è un uomo! – urlò Maka portando le braccia all’indietro e il busto in avanti. I codini biondi le dondolarono ai lati del viso sfiorandole le guance e dandole un’aria infantile che stonava con la situazione in cui si trovava. La voce le tremava e gli occhi le bruciavano da morire, il corpo era scosso da brividi e la testa le girava vorticosamente.
Stein buttò a terra la sigaretta ormai ridotta a un mozzicone e la spense con il piede. Si alzò aiutandosi con le braccia e appoggiò delicatamente ma con decisione le mani grandi sulle spalle curve di Maka. Le sue enormi mani contenevano le sue spalle senza sforzo, erano calde e la loro presenza su di lei la confortava. No, lei odiava Stein, non poteva darle conforto quell’uomo.
- Se vogliamo salvarlo, e vogliamo salvarlo, devi aver fiducia in me e lasciarmi operare come meglio credo – le disse austero avvicinando il volto adulto al suo dal perenne aspetto infantile.
La sua fermezza, i suoi occhi duri e le mascelle contratte le diedero la certezza che il professore sapesse cosa stava facendo. Ma era davvero necessario trattarlo come una belva per salvarlo, l’avrebbero riportato indietro in quel modo?
- Dottor Stein – singhiozzò Maka nascondendo il viso paffuto dietro alle mani e alla frangia biondo cenere. Alla fine avevano vinto, sia le lacrime sia Stein, le prime erano finalmente riuscite a rigarle il volto, il secondo aveva ottenuto la sua fiducia, ma non la sua totale approvazione.
La presa sulle spalle s’indebolì fino a sparire e il cigolio della porta le fece capire che l’aveva lasciata sola. Per la prima volta, dopo due settimane dall’incidente, Maka pianse, per ore nell’eco del suo stesso pianto. Piangere l’aveva spossata, così decise di dormire un po’. Lanciò un’ultima occhiata a Soul che era nella stessa posizione da giorni e si sdraiò lentamente sulla scomoda branda che il sommo Shinigami aveva fatto mettere apposta per lei, si tirò su la coperta di nylon blu fino alla testa e dormì di un sonno senza sogni, fatto solo di angoscia.
Un colpo violento la fece svegliare di soprassalto. Si sedette velocemente e cercò la direzione da cui era provenuto il colpo. Non riuscì a non urlare non appena lo vide. Soul aveva il corpo ricoperto da lunghe e affilate lame rosso sangue, gli occhi carmini che la fissavano desiderosi di vedere il suo sangue scorrere sul pavimento e un orribile e distorto sorriso gli deformava il volto. Scese lentamente dal letto e mosse passi lenti verso la porta della stanza. Quando la sua schiena venne a contatto con la fredda porta di metallo, un brivido le percorse la schiena e la fece cadere a terra. Fissava Soul con gli occhi sbarrati, paralizzata dalla paura del vederlo più simile a un demone che a una persona. Le si era seccata la gola, le orecchie le si erano tappate, una vena sulla tempia le pulsava insistentemente e il cuore le batteva a mille nel piccolo e piatto petto. Avrebbe voluto dire qualcosa anche se sapeva che non una parola sarebbe passata oltre a vetro, ma non sapeva cosa dire, aveva la testa paurosamente vuota.
La porta, nel tentativo di aprirsi, la spinse leggermente in avanti colpendola dritta nella spina dorsale.
- Maka, che succede? – chiese preoccupata la voce di Stein.
Maka si voltò e vide attraverso la piccola fessura che si era aperta le scarpe rattoppate del professore e l’ombra di una falce, Stein brandiva suo padre.
Un altro colpo distolse Maka dal suolo al di là dalla porta e la riportò nella stanza. Soul batteva violentemente la testa contro il vetro, andando ad aggiungere al sangue rappreso un brillante liquido scarlatto e denso. Il ghigno malvagio e la luce di pazzia nei suoi occhi non lo lasciavano un momento. Un altro colpo, un altro ancora, e poi ancora.
- Maka, spostati dalla porta! – gli intimò Stein che non voleva spalancare la porta nel timore di farle male.
Maka si alzò lentamente sulle mani e per un attimo diede la schiena a Soul. Stein, con in mano suo padre, entrò nella stanza e si fermò sul posto non appena vide Soul. L’uomo si girò verso la ragazza e le ordinò di andarsene.
Le prese il panico. Cosa gli avrebbero fatto se lei se ne fosse andata? Visto come l’avevano trattato fino a quel  momento, Maka ebbe il presentimento che se li avesse lasciati fare non avrebbe più rivisto Soul.
- Io non me ne vado! Non lo lascio proprio ora che ha bisogno di me! – strillò con voce acuta la maestra senza arma.
Stein le si avvicinò e la spinse violentemente fuori dalla stanza facendola rimbalzare contro la parete.
- Fai più delicatamente! – urlò Spirit prima che la porta si chiudesse dietro di loro inghiottendoli in un mondo da cui Maka era appena stata scaraventata fuori.
La serratura scattò e con lei Maka. Si buttò sulla porta, battendo violentemente i pugni sul metallo blindato, supplicando il dottor Stein di aprirle e invocando il nome si Soul. Stava succedendo tutto così in fretta, le gambe non sorressero più il suo peso e rimase con la fronte premuta sulla porta gelida pregando che Soul non morisse.
Un colpo fortissimo, polvere ovunque e una risata diabolica. Fu quello che capì sul momento. Riaprì gli occhi che aveva istintivamente chiuso e vide un’enorme voragine nel muro che divideva la stanza dal corridoio. Bloccati nella parete c’erano Stein e Spirit doloranti e in difficoltà, nella stanza c’era Soul, con le ginocchia quasi rasenti il suolo, le braccia barcollanti e la testa bassa. La chioma argentea si sollevò e lasciò spazio al volto deformato dalla Follia di Soul. Piegò leggermente il capo verso sinistra e la fissò con sguardo omicida.
- Ti ammazzo - la minacciò alzando il petto ridendo perfidamente.
Il sangue le si gelò nelle vene. Mai e poi mai avrebbe pensato che un giorno Soul le avrebbe rivolto quelle parole. Mai avrebbe immaginato che Soul potesse cedere alla Follia in modo così incontrollato e perverso.
- Maka, vattene – urlò spaventato suo padre.
Non riusciva a muoversi, non un muscolo rispondeva ai suoi comandi, nemmeno gli occhi riuscivano a discostarsi dall’immagine di Soul che si avvicinava sempre di più. Maka si strinse al muro cercando di allontanarsi da quel demone che aveva le sembianze di Soul.
- Ti ammazzo – le alitò a pochi centimetri dal suo viso. L’aria di fronte a lei si era riempita dell’acre odore di sangue che ricopriva Soul.
Maka non aveva mai provato così tanta paura in vita sua. Aveva avuto paura di morire durante lo scontro con Crona, ne aveva avuta altrettanta quando combatté contro il Kishin, ma quelle emozioni erano solo un insignificante brivido paragonato al puro e semplice terrore che provava in quel momento. Le mani calde di Soul le strinsero i polsi e la fermarono al muro. La sua stretta era una morsa d’acciaio, il sangue faticava a scorrerle nelle vene dei polsi. Gelide lacrime presero a rigarle il volto già segnato. Chiuse gli occhi aspettando il colpo fatale che Soul le aveva preannunciato, ma che tardava ad arrivare. Spalancò involontariamente gli occhi smeraldo quando sentì qualcosa di ruvido e caldo entrò in contatto con la guancia. La lingua ricoperta di saliva mista a sangue di Soul stava ridisegnando a ritroso il percorso delle sue lacrime. L’orrore s’impadronì di Maka che resasi conto di quello che il demone stava facendo urlò nonostante la gola secca.
- Crepa ragazzina – le disse con gli occhi folli e la voce roca. Alzò il braccio affilato per darle il colpo di grazia, le sorrise pazzo e proprio a metà della scesa dell’arma si bloccò. Un urlo strozzato riempì l’aria umida dei sotterranei della Shibusen.
Maka abbassò spaventata lo sguardo e vide che il professor Stein aveva afferrato per una caviglia Soul e gli aveva sparato l’onda della sua anima.
Il grido di dolore si Soul fu presto rimpiazzato da una sua risata demoniaca. Rideva tanto fragorosamente e di gusto che rovesciò il capo all’indietro. Con la testa sottosopra fissò Stein dritto negli occhi.
- Non sei ancora morto? – gli chiese ridendo come un pazzo. Ruotò il corpo utilizzando come piede perno il piede che Stein gli aveva afferrato e colpì quest’ultimo in faccia con la pianta del piede nudo libero. L’uomo finì privo di sensi contro la porta blindata.
Gli occhi di Soul tornarono su Maka, finalmente era giunta la sua ora. Un rumore metallico lo distrasse dalla sua preda. Oltre le spalle affilate di Soul vide la figura di suo padre con un braccio trasformato in falce che caricava nella direzione dell’albino. L’incontro delle due lame provocò un suono assordante che stordì momentaneamente Maka. Soul era riuscito a parare il colpo di suo padre con una parata alta e nascosto dalle lame sorrideva malvagiamente. Sbilanciandosi leggermente indietro Soul acquistò la forza necessaria per scaraventare la Death Scythe poco distante dal corpo immobile del suo maestro.
Maka aveva temuto che Soul riuscisse a far fuori suo padre, ma aveva anche temuto che suo padre potesse vincere contro Soul, ponendo fine alla sua vita. Rivoleva indietro il suo Soul e certo non ci sarebbe riuscita rimanendo schiacciata contro il muro tremante come una foglia. La paura sembrava scorrerle nelle vene insieme al sangue, ma il desiderio di salvare Soul fu più forte. Con uno scatto si alzò e si gettò tra le braccia dell’arma folle che nel frattempo si era girata nella sua direzione. Ingabbiò il suo collo tra le sue esili braccia e affondò il viso nell’incavo del collo di Soul. Le lame che rivestivano il corpo del ragazzo le penetravano la carne infliggendole un dolore disumano. Soffocò un gemito di dolore affondando di più il visto nel collo di Soul e stringendosi le mani fino a farsi venire le nocche pallide. Nonostante l’aria umida Maka aveva i brividi, sentiva il sangue che fuoriusciva dai tagli appiccicarsi ai vestiti e scendere lungo le lame di Soul. All’improvviso un ulteriore lancinante dolore le pervase la schiena. Urlò con le lacrime agli occhi. Leggermente sfocate vedeva le braccia di Soul che le avvolgevano la schiena e le lame che le rivestivano affondavano sempre più a fondo. Maka si chiese se la stesse abbracciando mosso da un sentimento d’affetto che era sopravvissuto alla Follia o se lo stesse facendo per infliggerle un dolore superiore, sia fisico che mentale.
Serrò le mascelle e s’inarcò portando il viso a pochi centimetri da quello di Soul. La vista era annebbiata dal dolore delle lame che andavano sempre più affondo e dalle lacrime. Nel momento in cui le labbra tremanti di Maka sfiorarono quelle al sapore di ferro di Soul, anche le loro anime s’incontrarono. L’anima di Soul era spenta come una notte senza luna né stelle, vibrava e sprigionava un’aura talmente malvagia che Maka pensò che l’avrebbe contagiata. Piccola e spaventata l’azzurra anima di Maka sfiorò quella di Soul. L’ombra che avvolgeva l’anima del ragazzo si espanse per tutto lo spazio infinito in cui si trovavano per poi scomparire nel nulla.
Maka era sorretta da Soul e Soul era a sua volta sorretto dalla Follia, quando questa svanì, i due ragazzi caddero una sopra l’altro, privi di conoscenza, ma con il sorriso sulle labbra.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Prima cosa:
Il titolo non è farina del mio sacco, ma è il titolo di una splendida canzone dei Three Days Grace che vi invito ad ascoltare.
Secondo:
nella descrizione della storia non ho messo la coppia Soul/Maka perché desidero lasciarvi libera interpretazione sul bacio che lei da a Soul. Potete vederlo come il simbolo del suo amore o come l’unico modo per entrare in contatto con l’anima di Soul.
Terzo:
Di solito non scrivo storie drammatiche, ma da quando ho scoperto EFP non smetto mai di scrivere, cosa che non facevo da un anno buono, e anche se non è un granché, ci tengo tantissimo a farvela leggere.
Ringrazio i tre lettori che leggeranno questa cosa e vi saluto!!
maka_evans97
 

  
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