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Autore: Panda_chan    12/10/2012    4 recensioni
Sakura prende un sospiro profondo, si sistema una piega inesistente del camice e si stropiccia gli occhi – cerca di prendere tempo con ogni minima azione – poi finalmente la sua mano esangue e fredda raggiunge la maniglia di ferro ancora più fredda e la abbassa.
All’interno la luce invernale di novembre riverbera sul pavimento chiaro passando attraverso i vetri smerigliati della finestra.
Non permettono di vedere fuori, ma in ogni caso il paziente al momento non potrebbe farlo comunque.
Entra senza dire niente, cammina osservandosi le punte dei piedi per ritardare quanto più può il momento in cui dovrà alzare gli occhi e in qualche modo prendere atto della realtà.
Arriva fino al letto, sempre muta, sempre timorosa e tremante – non di lui, della propria reazione – ma alla fine pensa che è sopravvissuta ad una guerra, è diventata un ottimo medico, è riuscita a diventare una donna dalla ragazzina piagnona che era prima e che davvero, non può più permettersi di avere tanta paura di vederlo.
Allora alza il viso e con un piccolo scatto del capo scaccia le ciocche rosa dalla fronte e da davanti agli occhi, e lo guarda.

[Sasuke/Sakura]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Ciao a tutti! :3
Non so bene cosa sia questa shot: non è legata ad un particolare momento del fumetto (si riferisce a qualcosa che ancora non è accaduto, ovvero la fine della guerra) né a qualcos’altro che ho scritto, quindi prendetela come… Un momento così. XD
Non so, naturalmente come le cose andranno a finire.
Mi piace pensare che possano finire così, ovvero bene in termini assoluti, ma non con un happy ending scontato e completamente felice (che troverei inverosimile), bensì con i problemi legati alle perdite e alle ferite che, sono sicura, rimarranno, e con i nostri beniamini che pian piano si adoperano per risolvere le cose. :)
Ringrazio Emmevi che si sorbisce sempre i miei momenti di pazzia. Bacino. <3
E spero che questa piccola cosa vi piaccia.
Buona lettura! ^^

 

Responsibility

 

Sakura è timorosa, perché sta per entrare in quella nella stanza.
Le sue colleghe le hanno descritto lo stato del paziente quindi sa già perfettamente cosa aspettarsi, ma non sa come reagire.
O meglio, saprebbe anche come dovrebbe reagire un medico, e cioè con professionalità e sicurezza, ma conosce troppo bene se stessa per non essere sicura, ancora prima di vederlo, che non andrà così.
Decide che non  è il caso di starci a pensare troppo – non cambierebbe niente – ma anzi è meglio darsi una mossa ed entrare, farsi del male subito e poi terminare il suo turno e riprendersi.
Così prende un sospiro profondo, si sistema una piega inesistente del camice e si stropiccia gli occhi – cerca di prendere tempo con ogni minima azione – poi finalmente la sua mano esangue e fredda raggiunge la maniglia di ferro ancora più fredda e la abbassa.
All’interno la luce invernale di novembre riverbera sul pavimento chiaro passando attraverso i vetri smerigliati della finestra.
Non permettono di vedere fuori, ma in ogni caso il paziente al momento non potrebbe farlo comunque.
Sakura entra senza dire niente, cammina osservandosi le punte dei piedi per ritardare quanto più può il momento in cui dovrà alzare gli occhi e in qualche modo prendere atto della realtà.
Arriva fino al letto, sempre muta, sempre timorosa e tremante – non di lui, della propria reazione – ma alla fine pensa che è sopravvissuta ad una guerra, è diventata un ottimo medico, è riuscita a diventare una donna dalla ragazzina piagnona che era prima e che davvero, non può più permettersi di avere tanta paura di vederlo.
Allora alza il viso e con un piccolo scatto del capo scaccia le ciocche rosa dalla fronte e da davanti agli occhi, e lo guarda.
Sasuke è lì davanti a lei, e le pare quasi irreale dopo tanto tempo passato a cercarlo, averlo così vicino da poterlo toccare – e tra poco lo toccherà, dato che lo deve visitare.
Sasuke è lì davanti a lei, ma per quello che dà a vedere di provare potrebbe trovarsi lì o in qualunque altro posto al mondo, e per lui non farebbe differenza alcuna.
Il suo sguardo è vacuo, e non è solo perché gli hanno bloccato i nervi ottici per evitare degenerazioni dopo un uso così smodato dello Sharingan, è perché manca qualcos’altro, più a fondo, una qualunque scintilla che indichi che Uchiha Sasuke in quel momento è un essere vivente.
Manca la vivacità che l’ha caratterizzato da bambino, mancano il rancore e la rabbia che l’hanno smosso da ragazzino, mancano la voglia di rivalsa e il senso di solitudine infinito che l’hanno ossessionato da giovane uomo.
Di tutto questo non c’è più niente, e quindi non c’è più niente nemmeno del Sasuke che ha conosciuto lei.
Dal momento che lui non dà segno di averla sentita entrare – non emette suono da dopo la battaglia, in effetti, né compie movimento alcuno di propria iniziativa, esattamente come un guscio vuoto – lei decide che la visita può anche avere inizio, perché non ha senso aspettarsi assensi o rifiuti di ogni tipo.
Si rimbocca le maniche del camice e della maglia che porta sotto e comincia a tastare il corpo di lui, soffermandosi sulle fasciature, sulle abrasioni, sulle ingessature per controllare come procede la guarigione, sforzandosi di essere obiettiva e impersonale come il suo ruolo le impone.
Non dura nemmeno cinque minuti.
Appena i suoi polpastrelli toccano la pelle di lui, le sue mani cominciano, quasi di loro spontanea volontà ad indugiare in carezze leggere che sì, saggiano la sua salute ma cercano di arrivare più a fondo dell’epidermide che toccano.
Inutile dire che Sasuke rimane la statua che è stato fino a quel momento.
Non muove un muscolo, non proferisce parola, come se non avvertisse nulla di quello che gli sta intorno, nonostante Tsunade lo abbia visitato accuratamente e abbia decretato che in lui non c’è nulla che non va, occhi a parte.
Lui sente, lui avverte. Il suo straniamento dal mondo, dalle persone, dalla realtà – da lei – è una scelta esclusivamente sua.
Troppa cattiveria in lui, oramai, le dice la sua parte obiettiva.
Troppo dolore per una persona sola,  le suggerisce invece la dodicenne ancora innamorata che nonostante tutto si sforza di giustificare il suo amore.
Certo è che, nonostante sia abituata a silenzi e distanza da parte di Sasuke, quell’atmosfera rischia di ucciderla.
Perché non reagisci? Perché non ti rialzi, razza di stupido? urla la sua coscienza, dal profondo.
E tu, perché non ti arrendi con lui? le sussurra la sua razionalità, dal suo angolino di cervello.
Le sue mani tremano mentre cambiano una benda, e con un respiro profondo Sakura si impone di riprendere il controllo, o finirà per fargli male.
Mentre osserva ancora una volta Sasuke nella sua apatia più totale, si rende conto che non sa nemmeno se lui sia a conoscenza del fatto che lo stia visitando proprio lei.
Forse può averla riconosciuta dai passi, o dal modo di muoversi, o da quel piccolo colpo di tosse che le è sfuggito prima di iniziare, ma se anche così è stato, lui non l’ha dato a vedere.
Ci pensa per tutto il resto della visita, protraendola forse più del necessario, per evitare, nonostante tutto, di separarsi da lui troppo presto.
Quando ormai ha terminato e non può più intervenire da nessuna parte, posa gli strumenti e leva i guanti di lattice.
“La visita è terminata, puoi rimetterti giù.” gli dice, con la deliberata intenzione di rendersi riconoscibile e strappargli una reazione che non arriva.
Mentre lui rimane fermo e muto, si allontana in silenzio dal letto ed esce dalla stanza.

 

Fa appena in tempo a sedersi sulla panca nella stanzetta riservata ai medici in pausa.
Le lacrime cadono, infide, e lei comincia a singhiozzare a dirotto senza poter smettere. Odiandosi, naturalmente.
Con le dita che ancora le tremano estrae un fazzoletto dalla tasca del camice e si asciuga il viso, cercando in ogni modo di calmarsi.
Sussulta quando la porta si apre all’improvviso, ma è solo Tsunade che entra come al suo solito di gran carriera.
Quando la scorge, seduta sull’angolino del panchetto, il suo sguardo cambia e assume una sfumatura indefinita, come se non sapesse se precipitarsi ad abbracciarla o pigliarla a schiaffi.
Sakura se ne accorge e triplica i suoi sforzi per smettere di singhiozzare, raddrizza le spalle e solleva il viso.
“Ti cercavo” le dice la sua maestra avvicinandosi e sedendosi di fianco a lei.
“Lo immaginavo”, le risponde con voce ancora un po’ tremula.
Tsunade sembra essere un po’ in difficoltà, ma infine le posa una mano sull’avambraccio e lo stringe di una stretta che significa che sì, la capisce, ma che non deve più lasciarsi andare.
Quella stretta salda e dolorosa fa bene all’animo di Sakura, che trova la forza di calmarsi definitivamente.
“Volevo sapere com’è andata.” continua Tsunade.
“…All’incirca, bene. Si riprende, lentamente ma con costanza. Guarirà. Fisicamente, almeno.” precisa. “Ma non parla” continua, e qui sente la voce soffocarlesi in gola e deve fare una pausa.
“Non parla” riprende, stavolta con fermezza. “Non fa… Niente. Capisco che non veda, ma non necessariamente un cieco finge che il resto del mondo non esista. Non vedere non equivale a non percepire. Lui poi percepisce benissimo, ma si rifiuta di rendersi partecipe.”
Fa una pausa per soffiarsi il naso.
“Non che mi aspettassi che tornasse e ci abbracciasse tutti come fratelli, va da sé. Sarò anche stupida ma non fino a questo punto. Ma, dopo quattro mesi, un miglioramento avrei voluto vederlo. Invece continua a comportarsi come se il mondo non ci fosse, o come se lui stesso non esistesse.
Non ho mai pensato che le cose sarebbero tornate come un tempo, ma ora so… Che non ci saranno mai miglioramenti.”
Tsunade la osserva con i suoi penetranti occhi castani.
“…Ti ricordi quando eri appena diventata mia allieva?”
Sakura scuote la testa, a dire che ovviamente sì, si ricorda.
“Nei momenti no, quando eri sconfortata, dicevi sempre che non sarebbe mai tornato, che non l’avremmo più avuto qui a Konoha. Ci sono voluti quasi cinque anni tra una cosa e l’altra, ma Uchiha Sasuke è in una stanza qui a fianco, e ho buone ragioni per credere che ora non se ne andrà.”
Sakura sente una piccola bolla di conforto che si gonfia tra lo sterno e lo stomaco.
“Potranno volerci altri mesi, e conoscendo il soggetto addirittura anni. E non lo riavrai come lo avevi conosciuto, questo è sicuro, ma… Se siamo arrivati a questo punto, non vedo perché mai scoraggiarsi.
Non fare caso ai suoi silenzi e alla sua indifferenza. Continua a vivere come hai vissuto sinora.
Qualcosa si smuoverà.”
Sakura annuisce e il fantasma di un sorriso spunta sulle sue labbra pallide.
“Ha ragione, Maestra.”
Tsunade le stringe il braccio un’ultima volta, poi le mette davanti al naso la cartelletta che aveva tenuto nell’altra mano fino a quel momento.
“Dottoressa Haruno, per poter progredire con i molti pazienti che seguiamo in questo momento dobbiamo tenerli perennemente monitorati aggiornando in modo costante le loro cartelle. Mi aspetto il tuo rapporto sulle condizioni di Uchiha Sasuke entro domani mattina.”
Il sorriso di Sakura diventa una sorta di ghigno, mentre le assicura che il suo rapporto sarà pronto per l’indomani.
La Maestra non cambierà mai.

 

 

 

Sakura sbuffa mentre termina di sistemare le provette ognuna al suo posto.
Le ore di laboratorio sono quelle che la spossano di più, perché molto spesso impongono un silenzio perfetto che le pesa e azioni ripetitive fino alla nausea.
Per fortuna con questo ho terminato, pensa con sollievo mentre si toglie gli occhiali protettivi, scioglie i capelli e si libera dei guanti.
Spegne le luci e mentre chiude la porta a chiave vede una collega venirle in contro dal fondo del corridoio.
“Sakura!”
“Ciao, Megumi” la saluta con un sorriso. Poi, notando la cartella che ha sotto il braccio, ha un moto di sconforto. “Spero che quelle non siano ore straordinarie per me qui in laboratorio.” azzarda con una smorfia stanca.
“Oh, no” la tranquillizza Megumi con una risata. “È solo una lista voluta dal direttore del reparto. Dopo la guerra i pazienti sono veramente tanti, e perché possano essere seguiti al meglio e non avere cure saltuarie è stato deciso che ogni medico si faccia carico di un certo numero di loro così da seguirli a trecentosessanta gradi.”
Le passa la cartella, aprendola al foglio giusto.
“Ecco qui, ci sono dei nominativi di pazienti che non sono stati ancora presi in cura da un medico in particolare. Considerato quanti siamo in questo momento, il direttore dice che ognuno di noi dovrebbe prendersi la responsabilità per, diciamo, una trentina di pazienti.”
Sakura scorre la lista, concentrata, osservando i nomi e controllando le patologie.
Ci mette relativamente poco a compilare il proprio elenco, e ben presto le manca solo un nome.
Volta l’ultima pagina del fascicolo consegnatole da Megumi che ancora è in piedi accanto a lei che l’aspetta, e un nome la colpisce come uno schiaffo in pieno viso, sotto la lettera u.
Uchiha Sasuke. Ovviamente.
Sakura si blocca, con un istintivo moto di panico dettato dall’indecisione.
Pensa alle parole di Tsunade, e cerca di capire se sarebbe in grado di rendersi impermeabile al suo atteggiamento indifferente.
Forse la cosa migliore sarebbe lasciare che un altro medico, meno coinvolto, si occupi di lui.
Sarebbe meglio per la salute fisica di Sas’ke e mentale di lei.
Ma sa benissimo che non sopporterebbe di vederlo assegnato ad un altro mentre avrebbe potuto occuparsene di persona, e conoscendosi sa anche che probabilmente correrebbe ogni giorno a ficcanasare nella sua cartella clinica.
La penna trema leggermente mentre scrive il proprio nome accanto a quello di Sasuke, segnando la propria salvezza o la propria condanna, chissà.
Vero è, però, che mentre riconsegna la cartella a Megumi con il suo elenco compilato, sente un enorme peso che le scivola via di dosso.
Forse era per questo la sua tristezza, per la paura di essere inadeguata ancora una volta, per il timore di non poter fare niente di serio per lui, per la sensazione di continuare ad essere una frignona inutile.
Adesso, invece, lui è sua responsabilità.
Un lieve moto d’ansia le trema nel petto all’idea, ma lo scaccia.
Mentre Megumi si allontana per cercare altri medici, chiude a chiave la porta del laboratorio per terminare definitivamente il suo turno e andare a cambiarsi.
Ci penso io a te, ora, Sas’ke. Non mi interessa se ci vorrà un anno o una vita. Vedrai se non faccio sul serio.

 

**********

 

As usual, tanti grazie a chi si prenderà la briga di leggere e un bacino extra a chi addirittura commenterà. ^^
Alla prossima! :D
Panda

  
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