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Autore: Lerax    24/04/2007    3 recensioni
Alcune piccole one short dedicate agli animali domestici del mondo di Harry Potter^^
Qualche piccola descrizione della loro vita,qualche avventura, nulla di particolare, volevo solo dedicare una fiction anche a loro che difficilmente sono protagonisti di qualche storia ^^
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Edvige

L'uomo entrò nella piccola stanzetta fiocamente illuminata da pochi raggi del sole che già filtravano dalla finestra.
L'aria era impregnata dell'odore selvatico delle bestie lì rinchiuse.
L'uomo attraverso velocemente la stanza e spalancò la finestra, lasciando che il sole inondasse la stanza con i suoi benefici raggi.
Gli animali, prima in uno quieto dormiveglia, si svegliarono definitivamente, a parte i piccoli criceti russi e i topolini che avevano passato allegramente la notte a giocare e scavare e che adesso decidevano di tornare nelle calde tane.
L'usignolo pensò di ribadire il dominio dei 36x21 cm della piccola gabbia, intonando un canto soave ma rumoroso.
Il canarino al suo fianco rispose all'usignolo facendo sentire il proprio cinguettare argenteo e in breve tutti i piccoli uccelli ingabbiati presero a cantare.
L'uomo riempì le mangiatoie degli uccelli e passò alla stanza accanto.
Tuffò una mano in una gabbia piena di piccoli topi bianchi.
Ci fu un fuggi fuggi generale, i piccoli roditori corsero in ogni direzione, squittendo spaventati, ma non avevano vie di fuga.
Tre topi furono acchiappati dalla mano dell'uomo, tentarono di ribellarsi alla presa, ma i loro piccoli incisivi incontrarono solo la gomma del guanto che proteggeva l'arto del carnefice.
Con i topi in mano, l'uomo si avvicinò alla gabbia di una grossa civetta candida come la neve.
Era ancora una bestia selvatica, nonostante fosse in cattività da oltre due anni.
L'animale avrebbe voluto volare via dalla finestra aperta, ma l'ala ormai atrofizzata glielo impediva, non poteva far altro che accettare le amorevoli cure dell'uomo.
Non che fosse infelice o che sentisse nostalgia della libertà, semplicemente il suo istinto le diceva di volare via, lontano.
Non riusciva a abituarsi al rumore.
Era un essere silenzioso e non capiva perchè anche gli altri non avrebbero dovuto esserlo.
Lasciò le cinque piccole uova giallastre incustodite per raggiungere il topo ancora vivo che era stato buttato nella gabbia.
L'uomo guardò da dietro le sbarre gli artigli potenti penetrare nella tenera carne del roditore che prese a contorcersi e a squittire invano.
Era uno spettacolo crudele, ma di certo i Biscottini Gufici non avevano diversa provenienza.
L'uomo lasciò la civetta e continuò a occuparsi del pasto degli rapaci, con grande rammarico di molti topini bianchi.
Dopo aver finito il magro pasto la civetta tornò a posarsi sul nido, riscaldando le uova con il calore del proprio ventre ben pieno di budella di topo.

Poche settimane dopo le uova si schiusero.
Quattro piccole palle di pelo grigio vi uscirono, il quinto non vide mai la luce del sole.
Per una settimana la madre si prese amorevolmente cura dei piccoli pulcini ciechi e indifesi.
Il decimo giorno l'uomo prelevò due pulcini, ignorando le proteste della madre e li trasferì in un altra stanza, con l'intento di allevarli a mano per ottenere esemplari docili e adatti alla consegna della posta, ma non avendo grandissima esperienza con le civette non voleva perdere tutta la nidiata.
Per una settimana le cose sembrarono procedere bene, ma una mattina un pulcino morì improvvisamente, nel palmo della sua mano, senza motivi apparenti.
L'altro pulcino invece continuò a mangiare voracemente e a crescere rapidamente.
In breve l'infantile peluria grigia venne sostituita da lucide penne bianche, gli artigli divennero fatali come quelli della madre, ma a differenza di essa, il piccolo di tanto in tanto emetteva un verso dai toni vagamente affettuosi.
La prima lettera che venne affidata alla civetta arrivò felicemente a destinazione e allora l'animale venne venduto all'Emporio del Gufo insieme a altri esemplari e gufi, ormai era arrivato il momento di abbandonare il nido.

Un giorno la civetta finì nelle mani del giovane Harry Potter, Il-Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto, Il-Famoso-Potter, Il-Prescelto eccetera eccetera.
Edvige, questo ormai era il suo nome, non sapevo tutto ciò sul proprio padrone, sapeva solo che non aveva molte lettere da inviare e ciò le dispiacque moltissimo.
Voleva dimostrare di essere un ottimo uccello postino, ma non poteva fare ciò per cui era stata allevata, predestinata.
Quando era a casa Dursley spesso doveva star chiusa in gabbia ma sapeva che ciò non era colpa di Harry.
Quando era a Hogwarts, passava le notti a cacciar topi e a svolazzare per il castello.
Durante la notte, durante le battute di caccia, provava un vago senso di nostalgia.
Nostalgia per l'orgoglio che le faceva gonfiare il petto quando una lettera giungeva a destinazione, quando il destinatario spesso con un sorriso le affidava una lettera e le offriva un biscottino, certo che la missiva fosse in zampe sicure.
Da tempo non provava pù quella sensazione, quasi dimenticata?
Battè silenziosamente le ali, perlustrando il terreno alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Sentì il tubare di Leotordo avvicinarsi. Quell'irritante uccellaccio.
Accelerò il battito delle ali.
Era un essere silenzioso e non capiva proprio perchè anche gli altri non lo potessero essere.
Quando l'ululato fu abbastanza lontano, rallentò il volo e riprese a scrutare il terreno.
Silenziosamente scese giù in picchiata e affondò le zampe nella tenera carne di un topo.
Ritornò in quota, con il topo morente che squittiva fra le zampe.
Rientrò nella Guferia, si posò con una zampa su un trespolo e iniziò a strappare brandelli di carne dal corpo ormai morto del topo.
  
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