Serie TV > Terapia d'urgenza
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Autore: Dea Elisa    13/10/2012    0 recensioni
“Non c’è logica nell’amore.” Una frase. Incisiva. Esattamente quello che ci voleva per farla zittire e meravigliare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gli ultimi pezzi del puzzle.

Toc toc.

Un sorriso.

Un altro sorriso.

Un’entrata di chi un po’ pentito lo era.

E quando la linea immaginaria che congiungeva i loro occhi si raddrizzò, quelli di Cristiana gli sembrarono ancora più scuri di com’erano di solito.

Più scuri e più intensi, luminosi, grandi.

Come di una madre che ha appena messo al mondo la propria figlia.

“Dorme?” La voce bassa e profonda si sparse omogeneamente per la piccola stanza.

“Sì.”

Fu il monosillabo più bello di quella giornata, da quanto era dolce.

La osservò mettersi seduta a gambe incrociate su quel letto sfatto, la schiena dritta e composta.

“Mi dispiace.”

La donna scosse la testa.

Perché tanto era sempre stato così, da che mondo e mondo: un perdonami, un mi dispiace, uno scusami, magari alternati di giornata in giornata per non sembrare troppo monotoni.

“Perdonami” continuò allargando le braccia.

Wow. Due in una volta.

“Ti prometto che non litigheremo più.”

“È la più grande stupidaggine che tu abbia mai detto.”

Cristiana si alzò a sedere,  lentamente.

Riccardo alzò gli occhi al cielo.

“Lo sai, vero, che non saremmo qui se il nostro rapporto non fosse d’odio reciproco.”

“Ma che dici, io ti amo!”

Era la prima volta che glielo diceva con tanto entusiasmo.

“Ci amiamo a forza di odiarci. Ci abbiamo fatto l’abitudine.” Cristiana abbassò il capo facendo scorrere avanti e indietro un dito sulle lenzuola.

“Quindi? Siamo già arrivati alla fine del nostro matrimonio?”

“Stavo solo argomentando la mia tesi iniziale.”

“Ah.” Fu l’interiezione di chi non ci stava capendo molto.

“Ora che hai capito quanto mi piace litigare con te, puoi continuare.”

E, sorprendentemente, Riccardo non seppe come mandare avanti il discorso.

Sembrava essere stato spinto contro un vicolo cieco.

Continuare a fare… cosa?

Si era scordato perfino della motivazione per cui si era trovato nella stanza di sua moglie.

“Non ti stavi scusando?”

“Ah, sìsì.”

“È un po’ presto per perdere la memoria a breve termine.”

“Già.”

“La sai una cosa?”

“Eh.”

“Ho voglia di baciarti.”

 

“Mi chiedevo se…”

Corse per tenere dietro il primario, ma poi, sfinita, lo afferrò per il camice bloccandolo.

“Che c’è?”

Giulia scrollò le spalle. “Mi chiedevo se potevamo andare a vivere insieme.”

“Beh, ci sono tanti fattori da valutare prima di prendere una decisione simile, lo sa che…”

Le schioccò un bacio sulle labbra. “Sì.”

La caposala si portò una mano alla bocca, mentre le sue guance prendevano il colore dei capelli.

“Sei impazzito!?”

“Non sai come si siano attrezzati per diffondere le novità, qui al pronto soccorso. Si faccia dare un po’ di ripetizioni da Teresa, signorina Graziosi…”

 

“Eccola là.”

“Marina?” ipotizzò Rocco, non avendo individuato l’oggetto del discorso.

“Dove, dove, dove?” scalpitò la caposala declassata.

“Ma da nessuna parte! A chi ti riferisci?”

“La vedi, la vedi?” Esther allungò un braccio. “Lei.”

“Signore mio aiutami.”

“A me deve aiutare! Ho perso il posto in dieci minuti!”

“Ma ancora non lo sai se la riassume o no!”

“E come no. Guarda che confidenza che hanno.”

Rocco sbuffò.

“Tieni, va’.” Le appioppò tre cartelline. “Esami del sangue.”

 

“Ah, da domani qui a lavorare. E non tollero ritardi.”

“Non posso, Sergio.”

“Certo che puoi. Devi.”

“Non posso riprendere il posto di Esther, dopo il duro lavoro che ha fatto per imparare a gestirlo. È in gamba.”

“Non come te.”

Silenzio.

“Lo sappiamo tutti e due quanto tu tenga a riavere il tuo posto.”

Lo sguardo basso della donna gli diede ragione.

“Ed Esther sarà solo contenta di avere meno mansioni da svolgere.”

 

Riccardo inclinò il capo quanto bastava per incontrare le labbra della moglie.

Soddisfare quella semplice richiesta non necessitava un grandissimo impegno, anche se la sua schiena piegata in quella posizione sembrava gridare qualcosa al suo sistema nervoso.

Con una mano Cristiana attrasse a sé il capo dell’uomo, che si appoggio al bordo del letto finché lei non si scostò il minimo necessario perché si riuscisse a sedere accanto a lei.

Si staccarono solo per sorridersi.

“Hai un buon odore, sai?” esordì lui accarezzandole una guancia.

“Mh?”

“Sì, hai quel profumo… di latte, di neonato… di mamma.”

Cristiana si emozionò, ad ascoltare quelle parole, così sentite, così diverse, così… nuove.

Un abbraccio suggellò il dolce dialogo.

“Mi prometti una cosa, amore mio?” gli chiese Cristiana parlandogli ad un orecchio.

“Tutto quello che vuoi.”

“Che non mi lascerai mai.”

“Mai.”

Sorrise.

“Grazie, Riccardo.”

Un gridolino di bimba li risvegliò dal coma sentimentale.

“Eh, la gelosia” commentò lui spostandosi verso la figlia. “Tranquilla” si rivolse poi ad una Cristiana con il finto broncio. “Continuiamo presto il nostro discorso.”

Rise.

E appena la neonata si rintanò nelle braccia del padre, smise di piagnucolare.

“Ricc-Riccardo…”

Gli venne da sorridere, mentre cullava la piccina pian piano.

E gli occhi enormi della mamma guardavano esterrefatti quella scena.

 

Et voilà.”

Sergio indicò l’interno del box davanti al quale si erano fermati.

“Malosti… con sua figlia in braccio… è… un miracolo o cosa?”

“È solo la dimostrazione secondo cui una donna – ma anche e soprattutto un figlio – possa cambiare la vita” saggiamente il primario rispose.

“Già. Devo ricredermi sul dottor Malosti. Sinceramente non avrei mai pensato subisse una trasformazione così radicale.”

“Beh, in realtà credo che sul lavoro sia rimasto il tiranno di sempre. È già una soddisfazione vederlo così almeno in campo relazionale.”

“Relazionale-privato” precisò la caposala.

“Effettivamente è un settore molto ristretto.”

Giulia scrollò le spalle.

“Effettivamente alla Gandini basta e avanza.”

“Già.”

Osservarono ancora qualche istante quel quadretto famigliare, soffermandosi sulla figura paterna che ora si avvicinava al letto per permettere alla moglie di accarezzare la bimba.

“E come si chiama?”

“Giulia.”






Fine BLOCCO III

















   
 
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