Serie TV > Terapia d'urgenza
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Autore: Dea Elisa    13/10/2012    0 recensioni
“Non c’è logica nell’amore.” Una frase. Incisiva. Esattamente quello che ci voleva per farla zittire e meravigliare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO






Due anni dopo.

“Teresa, hai visto mia moglie?” Il dottor Santamaria correva spedito verso il banco dell’accettazione, dove la donna era intenta a compilare alcune cartelle. In mano aveva un fascicoletto beige.

“No, l’ultima volta l’ho vista questa mattina quando siete arrivati, mi dispiace.”

“Va bene, grazie.”

Teresa si alzò sulle punte per dare un’occhiata intorno. “No, aspetti, dottore. Laura!” le gridò forte per farsi sentire dal lato opposto dell’ingresso. “Eccola là” disse poi a Valerio, che la raggiunse rapido.

 

“Mamma!” La bimba si dimenava in braccio a Cristiana e allungava le braccine verso il pavimento sbilanciandosi con tutto il corpo: voleva scendere. “Giù!”

“Sì, tesoro, adesso ti metto giù, un attimo di pazienza.” Stava lottando contro le due borse, una a tracolla e l’altra che rischiava ogni secondo di scivolare dalla spalla, e la bambina che non stava ferma. Si piegò e le lasciò appoggiare i piedini sulla zona asfaltata antistante la porta d’ingresso del Morandini, poi le prese la manina e, mentre si sistemava le borse, insieme varcarono l’entrata.

 

Sorrideva, la piccolina, con quella sua boccuccia dalle labbra sottili che somigliava tanto a quella di Riccardo.

E con due occhioni scuri e luminosi.

Quelli della madre.

 

“Allora, dottor Malosti, ci sono due pazienti che stanno aspettando, ecco” Teresa allungò oltre il bancone due cartelle. “Sono al box doppio, reduci da un incidente in bicicletta, non sembrano gravi.”

“Grazie Teresa, vado subito. Non c’è nessun’altro libero?”

“Provvedo a cercare qualcuno.”

Squillò il telefono.

“Pronto soccorso Morandini.”

Riccardo tamburellò con le dita sul piano perfettamente liscio dell’accettazione.

“Sì, dottore, va bene, ho capito, ma poteva avvertire prima…”

Malosti sbuffò. “Teresa, datti una mossa!”

La donna appoggiò la cornetta. “Palumbo non riesce a venire, ha un’emergenza a casa.”

“Sì, con la sua amante.”

“Non è la sua amante!” lo contraddisse svelta. “E comunque cosa vuole che faccia… chiamo Coselli?”

“Ma sì, dai, prova a sentire se almeno lui non è occupato a guardarsi allo specchio e a dirsi quanto è bello con la divisa da medico specializzato.”

 

“Esther, basta!” esclamò Rocco decisamente adirato.

“Mi viene rabbia, tutte le volte che la vedo.”

“Lo so, ma ti devi abituare.”

I suoi ciuffi perennemente meshati dondolavano allegri sulla sua fronte. “Non ci riesco. Mi ha preso il posto, porca miseria!”

“Oh, calmina, eh! Casomai sei tu che hai preso il posto a lei.”

 

La caposala entrò nello studio del primario passando indifferente tra i due infermieri.

“La babysitter mi ha detto che può stare fino a stasera alle nove” disse richiudendo la porta.

“Direi che è perfetto.” Sergio lasciava ciondolare le gambe dalla scrivania.

“Già, così avremo anche il tempo per andare a decidere le bomboniere. Questa mattina ho telefonato e dicono che sono aperti fino alle nove, visto che è sabato.”

“E io che ti volevo portare a mangiare fuori, visto che è sabato” enfatizzò l’ultima frase.

“Dopo.”

Scese dalla scrivania e le andò incontro.

“Quando finisce il suo turno, signorina Graziosi?”

“Alle otto.”

“E in un’ora facciamo in tempo sia a scegliere le bomboniere che cenare?”

“Direi di no, professore. Dobbiamo cambiare i programmi della serata.”

Portò il proprio viso a pochi centimetri dal suo. “Noi non cambiamo proprio niente. Perché non chiede al suo primario di anticiparle la fine del turno?”

“Non mi sembra il caso, dai…” gli disse, sfuggendo ad un suo bacio. “Mangiamo a casa.”

“Ma quanto sei testarda.”

“Vuole trasgredire alle regole troppo spesso, professor Danieli.”

“Tu no?”

 

“Odiosa, odiosa, odiosa, odiosa.” L’ex caposala si massaggiava le tempie seduta su una delle sedie di plastica in corridoio.

“Esther, è successo qualcosa?” La voce di Marina la fece saltare in piedi.

“No, dottoressa, niente.”

“Ti va di venire a bere qualcosa con me, questa sera finito il turno?”

“Oh, beh, sì, certo, come no!” sorrise.

“Bene, allora a dopo. Ciao.”

E l’infermiera rimase a guardarla andar via con un sorriso mezzo ebete sulla faccia.

 

Non c’erano parole per descrivere quant’era affascinante suo marito con quel camice.

“Risponde?”

Anche se non era proprio di ottimo umore.

“No, dottore, il telefonino suona…”

“Quando si cerca qualcuno, oh!”

Non si trova mai, rispose automaticamente Cristiana.

La bambina tirava la mamma per camminare più in fretta.

“Vai pianino, ché cadi…”

 

Laura e Valerio si erano fermati ai distributori.

“Ho una fame che mi mangerei tutto” dichiarò la Costa addentando una barretta di cioccolato.

Valerio l’osservava sorridendo.

“Perché mi guardi così?” gli chiese, la bocca ancora impastata.

Sollevò la cartellina, e Laura tossì per il cibo che le andò di traverso.

“Di già!?” si stupì pulendosi le labbra con un fazzolettino.

Santamaria annuì.

“Io… non ce la faccio ad aprirle. Oddio…”

“Non ti devi scomodare. Le ho già aperte io.”

“E allora?”

“E allora aspettiamo un bambino” svelò, con tutta la sua tranquillità.

La donna gli corse incontro e si tuffò tra le sue braccia. “Ma sei sicuro?”

“Ma perché, non mi credi?”

Risero entrambi.

“Certo che ti credo. E ti amo.”

 

“Ettore?” Fece un cenno del capo a Riccardo per rassicurarlo. “Sì, raggiungi per favore il box doppio. Ok, perfetto, ciao.”

“A posto” si rivolse poi al dottore.

“Grazie eh.”

“Ma si figuri!”

 

“Mammaaa.” La voce squillante della piccola per poco non richiamò l’attenzione di un padre intento a tornare nell’ala interna del pronto soccorso.

“Ssh.”

Cristiana le si inginocchiò accanto e le tolse il giubbetto. “Facciamo una sorpresa al papà, va bene?”

“Sì!”

“Dai, allora, corrigli incontro!”

La bambina, divertita, non vedeva l’ora di farlo.

 

“Papiii!”

Le sue gambine corte ma agili in un battibaleno la portarono a poca distanza da un Riccardo che si voltò dopo essere stato agguantato ad una gamba.

“Amore!” Con lo stupore negli occhi e la felicità di poter abbracciare sua figlia per la prima volta in orario di lavoro, la prese in braccio e le fece fare un giro intorno.

“Sei venuta a trovarmi!” Le diede un bacione tra i profumati capelli castani.

La bambina rideva: adorava guardare il mondo da così in alto.

Poi Malosti tornò serio e i suoi occhi caddero sull’ingresso del Morandini, alle sue spalle, dove colei che aveva permesso tutta quella felicità stava immobile, con borse e giubbino in mano.

“Cristiana.”

Sorrise dopo aver pronunciato quel nome.

“Mamma” fece eco la piccolina.

“Andiamo dalla mamma?”

“Nooo. Cavalluccio!”

“No, niente cavalluccio, quello stasera!”

“Nooo!”

“Niente storie, papà ha mal di schiena!”

Riccardo si avvicinò a Cristiana che non si era ancora mossa.

“Cosa ridi tu, eh?” le sorrise appena le fu abbastanza vicina.

“Con me non fa mai i capricci, vero Giulia?”

La bambina annuì.

“Che cosa le hai promesso, stavolta? Torta al cioccolato, nutella, una casa delle bambole ancora più grande…”

“Sììì, bambole!”

“Oddio, adesso ti tocca comprargliela…”

“Non ci penso nemmeno.”

Riccardo si piegò verso la moglie e le posò un leggero bacio sulle labbra.

 

“Ma non sono bellissimi? Guarda Giulia, è tutta sua madre…” Con sguardo sognante Teresa commentava la scenetta.

“Ma che dici, è uguale a Malosti… speriamo non ne abbia ereditato anche il carattere!”

“Rocco, sempre con queste allusioni… si amano, si sono sposati, e chissenefrega se è il dottore più str… cioè, più beh insomma hai capito… del Morandini!”

“Terry.”

“Che c’è ora?”

“Finalmente. E adesso basta immischiarti nei fatti dei poveri lavoratori di quest’ospedale.”

“Ma non ho mica detto questo, oh!”

L’infermiere si allontanò a passo svelto dal bancone ridendo sotto i baffi, mentre Teresa cercò di rincorrerlo.

“Rocco! Hai frainteso le mie parole!”

Il telefono della reception trattenne la donna dall’aumentare il passo.

“Vai vai, Terry, vai a rispondere, non si sa mai che sia il tuo amante!”

 

“Piccola!”

Marina raggiunse i due coniugi e con un allegro sorriso salutò la bambina.

“Posso prenderla in braccio?”

“Ma come no, certo!” rispose rapida la donna, anche se il mugugno che fece nel contempo Riccardo non era del tutto d’accordo.

“Posso giocarci un po’?” Le fece solletico nei fianchi.

“Oh, certo, questa è la sua borsa, se ha bisogno di qualcosa” gliela appoggio sopra una spalla.

“Grazie, a dopo! Ma che bella che sei…”

 

“Fff.”

“Sempre a sbuffare, dai.”

“La vedo sì e no due ore al giorno e per una volta che me la porti qui…”

“Senti, ti volevo dire una cosa.”

“Sentiamo.”

“Non qui.”

Si recarono in sala medici, dove finalmente Cristiana poté liberarsi di cappotto, cappottino e della seconda borsa.

“Allora?”

“Sei nervoso?”

“No, non sono nervoso.” Stava alzando la voce. “Solo vorrei avere un po’ più di tempo.”

Non rispose. Perché quello che gli voleva dire l’avrebbe fatto imbestialire ancora di più.

“Qual è il problema, Riccardo?”

“Sono in ospedale dalla mattina alla sera, ti vedo poco, troppo poco! E mi manchi…”

“Lo sapevamo entrambi che le cose sarebbero cambiate con il trasferimento e tutto il resto. Abbiamo tutti meno tempo.”

Abbassò lo guardo, dopo essersi appoggiato al mobile della cucinetta.

“E tu vuoi tornare a lavorare.”

Cristiana spalancò gli occhi.

Come diavolo aveva fatto a capirlo?

“Io…”

“Hai tutte le ragioni del mondo.”

Le prese le mani e l’alzò dalla sedia.

“Se non vuoi, io me ne resterò a casa. Dario, Alessandro, Giulia: me ne occuperò io, come ho fatto sinora, così non dovremmo chiamare nemmeno una babysitter.”

“Non posso chiederti di lasciare per sempre il tuo lavoro.”

“Non per sempre, Riccardo, non per sempre.” Malosti l’avvicinò a sé. “Come posso sentirmi così male?”

“Amore mio…”

La donna si lasciò andare tra le sue braccia in un abbraccio.

“Io sono contenta, davvero.” Si strinse a lui. “A che ora torni, stasera?”

“Adesso.”

Si tolse rapido il camice e lo appoggiò allo schienale della sedia.

“Andiamo a casa.”

Cristiana sorrise divertita per quell’improvviso cambio di programma.

“E cosa dirai a Sergio?”

“Che vada a casa pure lui.”

Afferrò il cappotto della Gandini e l’aiutò ad infilarlo.

“E che ti riprenda a lavorare. Perché è qui il tuo posto. Con me.”

“Ma… cosa ti prende?”

“Mi prende che è così e basta. E visto che ho sempre ragione io…”

A Cristiana scappò un sorriso. “Dovresti darla un po’ anche a me.”

“E non è quello che ho appena fatto!?” In fretta indossò anche il proprio soprabito e la sua attenzione ricadde poi sulle labbra della moglie, che baciò ardentemente prima di aprirle la porta.

“Prego.” La lasciò passare per prima.

“Grazie…” rispose ancora scossa da quel contatto imprevisto.

“Ah, aspetta.” Le catturò per un braccio e la trascinò di nuovo dentro la stanza, rubandole un altro bacio.

“Ti amo, eh.”

 

Ed ora erano tutti finalmente felici.

Chi per finta, chi per davvero.

Chi aveva messo su famiglia, chi stava per farlo, chi viveva già nella propria da anni.

 

Ma almeno una consolazione c’è: adesso possiamo essere un po’ felici anche noi.

 

Fine.



No, aspettate…

 

“Cristiana…”

“Che c’è, non vedi che ho da fare, devo visitare quello del cinque…”

“Ci pensa Ettore. Ettore?” L’aveva visto passare nel corridoio trasversale. “Letto cinque.”

“Sì, dottore.”

L’afferrò da dietro e le baciò il collo.

“Riccardo… che cosa vuoi?”

Dalla tasca sfilò qualcosa di tintinnante e le lasciò oscillare davanti ai suoi occhi.

“Sono dello studio di Sergio. E Sergio non c’è.”

La Gandini si voltò verso di lui sorridendo. “Come hai fatto a…?”

“Ssh.” La prese a braccetto. “Ho le mie conoscenze.”

“Le hai rubate.”

“Poco importa.”

Aprì la porta ed entrambi entrarono richiudendola dietro di loro.

“Gandini?” la chiamò, facendole cadere il camice a terra.

“Sì?”

Avvicinò il viso al suo. “Parquet o divano?” le sussurrò con voce profonda.

“Non lo so…” Cristiana sorrise maliziosa e lo guardò negli occhi mentre gli passava una mano tra i capelli. “Come preferisci.”

“Ok. Vada per tutt’e due.”




Questa è la FINE.















   
 
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